26 luglio 2012

Alle soglie dell’ultima rivoluzione


Coloro che hanno maggiormente influenzato l’evoluzione degli usi e costumi, e lasciato l’impronta più forte in tutte le varie civiltà, sono state le figure di tipo religioso – filosofico

Di Giuseppe Calì

Nel corso della storia, di rivoluzioni, ce ne sono state tante, famose e meno famose. Per rivoluzione intendo anche quei movimenti di pensiero, religioso o culturale, che hanno influenzato il divenire della società in modo profondo e rapido. Non solo quindi rivoluzione Americana, Francese o Russa, ma anche del pensiero filosofico greco, della spiritualità cristiana dei primi tempi, Islamica (che ha coinvolto tutto il medio oriente ed oltre), e così via. Se consideriamo l’estremo oriente, possiamo parlare di Buddha e Confucio come autentici rivoluzionari del pensiero, creatori di culture nuove, che hanno poi raggiunto grande estensione.
Siamo istruiti ed anche abituati a pensare che la storia sia soprattutto una successione di guerre, guidate da condottieri vittoriosi che hanno condizionato popoli e nazioni. Se osserviamo bene, però, coloro che hanno maggiormente influenzato l’evoluzione degli usi e costumi, e lasciato l’impronta più forte in tutte le varie civiltà, sono state le figure di tipo religioso – filosofico.

18 luglio 2012

POTERE – Governare con la paura


Autore Pino Rotta,

Il libro è una analisi sociopolitica degli ultimi dieci anni dell’Occidente. La spinta a sviluppare, in stile divulgativo, questa analisi della situazione sociale venutasi a creare dal 1990 ad oggi è partita dalla riflessione che l’autore aveva fatto un convegno-denuncia organizzato alla fine del 2003, pochi mesi prima della guerra in Iraq.
In quel convegno Pino Rotta aveva motivato perché, a suo avviso, nonostante l’opposizione di milioni di persone nel mondo, la guerra in Iraq si sarebbe comunque fatta. Il primo obiettivo era, si disse, bloccare il processo di unificazione politica europea ed il rafforzamento del legame tra Europa e Unione Africana. Con la guerra quest’obiettivo sarebbe stato raggiunto e così è stato. L’altro era quello di frenare la Cina anche se questo si sta dimostrando obiettivo più arduo e lontano da raggiungere.
Nel libro l’autore pone alcune questioni su quello che lui definisce non la “crisi” ma la “ristrutturazione del capitalismo” in corso e conosciuta con il termine equivoco e accattivante di “globalizzazione”.
Si delineano le condizioni internazionali che hanno portato la gente ad accettare, in un primo momento con entusiasmo, la globalizzazione; le conseguenze a livello psicologico di questi venti anni di abitudine alla violenza, l’esaltazione del machismo e della guerra “giusta”; l’uso della televisione per entrare lentamente nella coscienza individuale e convincerci che siamo soli contro tutti e solo chi è forte ha il potere sugli altri, fino a scoprire che non sono né i muscoli né un bel corpo, né il cinismo a dare il potere e far cadere quindi in uno stato di frustrazione e di rabbia, senza più strumenti per razionalizzare culturalmente questi stati d’animo che diventano aggressività e violenza bruta soprattutto indirizzata verso i diversi, i più deboli e soprattutto verso le donne.
Il libro entra nell’anomalia, nel contesto occidentale, dell’Italia. Un paese che dalla sua unità ad oggi non ha conosciuto periodi di democrazia liberale e socialdemocratica come è successo nel resto d’Europa.
Il risorgimento interrotto dal fascismo ed il ritorno alla democrazia condizionato dalla presenza pesante e pervasiva del Vaticano, un vero e proprio “Governo Ombra”, a cui le Istituzioni politiche e culturali italiane si sono sempre dovute piegare e che ha creato la coscienza profonda dell’estraneità tra lo Stato e i cittadini e reso gli italiani incapaci di maturare una coscienza civile ed un senso di appartenenza comunitario collettivo.
Il libro, con un rimando ad una ricca bibliografia, è uno strumento di lettura della società occidentale di questi ultimi venti anni, una lettura rigorosa sul piano dell’analisi sociologica, ma si può dire “politicamente scorretta” perché non ha facili indulgenze per la classe politica, di destra e di sinistra, né tanto meno per quella imprenditoriale, che si è adattata, non solo in Italia, al cinismo speculativo ed al sistema di corruzione, spesso in combutta con la criminalità organizzata.

