IL DOTT. BEAUDEE ZAWMIN PARLA DELLA SITUAZIONE IN BIRMANIA, DOPO I GRAVI FATTI DELL’AUTUNNO 2007.
di Elena Chirulli
Il Dott. Beaudee Zawmin, vice direttore esecutivo dell’Euro-Burma Office e referente del governo birmano in esilio, è stato intervistato da una delegazione della WFWP – Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo, Sezione di Padova, composta da Flora Grassivaro, Presidente della WFWP di Padova, Christine Segato, Elena Chirulli e la dott.ssa Maria Chiara Forcella, Ambasciatrice di Pace dell’UPF.
Il Dott. Zawmin si trovava a Verona per la presentazione di un suo libro; l’incontro è stato fissato dopo aver preso contatto con il Rev. Ven. Upali Thero, monaco buddista italiano che vive nella città scaligera e che tiene il collegamento con l’Euro-Burma Office, con sede a Bruxelles.
Nato nel 1997, l’Euro-Burma Office (EBO) promuove lo sviluppo della democrazia in Birmania sia localmente, sostenendo il movimento democratico birmano, sia sensibilizzando ed informando la comunità internazionale sulla situazione nel Myamar .
Qual è la situazione del movimento di opposizione in Birmania? Può contare sul sostegno delle donne?
ZAWMIN: Il movimento di opposizione, nonostante mille difficoltà e la terribile repressione, è molto attivo. Molte donne, nonostante la loro situazione possa essere più pericolosa poiché donne e bambini sono i più vulnerabili, prendendo esempio proprio da Aung San Su Kyi (leader dell’opposizione non-violenta e premio Nobel per la Pace) si sono attivate, hanno creato una rete ed hanno partecipato alle dimostrazioni, hanno preso posizioni leader; sebbene la protesta degli ultimi mesi sia sembrata guidata dai monaci, al loro fianco vi sono stati anche gruppi di donne.
Durante quei giorni di sangue sono stati arrestati e detenuti più di 1500 attivisti, molti dei quali donne.
REV.UPALI: La donna in Birmania non è solo relegata ai lavori domestici, negli ultimi anni ha maturato una coscienza che l’ha portata ad essere un’attivista per la pace.
Come mai non arrivano queste notizie in Italia?
ZAWMIN: Le notizie si possono trovare più facilmente sui notiziari internazionali, per la maggior parte in lingua inglese, in Inghilterra e in America. Naturalmente i media hanno dato più ampio spazio al ruolo dei monaci nell’opposizione nonviolenta.
Bisogna però capire che la dimostrazione non è partita dai monaci, bensì ha le sue origini dalla generazione attivista del 1988. Gli studenti di allora, che presero parte ai processi di opposizione, furono imprigionati per ben 15 anni e sono stati rilasciati solo pochi anni fa. Ben decisi nel continuare la loro lotta per la democrazia e i diritti umani, hanno formato all’interno del territorio birmano un movimento della società civile, creando una profonda rete di gruppi attivisti a cui si sono aggregati anche gruppi di donne.
Presentandosi come gruppi sociali all’interno della popolazione civile non rischiano di essere etichettati come gruppi politici; solo così possono operare poiché in Birmania se si appartiene o si hanno contatti con gruppi politici, si è subito imprigionati e non si può più fare nulla.
Vi è quindi un’ampia partecipazione anche dei giovani?
ZAWMIN: I giovani collaborano, ma non posso certo svelare molti dettagli in questa risposta.
E’ un argomento molto interno al movimento di opposizione. Non posso dare più informazioni.
Ci sono gruppi per la difesa dei diritti umani. Si fanno chiamare “Human Rights Defenders”.
Il loro ruolo è insegnare ai Birmani i loro diritti. Per esempio se qualcuno dovesse essere prelevato dai soldati, dovrebbe almeno avere la possibilità di chiedere spiegazioni.
La dimostrazione dei monaci ha avuto luogo in settembre e, dopo un mese, sono scoppiate altre dimostrazioni. La situazione è degenerata a causa dell’aumento del prezzo della benzina. Vorrei farvi capire che il popolo birmano era già abbastanza povero, con il 70% della popolazione che vive al di sotto del limite di povertà non potendo neppure permettersi un pasto al giorno. Dopo l’incremento dei prezzi, il carburante è diventato ancora più costoso, addirittura proibitivo, 500 volte il prezzo precedente. Nessuno avrebbe più potuto acquistarlo. Con i mezzi di trasporto pubblici bloccati, a causa del prezzo della benzina salito alle stelle, nessuno poteva più recarsi al lavoro, né vendere le proprie mercanzie.
Così da chi è iniziata la rivolta?
