10 febbraio 2007

Una nuova etica per un nuovo secolo

Discorso fatto nel 2000 all'ONU
Oscar Arias, Presidente Emerito del Costa Rica

Amici miei, siamo qui questa mattina per analizzare la direzione nella quale il mondo sta andando, e quello che noi possiamo fare per incoraggiare l’espandersi si una cultura di pace. Non è una coincidenza che ci siamo riuniti alle Nazioni Unite per parlare di questi temi. Questa istituzione venerabile ha sempre avuto al cuore della sua missione, l’espansione della pace e la cooperazione in tutto il mondo. Oggi, 55 anni dopo che l’ONU è stato fondato, cosa sta facendo sulla pace e l’organizzazione del mondo? E’ mia opinione, cari amici, che il mondo non ha prestato attenzione alle vere sfide con cui le nazioni povere si devono confrontare. A meno che questo non cambi il mondo non realizzerà la pace, la sicurezza o la solidarietà. E’ veramente angosciante notare che le democrazie ricche e potenti di oggi, quelle a cui il mondo nella maggior parte dei casi vorrebbe trovare una giusta leadership, stanno troppo frequentemente a pensare in termini della propria sicurezza nazionale, piuttosto della sicurezza umana. La “sicurezza umana” ha molte definizioni, ma può essere identificata più facilmente dove essa è assente. Analfabetismo, povertà, ineguaglianza, repressione militare, degradazione ambientale e malattie sono i marchi di garanzia molto comuni nella mancanza di sicurezza umana nel nostro mondo. E qual è la risposta delle nazioni sviluppate a queste angosce? Troppo spesso è una decisione antiquata, riflessiva e difensiva a continuare la costruzione di difese militare, la costruzione di muri contro l’immigrazione illegale e proteggere gli interessi nazionali chiudendo le porte ad un commercio alla pari con le nazioni povere. Mi rivolgo soprattutto a quelli di voi provenienti dal Nord America e l’Europa, e vi dico: se non abbattete i muri attorno ai vostri mercati e permettete alle esportazioni dei paesi poveri di essere venduti ad essere vendute a prezzi competitivi, i vostri confini continueranno ad essere violati da centinaia di migliaia di immigranti ogni anno provenienti da questi stessi paesi poveri. A meno che voi non fermiate la vendita di armi a dittatori spietati e regimi fondati sul genocidio, i vostri paesi continueranno ad essere inondati dai rifugiati, e quelli che si spostano dai conflitti territoriali, voi fate poco per fermarli. A meno che voi non cominciate a dirigere i vostri aiuti verso le nazioni poveri a seconda delle necessità dei paesi poveri piuttosto che dei vostri interessi strategici, non ci sarà la pace nel mondo. Parliamo sul commercio. I paesi che producono quello che non consumano e consumano quello che non producono sono condannati ad esseri commercianti. In Costa Rica, produciamo caffè, banane e zucchero, e consumiamo computer, automobili e telefoni cellulari. Siccome così tanti dei paesi poveri del mondo sono anche dei piccoli paesi, sono tutti nella stessa barca. Non è fattibile oggi per una nazione di due, tre o cinque milioni di persone produrre tutto di cui ha bisogno la propria popolazione. Essi devono commerciare. I paesi industrializzati spendono circa $370 miliardi di dollari all’anno in sussidi ai propri coltivatori non dando così ai coltivatori dei paesi poveri alcuna possibilità di riuscire ad inserirsi nel mercato mondiale. Liberi accordi commerciali come NAFTA sono limitati ad alcuni paesi e sono appoggiati equivocamente da leader che parlano del pericolo del mercato libero senza analizzare i benefici che ne deriverebbero. Non solo i paesi industrializzati hanno bisogno di aprire i loro mercati al mondo in via di sviluppo, ma il commercio totale deve prendere in considerazione il fattore umano. Ciò di cui il mondo in via di sviluppo ha bisogno dalle nazioni industrializzate è un commercio che sia libero e responsabile. Non stiamo chiedendo la solidarietà. E’ per un miglior interesse del Nord America e dell’Europa incentivare la crescita economica nei paesi poveri dell’America Latina, Asia e Africa, se esse vogliono arginare la marea dell’immigrazione illegale e reprimere la violenza in quelle aree che minacciano la sicurezza globale. Fino a che i paesi poveri non potranno esportare i loro prodotti continueranno ad esportare la loro gente. Nel rapporto del Segretario Generale dell’ONU, Kofi Annan “We, the peoples” egli afferma: “I conflitti sono molto frequenti nei paesi poveri, specialmente quelli che sono mal governati e dove ci sono ineguaglianze acute tra gruppi etnici o religiosi. Il modo migliore di impedire questi conflitti è promuovere lo sviluppo economico, sano ed equilibrato, combinato con i Diritti Umani, i diritti delle minoranze e accordi politici nei quali sono rappresentati equamente tutti i gruppi. Pure i trasferimenti illeciti di armi, soldi o le risorse naturali devono essere fatti alla luce del sole”. Cari amici, questo è il nocciolo del problema. La sicurezza umana è la sicurezza nazionale. Perché, quando le persone hanno fame e vedono solo l’ingustizia e la corruzione, il risultato è la violenza. J. F. Kennedy disse: “Coloro che ritengono la rivoluzione pacifica impossibile, renderanno diventare la rivoluzione violenta inevitabile”. L’aspetto triste di tutto ciò, non è solo il fatto che molte nazioni industrializzate rifiutano di aiutare la realizzazione di una rivoluzione pacifica con un commercio più libero e con l’obiettivo di dare aiuti per l’istruzione per l’istruzione, la salute e lo sviluppo, ma purtroppo stanno davvero contribuendo alla violenza vendendo armi a governi che perpetuano la pulizia etnica e che reprimono la loro gente e fanno sparire i dissidenti interni. Io dico che il mondo si immetterà sul sentiero della pace solo quando le nazioni che esportano armi accettino un codice di condotta nel fare questo. Devono rifiutarsi di vendere armi a governi che non rispettino la democrazia, che perpetrano vistose violazioni dei Diritti Umani e quando prendo parte in aggressioni armate in violazione della legge internazionale. Questi sono alcuni dei provvedimenti del Codice Internazionale di Condotta sul trasferimento delle armi che io e altri 18 Premi Nobel per la Pace stiamo proponendo ai leader mondiali. Se sceglieranno oppure no di mostrare una vera leadership è firmare il codice, ciò avrà un grande significato su come si svilupperanno nel futuro i conflitti armati nel mondo. Non è solo il fatto che i regimi repressivi uccidano la loro gente, ma i bilanci militari in continuo aumento di molto piccoli paesi poveri stanno depauperando la loro gente dei fondi necessari per l’istruzione, la salute e lo sviluppo umano. Invece di offrire una leadership morale ed autorevole su questo fronte, gli Stati Uniti sono vicini al limite di infiammare una nuova corsa agli armamenti ancor più pericolosa con il proposito di costruire il loro sistema di Difesa Missilistico Nazionale. Se questo sistema fosse messo in atto sarebbe chiaro che la Cina e la Russia riempirebbero il loro arsenali nucleari e l’India e il Pakistan farebbero la stessa cosa. Il mondo, oggi, ha bisogno di molte cose, all’inizio di questo ventunesimo secolo. Una rinnovata corsa agli armamenti non è ciò di cui abbiamo bisogno. Di cosa il mondo ha bisogno è un cambiamento nelle priorità; la consapevolezza che un sempre maggior numero di missili non sono la risposta alla mancanza della sicurezza umana con cui ci confrontiamo oggi giorno. Il mondo deve rendersi conto che i mercati globali e le comunicazioni globali significano anche responsabilità globale. Politiche e strategie miopi, non sono più possibili in quest’era dell’informazioni. Dobbiamo fare in modo che quest’era sia un era sia di conoscenza che di informazione. Le informazione, dove le soluzioni politiche sono ben analizzate, considerando le implicazioni a lungo termine, e non solo gli interessi strategici a breve termine. Di cosa abbiamo bisogno cari amici; è un mondo con più solidarietà e meno individualismo; più onesta e trasparenza e meno corruzione e ipocrisia; più fiducia fra tutti e meno cinismo; più compassione e meno egoismo; in breve abbiamo bisogno di più amore. Elie Wiesel, ha detto:”l’opposto dell’amore non è l’odio ma è l’indifferenza”, l’indifferenza è un grande pericolo del nostro tempo, quando abbiamo così tante informazioni ed una così piccola energia per prenderci cura della situazione. Ma il servizio pubblico evidenziando una giusta etica che ho appena descritto, potrebbe sembrare irrealistico e non reale, ma è l’unica risposta alle sfide della globalizzazione. Se il mondo è disposto ad abbracciare questa etica, il mondo avrà pace. Altrimenti saremo condannati a ripetere i cicli di povertà, disperazione, guerra e conflitti del passato. La scelta è nostra.

Super Fides

di Renato Piccioni

Specialmente negli ultimi anni, da quando S.S. Papa Giovanni Paolo II° ha iniziato a parlare, praticandolo, di ecumenismo fra tutte le religioni monoteistiche, le maggiori Fedi Monoteistiche Religiose, hanno imboccato la strada dello studio per la ricerca, all’interno della propria dottrina, per capire come arrivare ad abbattere le barriere erette, fra le diverse credenze in tanti secoli, da quelle che furono definite per comodo a giustificazione “Le Guerre Sante”.

Con il procedere dei secoli e specialmente nell’ultimo bi millennio, molti di quei regni o stati governati da ferree teocrazie, sono andati sfaldandosi a causa di ribellioni, rivoluzioni e lotte fratricide, e sono diventati potentati laici, moltissimi dei quali con i loro governi democratici, hanno instaurato particolari rapporti con le chiese dominanti nel territorio con particolari “concordati”.

Ma ancora oggi, e siamo agli albori del terso millennio, persistono territori che hanno tratto dalle scritture della fede maggioritaria le leggi per regolare, sia la vita spirituale che amministrativa nell’ambito civile, per cui sono rimasti solo quelli, gli stati assolutamente teocratici e quel che è peggio, fondamentalisti.

Tutti gli stati laici sono diventati tali in seguito all’essersi affrancati dalla teocrazia che li amministrava, perché si sono dati una “Costituzione Laica” e una serie di Codici di Leggi Laiche con cui gestire la vita di quei popoli, mentre nel rispetto della fede religiosa che i loro cittadini liberamente accettano di professare, li hanno lasciati liberi di farlo, nel doppio rispetto e delle leggi delle religioni, ma con la preminenza dei codici che regolano la laicità dello stato.