Il Viale delle Rose


Storie di Ebrei rifugiati nella Repubblica di San Marino durante la seconda guerra Mondiale.
Una storia mai raccontata prima rende onore agli abitanti del monte Titano. Una lunga ricerca riporta alla luce quanto accaduto veramente agli ebrei nella piccola repubblica. 
Libro scritto da Giuseppe Marzi.

A cura della Redazione

Girare per le strette e ripide vie sul Monte Titano, parlare dopo tanti anni con coloro che vivevano lì al tempo della Seconda Guerra Mondiale, rivedere attraverso gli occhi delle stesse persone quanto è accaduto in quegli stessi identici luoghi decenni or sono. Cercare di individuare i tratti somatici di quei volti, capire come parlavano, il loro accento, capire dalla cadenza da quale regione o nazione provenivano. Sì, perché a San Marino in quegli anni si sentivano parlare tante lingue per le stradine. Ma chi erano queste persone? Roxanne Pitt nel dopoguerra scrisse un libro, edito in Italia da Longanesi, intitolato “La spia timida”. Roxanne era una spia inglese, una di quelle che in gergo vengono definite dormienti. Si stabilì a Rimini all'inizio del conflitto fingendosi insegnante, con il falso nome di Albertina Crico. Trovò lavoro al Liceo “Serpieri”, ma nell'estate del ‘43, quando crollò il fascismo - ambiente nella quale si era abilmente introdotta per spiarlo dall'interno - si trovò in seria difficoltà: spiegare agli antifascisti il suo vero ruolo era alquanto rischioso, altrettanto pericoloso era rimanere in balìa di persone che gridavano vendetta per i vent'anni di soprusi mussoliniani. Decise allora di rifugiarsi a San Marino: la distanza era breve, il trenino bianco -azzurro collegava il Monte Titano alla cittadina della riviera più volte al giorno; prese una stanza all'Hotel Titano, dove rimase fino all'inizio dell'inverno.

Secondo Casadei e il suo “Liscio di Romagna”


Al Presidente della nostra Accademia Culturale Sammarinese “Le Tre Castella, Renato Piccioni, che ha un bagaglio di vita vissuta la maggior parte nel secolo XX°, chiediamo di ripescare tra i suoi ricordi, quali e quanti gliene ha forniti la contemporaneità di aver vissuto il successo della musica definita “Liscio di Romagna”, che l’illustre Maestro SECONDO CASADEI, ha saputo creare e portare ad un successo che ha travalicato i cinque continenti, ed ancora perdura.

Di Renato Picioni

Ringrazio l’amico Direttore di “Voci di Pace, Giorgio Gasperoni, per la richiesta e, con molta gioia e partecipazione personale, voglio rispondere, anche se succintamente.
Il successo del “Liscio di Romagna” ma soprattutto del M° Secondo Casadei e la sua Orchestra, si concretizza subito nei primi anni del dopoguerra (della Seconda Guerra Mondiale).
Il M° Casadei, aveva già un curriculum di autore di musiche per il ballo, che poteva eseguire con la sua orchestra, nelle feste paesane e, soprattutto, in occasione delle attività contadine come, il raccolto del grano, la vendemmia, la lavorazione delle carni suine, nelle sagre paesane dei Santi Patroni dei vari paesi della Romagna.

