di Renato Piccioni
Correva l’anno 2004, quando, con alcuni amici, con molto entusiasmo, tanta abnegazione abbiamo voluto fondare: l’Accademia Culturale Sammarinese “le Tre Castella”.
Abbiamo ritenuto fosse giusto, oltre che doveroso, dare visibilità premiante, additandoli alla massima attenzione, a tutti coloro che hanno dedicato i loro studi, la loro professione, il loro sapere e la loro attività, impegnandosi per il miglioramento della società civile con il loro esempio ed operando a beneficio del prossimo.
Lo scopo base della nostra Accademia, è quello di portare una vivace ed attenta consapevolezza delle tradizioni, quale patrimonio inalienabile che, unitamente alla storia della comunità, costituiscono il nostro passato e hanno la forza di stimolarci ad operare per l’evoluzione della cultura e creare i fondamentali supporti per dare il via all’avventura del futuro che deve essere il risultato dell’impegno di chi possiede la conoscenza e che, pertanto, ha il dovere di adoperarsi per condividerla finalizzandola al bene del prossimo.
Il significato profondo del titolo di “Accademico”, io l’ho scoperto un giorno che, passeggiando nelle campagne del contado riminese, osservai un agricoltore che, avanzando fra i solchi del suo campo, spargeva a piene mani la semente che gli avrebbe dato un raccolto rigoglioso e significativo.
Allora ho messo a confronto, in un ideale parallelismo, l’Accademico ed il Seminatore, ed ho realizzato che entrambi sono gli operatori che hanno la capacità di spargere il seme della Conoscenza, l’uno, come del suo pane futuro, l’altro, ma entrambi a beneficio del prossimo perché possa saziare il desiderio del sapere come soddisfare quello delle necessità della sopravvivenza.
E non è il seme che produce il seme, ma esso produce l’albero che, a sua volta, fruttificando, potrà produrre una infinità di semenza in quantità altamente esponenziale, producendo tanto da soddisfare la fame del sapere come l’esigenza fisiologica del corpo.
Quindi gli Accademici della Cultura sono i “Seminatori” del sapere e di quei principi etici che sono alla base del viver civile di ogni comunità.
Ed ecco che creando l’Accademia, ci proponiamo di operare per evidenziare e praticare il profondo rispetto di ogni e qualsiasi credo religioso, di qualsiasi indirizzo politico, in modo trasversale ed ecumenico, restando al disopra delle fazioni, riservandoci di far nostri solamente tutti quei principi etici, e quei valori moralmente sani, che possono contribuire ad elevare l’Uomo dalle sue miserie terrene.
E faremo nostri, quale dottrina e guida, anche quei bellissimi versi dell’Alighieri, con cui, nella sua “Commedia”, fa dire ad Ulisse rivolto ai suoi compagni sfiduciati, nel canto XXVI° dell’Inferno, dal verso 118 e seguenti :-
“ … … Considerate la vostra semenza :
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza … …”
Ed ecco che l’essere innovativi sarà dovere di ognuno, e riusciremo bene nell’intento, solo se poggeremo le nostre, sulla fondamenta del passato per emendarci e sentirci sollecitati al miglioramento di un futuro che sia soprattutto di Pacificazione per tutta l’Umanità.
Il sentire profondamente nel nostro animo quale dovere primario, e imprescindibile, l’impegno di educare le giovani generazioni sulla base dei principi che portano al desiderio della conquista della Pace con convincimento e partecipazione, diventa nostra aspirazione morale.
La meta prefissata, sarà quella di portare la futura Umanità tesa alla creazione del benessere comune eradicando i bassi istinti nefasti che, assieme all’ignoranza, hanno fatto insorgere gli egoismi e, con questi, lo sfruttamento dell’Uomo sull’Uomo, anziché impegnarsi nella fondamentale ricerca della Cooperazione fra gli Uomini.
Se mi chiedete con quali armi potremo raggiungere questi risultati, risponderò senza esitare.
