euronews | 21 novembre 2013
Dopo mezzo secolo di di dittatura militare conclusasi appena due anni fa il Myanmar è pronto per aprirsi al mondo. Ma nel paese è oggi davvero escluso il rischio di una nuova ondata di repressione, come quella che ha già portato alla prigionia di Aung San Suu Kiy e delle altre migliaia di attivisti, compresi i monaci della “rivoluzione zafferano?”
L’appuntamento cruciale, a seguito del quale si capirà se il paese è davvero pronto per un cambiamento, è rappresentato dalle elezioni del 2015. Intanto il paese continua a essere segnato da un’accesa violenza etnica rivolta soprattutto verso la minoranza musulmana. In Myanmar si contano oltre 100 minoranze etniche tra queste i musulmani rappresentano circa il 4%.
Dopo mezzo secolo di di dittatura militare conclusasi appena due anni fa il Myanmar è pronto per aprirsi al mondo. Ma nel paese è oggi davvero escluso il rischio di una nuova ondata di repressione, come quella che ha già portato alla prigionia di Aung San Suu Kiy e delle altre migliaia di attivisti, compresi i monaci della “rivoluzione zafferano?”
L’appuntamento cruciale, a seguito del quale si capirà se il paese è davvero pronto per un cambiamento, è rappresentato dalle elezioni del 2015. Intanto il paese continua a essere segnato da un’accesa violenza etnica rivolta soprattutto verso la minoranza musulmana. In Myanmar si contano oltre 100 minoranze etniche tra queste i musulmani rappresentano circa il 4%.