Casadei, "mio padre”

Gianfranco Miro Gori (San Mauro pascoli) nel suo libro “Guida alla Romagna di Secondo Casadei” lo descrive così: “Musicista, compositore, capo-orchestra, impresario. Stabili una tradizione. E la diffuse in Italia e nel mondo . Romagna mia, la sua canzone più famosa, rappresenta il perfetto connubio tra un uomo e la sua terra”

Riccarda Casadei , figlia di Secondo Casadei che dirige la Casadei Sonora istituita per diffondere e conservare la musica e la memoria del padre, ci parla dell’uomo, del padre e del musicista.

“Secondo Casadei, mio padre”

“Lo Strauss dei poveri”, “L’uomo che sconfisse il boogie”, , “Il Fellini della mazurka”: questi sono alcuni fra i titoli degli articoli, ben allineati, appesi alle pareti di quello che è stato il suo studio, ed in tutti vi è l’immagine sempre sorridente di mio padre: Secondo Casadei, che io chiamavo affettuosamente “bone”, diminutivo di babbone. Oltre alle sue lunghe mani affusolate e scattanti che sapevano accarezzare lievi e leggere, la più bella cosa che si notava e, penso, sia rimasta nel ricordo di quanti l’hanno conosciuto, era l’immancabile dolce sorriso, che spuntava da sotto i suoi curatissimi baffetti alla Clark Gable.

ELC: European Leadership Conference


Di Giorgio Gasperoni

Dal 4 al 6 Novembre 2011 a la Valletta, Malta, la Universal Peace Federation (UPF) ha organizzato con il Patrocino del Presidente Maltese, George Abela, una conferenza sul tema: Europa, Africa e una Cultura di Pace – Una Nuova Visione per la Cooperazione. Erano presenti diversi capi di Stato Africani e molte personalità influenti sia dall’Europa che dall’Africa, ma anche altre parti del mondo erano rappresentate.
Un’altra importante conferenza sul tema “ Una Nuova Visione della Pace e lo Sviluppo Umano” è stata organizzata dall’UPF a Parigi presso la sede dell’UNESCO lo scorso 12-13 Aprile 2012, in cooperazione con la Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo e diverse altre NGOs, con l’assistenza della Delegazione Permanete del Sultanato dell’Oman e della Repubblica dell’Uganda presso l’UNESCO e il Patrocinio del Dr. Boutros Boutros-Gali, Segretario Generale delle Nazioni Unite negli anni 1992-1996 e attualmente presidente della sezione Democrazia e Sviluppo dell’UNESCO.
Il Dr. Boutros Boutros-Ghali ha affermato nel suo discorso, letto dalla sua segretaria Dr.ssa Sonia Ramzi, che è essenziale affermare un tipo di diplomazia “preventiva”, di mediazione e conciliazione, da parte delle organizzazioni regionali, come da lui meticolosamente elaborate nel 1992, nella sua “Agenda of Peace”. Egli ha inoltre messo l’accento sul problema del disarmo e del controllo del movimento delle armi convenzionali e la necessità di comprendere che la pace e lo sviluppo della democrazia procedono di pari passo. Egli ha concluso con una nota ottimistica: “Ho fiducia nel futuro perché so che uomini e donne di buon carattere stanno lavorando per la pace”.

Caterina da Siena: Una Grande Mistica e Una Donna Senza Tempo


“Se sarete ciò che dovete essere, metterete fuoco in Italia e nel mondo intero”

Di Maria Gabriella Mieli

Ci sono personaggi nella storia che vanno oltre le dimensioni di tempo e spazio e che rendono memorabile, oltre al loro nome, anche il secolo nel quale sono vissuti. Tra questi personaggi  merita un posto d’onore Caterina Benincasa. Nata il 25 marzo 1347 a Siena e morta il 29 aprile 1380 a Roma, ha vissuto una vita di fede incrollabile, di determinazione assoluta, di instancabile impegno per la risoluzione dei conflitti: il tutto accompagnato da una umiltà inimmaginabile.
Lei, ventiquattresima figlia, nata in una famiglia di origini umili, illetterata, ha saputo con le sue doti e virtù raggiungere obiettivi impensabili nel XIV secolo, ma oserei dire anche per i tempi attuali: uno fra tutti, riportare il Papa a Roma, dopo 70 anni di “cattività avignonese”. La sua lotta costante per il rinnovamento morale della chiesa accompagnerà la sua breve ed intensa vita: con tutti i mezzi possibili ha cercato di allontanarla dagli interessi politici e mondani per richiamarla alla sua funzione spirituale originale. Obiettivi  impensabili ed incredibili se si considera che Caterina era prima di tutto una donna; e se ancora ci sono resistenze notevoli oggi, nel XXI secolo anche nei cosiddetti paesi sviluppati, pensiamo a come dovesse essere l’attitudine verso il genere femminile al tempo di Caterina.