S.S.Papa Giovanni Paolo II° fin dal 1999 con il raduno ecumenico di tutti i grandi rappresentanti delle varie religioni in quel di Assisi, ha proclamato, dimostrandola, la possibilità della convivenza pacifica fra le varie convinzioni di fede cui compete il compito principale di formare le genti alla pratica di quei valori morali ed etici che fanno di ogni uomo un elemento di promozione della Pace quale meta comune tesa alla conquista del buon vivere in fratellanza fra tutti i componenti etnici dell’umanità.

Il tentativo del Santo Padre Giovanni Paolo II° di voler fondere il Cristianesimo unificato di tutte le chiese cristiane, è come aver gettato un ponte di pace fra la riva cristiana e non, per una fusione sincretica di tutte le teosofie fino a ritenere affratellate sia le religioni monoteistiche che quelle che praticano solo principi teosofici basati sul principio dell’altruismo e della pratica di una vita di servizio per il bene del prossimo da parte di ognuno.

Il sincretismo di ogni fede, se e quando sarà raggiunto nella realtà ma, soprattutto, nella consapevolezza di ogni creatura, può sembrare una speranza “utopica”, ma l’umanità è debitrice delle grandi filosofie-utopiche che nei secoli passati sono poi diventate il principio di base per elevare la vita dell’uomo dal suo abbrutimento e riportarlo allo stato di creatura dotata di spirito eletto, la cui paternità la si riconosce nell’atto della Creazione che ha instaurato la fratellanza fra uomini e popoli.

Molte sono state, nei secoli trascorsi, le figure di spicco che con la loro ispirazione ma anche con il loro percorrere gli anni della loro vita dediti alla predicazione di quello che ancora oggi andiamo cercando, e cioè, l’instaurazione della “Vera Fratellanza per un Mondo di Pace”, e molti sono ancora oggi, in ogni continente di questo mondo, coloro che ispirati in modo da diventare i “Messaggeri” dell’ecumenismo religioso, si parlano e trasmettono i giusto messaggio perché ci si renda conto che ogni fede, nella sua essenza, tende al miglioramento della creatura “UOMO” per farne un uomo di Pace.

Negli anni del secolo XX° abbiamo avuto personaggi di fede cristiana e non, presenti in ogni continente, che sia pure con linguaggi diversi, sia pure con modalità sottilmente diverse, hanno tentato di aprirci gli occhi del cuore, ma l’uomo ha tenuto chiusi gli occhi del cuore ed ha camminato le vie del mondo seguendo l’egoismo, la durezza di cuore, la speculazione, la prevaricazione, e l’appiattimento di una vita che ignorava il dualismo insito nella creazione.

Ogni cosa del creato soggiace alla legge principale della creazione che è il dualismo.

Per cui abbiamo :- Uomo-Donna, Buono-Cattivo, Giusto-Ingiusto, Vero-Falso etc.etc.

Per semplificare questo concetto, le religioni orientali hanno definito questo dualismo in Jing e Jang per cui si capisce che non può esserci l’uno senza l’altro.

Ma su tutto resta imperante il desiderio dell’uomo che deve essere formato dall’amore, per l’amore e con l’amore, per se e per l’altro, per le cose e per quanto il Creatore ha inteso ci fosse per il bene delle sue creature per le quali tutto a creato.

Al principio di tutto ci fu l’Eden, poi il peccato della disubbidienza ha trascinato per secoli l’umanità a vivere nel buio della conoscenza, ma la punizione venne con il lavacro del Diluvio, che il Creatore inviò per riportare il Creato alla dimensione del suo volere.

E sono trascorsi i millenni ma l’UOMO ha ripreso a percorrere la strada sbagliata delle inimicizie, del vizio, dell’egoismo e delle peggiori malefatte e contro se stesso e contro la natura che lo circonda.

Quindi solo se l’umanità si ravvede e cerca nel pentimento degli errori, la via al miglioramento in cooperazione ecumenica fra tutte le fazioni che oggi dividono ma che unite possono portare al miglioramento della persona-uomo, del suo habitat e di quanto di meglio una epoca di pace può donare con la condivisione.

Ma la via il Creatore l’ha tracciata fin dal “Principio” ed è la sola via che una volta imboccata e mantenuta nel cammino dell’Uomo può finalmente dargli un mondo di Pace.

Questa unica via si chiama : “Amore”.

Percorriamola, insistiamo a camminare con coraggio per superare ogni difficoltà, perché con l’esempio potremo ognuno trascinare alla convinzione che l’Amore è la ragione prima della vita così come ci è stata donata.

2 febbraio 2007

Summit mondiale 2004 – Seul, 25 gennaio

Sintesi del discorso dell’On. Tommy E. Remengesau, Jr.,
Presidente della Repubblica di Palau

Un discorso molto interessante, in cui si passa dalle parole sul buon governo ai fatti.

Signore e signori, la via al buon governo non è semplice. La mia nazione, la Repubblica di Palau, lo sta sperimentando. Palau ha raggiunto l’indipendenza nel 1994. In questo breve periodo abbiamo lavorato duramente per realizzare una struttura di buon governo che guiderà il popolo verso un futuro positivo, pacifico e giusto. Come secondo Presidente, ho stabilito come priorità la realizzazioni di strutture istituzionali che offrano al popolo di Palau l’opportunità e l’ambiente per crescere e prosperare.

Dal momento che Palau è così giovane, abbiamo una magnifica opportunità per imparare da altre nazioni nella nostra regione e nel mondo al fine di realizzare una robusta fondazione per il buon governo. Oltre a tale base, dobbiamo instillare nel nostro popolo il forte credo nel fatto che il nostro futuro è strettamente collegato al modo in cui ci rapportiamo tra noi e con il governo. Il fallimento nel far ciò porterebbe alla distruzione del sistema di base della società e del governo.

A livello istituzionale Palau ha costituito una forte base di enti governativi e giuridici che ci porterà verso il buon governo. La struttura fondamentale di questo sistema è il requisito di pareggiare il bi-lancio ogni anno fiscale, e che tutte le entrate della Repubblica siano depositate nel Tesoro Nazionale, da dove possono essere recuperate solo ai sensi delle nostre leggi. Per rafforzare questa premessa basilare, di spesa meditata e legale dei fondi pubblici, abbiamo approvato delle leggi finanziarie che rendono illegale la spesa pubblica che vada oltre le entrate previste. Per esser certi che non si verifichino sforamenti di spesa, richiediamo delle certificazioni, che se non rispettate danno luogo a severi provvedimenti civili e penali, incluso il rimborso dei fondi spesi in modo inappropriato.

Al fine di assicurare l’integrità di questo sistema finanziario, la nostra Costituzione ha istituito l’Ufficio del Pubblico Revisore dei Conti, e la posizione di Revisore – il quale non può essere rimosso dalla sua carica se non con almeno 2/3 dei voti delle nostre due camere. Questo tipo di votazione è molto difficile da attuare.

Il Pubblico Revisore

Il Pubblico Revisore controlla e certifica i conti di ogni sezione, dipartimento, agenzia ed autorità del governo, nonché di tutti gli altri enti pubblici ed organizzazioni nonprofit che ricevono soldi pubblici dal governo nazionale. Il Revisore è dichiarato in modo specifico dalla Costituzione come libero dal controllo di qualunque persona o organizzazione.

Abbiamo anche approvato delle forti leggi etiche, al fine di far sì che i pubblici ufficiali debbano render conto delle loro azioni, e che la nostra politica non cada preda di influenze e finanziamenti stranieri, un pericolo reale per una piccola nazione come la nostra.

Al fine dell’applicazione di tali leggi, oltre all’Ufficio del Pubblico Revisore, abbiamo creato l’Ufficio della Pubblica Accusa, che ha ampi poteri per intentare azioni legali di tipo penale e civile contro pubblici ufficiali nonché contro i reati amministrativi. Quest’Ufficio ha con successo perseguito dei pubblici ufficiali, condannati per spesa non autorizzata di fondi per viaggi non a fini istituzionali e similari.

Istituzioni come queste sono la spina dorsale del buon governo. Ma il cuore del buon governo è la volontà del popolo. Recentemente il potere legislativo ha lanciato un attacco contro queste istituzioni. Quando i legislatori hanno cercato di abolire la legge di costituzione dell’Ufficio della Pubblica Accusa, a motivo di processi pendenti contro molti dei suoi membri, il popolo, tramite la libera stampa, si è schierato all’unanimità contro questo tentativo. Dopo quasi un anno di lotta e di dibattito pubblico, l’Ufficio è stato reinsediato. In modo simile, quando il potere legislativo ha cercato di minare le nostre leggi bancarie, il popolo di Palau ha marciato di fronte alla Camera per richiedere il mantenimento di tali leggi. In entrambi i casi, il libero flusso delle informazioni ed il coinvolgimento attivo del popolo di Palau nella politica è stato il fattore determinante per la preservazione della nostra integrità istituzionale.

Il fondamento di una società libera

Amici, una società libera ed equa inizia e finisce con il popolo. Il buon governo è, in realtà, semplicemente una buona abitudine, ed il cattivo governo riflette semplicemente le cattive abitudini e la mancanza di dedizione da parte della leadership alla promozione dei diritti dei cittadini tramite i processi politici ed istituzionali. Queste cattive abitudini devono essere superate, ma il farlo è molto difficile, ed è una cosa che richiede un’attenzione ed una forza di volontà continua.

Amici, se noi, nelle nostre istituzioni, imprigioniamo le menti e le voci delle persone, diventiamo leaders solo di noi stessi. Il buon governo semplicemente rispetta e riflette la volontà della nostra famiglia. Uniamoci alla nostra famiglia per creare un mondo migliore.

Grazie.

