5 dicembre 2025

Costruire la pace: le donne protagoniste al Forum di Ginevra

 Ginevra, Svizzera – Il tema "Non c'è pace senza donne: niente più guerra - Possiamo?" è stato al 
centro del convegno organizzato dalla Women's Federation for World Peace International (WFWPI) e dall’ Universal Peace Federation (UPF), che si è svolto al Palais des Nations di Ginevra il 16 ottobre 2025.

Tra i partner dell’evento figuravano organizzazioni di rilievo come UN Women; il Comitato ONG sullo Status delle Donne di Ginevra; il Consiglio Mondiale delle Chiese; Global 100 Women; l'Associazione Internazionale delle First Ladies per la Pace; Soroptimist International; l'Associazione Internazionale dei Giovani e degli Studenti per la Pace; LDS Charities; e l'Alleanza Interreligiosa Interculturale di Ginevra.

L'evento ha riunito due autorevoli panel composti da funzionari delle Nazioni Unite, rappresentanti governativi, giornalisti e leader della società civile, che hanno posto l’accento sul ruolo fondamentale delle donne e delle organizzazioni confessionali nella costruzione della pace e nella prevenzione della guerra.

Sessione I - Non c'è pace senza le donne

Carolyn Handschin, direttrice dell'Ufficio della WFWPI per le Relazioni con le Nazioni Unite a Ginevra, ha esordito spiegando che i recenti conflitti regionali hanno favorito la formazione di una rete di leader femminili, che ispirata dal motto, "Non c'è pace senza donne", si è dedicata a rafforzare la solidarietà e a porre fine alle guerre. Ha proseguito evidenziando che WFWPI, IAFLP, le Nazioni Unite e i partner governativi hanno organizzato conferenze sullo stesso tema in tutta Europa e nei Balcani, ispirando iniziative analoghe anche in altre regioni del mondo.

Dopo aver messo in risalto l'importanza di "elaborare una visione e uno standard di pace che abbia origine dalla famiglia", ha richiamato l'attenzione sul ruolo delle madri, spesso trascurato. E’ stato inoltre precisato che l'affermazione "Non c'è pace senza donne" non esclude gli uomini, ma invita a dare priorità e forza alle ragazze e alle donne, perché possano partecipare attivamente alla costruzione e riconciliazione delle comunità e al ripristino dell'ordine globale.

In qualità di rappresentante della Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC), Kate Forbes ha evidenziato l’importanza della dimensione umanitaria della pace. Ha ricordato che i cambiamenti climatici e i conflitti armati sono sempre più interconnessi, sottolineando che le conseguenze di tali fenomeni colpiscono soprattutto donne e bambini. 

Forbes ha anche rimarcato che la maggior parte dei volontari della Croce Rossa nel mondo sono donne, incarnando il principio che la pace "non è un documento, ma un atto di servizio di persone che stanno fianco a fianco per un obiettivo comune".

La responsabile della Sezione Umanitaria di UN Women, Asya Varbanova, ha illustrato i preoccupanti dati sul ​​limitato coinvolgimento femminile nei processi di pace. Nel 2023, le donne rappresentavano solo il 9,6% dei negoziatori, il 13,7% dei mediatori e il 26,6% dei firmatari degli accordi di pace. Solo un quarto degli accordi di pace menzionava il genere e nessuno includeva gruppi di donne tra i firmatari.

Il rapporto ha inoltre documentato un raddoppio del numero di donne uccise in guerra e un aumento del 50% dei casi di violenza sessuale correlati ai conflitti. "Abbiamo le prove e i quadri di riferimento, ma ciò che manca è la volontà politica", ha affermato la relatrice. In conclusione è stato richiesto un maggiore sostegno finanziario per le organizzazioni femminili locali dedicate allo sviluppo della pace e la piena attuazione della Risoluzione 1325 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che sostiene una maggiore partecipazione delle donne ai processi di pace.

Giulia Clara Kessous, Artista per la Pace dell'UNESCO, riflettendo sull'arte della negoziazione, ha osservato che "le donne negoziano in modo diverso, non per prevalere, ma per garantire la sopravvivenza comune". Ha sollecitato un cambio di paradigma verso "una diplomazia della collaborazione", indicando che nei processi formali di pace venga riservata alle donne una quota pari al 40%. Citando dati economici, ha evidenziato che i costi della guerra superano oggi i 19.000 miliardi di dollari l'anno, pari al 13% del PIL mondiale, rendendo la pace "non solo un imperativo morale ma una necessità economica". Il suo appello a "scegliere la vita piuttosto che la vittoria" ha suscitato un’ampia risonanza tra il pubblico.

Giornalista esperta di Reuters, Olivia Le Poidevin, ha fornito un resoconto approfondito della situazione in Ucraina, a Gaza e nella Repubblica Democratica del Congo, condividendo anche le sue osservazioni dirette negli ospedali libanesi dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Ha riportato le dichiarazioni dei medici, secondo i quali "più la guerra andrà avanti, più donne dovremo curare", evidenziando le difficoltà, spesso trascurate, che le donne devono affrontare, molte delle quali sono vedove, capifamiglia e sopravvissute a violenze sessuali. Nonostante le avversità, ha affermato di aver osservato che "anche nei momenti più bui, le donne non si arrendono - continuano a guarire, a ricostruire e a guidare le loro comunità”.