UNO SGUARDO DAL KAZAKISTAN


Freddo polare ed elezioni parlamentari hanno caratterizzato il mio
soggiorno nell'immenso paese dell'Asia centrale

di Carlo Alberto Tabacchi

"Ocin xolodni" è un'espressione russa ripetuta spesso nel rigido inverno di Astana, capitale del Kazakistan dal 1997 (prima era Alma Ata al confine con il Kirghizstan): vuol dire "molto freddo". La temperatura con tempo limpido, era intorno ai -20° (meno venti), con una puntata a -27° il giorno della partenza per l'Italia a gennaio. Oltre quindi al freddo sferzante, il pericolo è il ghiaccio, quando si attraversa la strada o si cammina sui marciapiedi. Nella capitale bagnata da un vasto fiume gelato, che sembra un lago bianchissimo, si notano centinaia di piccoli alberi, alcuni, anche finti, addobbati con striscioni natalizi alquanto pacchiani, ghiacciati che danno un effetto surreale e fiabesco.

LE FORZE SPECIALI STATUNITENSI IN AFGHANISTAN


Chi comprende l’Afghanistan, comprende il mondo

Di Carlo Alberto Tabacchi

Nel periodo aprile-luglio 2011, le forze speciali Usa hanno condotto 2832 missioni, 1'88% delle quali notturne, catturando 2941 insorti ed uccidendone 834: circa il doppio rispetto allo stesso periodo del 2010. I raids colpiscono sia il nord del paese, Kunduz e Baghlan in testa, sia la provincia meridionale di Helmand, ma soprattutto la cintura orientale, al confine con il Pakistan, dove l'attività degli insorti è aumentata nell'ultimo anno del 20%.
Si tratta di operazioni dirette contro i capi principali, i combattenti e i fiancheggiatori dei talebani, dell'Hezb-i-Islami, di Al-Qaeda, del gruppo per la jihad islamica e del network Haqqani. Dopo l'operazione Geronimo contro Osama Bin Laden (denominato Obl) del 2/5/2011 e l'abbattimento di un Chinook carico di Seals (6/8/2008), l'attenzione dei media è tornata con insistenza sull'argomento forze speciali.

L’Europa deve rispettare l’Islam


È necessario ridisegnare una nuova società dove si possa convivere con diversi ideali, mantenendo intatte le proprie identità culturali e religiose

Di Francesco Fravolini

L’identità dell’Islam è un patrimonio culturale da rispettare, come tutte le religioni del mondo. I pensieri filosofici, spesso alla base delle religioni di una nazione, costituiscono l’identità di un popolo. È impensabile passare sopra a queste minime regole di sopravvivenza civile. Eppure, a volte, assistiamo a spiacevoli episodi che devono portare le persone a una costante riflessione. C’è una cultura da conoscere, sicuramente interessante, come quella del mondo intellettuale arabo. È fondamentale delineare una visione della società occidentale nella quale viene inserito un arabo, con le abitudini, il folklore, la religione, i differenti aspetti sociali. Tutto ciò serve a favorire l’affermazione degli individui appartenenti ad altre nazionalità, assicurando una vera integrazione nella società straniera.

Società - Forte come un uomo


Si può affermare che il potere abbia un genere sessuale?