La Religione, la Pace e la Prosperità Internazionale

Simposio internazionale sugli Stati Uniti e le Nazioni Unite
"La Religione, la Pace e la Prosperità Internazionale
"

Gordon L. Anderson
Segretario Generale, Accademia dei Professori per la Pace Mondiale


Introduzione

Il ruolo della religione nei problemi riguardanti la pace e la prosperità internazionale è diventato evidente, per le coscienze intellettuali, dopo il crollo dell'Unione Sovietica ed è sempre più visibile ai media e alla cultura popolare, dopo l'attacco del 11 Settembre agli Stati Uniti. La Religione è una forza che non può più essere ignorata o essere aggirata da coloro che si occupano di problemi legati alla pace e alla prosperità, sia che riguardi problemi interni alle nazioni o alla società globale. Nel 1993 Samuele Huntington affermò in un articolo sugli affari internazionali:

"Durante la guerra fredda, il mondo fu diviso nel primo, secondo e terzo mondo. Quelle divisioni non sono più rilevanti. Ora ha una valenza più significativa raggruppare i paesi non in termini dei loro sistemi politici o economici o in termini del loro livello di sviluppo economico, ma piuttosto in termini della loro civiltà e della loro cultura."

La Religione è un ingrediente centrale nell'identità personale e sociale. Ci aiuta a definire il nostro scopo nel cosmo, le nostre relazioni con gli altri e le nostre mete per le nostre attività. È probabile che affermi che c'è essenzialmente un Dio, o che ci sono molti dei. Può aiutarci a sentirci potenti o piccoli, speciali o insignificanti. Può dirci di essere pacifisti o guerrieri, che uccidere un nemico non è permesso o che è, invece, un gesto nobile. Può esortarci a lavorare sodo o dirci che il nostro sforzo non serve a niente. Può insegnarci che dovremmo curare il nostro ambiente o che invece possiamo usarlo come più ci piace.

Alcuni insegnamenti religiosi portano alla pace e alla prosperità internazionale, mentre altri non lo fanno. Comunque, siccome la religione è così fondamentale per le persone e la società, non è un tema facile, per gli statisti moderni, maneggiarla. In molte società e civiltà precedenti le credenze degli anziani e dei re erano le credenze ufficiali della nazione. Mentre il pluralismo religioso è esistito in molti luoghi e tempi diversi, una base comune che unisca era richiesta nell'interesse del mantenimento dell'ordine sociale, e le religioni dovevano operare all'interno dei limiti stabiliti dallo stato.

L'ascesa della civiltà globale ha fatto incontrare molte religioni e culture. Comunque, le moderne istituzioni internazionali non sono equipaggiate per affrontare questo "scontro delle civiltà." Qual è il ruolo delle religioni negli affari internazionali? Abbiamo bisogno di una religione globale? La Religione può essere regolata? Possono alcuni modi di comportamento basati sulla visione religiosa essere permessi ed altri, invece, non essere permessi? Per rispondere a queste domande, possiamo esaminare i contributi positivi della religione verso società esistenti, e come il pluralismo religioso è stato indirizzato da altre nazioni e civiltà.

La Pace internazionale, la Sovranità ed il Primo Comandamento

Mose ha dovuto confrontarsi con il problema del pluralismo religioso quando condusse gli schiavi fuori dell’Antico Egitto. Alcune persone pensano che tutte le persone che Mose fece uscire dall'Egitto, stavano seguendo lo stesso credo ebraico, mentre è più probabile che gli schiavi egiziani venissero da tutte le direzioni e stili di vita all'interno dell'impero egizio. Certamente la Bibbia ci dice che queste persone adoravano molti “dei” familiari e tribali. La sfida principale di Mose era di creare la lealtà ad un potere che fosse più alto di tutti i loro “dei” esistenti, nell'interesse dell'unità fra i suoi seguaci. Nel racconto biblico, Mose salì su una montagna per ricevere la direzione da Dio, e quando ritornò le persone avevano creato un vitello d'oro. Lui spezzò le pietre, distrusse l'idolo, e ritornò sulla montagna e ridiscese con i Dieci Comandamenti, il primo dei quali "Io sono il Signore Dio tuo, e non avrai altro Dio all'infuori di me." Gli israeliti furono uniti da un Dio nazionale che era al di sopra di quello più limitato della famiglia e della Tribù. Questo permise alla molteplicità di persone di lavorare insieme come una nazione.

Mentre l'unificazione nazionale degli israeliti fu fortificata dal credere in un Dio più elevato, la vera domanda per i nostri scopi è se questo Dio più elevato è al di là anche di tutte le nazioni o se è un dio nazionale d'Israele. Storicamente è stato considerato in ambo i modi. Per gli scopi dell'armonia interreligiosa e della pace interreligiosa, è necessario che ogni stato ed ogni religione possano accettare la possibilità di un Dio o potere cosmico che siano un potere più alto di quello incarnato nelle loro scritture sacre, leggi nazionali ed istituzioni culturali.

Il Problema dell'Enoteismo

H. Richard Niebuhr usò il termine enoteismo, nel suo libro 'Monoteismo Integrale e la Cultura Occidentale', per descrivere coloro che incentrarono la loro fede o lealtà in oggetti limitati, istituzioni sociali, o leader. Monoteismo integrale, egli affermò, è la fede in un centro trascendente di valore che va di là di tutti gli individui limitati, società, istituzioni e dogmi. Molte persone sono colpevoli di proclamare la credenza in un Dio infinito, mentre nella pratica adorano un “dio” limitato.

Ad esempio, un Cristiano può retoricamente adorare il Dio infinito, mentre in realtà è più fedele a Gesù o al Papa o ad un altro leader religioso, o alla dottrina della sua denominazione. Un musulmano potrebbe affermare di adorare Dio, ma nel quotidiano dà più importanza al Corano, a Maometto, o ad una dottrina promossa da un uomo come Osama bin Laden. Nell'istante in cui la Bibbia fu canonizzata e le persone affermarono che quella è l'unica parola di Dio, e nulla può essere aggiunto o tolto, essi hanno commesso il peccato di enoteismo. Quando un musulmano afferma che il Corano è la rivelazione finale o Maometto è stato l'ultimo profeta, loro mettono dei limiti al Dio infinito e commettono il peccato di enoteismo. Allo stesso modo, un americano potrebbe affermare di credere in Dio, ma presta maggior attenzione alla Costituzione degli Stati Uniti o a un partito politico o al presidente. È probabile che un Bianco, un Nero, un Ebreo o un Cinese chiedano che un potere trascendente governi l'universo, ma riporrebbero la loro fede e orgoglio in istituzioni progettate per promuovere il benessere della loro razza o gruppo etnico a spese degl'altri.

Queste e altre forme di enotismo guidano al razzismo, all'etnocentrismo, al nazionalismo, all'intolleranza religiosa ed al fanatismo. Tali "ismi" sono fonti divisivi per la violenza e la guerra. In ogni caso, se tutti gli esseri umani mettono la loro fede in un centro infinito e trascendente di valore, questi problemi possono essere evitati.

Questo non è stato il caso del ventesimo secolo, che il filosofo William Bartley, ha chiamato "il secolo della divisione." Una pluralità di coesistenze, ma enoteistiche, afferma che furono sancite ufficialmente ed incorporate nelle dottrine del diciannovesimo e ventesimo secolo della sovranità nazionale. Nella sua Filosofia del Diritto, G.W.F. Hegel descrisse lo stato come l'ultimo stadio della marcia dell’"assoluto" nella storia. Era il fine ultimo:

"Il fine razionale di un uomo è la vita nello stato, e se non c'è nessuno stato lì, è necessario che uno sia fondato. Il permesso per entrare o lasciare lo stato è dato dallo stato; questa non è poi una questione che dipende dalla volontà arbitraria di un individuo e perciò lo stato non stipula contratti, perché un contratto presuppone l'arbitrarietà. È pure falso affermare che lo stato è qual cosa che dipende dalle opinioni di tutti i suoi membri. È più vicino alla verità affermare che è assolutamente necessario che ogni individuo deve essere un cittadino. Il grande sviluppo dello stato nei tempi moderni è che, oggi, tutti i cittadini hanno un unico scopo comune e la stessa meta, una meta assoluta e permanente… "

Per Hegel, lo stato, col suo apparato, era l'incarnazione dell'assoluto. Era l'ultima fonte della lealtà per i cittadini. Questa fede quasi-religiosa verso lo stato era una versione secolare della realtà ultima che è stata usata dalla retorica del comunismo di stato, del Nazional Socialismo ed il Maoismo. Per i nostri scopi, è importante capire che una versione meno stridente della sovranità statale fu promossa anche nella formazione delle Nazioni Unite. In ogni caso, la pace internazionale non può essere realizzata in un mondo non regolato di stati supremi, dove nessun stato riconosce che esiste una verità o legge superiore ad esso. Nessun consenso internazionale potrà essere raggiunto in un mondo dove l'opinione di ogni singolo stato è considerata come assoluta.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite fu stabilito per assicurare la sovranità degli stati, per proteggere dalle azioni arbitrarie di uno stato supremo contro un altro. Fino ad un certo punto, il Consiglio di Sicurezza è stato capace di intervenire quando tali incursioni sono avvenute. Ciononostante, tale stato della "pace" non è la vera pace. Non è un mondo libero dalla violenza all'interno degli stati e può essere una "pace" che promuove la violenza strutturale. Effettivamente, nell'ultima metà del ventesimo secolo la povertà e la sofferenza sotto regimi "sovrani" sono state molto estese. Molti degli stati "sovrani" non sono stati gentili coi loro propri cittadini.

Inoltre, il sistema di stati supremi non è stato in grado di limitare l'abuso economico globale che li trascende. Nell'assenza di organizzazioni internazionali che riconoscono i limiti della sovranità statale, un'economia globale è emersa come una forza guida del globalismo. Richard Falk ha sostenuto che questa globalizzazione economica sta divenendo una fonte di governo globale inumano.

Gli effetti visibili sui quali egli mette enfasi sono:

1. Disparità economiche crescenti
2. Trascurare la sofferenza umana
3. Declino del bene pubblico su scala globale
4. Sviluppo tecnologico incontrollato per grandi danni potenziali

Il ragionamento di Falk si basa sul fatto che questi sviluppi negativi sono il risultato di un’economia globale non controllata; sono problemi morali che tradizionalmente erano affrontati dalla religione. Da adesso, seguendo il pensiero di Hans Küng, esiste il bisogno per una coscienza globale religiosa comune:

"È mia opinione che questo primo sforzo di costruire una società civile democratica globale, viene da un’inspirazione religiosa e spirituale, e se si vuole muoversi dai margini della realtà politica per sfidare le varie costellazioni del potere in un modo più serio, dovrà acquisire alcune delle caratteristiche e preoccupazioni di un movimento religioso, inserendo la costruzione di collegamenti positivi con gli aspetti emancipatori delle grandi religioni del mondo."