Lo potremo fare solo con le valide armi che si chiamano “rispetto” per ogni Creatura e “amore” verso ognuno, e con l’ “esempio della propria nostra vita”, perché queste sono le sole componenti di base per instaurare la “libertà ” dello spirito e del corpo.
E sarà attraverso l’Amore, quello vero, che nulla chiede in cambio del suo dare, che si potranno attuare i principi che porteranno alla realizzazione della “vera libertà ” , ma solo se ci impegneremo tutti ad attuare il progetto partendo dal rispetto, con la generosità che ne consegue, di ognuno per ognuno, in quanto ogni creatura rappresenta la sacra espressione del creato.
Con questo basilare principio, se attuato nella pratica del quotidiano, abbatteremo anche quei preconcetti che hanno fatto delle “Etnie”, non una diversità dovuta alle differenze climatiche ed ambientali dei luoghi di origine e nascita dei soggetti di una popolazione, ma quell’aberrante concetto che storicamente é stato fonte di gravi incomprensioni e pregiudizi, fino ad essere la vera causa di ignobili genocidi di intere comunità umane giustificati con l’orrendo epiteto di “razzismo”.
È questo il vero fomentatore di quei fondamentalismi che furono la causa di tanti dolorosissimi eventi esecrabili in ogni epoca della storia dell’Umanità e che. purtroppo, persistono ancora ai giorni nostri.
L’Accademia nasce ed è, Sammarinese, ma vuole, tuttavia, contemplare fra le tante sue specifiche attività statuite, anche quella di portare la sua attenzione, non meno impegnativa, anche a livello internazionale.
Il Senato Accademico, quindi, ha voluto onorare anche quelle personalità che al di là dei confini del Titano, si sono distinte per essersi sempre adoperate per indicare con il loro esempio la via al miglioramento dell’Umanità.
In sintesi il programma Accademico è ben evidenziato nel motto che è stato adottato e che recita :-“vero amore, vera libertà, vera pace”.
Questo motto è l’indicatore ed il sostegno dell’impegno che dovrà sempre distinguere ogni attività dell’Accademia e dei suoi Illustri Membri che questo motto faranno proprio eleggendolo a guida della formazione etica della loro vita e stimolo per l’esempio che si impegnano a dare, partendo da se stessi, prima, dal proprio nucleo familiare poi, e con forza centripeta espanderanno esemplarmente nella Società e, quindi, nella Nazione, per poi allargare al mondo, adoperandosi per attuare la realizzazione di tutte le riconciliazioni fra tutti i popoli per il trionfo e la restaurazione di un mondo di pace.
Tutto ciò può sembrare utopico, ma è soltanto un programma irto di grandi difficoltà, ma non sarà per questo che saremo rinunciatari aprioristicamente, anziché persistere, adoperandoci con caparbietà, per la sua realizzazione.
Fornirà con la sua organizzazione le occasioni, gli incontri, per lo scambio di conoscenze e si adopererà per dare visibilità a coloro che, altrimenti, non avrebbero altra occasione di emergere alla notorietà, ma soprattutto, potrebbero rischiare di restare voci sopite in un anonimato infecondo e, questo, è un lusso che nessun popolo può permettersi.
Nelle attività previste dal programma che l’Accademia si è data, saranno organizzate conferenze informative e di divulgazione, che potranno essere tenute da nostri Accademici su loro proposta.
Abbiamo promosso Premi Letterari Internazionali di poesia e prosa, siamo fattivi e presenti nell’attività importantissima della educazione alla Pace. Nel settembre del 2010 abbiamo organizzato il 6° Premio Internazionale di Poesia e Prosa Titano 2010.
i 35 premiati provenivano da molte regioni d'Italia.
1 novembre 2010
Il Muro di Vetro
“Il Muro di Vetro. L’Italia delle religioni. Primo rapporto 2009”, a cura di Brunetto Salvarani e Paolo Naso. Collana 4.4 - Strumenti, EMI, Bologna 2009, pp. 224, Euro 13.