Di Pino Rotta

Generalmente associamo il termine potere al genere maschile. Una connotazione legata alla potenza sessuale, iconograficamente rappresentata dal simbolo fallico; cioè potere uguale: forza, virilità.
Secondo questo percorso il potere generatore non si associa all'intelligenza, alla gentilezza, alla tenerezza, all'amore ma appunto alla forza.
La storia dell'umanità ne sarebbe la dimostrazione con la continuità del predominio maschile fondato prima sulla forza fisica, poi sulla impersonificazione del monoteismo, istituzionalizzato nelle religioni su canoni maschili, ed infine sul denaro e gli strumenti per detenerlo e conservarlo che hanno pervaso e continuano a pervadere l'economia e la politica, dalla guerra alla criminalità.

Chi è l’ECONAUTA?


ECONAUTI, personaggi illuminati da una più attenta osservazione della vita che ci circonda. Affida il loro futuro a precise regole che consentano di navigare verso un mondo più rispettoso di ogni forma di vita.

di Renato Piccioni

Da qualche tempo un neologismo, carico di novità arcana, è comparso e si sta affermando a quanti vogliono operare, con rispetto, con un modo innovativo di intendere il valore di un nuovo sentire l’ECOLOGIA.
 E’ doveroso operare per il miglioramento, con approfondito adeguamento alle leggi naturalistiche della biologia, che l’uomo, per puro egoismo, non ha mai rispettate, facendo scivolare il vivere verso una immane autodistruzione.
Ora, si è rivelato sempre più, fonte del rinnovamento, tornare alle radici che, da sempre, hanno governato, governano  e devono tornare a governare, il futuro con regole per una vita compatibile con, e per, tutte le creature fra loro, che devono innovarsi tornando a riabilitare il rispetto alle forze dell’origine, cui tutto si deve.
Ecco quindi apparire gli “ECONAUTI”, personaggi illuminati da una più attenta osservazione della vita che ci circonda, per apprendere come migliorare i rapporti di una “BIOLOGIA ETICA”, che affida il futuro a precise regole che consentano di “navigare verso un mondo più rispettoso di ogni forma di vita”.
Ogni intervento umano, nello stesso territorio dove convivono forme di vitale importanza per la vita dell’individuo “uomo”, dovrà quindi attuarsi con il principio basilare di una sana rispettosa convivenza, in maniera equa, nel rispetto per ogni forma di vita.

Il manager etico promuove l’economia sociale


Maurizio Testa, amministratore delegato di Teamforce: «È una reale sfida credere in una fiducia rinnovata nell’uomo, mettendo a fattore comune i propri talenti e le proprie risorse» 

di Francesco Fravolini

Gli antichi paradigmi economici dell’imprenditoria del Belpaese devono cambiare abito e indossare indumenti più moderni, al passo con i tempi, per dare il giusto spazio all’etica di impresa. È necessario un comportamento responsabile nei confronti del settore economico, al fine di aumentare le occasioni di business in modo responsabile e trasparente. Il triste episodio dei prodotti derivati, solo per fare un banale esempio, deve far riflettere gli operatori del settore per consentire un reale cambiamento di cultura d’impresa. Il manager etico può essere una nuova interessante figura del Terzo Millennio poiché il suo compito è basilare: comprendere le esigenze future della società. La persona deve tornare al centro della vita, sgomberando il campo dai meri interessi finanziari, mirati solo a portare lauti profitti a un ristretto gruppo.     

“Gesù : non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”