Per costruire un tale movimento interreligioso comune, noi ritorniamo alla nostra premessa originale che le religioni, forse i violatori più frequenti del primo comandamento, devono tutte essere umili abbastanza da riconoscere che c'è un'autorità infinita più alta, su tutte le espressioni limitate esistenti sulla terra. I Leader religiosi devono rappresentare gli interessi genuini di tutti, non solo accordarsi con i poteri temporali del momento per il loro proprio conforto. Ancor più importante, dobbiamo imparare a distinguere tra gli aspetti emancipatori ed enoteistici della religione. Il tentativo di costruire un ordine solamente politico o economico, senza la guida della religione condurrà inevitabilmente ad un ordine mondiale inumano, un ordine pervaso dalla violenza strutturale.

Educare il Cuore

L'Educazione alla pace è fondamentale: è il processo tramite il quale gli esseri umani conoscono il mondo, gli altri, come sviluppare i propri obiettivi e orientare il proprio stile di vita.


di Giorgio Gasperoni


L’educazione alla pace è cruciale perché è il processo tramite il quale gli esseri umani conoscono il mondo, gli altri, come sviluppare i propri obiettivi, e orientare il proprio stile di vita.

L’Educazione è un processo umano ampio e a lungo termine, comincia nella famiglia e continua nella scuola, nella società e sul posto di lavoro. L’educazione ha molte facce, coinvolge la crescita morale, spirituale e tecnica. Educazione alla pace richiede che gli esseri umani imparino sul come rispondere costruttivamente alle frustrazioni, alle aggressioni e alla violenza.

L’Educazione, se è veramente educazione alla pace, deve coinvolgere la cura dello spirito umano. Una vera educazione per la pace va molto al di là delle strategie militari, negoziati sugli armamenti, e accordi formali di pace.

Aristotele insegnava che una buona società richiede persone virtuose e ciò comporta un’educazione appropriata. Egli metteva in evidenza che gli Stati con regimi militari sopravvivono mentre sono in guerra, ma quando stabiliscono un impero cominciano a declinare. Questo succede perché i regimi militari sono costruiti sulla conquista e non a mantenere un regime di pace.

Persone virtuose sulla fondazione di una buona società; l’educazione ha bisogno di evidenziare tutte le virtù. Aristotele ha parlato di 3 elementi dell’educazione – quello che uno ha alla nascita, quello che uno ottiene tramite l’addestramento e in seguito impara dalla logica. L’educazione morale coinvolge lo sviluppo delle virtù (coraggio, temperanza, liberalità, magnanimità, saggezza, prudenza, etc.) che sono acquisite da “continue prove di correttezza e azioni moderate”.

Ci sono degli obiettivi basilari a cui le persone aspirano? Il desiderio universale per la felicità e una vita prosperosa, è innato nella natura umana. Stephen Covey li ha espressi in questo modo: “vivere, amare, imparare, lasciare una traccia di sé”, che significa in sostanza obiettivi personali, obiettivi sociali e obiettivi civili.

Il percorso per ottenere una vita di significato richiede che le persone imparino a mettere in pratica ciò che Peter Bertocci, filosofo, ha chiamato “una sinfonia di valori”. I valori sono come gli strumenti dell’orchestra che suona insieme per creare una musica che abbia valore per la vita.

L’etica ha a che fare con la costruzione della persona e non con il seguire delle regole. Regole e valori sono i mezzi per raggiungere il fine per la realizzazione di se stessi come persona morale che possa partecipare pienamente ad una vita civile.

Prima dell’invenzione della stampa e la creazione della scuola pubblica e poi dell’educazione Universale, l’educazione formale era riservata ad una cerchia molto ristretta di persone.

Gli antichi scrivevano sulle pietre o altre cose in natura. Solo pochi sapevano leggere e scrivere e spesso erano i consiglieri dei potenti.

Ciononostante, le persone venivano educate ad un comportamento virtuoso dalle loro famiglie e comunità. I rituali delle società antiche e medievali erano radicati nelle virtù del sacro e cercavano di coltivarli tramite il servizio religioso e la ripetizione delle azioni.

Macchiavelli articolò il concetto rinascimentale di umanesimo civico nel quale le virtù erano radicate nelle realizzazioni secolari come le nozioni degli antichi Greci e Romani. Il “cittadino” era colui che metteva gli interessi della società al di sopra di se stessi e la sua famiglia.

Montesquieu, Rousseau, e Adam Smith costruendo sull’uomo rinascimentale di Macchiavelli hanno sviluppato la teoria della società formata da cittadini liberi che possedevano le virtù civiche necessarie. La cura di tali cittadini richiede una conoscenza diffusa del funzionamento delle Istituzioni e di elettori istruiti e responsabili. Le democrazie moderne richiedono una larga classe media, un’educazione pubblica molto estesa, e cittadini auto-sufficienti.

Le autorità del sapere si sono via via spostati dalle chiese e seminari del periodo medievale alle Università ed Istituzioni secolari di oggi. Anche se i genitori e le famiglie hanno il dovere primario per la socializzazione dei loro figli affinché acquisiscano le virtù necessarie ed essere dei cittadini di pace, nella società moderna, la scuola secondaria e l’università hanno ricevuto l’obbligo preminente di assicurare che la società come insieme coltivi i cittadini nella direzione che un’esistenza pacifica e prosperosa richiede.

Quali sono i difetti della società moderna e delle Istituzioni del Sapere? Ci sono 4 aree della società moderna che hanno fallito nel provvedere all’educazione necessaria per una valida cittadinanza: lo Stato, la Famiglia, la Religione tradizionale e la Scuola.

Avremo l’occasione di approfondire ad uno ad uno questi temi nei prossimi numeri: possiamo concludere, per ora, che l’educazione morale incentrata sui valori universali di cui è portavoce la IEF(International Educational Foundation) di cui parliamo in questa sessione in questo primo numero di Voci di Pace mette enfasi su un giusto equilibrio fra la coltivazione del cuore, lo sviluppo dell’amore e le regole da applicare.

Genitori ed educatori sono sempre confrontati nel trovare questo giusto equilibrio fra amore e regole. Basandoci su le ricerche più recenti un buon equilibrio fra un amore caloroso e regole che abbiano autorevolezza è il miglior modello di guida per un educatore.

Educare al vero amore richiede la coltivazione del cuore e della coscienza; le due radici dell’essere morale.

Le Religioni e la Pace Mondiale

Messaggio del Lama Tashi alla sezione italiana della Federazione per la Pace Universale

del Lama Tashi


Tutte le principali religioni del mondo - il Buddismo, il ristianesimo, il Confucianesimo, l’Induismo, l’Islam, il Giansenismo, l’Ebraismo, la religione Sikh, il Taoismo, lo Zoroastrismo - hanno idee simili sull’amore, hanno lo stesso scopo di portare beneficio all’umanità attraverso la pratica spirituale e vogliono rendere i propri seguaci degli esseri umani migliori. Tutte le religioni insegnano precetti morali per perfezionare le funzioni della mente, del corpo e dell’espressione verbale. Tutte ci insegnano a non mentire, a non uccidere e così via. Scopo comune di tutti i precetti morali insegnati dai grandi maestri dell’umanità è l’altruismo. Loro volevano condurre i loro seguaci lontano dai sentieri delle azioni malvagie causate dall’ignoranza per introdurli ai sentieri del bene.

Esistono molte religioni diverse per portare conforto e felicità all’umanità allo stesso modo in cui ci sono trattamenti specifici per malattie diverse. Tutte le religioni cercano a loro modo di aiutare gli esseri viventi a evitare la miseria e la sofferenza per arrivare invece alla felicità. E sebbene si possano trovare giustificazioni a particolari interpretazioni delle verità religiose, ci sono molte più ragioni di unità fra le religioni, ragioni che nascono dal cuore umano. Ciascuna religione lavora a suo modo per alleviare la sofferenza umana e contribuire alla civilizzazione del mondo.

La conversione non è il punto. Per esempio, io non penso di convertire gli altri al Buddismo o semplicemente di perorare la causa del Buddismo. Piuttosto cerco di pensare come attraverso la mia fede religiosa posso contribuire alla felicità umana.

Ci sono due compiti principali davanti alle persone di fede che si preoccupano della pace mondiale. Per prima cosa dobbiamo promuovere una migliore comprensione interreligiosa al fine di creare un livello di unità fra tutte le religioni su cui poter lavorare. Questo si può ottenere in primo luogo rispettando i punti di fede degli altri ed enfatizzando la nostra preoccupazione comune per il benessere dell’umanità. In secondo luogo dobbiamo arrivare a stabilire un livello di consenso comune su dei valori spirituali basilari che tocchino ogni cuore umano e accrescano la generale felicità umana. Ciò significa che dobbiamo porre in risalto il comune denominatore di tutte le religioni del mondo: gli ideali umanitari. Questi due passi ci permetteranno di agire sia individualmente che insieme verso lo scopo di creare le necessarie condizioni spirituali per la pace nel mondo.

Il potere individuale e le istituzioni

La rabbia gioca un ruolo non piccolo negli attuali conflitti come quelli in Medio Oriente, nel Sud-Est Asiatico, nei problemi fra il Nord e il Sud del mondo e così via. Questi conflitti sorgono dalla mancata comprensione del valore degli altri come esseri umani. La risposta non è lo sviluppo e l’uso di una forza militare più grande e neppure una corsa agli armamenti. E non è neppure semplicemente politica o tecnologica. Fondamentalmente la risposta è spirituale nel senso che ciò che è richiesto è una sentita comprensione della nostra comune condizione umana. L’odio e il conflitto non possono portare felicità a nessuno, neppure ai vincitori delle battaglie. La violenza ha sempre prodotto sofferenza e perciò è essenzialmente contro-produttiva. E’ pertanto giunto il tempo per i leaders mondiali di imparare a trascendere le differenze di razza, cultura e ideologia e di guardarsi invece l’un l’altro con gli occhi che vedono la comune condizione umana. Fare questo porterà benefici agli individui, alle comunità, alle nazioni e al mondo intero.