Brunetto Salvarani è scrittore, docente di Missiologia e Teologia del dialogo presso la Facoltà Teologica dell’Emilia Romagna, è nato e risiede a Carpi (MO). Dirige il mensile CEM Mondialità e il periodico del dialogo cristiano-ebraico QOL. Membro del comitato editoriale della trasmissione di RAI Due “Protestantesimo”, è autore di numerosi libri.
Paolo Naso è giornalista e docente di Scienze politiche presso il Corso di Laurea in Scienze Storico Religiose dell’Università La Sapienza oltre che presso l’Istituto Religioni e culture della Pontificia Università Gregoriana. Ha lungamente diretto la rubrica televisiva “Protestantesimo” (Rai Due) e la rivista Confronti. Ha pubblicato numerosi libri.
Nel volume interventi di: Stefano Allievi, Enzo Biemmi, Paolo Branca, Giampiero Comolli, Gaëlle Courtens, Marco Dal Corso, Giovanni Ferrò, Simone Fracas, Paolo Naso, Gioachino Pistone, Brunetto Salvarani, Giovanni Sarubbi, Bruno Segre, Federico Tagliaferri, Sergio Velluto.
Recensione
di LAURA TUSSI
In questa occasione, vorrei offrire qualche riflessione a partire dal del libro "Il Muro di Vetro" e della concezione pluralista delle differenze nella società.
Il Muro di Vetro è un rapporto sulle religioni in Italia curato da Brunetto Salvarani e Paolo Naso ed edito dalla Editrice Missionaria Italiana.
Le diversità culturali aprono gli orizzonti della mente.
Il muro di vetro divide le molteplici realtà, i pluralismi religiosi, composti di intersezioni e persino di familiarità ricorrenti.
Tutti i muri innalzati dall'umanità e dalle conseguenti ideologie presentano fratture e pertugi di scambi e contaminazioni dialogiche, in un panorama ampio di multiculturalità religiosa sempre più significativo anche a livello nazionale, nell'incontro religioso e nel dialogo ecumenico.
La differenza è uno dei principi della cultura postmoderna, che insiste sulle diversificazioni, sulle molteplicità e le complessità, contro i rischi della pianificazione, dell'omologazione sociale e del relativismo radicale.
La finalità di riconoscersi in un'identità deve diventare sempre fonte di confronto con l'alterità, e quindi con l'implicita diversità dell'altro, nel concetto di differenza individuale, soggettiva, esistenziale e, per esteso, di varietà interetnica e multiculturale.
La conoscenza di sé attraverso il percorso religioso di autoriflessione, di autonarrazione, di racconto permette di approfondire una propria personalità in rapporto all'alterità di colui che si pone in dialogo.
Di conseguenza le molteplicità religiose, le complessità interetniche e multiculturali si incontrano e si incrociano trasversalmente con le diversità, psicologiche, identitarie, soggettive, all'interno di un tessuto sociale e comunitario che dovrebbe sempre più aprirsi all'accoglienza, al confronto, al dialogo, nell'interscambio tra molteplici aspetti che permeano l'intera umanità, perché la differenza è trasversale al concetto stesso di umanità.
Risulta spontaneo pensare alle diversità tra donna e uomo, tra generazioni, tra nazionalità, lingue e religioni dove è necessaria un'innovativa grammatica mentale per costruire la convivenza planetaria in dimensioni interculturali.
Le diversità culturali autentiche vivono nelle relazioni interpersonali spontanee, nei canali di dialogo, negli stili di vita, per la valorizzazione di una società ricca di differenze, di varietà e diversità in un mondo multirazziale e multilaterale, nell'insieme di valori che prevedono i diritti inalienabili e imprescindibili delle persone, sanciti dalle carte costituzionali democratiche, nella libertà di pensiero, nella ricerca scientifica e nella creazione artistica.