Umanizzare la terapia medica è necessario

Di Antonio Imeneo

Umanizzazione, in una parola si possono condensare sentimenti così diversi tra loro che sarebbe impossibile elencarli tutti senza dimenticarne qualcuno. Il senso del rispetto, della solidarietà e la cura verso chi soffre di certo sono gli aspetti principali quando si affronta questo argomento. 
Da un punto di vista professionale ed esistenziale l’obiettivo di garantire le giuste e doverose proporzioni di umanità nella pratica clinica e nell’organizzazione sanitaria è un’ispirazione (o meglio, dovrebbe esserlo) a cui ogni medico e/o operatore sanitario ambisce e il desiderio è quello di poterle compiere quotidianamente. Potrebbe sembrare retorico parlare di umanizzazione delle cure, come se potesse esistere una medicina non umana: ma l'umanizzazione è presupposto stesso della medicina in quanto cura e attenzione nei confronti del malato. Davanti ad un uomo che soffre, spesso anche disorientato dalle pratiche burocratiche, dalla paura di dover affrontare una malattia difficile, frenato dal timore di sentire la diagnosi o più semplicemente dalla paura di non comprendere la risposta, spesso il medico ha bisogno del sostegno di volontari che con parole e gesti lo agevolino a creare una relazione con il paziente e a costruire un solido rapporto di fiducia, senza la quale il medico non potrebbe mai operare. Solo seguendo la strada della cooperazione, dell’amore e della fede dunque, si potrà essere in grado di costruire un nuovo profilo del sistema sanitario che risponda ai bisogni del paziente, che sia un servizio alla persona e allo stesso tempo possa offrire un nuovo senso al nostro lavoro, supportando le scelte cliniche ed organizzative attraverso la cultura dei valori e la grande tradizione morale delle professioni di aiuto e del volontariato.

17 luglio 2012

LA MEDICINA NELL’INGANNO DELLA CULTURA


Chi non cavalca il proprio destino, lo subisce comunque. Non c’è vera salute del corpo senza salute interiore.

Di Silvano Mantovani

Mai come in quest’epoca la medicina ebbe una così opulente disponibilità di mezzi “culturali” e di prodotti della ragione umana e, ciononostante, l’OMS ha recentemente previsto per i prossimi anni un’apocalittica epidemia psichiatrica. Si diffonderanno forme psicotiche gravi, cronicizzazioni ansio-depressive, suicidi, e un dilagare di compulsioni vessatorie. Precisiamo che le previsioni di tale Istituto sono in difetto per distonia “mentale” dello stesso.
Ma da cosa nasce un simile naufragio della salute psichica nonostante i prodigi conseguiti dalla medicina dal punto di vista corporeo?

Missionari: portatori di pace


 L’impegno di infondere fiducia e speranza nei cuori trapassati da ferite profonde
e da una povertà crescente non è semplice e scontato

di Lora Quaggiotto

Anche un piccolo gruppo missionario a dimensione parrocchiale, attraverso il lavoro dei missionari con cui è in contatto, può diventare una “Voce di Pace”. Ce ne siamo resi conto accompagnando suor Maria Pedron, missionaria comboniana ed ostetrica a Nampula (Mozambico), lungo gli anni terribili della guerra civile che ha sconvolto quel Paese. Con il nostro aiuto suor Maria poteva procurare medicinali e cibo per la popolazione locale (soprattutto per le mamme e i bambini) senza distinzioni tra le fazioni in lotta. Per questo ha rischiato molte volte la vita, ma ha provato anche momenti di gioia quando le donne, superando le divisioni politiche e i rancori, accomunate dalla situazione di bisogno ed emergenza in cui si trovavano, avevano il coraggio di sorridersi e di stringersi la mano. Così, seguendo il Centro Giovanile di Kamenge (Burundi), dove opera il saveriano padre Claudio Marano, abbiamo imparato a conoscere e a sostenere una realtà che ha dell’incredibile. Più di 30.000 ragazzi/e delle due etnie che si sono massacrate in Ruanda e Burundi hanno imparato in questo Centro a convivere e a rispettarsi. Hutu e Tutsi, cristiani e musulmani vivono insieme il loro tempo libero tra giochi, attività sportive, lavoro, seminari sulla pace e momenti di accoglienza reciproca. Per questa sfida educativa padre Claudio Marano ha ricevuto nel 2002 il Premio Nobel alternativo per la pace. L’anno scorso abbiamo seguito con trepidazione e ansia il lavoro di suor Tiziana Maule, missionaria dorotea e medico-chirurgo ad Alepè (Costa d’Avorio). L’ospedale di suor Tiziana è stato un’oasi di salvezza per la popolazione civile nella sanguinosa contesa tra i due capi di governo. 