Nella realtà attuale c’è decisamente un crescente bisogno di comprensione umana e di senso di responsabilità universale. Per acquisire queste idee dobbiamo generare un cuore di bontà e gentilezza perché senza di questo non possiamo raggiungere né la felicità universale, né una pace mondiale duratura. Non possiamo creare la pace sulla carta. Mentre invochiamo la responsabilità universale e la fratellanza universale, la realtà a cui siamo di fronte è un’umanità organizzata in entità separate sotto forma di nazioni. Perciò, in senso realistico, sento che sono queste società nazionali che debbono agire da fondamenta per la pace mondiale. Nel passato sono stati fatti tentativi di creare società più giuste dove regnasse l’uguaglianza. Sono state stabilite delle istituzioni con nobili statuti per combattere le forze antisociali. Sfortunatamente quelle idee sono state tradite dall’egoismo.

Più che mai prima, stiamo testimoniando oggi di come principi etici e nobili sono oscurati dall’ombra dell’interesse egoistico, particolarmente nella sfera politica. C’è una scuola di pensiero che ci mette in guardia dall’interesse politico, come se la politica fosse diventata sinonimo di amoralità. La politica priva dell’etica non favorisce il benessere umano e la vita senza moralità riduce gli esseri umani al livello di bestie. Tuttavia la politica non è assiomaticamente ‘sporca’. Piuttosto gli strumenti della nostra cultura politica hanno distorto gli alti ideali e i nobili concetti intesi a promuovere il benessere umano. Naturalmente le persone spirituali esprimono la loro preoccupazione per i leaders religiosi che si interessano di politica poiché temono la contaminazione della religione da parte della politica sporca.

Per rinnovare i valori umani e raggiungere una felicità duratura dobbiamo guardare alla comune eredità umana di tutte le nazioni del mondo. Possano queste righe servire come urgente promemoria per non dimenticare più i valori umani che ci uniscono tutti come un’unica famiglia su questo pianeta.

1 febbraio 2007

Tutti per uno, ONU per tutti

di Carlo Alberto Tabacchi

Nonostante le critiche di inefficienza e di sprechi, le Nazioni Unite nel percorso dal 1945 ad oggi svolgono un ruolo fondamentale non solo nella pace e nella sicurezza internazionali.

“Le Nazioni Unite furono create non per condurre l’uomo nel paradiso ma per salvarlo dall’inferno.” (Dag Hammarskjold, secondo segretario generale delle N.U.)

Le Nazioni Unite rappresentano l’esperimento politico più ambizioso nella storia della nostra epoca: enormi difficoltà pratiche ma contestualmente uno straordinario valore morale.

Non è affatto semplice stilare un bilancio complessivo. Crisi non affrontate in maniera adeguata e con tragiche conseguenze sono di fronte agli occhi della comunità internazionale: genocidio in Rwanda (primavera 1994), fosse comuni di musulmani-bosniaci a Srebrenica, Bosnia (luglio 1995) e l’assordante silenzio sullo spaventoso e prolungato conflitto in Cecenia. Numerosi però anche i risultati positivi: universalizzazione dei diritti umani, indipendenza dei popoli coloniali, cooperazione internazionale in settori cruciali come ambiente, sviluppo economico, contrasto al terrorismo e alla proliferazione nucleare. Occorre ricordare che nel dicembre 2001 è stato assegnato alle N.U. e al suo seg. gen. Kofi Annan il premio Nobel per la pace.

Un altro aspetto fondamentale da tenere ben presente sono stati i profondi e rapidi mutamenti nelle relazioni internazionali dalla fine degli anni 80:

- smantellamento dei blocchi contrapposti e ruolo egemonico attualmente degli U.S.A.,

- incremento del numero degli stati membri (ad oggi, 191),

- ampliamento della tipologia delle minacce: terrorismo, proliferazione di armi di distruzione di massa, violazione su larga scala dei diritti umani,

- sviluppo di numerose organizzazioni a livello regionale con competenze talvolta proprie delle N.U., creando forme di competizione e di overlapping,

- presenza di attori a carattere non statuale (come gruppi terroristici, bande di criminali… ) che influenzano la politica internazionale, mettendo in dubbio il tradizionale concetto delle relazioni internazionali.

Quindi, l’ordine mondiale è profondamente cambiato mentre le N.U. sono rimaste immutate o quasi.

Finalità e Struttura delle Nazioni Unite

La Conferenza di San Francisco cominciò i lavori nell’aprile 1945 per concluderli 2 mesi dopo, nel momento in cui il secondo conflitto mondiale stava avviandosi al termine. La Carta delle N.U. entrò formalmente in vigore il 24 ottobre 1945, che è poi diventato il giorno dedicato alle N.U.

Ecco sinteticamente i suoi principi secondo lo Statuto:

. mantenere la pace e la sicurezza internazionali,

. sviluppare relazioni amichevoli tra le nazioni,

. cooperare nella risoluzione dei problemi internazionali e nella promozione del rispetto per i diritti umani,

. rappresentare un centro per l’armonizzazione delle diverse iniziative nazionali.

Assemblea Generale

E’ un organo a partecipazione universale e competenza generale, ma con poteri limitati. Il voto è a maggioranza semplice, per questioni di particolare importanza la maggioranza richiesta sale a 2/3 dei membri. Approva il bilancio, elegge i membri di altri organi, delibera ammissione, sospensione ed espulsione di uno stato; adotta raccomandazioni, atti non vincolanti che esprimono inviti o condanne ma senza sanzioni.

Si configura come una tribuna dell’umanità, dove vengono promosse alcune grandi battaglie: lotta alla povertà, aids, migrazioni di massa, tutela dell’ambiente, lotta al terrorismo … Quindi rappresenta un foro unico di discussione e di sviluppo della cooperazione internazionale.

Consiglio di Sicurezza

E’ l’unico organo che ha la responsabilità di mantenere la pace e la sicurezza internazionali; è composto da 5 membri permanenti e da 10 a rotazione ogni 2 anni.

Nel capitolo sesto del Trattato, il Consiglio in caso di controversia o di pericolo per la pace e la sicurezza, opera con mezzi pacifici quali negoziato, inchiesta, mediazione, conciliazione, arbitrato, deferimento alla Corte internazionale di giustizia: si tratta sempre di raccomandazioni.

Nel capitolo settimo si parla del meccanismo di sicurezza collettivo: a partire dagli anni 90 soprattutto ,la pace viene minacciata da conflitti interni, atti di terrorismo, genocidio, violazioni gravi del diritto internazionale.

Il Consiglio può imporre sanzioni: interruzione totale o parziale delle relazioni economiche o rottura di quelle diplomatiche, azioni non implicanti l’impiego della forza armata: esempi contro la Libia per il supporto ad attività terroristiche, contro Belgrado nel conflitto dei Balcani. Dubbia l’efficacia delle sanzioni: talvolta il livello di coesione interno dei regimi verso cui erano adottate è stato rinforzato. Sotto il regime dei talebani in Afghanistan (1996-2001) l’arretratezza economico-finanziaria non ha portato a risultati sperabili: erano già molto poveri ed arretrati. Inoltre, le sanzioni spesso colpiscono le fasce più deboli della popolazione; il Consiglio dal 1994 ha sviluppato le smart sanctions (sanzioni intelligenti) con l’obiettivo di non colpire troppo duramente la popolazione del paese.

Dal 1996 al 2003 vi è stato un meccanismo particolare, chiamato “Oil for food”: permesso di vendere sui mercati internazionali quantità di petrolio irakeno e in cambio il governo di Baghdad acquistava beni di prima necessità per la popolazione, cibo e medicinali. La gestione di tale programma nel tempo è stata oggetto di critiche e di accuse di corruzione e malversazioni di varia natura, coinvolgendo sia il regime irakeno sia alti funzionari delle N.U. Nell’aprile 2004 il segretario Generale ha istituito una speciale commissione di inchiesta, guidata da Paul Volcker che ha presentato 2 interim reports.

Si è cercato alla luce di tale esperienza irakena di colpire il più direttamente possibile gli interessi economici delle elites al governo sotto sanzione: nei conflitti in Angola, Sierra Leone e Liberia, il Consiglio ha adottato sanzioni che bandivano i diamanti, principale fonte di finanziamento dei movimenti insurrezionali locali.

Negli articoli 42 e seguenti relativi alle misure implicanti l’uso della forza si menzionano le operazioni di peace-keeping: non previste dalla Carta, tali operazioni sono una vera invenzione delle N.U.; la prima fu tra Israele ed Egitto (Unef 1) nel Sinai nel 1956. Consistono in forze cuscinetto di interposizione tra belligeranti e vengono dispiegate esclusivamente a seguito di un consenso delle competenti autorità delle parti in conflitto: il loro ruolo si concretizza in compiti di mediazione, prevenzione, ricostruzione materiale e civile nelle aree di conflitto.

Hanno destato crescente interesse da parte di Nato, Unità Africana (attraverso l’Ecowas) ed Unione Europea. Si evince che le N.U. si trovano in un regime di competizione con altri soggetti interessati ad organizzare missioni di mantenimento per la pace. A tale proposito ricordiamo l’Agenda for peace (1992), il suo Supplemento (1995), il Brahimi report (2000) che costituiscono l’espressione più significativa dello sforzo onusiano per dotarle di una capacità di azione più rapida, efficiente e sofisticata.

Cosiglio Economico e Sociale (ECOSOC)

Rappresenta l’organo principale della cooperazione economica ed include varie agenzie specializzate (Fao, Ilo, Oms …). Soffre della concorrenza di istituzioni finanziarie, come Banca Mondiale o Fondo Monetario.

Corte Internazionale di Giustizia

Copre compiti giurisdizionali e consultivi. Nel primo caso la Corte esamina esclusivamente le controversie tra stati: affinché la Corte sia investita di un contenzioso è necessario che gli stati parte delle controversia abbiano formalmente accettato la sua giurisdizione. Consultivo è quando il Consiglio, l’Assemblea o altri organi possono richiedere un parere consultivo su qualsiasi questione giuridica; la Corte esprime una opinione non vincolante ma autorevole.

Segretariato Generale

E’ l’apparato amministrativo , il Segretario, nominato dall’Assemblea su proposta del Consiglio, ne è l’organo esecutivo e politico. Suoi compiti: decisioni in materia di bilancio, coordinamento delle varie agenzie, preparazione di conferenze su tematiche specifiche. Talvolta svolge attività ad elevato contenuto politico: con successo la mediazione per il ritiro delle truppe sovietiche dall’ Afghanistan (1988) o in Cambogia che ha portato alla conferenza di pace a Parigi (1989); fallimento invece in Iraq nel 1991 e nel 2003.