Il fondamento della diversità culturale è la persona, in quanto singolarità irripetibile da cui si realizzano la famiglia, le comunità, le associazioni, le istituzioni e le relazioni umane.
L'uniformazione delle culture e dei popoli è contro l'evoluzione dell'umanità, mentre la differenziazione, la multilateralità, l'apertura al mondo, sono valori imprescindibili.
Al totalitarismo vorrei opporre l'amore per le diversità, nella pace.
La diversità nasce dal riconoscersi diversi nel valore della relazione, per cui dopo l'incontro è possibile sapere di un altro pensiero, di un altro linguaggio, di un altro sguardo, ingenerando, contemporaneamente, cambiamento nell'altro che è incontrato.
Il riconoscersi nell'incontro restituisce momenti di felicità intima, perché ognuno cambierà diventando se stesso, declinandosi nell'altro.
Questa civiltà delle relazioni umane è uno stile aperto alla totale comprensione, dei comportamenti, dei riti e delle emozioni dell'altro, che ha i suoi fondamenti nella dignità della cultura della persona umana, nel valore dell'incontro e del dialogo nelle agorà e nelle poleis greche antiche, nel messaggio biblico ebraico, cristiano e islamico, nella cultura rinascimentale, con una forte etica della responsabilità e del riconoscimento nella diversità dell'altro da sé.
Infrangere la discriminazione, lo stereotipo e il pregiudizio, rappresentati dal "muro di vetro" consiste nella motivazione alla solidarietà, alla realizzazione di una società che abbia come valore fondante la pace e la convivenza civile tra popoli, genti e minoranze, nel rispetto dei diritti universali e sociali di cittadinanza multietnica, cosmopolita e internazionale.
Oltre "il muro di vetro" vi è un mondo dove non esistano patrie e nazioni, frontiere e burocrazie, limiti e confini, ma comunità educanti aperte all'accoglienza, al dialogo, al cambiamento rivoluzionario, al progresso costruttivo, senza stereotipi, pregiudizi e conseguenti discriminazioni, nel rispetto delle culture altre, nella coesistenza pacifica che agevola il confronto tra diversità interculturali, differenze tra donna e uomo e tra generazioni, per costruire una coscienza di convivenza civile che ponga come obiettivo prioritario la conoscenza, il dialogo, l'accoglienza, il confronto nelle comunità, nelle città, nel mondo.
Da "Narciso e Boccadoro" di Hermann Hesse: "La nostra meta non è di trasformarci l'un l'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e di imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro completamento".
Laura Tussi, docente, giornalista e ricercatrice.
Ha conseguito la sua quinta laurea specialistica nel 2009 in formazione degli adulti e consulenza pedagogica nell'ambito delle scienze della formazione e dell'educazione.
Autrice dei libri: Sacro (EMI 2009) Memorie e Olocausto (Aracne 2009) e Il Disagio Insegnante (Aracne 2009)
Collabora con l'Istituto Comprensivo Prati Desio (MB)e con diverse riviste di settore come: La Rassegna dell'Istruzione (Le Monnier Mondadori- MIUR) Scuola e Didattica (La Scuola)
U.I.S.P - UNIONE ARBITRALE SPORT PER TUTTI
Il Presidente LUCA VERGANI
E’ un onore e un piacere per la Lega Calcio U.I.S.P. Monza-Brianza partecipare con il proprio Settore Arbitrale ad un evento così significativo come il “Trofeo della Pace 2010”, al quale ci sentiamo profondamente vicini.
Infatti la nostra Lega, operante sul territorio da oltre 30 anni, si e’ sviluppata nell’alveo di U.I.S.P. (Unione Italiana Sport per Tutti) che è l’Ente di Promozione Sportiva più importante in Italia con oltre 1.200.000 associati e che si pone l’obiettivo di promuovere la pratica sportiva nel senso più ampio e alla portata di tutti.