I giovani, gli attivisti, i leader di gruppi hanno spinto il governo ad abbassare il prezzo, poiché il popolo stava morendo di fame. Questo era il loro principale obiettivo, la rivolta è nata da una buona intenzione.
I militari si sono opposti con la forza e con azioni brutali, sfociate nel sangue. Hanno sparato a chiunque nelle strade della città e hanno portato via tutti i leader dei gruppi in rivolta.
A quel punto i monaci si sono uniti ai dimostranti. Anche i monaci vivono in una situazione di grande disagio e soffrono.
Vi spiego meglio com’è iniziato. I monaci non hanno più accettato cibo dai militari (generalmente si sostengono grazie alle offerte da parte della popolazione); in un paese buddista se i monaci rifiutano di accettare cibo da una persona, significa che reputano quella persona l’impersonificazione del “male” o, comunque, un individuo con cui non bisogna allearsi.
Nell’ottobre del 2007 gli stati aderenti all’ASEAN tentarono di fare pressioni su alcuni Generali del governo militare per aprire nuove prospettive.
Lo ritiene un segnale importante?
ZAWMIN: Sì, è importante. Questo è un punto veramente importante. Tutti noi dovremmo fare pressioni su questo punto. Manca un sostegno dalle nazioni partecipanti all’ASEN. Uno dei principali problemi con i ministeri degli esteri dei paesi partecipanti all’ASEN è la “politica di non interferenza”. Cercano di evitare di coinvolgersi ed interferire con le varie politiche interne, qualunque problema sussista. In questo periodo dopo le dimostrazioni, i disordini, paesi come Indonesia, Singapore, Malesia e Filippine non sono più sicuri di poter proteggere gli stati membri. La comunità internazionale conosce cosa sta accadendo in Birmania.
Anche se non si interviene direttamente, abbiamo urgente bisogno di delineare una “roadmap” e spingere per attivare un sistema democratico. Stiamo cercando di arrivare a questo e non solo, è importante anche premere affinché il governo birmano rilasci i prigionieri politici, in primis la Sig.ra Aung San Su Kyi.
Come vede la posizione delle Nazioni Unite verso la situazione Birmana? Potrebbe avere più voce?
ZAWMIN: Il problema del popolo Birmano deve essere risolto nel nostro paese ma certamente con l’aiuto della comunità internazionale. Abbiamo quindi bisogno di un forte coinvolgimento delle Nazioni Unite come mediatori.
A dire il vero l’ONU non ha l’autorità di interferire con i problemi del Myamar, così come ad esempio neanche l’Italia potrebbe coinvolgersi senza interferire con la nostra situazione. Quello che veramente auspicheremmo è una sinergia di tutte le nazioni, comprese le nazioni asiatiche, la Cina e la Russia, che in collaborazione con le Nazioni Unite possono formare un’unica voce capace di fronteggiare il regime militare e in grado di spingere per trovare una soluzione.
La via che proponiamo è il dialogo tra il leader dell’opposizione Aung San Su Kyi ed i militari.
Stiamo dicendo a nazioni come Cina e Russia di relazionarsi con i militari e dire loro di risolvere il problema per il bene della nazione, per le persone e per la stabilità della regione.
Quello della Birmania non è solo un problema interno.
Il Myanmar produce droga e questo porta con sé una molteplicità di problemi.
Abbiamo tantissime persone che fanno uso di droga e purtroppo l’uso promiscuo di aghi per iniettarsi sostanze stupefacenti ha generato una situazione epidemica di infezione da HIV. Una persona su nove in Birmania ha contratto il virus HIV; così anche le nazioni confinanti rischiano di ereditare lo stesso tipo di problematiche.
Da poco Cina e Tailandia hanno incominciato ad affrontare questa problematica, poiché la droga sta entrando in questi paesi.
Lo scorso anno la Birmania ha prodotto 700 milioni di dosi (Speed). Come potete comprendere, non è solo un problema interno alla Birmania. Il regime militare ha chiuso le scuole e le università e i giovani non hanno possibilità di fare nulla. Nessuna possibilità di lavoro, la disoccupazione raggiunge il 50/60%. Cosa dovrebbero fare?
A conclusione dell’intervista, il Dott. Zawmin ha rilanciato l’appello che il premio Nobel Aung Su Kyi ha indirizzato alla comunità internazionale: “Lasciate che la vostra voce di uomini liberi possa essere voce per il popolo birmano privato di ogni libertà”. Noi aggiungiamo che è una grande responsabilità che nessuno dovrebbe evitare, poiché uniti negli ideali possiamo, ognuno con la propria opera, contribuire al processo di pace mondiale.