Ipotesi di Riforma

Quali gli obiettivi di una riforma dell’organizzazione? Migliorare l’efficacia del sistema, aumentare la rappresentatività delle istituzioni, decisioni più democratiche e più rapide, democratizzare il suo processo decisionale.

Si parla di una riforma del Dipartimento delle operazioni per il mantenimento della pace: queste azioni rappresentano uno strumento di sicurezza collettivo ma in continuo mutamento: una sua codificazione limiterebbe le possibilità di evoluzione alle diverse crisi della comunità internazionale. Si è ribadito anche il concetto che militari e civili devono avere requisiti di professionalità, umanità, onestà e decenza.

Un altro rilevante problema resta il gap tra ambizione e mezzi. Noto è il caso del Rwanda, allorché nel maggio 1994, all’apice dei massacri, il Consiglio di Sicurezza decideva di rafforzare la missione di peace-keeping con un contingente di 5500 uomini. 2 mesi dopo il Segretario generale metteva insieme una forza di soli 550 uomini: le N.U. non riuscirono a giocare un ruolo di fronte al massacro di circa 800.000 persone, con una gravissima perdita di credibilità che segna ancora oggi l’organizzazione.

Ruolo dell'Italia

Il nostro paese, divenuto membro nel dicembre 1955, ha svolto un ruolo sempre più attivo nel sistema onusiano: dal 1955 ad oggi l’Italia è stata letta 5 volte membro non permanente del Consiglio; il suo apporto finanziario è di circa 70 milioni di $, l’Italia tra i principali contribuenti occupa il 6°, precedendo Russia e Cina. Inoltre, ospita alcune importanti agenzie specializzate: Fao, Wfp, l’istituto interregionale per la ricerca sul crimine e la giustizia, Unicri); accoglie la base logistica, localizzata a Brindisi, come service provider per le missioni di mantenimento della pace e centro logistico per emergenze (alluvioni, terremoti, carestie); ospita lo staff college di Torino, formando ed aggiornando quadri delle N.U. impegnate in operazioni di pace.

Per ottenere un ruolo più incisivo ed autorevole occorre che l’Italia elabori una strategia paese, coinvolgendo l’intera comunità nazionale: mondo della politica, diplomazia, università, ong, mondo produttivo e finanziario.

In conclusione, si parla da diversi anni di un cambiamento ed ammodernamento della principale organizzazione mondiale: da macchina elefantiaca e burocratica a soggetto più agile e più rispondente alla globalizzazione politica ed economica. Pregiudizi e superficialità dovrebbero essere rimossi in quanto le N.U. rimangono l’unico indispensabile forum planetario per dirimere le controversie in contesto così mutevole e talvolta imprevedibile.

MEPI - Iniziative di Pace in Medio Oriente

di Antonio Ciacciarelli

Dal alcuni anni la IIFWP-UPF organizza un pellegrinaggio di pace in Israele e Palestina chiamato “Middle East Peace Initiative”, in breve MEPI. Si sono svolte finora 18 MEPI, con la partecipazione, in ognuna di esse, di centinaia di partecipanti provenienti da quasi tutte le nazioni del mondo. Dal Maggio 2003, da quando questa iniziativa è partita, sono andati più di diecimila Ambasciatori di Pace in Terra Santa, non solo per visitare i luoghi sacri delle tre religioni monoteiste ma anche per incontrare leader politici e della società civile ed avere un confronto serio ed approfondito sul come portare pace alla regione.

Scopo di questi pellegrinaggi, ai quali partecipano, oltre che comuni cittadini, importanti esponenti di molte religioni e di vari campi della società civile, è portare un messaggio ed una testimonianza di pace sia alla leadership palestinese ed israeliana, che ai due popoli in conflitto.

Il messaggio fondamentale si riassume in una parola: riconciliazione. L’ultima iniziativa si è svolta dal 18 al 25 maggio 2006. Quest’ultima iniziativa che si è svolta lo scorso Maggio in Israele, Giordania e Palestina ha portato circa 300 delegati dalla Corea, Giappone, Stati Uniti ed Europa.

Le caratteristiche della MEPI
Possiamo dire con certezza che la MEPI è l’unica iniziativa di pace al mondo con due caratteristiche peculiari “esteriori”: quelle della internazionalità e della continuità, e due “interiori”: quelle della riconciliazione e della riaffermazione della necessità, perché si possa giungere alla pace in Medio Oriente, del riferimento all’unico Dio. Non dobbiamo infatti farci illusioni: queste peculiarità sono a mio avviso anche delle precondizioni, senza le quali la pace non si potrà mai realizzare. Si potranno fare dieci, cento, mille convegni; redigere dieci, cento, mille analisi storiche; stipulare dieci, cento, mille trattati, ma la pace sarà sempre fuori portata.

La ricerca della composizione della lotta in una situazione nella quale tutti i popoli coinvolti hanno, dal proprio punto di vista, tutte le ragioni, ed in cui anche una iniziativa di difesa passiva (il muro) è al centro di mille polemiche, non può non passare attraverso qualcosa che va oltre (pur non ignorandoli) il diritto e l’accademia, e che è il cuore. Il motto della serie di iniziative della MEPI è: “Heart to heart for peace”, e cioè “Cuore a cuore per la pace”; questo non è il titolo di una sdolcinata canzone o uno slogan adottato perché suggestivo; è invece allo stesso tempo una via ed un obiettivo. E’ una via perché indica nella realtà l’unica strada percorribile, quella che si basa sugli unici punti in comune tra tutti i contendenti: la loro umanità e la loro discendenza da un unico Dio, e prescinde quindi da diritti che, pur se reali ed innegabili, sono nella realtà inconciliabili. O meglio, sono conciliabili solo nel riconoscimento reciproco dell’umanità, della dignità umana e della divinità dell’altro.

E’ un obiettivo perché è inevitabile che le persone idealiste e di fede, come i partecipanti alla MEPI, incontrino nel percorso verso la pace, che per essi è assolutamente sincero e disinteressato, alcuni che cercano di deviare e di utilizzare a proprio vantaggio ciò a cui proclamano a gran voce di aderire spassionatamente e senza precondizioni.

E’ un obiettivo però anche e soprattutto perché è ciò che verrà realizzato alla fine. In una situazione senza via d’uscita apparente, l’unica soluzione è il ricorso ad un valore superiore sia ai contendenti, sia all’oggetto del contendere. Questo è il motivo profondo della MEPI, che sta mobilitando enormi risorse, sia della IIFWP che dei partecipanti, per raggiungere un obiettivo grandioso.

Perché in Terra Santa?
Ci si potrebbe chiedere perché si è dato il via ad una iniziativa di pace in quello che apparentemente è l’ultimo posto al mondo che potrebbe vederla, la pace; sarebbe stato molto più facile organizzare in altri luoghi una simile mobilitazione per raggiungere quasi sicuramente degli obiettivi più limitati ma importanti: non mancano certo conflitti nel mondo i cui protagonisti sarebbero pronti ad accogliere, dopo le reticenze necessarie a salvare la faccia, gli inviti alla pacificazione avanzati da tanti e così illustri personaggi, religiosi e politici.

La realtà è che la fine del conflitto israelo-palestinese è la chiave per la risoluzione di tutti gli altri conflitti. Se si sarà in grado di contribuire alla fine di questo odio che divide così profondamente i due popoli, allora per tutti gli altri conflitti sarà molto più semplice.

Non c’è infatti al mondo lotta più profonda, incondizionata e radicata, in cui tutte le motivazioni possibili sono coinvolte: religione, territorio, cultura, diritto internazionale, razza… di quello del quale stiamo parlando.

Il merito principale della MEPI consiste, secondo me, nell’aver individuato il cuore del problema: il conflitto religioso, sia attivo che passivo. Attivo quando dei sedicenti leaders religiosi attizzano il conflitto; passivo quando altri leaders religiosi nulla fanno per spegnere l’odio scatenato dai primi.

La pace in Medio Oriente, e poi nel mondo, passa attraverso la riconciliazione religiosa, e non semplicemente attraverso il “dialogo religioso”. La riconciliazione è molto più alta, nobile e difficile da realizzare del dialogo. Il quale è necessario, anzi, indispensabile, ma può portare frutti solo dopo una vera e profonda riconciliazione e dopo il perdono ed il servizio reciproci. Esattamente gli obiettivi che la MEPI sta perseguendo.

World Religions for World Peace

di Tashi Lama

The principles discussed so far are in accordance with the ethical teachings of all world religions. I maintain that every major religion of the world - Buddhism, Christianity, Confucianism, Hinduism, Islam, Jainism, Judaism, Sikhism, Taoism, Zoroastrianism - has similar ideals of love, the same goal of benefiting humanity through spiritual practice, and the same effect of making their followers into better human beings. All religions teach moral precepts for perfecting the functions of mind, body, and speech. All teach us not to lie or steal or take others' lives, and so on. The common goal of all moral precepts laid down by the great teachers of humanity is unselfishness. The great teachers wanted to lead their followers away from the paths of negative deeds caused by ignorance and to introduce them to paths of goodness.

There are many different religions to bring comfort and happiness to humanity in much the same way as there are particular treatments for different diseases. For, all religions endeavour in their own way to help living beings avoid misery and gain happiness. And, although we can find causes for preferring certain interpretations of religious truths, there is much greater cause for unity, stemming from the human heart. Each religion works in its own way to lessen human suffering and contribute to world civilization. Conversion is not the point. For instance, I do not think of converting others to Buddhism or merely furthering the Buddhist cause. Rather, I try to think of how I as a Buddhist humanitarian can contribute to human happiness.

There are two primary tasks facing religious practitioners who are concerned with world peace. First, we must promote better interfaith understanding so as to create a workable degree of unity among all religions. This may be achieved in part by respecting each other's beliefs and by emphasizing our common concern for human well-being. Second, we must bring about a viable consensus on basic spiritual values that touch every human heart and enhance general human happiness. This means we must emphasize the common denominator of all world religions – humanitarian ideals. These two steps will enable us to act both individually and together to create the necessary spiritual conditions for world peace.

Individual Power to Shape Institution

Anger plays no small role in current conflicts such as those in the Middle East, Southeast Asia, the North-South problem, and so forth. These conflicts arise from a failure to understand one another's humanness. The answer is not the development and use of greater military force, nor an arms race.