L’U.I.S.P. mette al centro delle proprie proposte associative le persone, gli uomini e le donne, i giovani e gli anziani, i più e i meno dotati; lo sport per tutti e’ un diritto, un riferimento immediato ad una nuova qualità della vita da affermarsi giorno per giorno sia negli impianti tradizionali, sia in ambiente naturale.
Lo “sport per tutti” interpreta un nuovo diritto di cittadinanza, appartiene alle “politiche della vita” e pur sperimentando numerose attività di tipo competitivo, si legittima in base ai valori che non sono riconducibili al primato dell’ottica del risultato, propria dello sport di prestazione assoluta.
Innanzitutto, quindi, “SPORTPERTUTT”, per noi una sola grande parola che non esiste ancora nei vocabolari ma esiste nella realtà di tutti i giorni dove lo sport costituisce, tra i tanti altri meriti, uno dei rimedi più efficaci per superare le divisioni e contribuire a costruire una società e una cultura autenticamente multietnica.
E non c’è miglior esempio di questo bellissimo torneo per rappresentare concretamente i valori dello sport per tutti, per il quale vanno i nostri sinceri complimenti alla UPF/Universal Peace Federation che lo ha ideato e organizzato, unitamente ad un cordiale e sentito saluto a tutti i partecipanti da parte del Settore Arbitrale e della dirigenza della Lega Calcio U.I.S.P. Monza-Brianza.
E’ un onore e un piacere per la Lega Calcio U.I.S.P. Monza-Brianza partecipare con il proprio Settore Arbitrale ad un evento così significativo come il “Trofeo della Pace 2010”, al quale ci sentiamo profondamente vicini.
Infatti la nostra Lega, operante sul territorio da oltre 30 anni, si e’ sviluppata nell’alveo di U.I.S.P. (Unione Italiana Sport per Tutti) che è l’Ente di Promozione Sportiva più importante in Italia con oltre 1.200.000 associati e che si pone l’obiettivo di promuovere la pratica sportiva nel senso più ampio e alla portata di tutti.
L’U.I.S.P. mette al centro delle proprie proposte associative le persone, gli uomini e le donne, i giovani e gli anziani, i più e i meno dotati; lo sport per tutti e’ un diritto, un riferimento immediato ad una nuova qualità della vita da affermarsi giorno per giorno sia negli impianti tradizionali, sia in ambiente naturale.
Lo “sport per tutti” interpreta un nuovo diritto di cittadinanza, appartiene alle “politiche della vita” e pur sperimentando numerose attività di tipo competitivo, si legittima in base ai valori che non sono riconducibili al primato dell’ottica del risultato, propria dello sport di prestazione assoluta.
Innanzitutto, quindi, “SPORTPERTUTT”, per noi una sola grande parola che non esiste ancora nei vocabolari ma esiste nella realtà di tutti i giorni dove lo sport costituisce, tra i tanti altri meriti, uno dei rimedi più efficaci per superare le divisioni e contribuire a costruire una società e una cultura autenticamente multietnica.
E non c’è miglior esempio di questo bellissimo torneo per rappresentare concretamente i valori dello sport per tutti, per il quale vanno i nostri sinceri complimenti alla UPF/Universal Peace Federation che lo ha ideato e organizzato, unitamente ad un cordiale e sentito saluto a tutti i partecipanti da parte del Settore Arbitrale e della dirigenza della Lega Calcio U.I.S.P. Monza-Brianza.
Editoriale “Trofeo della Pace 2010”
Andrea Arbizzoni,
Assessore allo Sport
Ormai da un lustro il “Trofeo della Pace”, torneo interetnico tra squadre di calcio di nazionalità diverse, si svolge in Brianza a testimonianza che la nostra terra è quanto mai sensibile alle tematiche sociali. Si tratta di un momento di grande aggregazione e di interscambio culturale che la nostra Amministrazione ha voluto sostenere fin dalla prima ora convinta dell’importanza di creare opportunità di incontro attraverso lo sport e il divertimento.