La direttrice dell'advocacy intergovernativa di G100 Women, Patricia Elias, ha terminato la prima sessione rimarcando che la parità di genere non è un aspetto secondario per la costruzione della pace, ma ne rappresenta il fondamento. Nel corso del suo intervento, l'oratrice ha richiamato l'attenzione sui progetti di pacificazione attualmente in corso in Libia, guidati da donne, esortando la comunità internazionale a garantire una partecipazione femminile equa nei processi decisionali a ogni livello e ad "agire per la pace ora" e a garantire che "non deluderemo di nuovo le donne".

Sessione II - Mai più guerra: è possibile?

La seconda sessione, moderata da Heiner Handschin, presidente di UPF Svizzera, ha esaminato le metodologie fondate sulla fede e sull'istruzione nel perseguimento della pace. Nel suo discorso introduttivo ha evidenziato le potenzialità inespresse di un approccio spirituale nei percorsi di riconciliazione, sostenendo l’importanza di integrare la saggezza e l'impegno delle tradizioni religiose in un dialogo più attivo e collaborativo con gli attori politici, economici e sociali.

All’inizio della sessione è stato letto il messaggio dell'ambasciatore del Sudafrica Mxolisi Nkosi, il quale ha affermato che "il percorso del Sudafrica dall'oppressione alla libertà ci ha insegnato che la pace non è mai semplicemente l’assenza di guerra, ma la presenza di giustizia, dignità e inclusione. Le donne - ha aggiunto - sono state al centro della nostra lotta di liberazione e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nella costruzione di una società democratica, equa e pacifica". Ha proseguito dichiarando che "il Sudafrica si schiera fermamente con tutti quei governi, comunità religiose e organizzazioni della società civile che lavorano instancabilmente per promuovere la pace e la riconciliazione". Infine si è congratulato "con UPF e con i suoi partner per aver fornito una piattaforma in cui voci diverse possono unirsi al servizio dell'umanità".

Frédérique Seidel, in rappresentanza del Consiglio Ecumenico delle Chiese (WCC), ha posto l’accento sul ruolo fondamentale della guarigione interiore come premessa per il raggiungimento di una pacificazione sostenibile. Traendo spunto dal lavoro globale del Consiglio con bambini e comunità, ha rimarcato che "per promuovere una pace duratura, è essenziale aiutare i bambini a guarire le cicatrici che segnano le loro anime". Citando la ripresa della Polonia dopo la Seconda Guerra Mondiale e il processo di riconciliazione in Ruanda ha inoltre osservato come l'istruzione e la collaborazione interreligiosa abbiano dimostrato di essere efficaci strumenti per la prevenzione della violenza e la promozione della resilienza.

Nel suo discorso, Paulette Lacroix, delegata dell'Ufficio Internazionale dell'Educazione Cattolica (OIEC), ha presentato la nuova pubblicazione dal titolo "Una scuola per la pace - Verso una fraternità educativa globale". Per l'oratrice l'educazione rappresenta "una leva per la riconciliazione e l'uguaglianza", in linea con la prospettiva di Papa Francesco del Patto educativo globale. 

"La pace - ha aggiunto - si costruisce nelle aule scolastiche, dove l'azione didattica ha già iniziato a diffondere i semi della speranza". Lacroix ha poi sollecitato un impegno mondiale per la formazione degli insegnanti come promotori di pace e per garantire alle ragazze l'accesso all'istruzione, all'inclusione e alla sicurezza. 

Nel corso del convegno, Ejona Icka, Direttrice dell'Ufficio per le Relazioni con le Nazioni Unite di IAYSP, ha presentato un rapporto sulle recenti iniziative di costruzione della pace intraprese dai giovani nella città divisa di Mitrovica, in Kosovo, che hanno condotto a un incontro tra i leader politici locali, con risultati positivi. 

Secondo la relatrice è importante che governi e donatori adottino un approccio coraggioso investendo nelle potenzialità delle nuove generazioni. "Se non siete sicuri di come investire le vostre risorse - ha suggerito - valutate l'idea di utilizzarle a favore dei giovani", evidenziando “l’importanza della collaborazione tra le diverse generazioni per trasformare in maniera costruttiva il conflitto in cooperazione”.

Stefano Bosco, Direttore degli Affari Pubblici e Internazionali della comunità LDS, ha citato ricerche che mettono in luce il legame tra fede, senso di scopo e benessere psicologico, sostenendo che le basi della pace risiedono nell’attribuire significato alla vita attraverso le proprie credenze spirituali. Attraverso un metodo fondato su tali principi, è possibile comprendere, applicare e trasmettere la pace, a cominciare dall'ambito educativo familiare. Le tradizioni semplici acquisite e preservate all'interno delle famiglie possono gettare le basi e garantire la futura stabilità di comunità pacifiche e unite.

Chiudendo il convegno, Jacques Marion, presidente di UPF Europa e Medio Oriente, ha rimarcato come una pace autentica necessiti di una dimensione spirituale. Secondo il relatore, è giunto il momento di riconoscere questa verità e di agire di conseguenza, affiancando alle istituzioni politiche delle Nazioni Unite un Consiglio interreligioso. "La religione ha spesso causato divisioni nell’umanità", ha affermato, "tuttavia, è altrettanto capace di promuovere la riconciliazione".

Ha esortato le comunità religiose a difendere la dignità umana e la pace come doveri sacri, riprendendo il messaggio centrale della conferenza: non può esserci pace senza il coinvolgimento delle donne e il dialogo. Con fermezza ha denunciato l'allarmante repressione governativa che sta colpendo la libertà religiosa in Asia: in Giappone, un'intera comunità di credenti rischia di essere soppressa per decreto, mentre in Corea del Sud, leader spirituali vengono ingiustamente imprigionati. 

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