Nor is it purely political or purely technological. Basically it is spiritual, in the sense that what is required is a sensitive understanding of our common human situation. Hatred and fighting cannot bring happiness to anyone, even to the winners of battles.

Violence always produces misery and thus is essentially counter-productive. It is, therefore, time for world leaders to learn to transcend the differences of race, culture, and ideology and to regard one another through eyes that see the common human situation. To do so would benefit individuals, communities, nations, and the world at large.

Under present conditions, there is definitely a growing need for human understanding and a sense of universal responsibility. In order to achieve such ideas, we must generate a good and kind heart, for without this, we can achieve neither universal happiness nor lasting world peace. We cannot create peace on paper. While advocating universal responsibility and universal brotherhood and sisterhood, the facts are that humanity is organized in separate entities in the form of national societies. Thus, in a realistic sense, I feel it is these societies that must act as the building-blocks for world peace. Attempts have been made in the past to create societies more just and equal. Institutions have been established with noble charters to combat anti-social forces. Unfortunately, such ideas have been cheated by selfishness. More than ever before, we witness today how ethics and noble principles are obscured by the shadow of self-interest, particularly in the political sphere. There is a school of thought that warns us to refrain from politics altogether, as politics has become synonymous with amorality. Politics devoid of ethics does not further human welfare, and life without morality reduces humans to the level of beasts. However, politics is not axiomatically 'dirty'. Rather, the instruments of our political culture have distorted the high ideals and noble concepts meant to further human welfare. Naturally, spiritual people express their concern about religious leaders 'messing' with politics, since they fear the contamination of religion by dirty politics.

For renewal of human values and attainment of lasting happiness, we need to look to the common humanitarian heritage of all nations the world over. May this essay serve as an urgent reminder lest we forget the human values that unite us all as a single family on this planet.

Presentazione della Universal Peace Federation

di Giorgio Gasperoni

In questo tempo così cruciale della storia, c’è bisogno di una seria analisi delle Istituzioni esistenti e del modo di condurre gli affari internazionali e la Governance Globale o buon governo. In particolar modo, c’è un bisogno urgente di modelli innovativi per delle buone pratiche di governo che illustrino il potenziale pratico e l’efficacia della cooperazione interreligiosa ed internazionale nell’affrontare i problemi cruciali della società, della nazione e del mondo.

Dalla sua fondazione, il 6 Febbraio 1999, la Federazione Internazionale e Interreligiosa per la Pace nel Mondo (IIFWP) ha proposto la creazione di un Consiglio Interreligioso all’interno del sistema delle Nazioni Unite. In questo modo la IIFWP lavora per sostenere le Nazioni Unite, rafforzando il suo sforzo per risolvere i problemi globali di difficile soluzione e salvaguardare le generazioni future dalle ferite della guerra.

Il 10 di Novembre 2003, una risoluzione (A/58/L.13) è stata presentata alla 58° Sessione dell’Assemblea Generale dalla Repubblica delle Filippine. Questa risoluzione propone lo stabilirsi di un gruppo di lavoro per esaminare la possibilità di istituire un processo e/o stabilire un meccanismo all’interno delle Nazioni Unite con l’obiettivo di utilizzare il potenziale del dialogo e della cooperazione interreligioso per rafforzare la capacità delle Nazioni Unite di promuovere pace ed armonia. Questa è una strada avvincente e necessaria ma anche piena di sfide per le Nazioni Unite.

La IIFWP sta istituendo un Interreligious and International Peace Council o Consiglio di Pace Internazionale ed Interreligioso (IIPC) a New York City, dei Peace Council Regionali si stanno realizzando in Corea, Giappone, Stati Uniti, Medio Oriente, Asia, Europa, Africa, America Latina e Oceania. I membri dell’IIPC sono leaders provenienti da vari campi di interesse: religione, politica, istruzione, società civile, ecc., i quali sono impegnati attivamente nel lavoro dell’IIPC, andando al di là delle divisioni politiche o di interesse nazionale. Essi affermano i principi spirituali e morali più nobili e cercano di applicarli nel modo più ampio possibile per il bene della pace e del benessere della società.

Dal 10 al 14 Settembre 2005 a New York è stata lanciata la Universal Peace Federation o Federazione per la Pace Universale (UPF). La Federazione per la Pace Universale è un’alleanza di individui e organizzazioni dedicati a costruire un mondo di pace in cui tutti gli uomini possono vivere in libertà, armonia, cooperazione e prosperità.

La Federazione rappresenta un nuovo stadio nello sviluppo della missione e dei programmi della Federazione Internazionale e Interreligiosa per la Pace nel Mondo (IIFWP) fondata dal Dott. Sun Myung Moon nel 1999. In questo rispetto la creazione della Federazione Universale per la Pace non rappresenta la fondazione di una nuova organizzazione, ma piuttosto l’assunzione di una nuova missione e di nuove responsabilità costruite su quanto realizzato in passato. Pertanto da ora in poi la stessa IIFWP sarà conosciuta come Federazione per la Pace nel Mondo o più semplicemente Federazione della Pace. In particolare la Federazione:

  • fornisce un meccanismo per coordinare gli sforzi verso la pace fra i rappresentanti dei governi, delle religioni, delle culture, dei campi educativo e civile. Il suo scopo è fornire lo strumento affinché si possa lavorare insieme nel mutuo rispetto e nella collaborazione verso il comune obiettivo della pace.
  • incoraggia tutte le religioni al dialogo e alla collaborazione sulla base del riconoscimento che la dignità umana deriva da un’universale sorgente divina che è la base per la realizzazione dell’armonia e dell’unificazione.
  • invita tutte le nazioni a partecipare e a impegnarsi in un processo in cui tutti gli elementi di nazionalismo che creano barriere per uno scambio e uno sviluppo armoniosi possono essere trasformati.
  • persegue la pace non semplicemente come assenza di guerra o come un termine che si applica unicamente alle relazioni fra le nazioni, ma come una qualità essenziale in tutte le relazioni nella convinzione che la pace è lo stadio finale di un processo attraverso il quale entità divise arrivano a relazionarsi in armonia collaborazione e unità.
  • crea un quadro di alleanze e collaborazioni strategiche fra gli individui, le istituzioni educative, le organizzazioni, le religioni, i mass-media e i governi.
  • promuove un ideale di buon governo che integri i contributi delle organizzazioni religiose, governative e non governative nel perseguimento della pace.
  • chiama le Nazioni Unite a un profondo rinnovamento, includendo in questo la proposta che l’ONU crei, all’interno della sua struttura, un Consiglio Interreligioso.
  • sviluppa i suoi programmi attraverso una rete globale di ‘Ambasciatori della Pace’, rappresentanti tutti i più importanti settori dell’attività umana. Ambasciatori che hanno formato Consigli di Pace a tutti i livelli: locali, nazionali, continentali e mondiali.

L’iniziativa degli Ambasciatori della Pace ebbe inizio nel 2001 su proposta del Dott. Sun Myung Moon. Fu l’inizio di una serie innumerevole di programmi educativi indirizzati alla riconciliazione e alla pace. Circa 70.000 Ambasciatori della Pace sono stati nominati nei 4 anni seguenti.

L’UPF vuole creare una rete globale di Leaders, che parte da una visone che metta in primo piano lo scopo dell’insieme, definiti nel gergo dell’UPF “Leaders di tipo Abele”. Con lo sviluppo di questi organismi e con la maggiore comprensione della visione dell’UPF e dei suoi obiettivi si sta formando la base di un movimento capace di trasformare questo mondo.

Questa sessione darà spazio in ogni numero al lavoro e al contributo di Ambasciatori della Pace nelle varie aree del Mondo.

Individuare un centro morale per la famiglia delle nazioni

di Jorge Guldenzoph

Sin dalla sua fondazione, il più importante organo consultivo al mondo, le Nazioni unite, è stato “moralmente zoppo” a causa della esclusione, al momento della sua fondazione, delle religioni intese quali agenti attivi. A motivo di ciò, è doppiamente significativo che nel dicembre del 2006, l’Assemblea generale abbia approvato una risoluzione sulla “promozione del dialogo interreligioso ed interculturale, della comprensione reciproca e della cooperazione per la pace”. La risoluzione esortava le Nazioni Unite, i suoi organi, ed il Segretario generale, ad intensificare gli sforzi volti a sostanzializzare le decisioni già adottate in risoluzioni similari; esse, in modo specifico, promuovevano il dialogo interreligioso con il supporto della Assemblea generale, con il Segretario generale che avrebbe dovuto prendere responsabilità per l’organizzazione e la continuità del dialogo.

Anche se questa risoluzione è un passo nella giusta direzione, non è ancora sufficiente, e riflette le difficoltà che l’ONU ha nel realizzare quel tipo di riforma integrale che gli permetterebbe di svolgere il suo vero ruolo. In effetti, questa nuova risoluzione è un’altra pietra miliare sulla strada che le Filippine hanno cominciato a percorrere anni fa, nello sforzo di costituire un consiglio interreligioso che incanalasse gli sforzi delle religioni verso la cooperazione, all’interno dell’ONU, per promuovere la causa della pace. L’ispirazione e la spinta dietro questa iniziativa deriva dai leaders di quel Paese quali il Presidente Gloria Macapagal Arroyo, il Portavoce della Camera José de Venecia, e l’ambasciatore permanente alle Nazioni Unite, Lauro Baja.

Il 10 novembre del 2004, le Filippine hanno proposto la formazione di un gruppo di lavoro al fine di studiare il modo in cui esse potessero portare un contributo nel contesto dell’ONU. Alla fine dei lavori, le Filippine dichiararono di essere convinte che per costruire una cultura di pace è necessario utilizzare al massimo il potenziale del dialogo interreligioso e della cooperazione. Queste idee non sono nuove, ma nella realtà non hanno mai trovato il loro posto al tavolo della politica internazionale sin dalla fondazione delle Nazioni Unite.
Uno sguardo al passato
Alla fine della Seconda Guerra mondiale, il mondo fu travolto da un’ondata di idealismo: la religione, ed in particolare il cristianesimo, esercitava una forte influenza, ed un’altra potente forza stava emergendo: quella dell’ecumenismo. Il Mahatma Gandhi insegnava che tutti gli esseri umani dovrebbero amarsi, indipendentemente dalla religione professata, ed invitava all’unità di tutti i credenti; dopo secoli dalla Diaspora, gli ebrei cominciavano a riaggregarsi; e la famiglia, così come i valori famigliari, erano considerati estremamente importanti.
Il 25 aprile 1945 i delegati di 50 nazioni si incontrarono alla Conferenza delle Nazioni Unite sulle Organizzazioni internazionali, dando l’avvio a mesi di lavoro dai quali scaturì la Carta di fondazione delle Nazioni Unite. I delegati degli Stati Uniti e delle nazioni europee dovettero fare molte concessioni, e molto importanti, per far sì che una nazione atea e totalitaria quale l’URSS, decidesse di unirsi agli sforzi comuni.