Paul Rusesabagina un eroe del XX° secolo


di Flora Grassivaro, Pres. WFWP Sez. Padova
Paul R. - Ambasciatore di Pace
In occasione del 50° anniversario dell’indipendenza del Ruanda la città di Padova ha accolto nei primi giorni
di maggio di quest’anno l’eroe ruandese Paul Rusesabagina che durante il genocidio del 1994 salvò 1268 connazionali di etnia Tutsi e Hutu moderati. Il film “Hotel Ruanda” di Terry George si ispira alla sua storia e ripropone al mondo  quei tragici eventi che hanno macchiato di sangue la terra africana sotto gli occhi incuranti del mondo occidentale. Paul Rusesabagina nacque a Gitarama in una regione del centro sud del Ruanda da una famiglia contadina. Nel 1981 divenne direttore d’albergo nel College Utalii a Nairobi, in Kenya e successivamente, dopo un viaggio premio in Svizzera, iniziò a lavorare nell’Hotel des Mille Collines coprendo il ruolo di assistente del direttore generale per poi essere promosso Direttore Generale della Diplomate Hotel a Kigali.  Il 6 aprile del 1994 l'aereo presidenziale dell'allora presidente Juvénal Habyarimana, al potere con un governo dittatoriale dal 1973, fu abbattuto da un missile terra-aria, mentre il presidente era di ritorno insieme al collega del Burundi Cyprien Ntaryamira da un colloquio di pace. Il giorno successivo a Kigali e nelle zone controllate dalle forze governative (FAR, Forze Armate Ruandesi), con il pretesto di una vendetta trasversale, iniziarono i massacri della popolazione Tutsi e di quella parte Hutu imparentata con questi o schierata su posizioni più moderate, ad opera della Guardia Presidenziale e dei gruppi paramilitari Interahamwe eImpuzamugambi, con il supporto dell'esercito governativo. Il segnale dell'inizio delle ostilità fu dato dall'unica radio non sabotata, l'estremista "RTLM" che invitava, per mezzo dello speaker Kantano, a seviziare e ad uccidere gli "scarafaggi" tutsi. Per 100 giorni si susseguirono massacri e barbarie di ogni tipo; vennero massacrate più di un milione di persone in maniera pianificata e capillare. 

L'Africa Day a Monza


 Di Carlo Chierico,

Africa Day: questo il nome dell'incontro che si è tenuto venerdì 25 maggio alla Casa del Volontariato in via Correggio 59, a Monza. Un incontro informale, ma anche di semplice celebrazione, insieme ad esponenti delle varie comunità presenti sul territorio, riguardo alle tematiche del continente africano in occasione della giornata dedicata all'Africa dalle Nazioni Unite.
Un momento, quindi, per riflettere sulle sfide e le conquiste dei popoli dell'Africa e su come possiamo noi, qui dall'Italia e da Monza, interagire. La nostra partecipazione all'Africa Day, vuole essere anche un sostegno per la costruzione della pace, iniziando dal dialogo che porta ad una conoscenza reciproca.
La serata è iniziata con una breve introduzione sul significato della giornata dell'Africa Day (o African Liberation Day, come chiamato da altri) che segna la fondazione nel 1963 dell'Organizzazione dell'Unità Africana, oggi conosciuta come l'Unione Africana.