Persone di tutte le età e di tutto il mondo hanno l’occasione di ritrovarsi attraverso una sana competizione sportiva, nella quale la parola d’ordine è partecipare con il più vero spirito decubertiniano.
Il Trofeo della Pace rappresenta un esempio di strumento adatto a creare quella integrazione culturale che porta a un rispetto frutto della conoscenza della diversità.
Un ringraziamento particolare va agli organizzatori, con alla testa Carlo Chierico, che con vera passione e dedizione porta avanti da anni significativi progetti con il preciso obiettivo di diffondere una cultura del rispetto e della solidarietà.
Auguro quindi a tutti i partecipanti di vivere delle intense giornate nel segno dell’amicizia.
Assessore allo Sport
Ormai da un lustro il “Trofeo della Pace”, torneo interetnico tra squadre di calcio di nazionalità diverse, si svolge in Brianza a testimonianza che la nostra terra è quanto mai sensibile alle tematiche sociali. Si tratta di un momento di grande aggregazione e di interscambio culturale che la nostra Amministrazione ha voluto sostenere fin dalla prima ora convinta dell’importanza di creare opportunità di incontro attraverso lo sport e il divertimento.
Persone di tutte le età e di tutto il mondo hanno l’occasione di ritrovarsi attraverso una sana competizione sportiva, nella quale la parola d’ordine è partecipare con il più vero spirito decubertiniano.
Il Trofeo della Pace rappresenta un esempio di strumento adatto a creare quella integrazione culturale che porta a un rispetto frutto della conoscenza della diversità.
Un ringraziamento particolare va agli organizzatori, con alla testa Carlo Chierico, che con vera passione e dedizione porta avanti da anni significativi progetti con il preciso obiettivo di diffondere una cultura del rispetto e della solidarietà.
Auguro quindi a tutti i partecipanti di vivere delle intense giornate nel segno dell’amicizia.
Trofeo della Pace 2010
di Carlo Chierico
Favorire l'amicizia, l'integrazione, la conoscenza e il rispetto reciproco tra persone residenti sullo stesso territorio ma di diverse culture, tradizioni e religioni: questo lo spirito fondante del torneo interetnico di calcio a 7 denominato “Trofeo della Pace”, promosso dalla sezione di Monza Brianza della UPF/Universal Peace Federation.
Giunto alla sua quinta edizione, il torneo, al quale hanno partecipato 16 squadre e circa 200 giocatori in rappresentanza di molte nazionalità, si è veramente rivelato una delle manifestazione più interessanti per il suo mix di sport e solidarietà.
I palloni utilizzati per le partite, come già negli anni scorsi, sono quelli della campagna “diritti in gioco” prodotti in Pakistan senza l'utilizzo di manodopera minorile e distribuiti in Italia da Commercio Alternativo.
La pratica di uno sport può davvero essere strumento di valori ed ideali che poi si riversano nella vita di tutti i giorni, quando si riconosce nell'altro non più uno straniero sconosciuto ma un'amico, scoperto dapprima come leale avversario su un campo sportivo, partendo dalla passione comune per il gioco del calcio. D'altronde sono molte le iniziative promosse dal dipartimento UPF Sport for Peace, attivo sia a livello locale che nazionale.
Al Trofeo della Pace ogni domenica è speciale e questo è possibile grazie ai tanti giocatori di nazionalità diverse che scendono in campo non solo per rappresentare la propria nazione, non solo per divertirsi praticando l'amato gioco del calcio, ma anche per lanciare insieme un messaggio di pace attraverso lo sport, che può davvero promuovere la conoscenza e il dialogo anche su problematiche molto serie. L'esempio più clamoroso è la causa dei diritti umani in Birmania e Tibet, con i giovani di questi Paesi che vengono sul campo sventolando le loro bandiere.