Anche se le concessioni più note erano relative al sistema di votazione e di suddivisione dei poteri, un’altra concessione, meno pubblicizzata, fu ancora più importante: la religione e Dio quale fonte dei diritti umani, così come affermato nella Dichiarazione di Indipendenza del 1776, furono lasciati fuori.

Nel fare queste importanti concessioni, i delegati ignorarono le lezioni di molti persone di grande saggezza e di molti studiosi, alcuni dei quali avevano scritto in merito dei testi che possiamo definire profetici. Ad esempio, lo statista canadese Lester Pearson, che avrebbe vinto il premio Nobel per la pace nel 1957, scriveva due anni prima di tale data che l’umanità stava entrando in un’era “nella quale le varie civiltà avrebbero appreso a vivere fianco a fianco, ingaggiando degli scambi pacifici, imparando l’una dalle altre, studiando ognuna gli ideali, la storia, l’arte e la cultura delle altre, arricchendo così reciprocamente la vita degli uomini. L’unica alternativa a questa visione, in questo piccolo e sovraffollato mondo, è l’incomprensione, la tensione, lo scontro ed infine la catastrofe”.

Il Dr. Lee Edwards ha osservato, in un saggio più recente, “La fine della guerra fredda”: “Sin dall’inizio le Nazioni Unite sono state essenzialmente una organizzazione politica di stati-nazione, e solo sporadicamente hanno affrontato i temi sociali che sono necessari per la costruzione di ponti permanenti tra i popoli di diverse culture”.

Sono trascorsi 60 anni dall’esclusione della religione dai documenti di fondazione dell’ONU. Durante tutto questo periodo, le religioni sono rimaste lontane dalle Nazioni Unite, a motivo della visione estremamente secolarizzata che divenne predominante nei governi occidentali e nelle élite dell’informazione e della cultura. Il termine cultura fu ridotto ad indicare le espressioni artistiche, senza prendere in considerazione il profondo e storico significato del termine, che è legato a religioni e filosofie e valori universali, di natura sia spirituale che etica. A motivo di questo pregiudizio, è importante ricordare che tutte le civiltà esistenti hanno avuto la loro origine in una religione o filosofia di natura trascendente.
Dopo la Guerra Fredda e l’11 settembre
Dopo la Guerra Fredda, si sviluppò l’approccio “volontaristico” volto alla creazione di un nuovo ordine internazionale. L’umanità cominciò a pensare che il nuovo mondo si sarebbe potuto ottenere applicando le conoscenze della scienza, della politica e dell’economia; tutti questi settori della conoscenza umana, però, consideravano e considerano la spiritualità dell’uomo come superata ed irrilevante. Il grande entusiasmo generato da questo approccio, anche se durò solo pochi anni, contribuì alla comparsa di una ondata di edonismo e di individualismo, che si estese dalla famiglia fino al livello internazionale.

Oggi, le Nazioni Unite e la possibilità di una governance globale sono ad un punto critico. Ci stiamo rapidamente avvicinando ad un punto critico, ad un abisso senza fondo, al crollo della società nel caos. E’ evidente che le nazioni non sono state in grado di unire i loro sforzi per risolvere la vasta gamma di problemi urgenti di fronte ai quali ci troviamo. Tra di essi vi è la decadenza morale, che deriva dalla crisi della famiglia e dell’istruzione, dalla fame e dalla povertà di milioni di persone in tutto il mondo, dalla perdita, da parte della gente, della fiducia nei loro rappresentanti e nelle istituzioni democratiche, dall’aumento dei conflitti etnici e religiosi, dall’aumento del timore dell’uso di armi di distruzioni di massa da un terrorismo che osa giustificare il proprio odio in termini religiosi, e nella continua e dilagante degradazione dell’ambiente.
L’attacco terroristico dell’11 settembre ha cambiato la visione che i leader del mondo, specialmente di quelli occidentali, avevano rispetto alla religione. Alvin Toffler afferma che “La prima guerra afghana del 21° secolo ha portato a pieno titolo la religione all’ordine del giorno a livello mondiale”. Molti leaders politici riconoscono di aver dovuto affrontare un fenomeno che non conoscevano o che comunque erano impreparati a gestire.
La presenza cruciale della religione nel contesto mondiale, che iniziò ad essere riconosciuta dopo la fine del comunismo, è diventata più evidente (almeno per i mezzi di informazione) a seguito delle terribili azioni compiute nel nome di Dio. Molti di coloro che hanno seguito l’ideale del nuovo ordine mondiale materialistico ne hanno concluso che la soluzione è quella di ridurre il ruolo della religione nella società e negli affari. Così vediamo che l’iniziativa della “Alleanza di Civiltà” [vedi “Can the Alliance of Civilizations Advance UN Reform?” W&I:IAP, Winter 2006, p 28] si è allontanata dall’argomento religione. Un commentatore di questo fenomeno è Antonio Elorza, un importante giornalista del quotidiano El Pais. Egli scrive: “Una delle conseguenze del progetto sarà naturalmente il fatto che la relativizzazione del ruolo della religione nella vita delle società costituirà forse il miglior mezzo per favorire l’incontro delle civiltà”.
Operando separatamente dall’ONU, le religioni del mondo hanno risposto mettendo l’accento sul dialogo, la cooperazione, e l’individuazione delle opere, dei valori spirituali e delle virtù che esse hanno in comune. Ad esempio, il rabbino capo degli ebrei Ashkenazi israeliani, Yonah Metzger, ha riaffermato la necessità di un Consiglio Mondiale delle Religioni che promuova la collaborazione interreligiosa nella risoluzione di problemi concreti. Molti altri leaders religiosi stanno promuovendo una collaborazione interreligiosa a livello globale.
Segnali di una crescente consapevolezza
Dopo decenni di oblio, stanno emergendo almeno quattro idee in merito al ruolo della religione nell’arena politica internazionale:
• I problemi del mondo, tra i quali l’assenza di pace, hanno una radice spirituale ed etica. Come dice il preambolo della Carta di fondazione dell’UNESCO (1946), la guerra nasce dalla mente umana.
• Le misure politiche ed economiche non sono sufficienti; devono essere complementate da un risanamento morale e spirituale. In questo mondo di ferite e di risentimenti, è necessario che venga più ampiamente apprezzato il valore dell’insegnamento di Gesù: “Amate i vostri nemici”.
• La dimensione secolare e quella religiosa devono cooperare per affrontare i problemi da tutte le prospettive della natura e delle azioni umane.
• Il dialogo e l’armonia tra le religioni sono assolutamente indispensabili per creare la pace.
Un’ulteriore riflessione è che la partecipazione delle religioni nell’ONU non deve essere periferica e secondaria. Al contrario, la loro partecipazione deve essere ad un livello appropriato al loro ruolo precedentemente ignorato ed oggi estremamente importante. Le religioni dovranno far parte dell’ONU non per il proprio beneficio, ma per servire ed aiutare i leader del mondo nella realizzazione delle loro responsabilità.
Ricordo le parole di Giovanni Paolo II durante la sua visita all’ONU, il 5 ottobre del 1995, dove affermò: “Le Nazioni Unite devono superare il freddo status di istituto amministrativo e diventare il centro morale nel quale tutte le nazioni del mondo si sentano a casa, e sviluppino la consapevolezza condivisa di essere una famiglia di nazioni”.
Con in mente la risoluzione adottata in merito alla promozione del dialogo interreligioso ed interculturale, della comprensione reciproca, e della cooperazione per la pace, possiamo sperare e lavorare per far sì che la stessa diventi un grande passo in avanti al fine di rendere le Nazioni Unite un centro morale per la famiglia delle nazioni.________________________________________
Jorge Guldenzoph è Segretario Generale della UPF dell’Uruguay.

L'ONU delle Religioni: un'idea che trova sempre più consensi

Estratto dal sito della BBC on line: http://news.bbc.co.uk/2/hi/europe/4800194.stm

20 marzo 2006

Il Rabbino capo di Israele, Yona Metzger, ha proposto la creazione di un organismo mondiale composto dai rappresentanti dei maggiori gruppi religiosi. Egli ha avanzato la proposta nel suo intervento al Convegno internazionale di imam e rabbini per la pace che si è svolto a Siviglia, e l’ha definita le “Nazioni Unite dei gruppi religiosi”.

Gli imam ed i rabbini che hanno partecipato a questa conferenza, che è iniziata domenica 19 marzo, hanno sostenuto che il mondo è in crisi, e che è giunto il momento di restaurare la giustizia, il rispetto e la pace.

I delegati hanno detto chiaramente che questo è il momento delle iniziative concrete. Durante la cerimonia di apertura, il Rabbino Yona Metzger ha detto che l’idea di una “ONU delle religioni” potrebbe costituire un ponte tra le religioni, che sosterrebbe il “ponte della diplomazia” nella risoluzione dei conflitti.

Questa proposta ha ricevuto il supporto di importanti partecipanti quali Frederico Major, copresidente della “Alleanza per le civiltà”, una lobby il cui scopo è promuovere la risoluzione dei conflitti, sostenuta dalle Nazioni Unite e creata dal Primo Ministro spagnolo, Jose Luis Rodriguez Zapatero.

Lo stile degli interventi, invece di essere diplomatico, è stato brutalmente diretto: quando il Rabbino Metzger ha rimproverato aspramente i rappresentanti delle correnti principali dell’islamismo per il fatto di non aver preso posizione nei confronti di Osama bin Laden, i leaders islamici presenti hanno assentito con convinzione.

Sia gli islamici che gli ebrei si sono mostrati pronti ad accettare le critiche, ed hanno duramente condannato le uccisioni commesse in nome della religione.

Nei tre giorni della conferenza i leaders religiosi prepareranno un manifesto per convertire le loro parole in azione.