Il Significato del Giorno dell’Africa proclamato dall’ONU

25 maggio 2012: African Liberation Day

di Diego Cassinelli,
volontario in Zambia

Oggi in tutto il continente africano si festeggia l’African Liberation Day (ADL). Anche qui in Zambia gli uffici e le scuole sono chiusi e nell’aria del compound di Bauleni c’è profumo di festa. Il clima è quello della domenica, con tanta musica e con il vocio della gente che si fa sentire più forte.  Ma cosa si celebra oggi? Credo che ci sia molta confusione sul significato di questa giornata, partendo dai nomi che le vengono dati: African Freedom Day, Africa Day e infine African Liberation Day.
Di cosa parliamo, e perché gli uffici sono chiusi? Facendo un giro rapito in internet, leggendo le principali testate dei quotidiani africani, Zambia compreso, la notizia di questo giorno di festa non è nemmeno riportata e se appare, non ha molta enfasi. Paradossalmente questa giornata è celebrata molto di più fuori dal continente. Ho visto eventi e iniziative sparse per l’Italia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti. Nella latitudine in cui mi trovo c’è “ferie” per il giorno di vacanza, a casa da scuola e uffici vari, ma poca memoria.
Questa però è una mia sensazione personale, ma cosa si festeggia in realtà oggi? Il 15 aprile 1958 nella città di Accra in Ghana, Kwame Nkrumah, (primo presidente del Ghana indipendente) riunì per la prima volta i leaders africani e attivisti politici, dando il via alla prima Conferenza degli Stati Africani Indipendenti. In quell’occasione, parteciparono i rappresentanti di otto governi, quali Egitto, Marocco, Libia, Tunisia, Etiopia, Ghana, Liberia, Sudan, più l’unione dei popoli del Camerun e i rappresentanti del Fronte di Liberazione Nazionale di Algeria.

Messaggio del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, 25 Maggio, 2012

Ogni anno l'Africa Day offre l'opportunità di riconoscere le conquiste dei popoli e dei governi dell'Africa e di riaffermare il sostegno delle Nazioni Unite per i loro sforzi nel costruire un futuro migliore. Le Nazioni Unite lodano gli sforzi recenti dell'Africa fatti per consolidare la pace e l'architettura della sicurezza, rifiutando modifiche di potere. Noi continueremo a lavorare con l'Africa a costruire una pace duratura, porre fine ai conflitti armati, la promozione della democrazia, e promuovere il rispetto dei diritti umani fondamentali, in particolare i diritti delle donne e dei giovani.
L'Africa è un continente dinamico in fase di profonda trasformazione. Anche durante la crisi economica mondiale, le economie dell'Africa hanno continuato ad espandersi, e le previsioni di crescita rimangono positive. Tuttavia, i benefici non raggiungono tutti gli africani. La povertà, la fame e le disparità in materia di salute, d’istruzione e della partecipazione alla vita sociale, stanno impedendo a centinaia di milioni di africani di realizzare pienamente il loro potenziale. E’ necessario un maggior sforzo da parte di tutti per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio entro il 2015.

AFRICA DAY


Di Giorgio Gasperoni

Il numero appena uscito di Voci di Pace, secondo quadrimestrale 2012. Tratta come tema principale l’Africa Day. Questo giorno, il 25 maggio, stabilito dalle Nazioni Unite, viene celebrato in molte nazioni del mondo.
Di Africa si parla spesso per i gravi problemi economici che la travagliano, mentre passano in second’ordine altre situazioni quali quelle politica e culturale che pure hanno grande rilevanza per una giusta comprensione della realtà di quel continente. Il Dr. Ali A. Mazrui, docente universitario, alcuni decenni fa affermava che in tutta l’Africa le persone non sono più sicure dove finisce la tradizione del ringraziamento e dove cominciano i nuovi peccati di corruzione.
Uno dei fattori che hanno contribuito a questa confusione è la costituzione di istituzioni interamente nuove come le banche e le istituzioni di stile occidentale con le loro nuove regole e i loro valori. Da un punto di vista culturale quando più sistemi di valori scoprono aree di dissonanza e di incompatibilità avviene un conflitto culturale e se una delle due culture comincia a guadagnare terreno possiamo dire
che ha inizio una conquista culturale.
Questo è quanto si è verificato con l’Islam soprattutto nel Nord Africa, mentre il modo di vita occidentale si è diffuso più uniformemente nel continente, ma ha anche generato un notevole scompiglio culturale.
Abbiamo voluto affrontare l’argomento da varie angolazioni per cercare di dare il nostro contributo ad un argomento così importante. 

Link al numero completo di Voci di Pace