Il torneo è iniziato domenica 11 aprile, dopo il sorteggio di fine marzo che ha visto le 16 squadre suddivise in 4 gironi preliminari e, dopo aver giocato quasi tutte le domeniche pomeriggio nei vari campi messi a disposizione, la giornata conclusiva si è tenuta domenica 13 giugno allo stadio Brianteo in viale Stucchi a Monza.
La grande novità dell'edizione 2010 sono state proprio le finali giocate al Brianteo, il vero grande stadio della città di Monza, messo a disposizione dal Monza Calcio, denotando una condivisione di valori e sensibilità a tematiche etiche di questa Società Sportiva, che la UPF ringrazia vivamente, anche a nome dei giocatori che ne hanno calcato il prato!
E l'ultima domenica è stata davvero una giornata da ricordare, iniziata con la partita amichevole tra il Tibet e il Bangladesh, proseguita con la finale per il 3° posto tra Benin e del Marocco, mentre i campioni in carico dell'Egitto si sono confermati anche nel 2010 battendo nella finalissima la Romania, unica squadra europea a superare la fase a gironi e vera sorpresa del torneo. A seguire si è tenuta la festa finale con le premiazioni e un rinfresco, ulteriore spinta alla conoscenza reciproca e alla condivisione.
All'edizione 2010 del Trofeo della Pace hanno dato il patrocinio e l'adesione il Comune di Monza e la Provincia di Monza e Brianza, la Provincia di Milano, i Comuni di Agrate Brianza, Brugherio, Cologno Monzese, Sesto San Giovanni, Villasanta e Vimercate.
Il calendario con i risultati delle partite, oltre a foto, resoconti e commenti degli stessi protagonisti sono on line sul sito web dedicato: www.trofeodellapace.org
Per info: mail monza@iifwp.it
Favorire l'amicizia, l'integrazione, la conoscenza e il rispetto reciproco tra persone residenti sullo stesso territorio ma di diverse culture, tradizioni e religioni: questo lo spirito fondante del torneo interetnico di calcio a 7 denominato “Trofeo della Pace”, promosso dalla sezione di Monza Brianza della UPF/Universal Peace Federation.
Giunto alla sua quinta edizione, il torneo, al quale hanno partecipato 16 squadre e circa 200 giocatori in rappresentanza di molte nazionalità, si è veramente rivelato una delle manifestazione più interessanti per il suo mix di sport e solidarietà.
I palloni utilizzati per le partite, come già negli anni scorsi, sono quelli della campagna “diritti in gioco” prodotti in Pakistan senza l'utilizzo di manodopera minorile e distribuiti in Italia da Commercio Alternativo.
La pratica di uno sport può davvero essere strumento di valori ed ideali che poi si riversano nella vita di tutti i giorni, quando si riconosce nell'altro non più uno straniero sconosciuto ma un'amico, scoperto dapprima come leale avversario su un campo sportivo, partendo dalla passione comune per il gioco del calcio. D'altronde sono molte le iniziative promosse dal dipartimento UPF Sport for Peace, attivo sia a livello locale che nazionale.
Al Trofeo della Pace ogni domenica è speciale e questo è possibile grazie ai tanti giocatori di nazionalità diverse che scendono in campo non solo per rappresentare la propria nazione, non solo per divertirsi praticando l'amato gioco del calcio, ma anche per lanciare insieme un messaggio di pace attraverso lo sport, che può davvero promuovere la conoscenza e il dialogo anche su problematiche molto serie. L'esempio più clamoroso è la causa dei diritti umani in Birmania e Tibet, con i giovani di questi Paesi che vengono sul campo sventolando le loro bandiere.
Il torneo è iniziato domenica 11 aprile, dopo il sorteggio di fine marzo che ha visto le 16 squadre suddivise in 4 gironi preliminari e, dopo aver giocato quasi tutte le domeniche pomeriggio nei vari campi messi a disposizione, la giornata conclusiva si è tenuta domenica 13 giugno allo stadio Brianteo in viale Stucchi a Monza.
La grande novità dell'edizione 2010 sono state proprio le finali giocate al Brianteo, il vero grande stadio della città di Monza, messo a disposizione dal Monza Calcio, denotando una condivisione di valori e sensibilità a tematiche etiche di questa Società Sportiva, che la UPF ringrazia vivamente, anche a nome dei giocatori che ne hanno calcato il prato!
E l'ultima domenica è stata davvero una giornata da ricordare, iniziata con la partita amichevole tra il Tibet e il Bangladesh, proseguita con la finale per il 3° posto tra Benin e del Marocco, mentre i campioni in carico dell'Egitto si sono confermati anche nel 2010 battendo nella finalissima la Romania, unica squadra europea a superare la fase a gironi e vera sorpresa del torneo. A seguire si è tenuta la festa finale con le premiazioni e un rinfresco, ulteriore spinta alla conoscenza reciproca e alla condivisione.
All'edizione 2010 del Trofeo della Pace hanno dato il patrocinio e l'adesione il Comune di Monza e la Provincia di Monza e Brianza, la Provincia di Milano, i Comuni di Agrate Brianza, Brugherio, Cologno Monzese, Sesto San Giovanni, Villasanta e Vimercate.
Il calendario con i risultati delle partite, oltre a foto, resoconti e commenti degli stessi protagonisti sono on line sul sito web dedicato: www.trofeodellapace.org
Per info: mail monza@iifwp.it
Trofeo della Pace 2010
Egitto-Egitto-Egitto. Ripetizione voluta e doverosa. Già, perché a vincere per la terza volta consecutiva il Trofeo della Pace sono proprio gli emigrati in Italia da Il Cairo e dintorni. Soddisfazione doppia, dopo che la nazionale dei Faraoni ha visto sfumare l’opportunità di volare in Sud Africa per i Mondiali, a completare il quadro delle africane è infatti stata l’Algeria, vittoriosa nello spareggio appunto contro l’Egitto.
E così al Brianteo di Monza è andata in scena la piccola-grande rivincita degli egiziani, che hanno alzato la coppa dopo aver superato 2-1 la Romania. Altra nazione di fini calciatori che ha ingoiato il fiele dell’eliminazione dal Mondiale nel corso delle qualificazioni. Cornice di rilievo, si diceva. Non tutti i giorni capita di essere ricevuti in una struttura che solitamente ospita le partite di una squadra professionistica. E a Monza non si sono limitati ad aprire lo stadio. Su un terreno adibito a sfide 11 contro 11 gli addetti al campo hanno infatti delimitato il terreno in modo tale che fosse adatto ad ospitare una finale giocata 7 contro 7. Non basta. I migliori giocatori sono stati premiati con le maglie ufficiali del Monza calcio e alle squadre (16) che hanno preso parte al torneo è stato regalato il gagliardetto del club.
Migliori giocatori. Non si pensi al gesto tecnico, però. Al Trofeo della Pace i migliori sono quelli che magari giocano col sorriso, danno una mano all’organizzazione, non si alterano come belve ferite per una decisione sbagliata dell’arbitro. Come i giocatori di Benin e Siria, che hanno dato vita a un parapiglia decisamente poco pacifico. Nessun dramma, a chiunque e a maggior ragione sotto sforzo fisico può capitare che la vista si annebbi. Nemmeno però l’episodio è da nascondere. Meglio mandarlo a memoria facendo in modo che rimanga eccezione.
L’altra faccia della medaglia sono... tutte le altre partite disputate e il contorno alle medesime. Fatto di cori e tamburi mentre si gioca, pizza e dolci per ricaricare le batterie dopo la doccia. Particolare rilievo ha avuto l’amichevole tra Tibet e Bangladesh. Un modo per tenere alta l’attenzione sulla questione dei diritti umani. Spettatore d’eccezione il Lama Geshe Lodoe, monaco tibetano della comunità buddista di Monza.
“Ogni volta che l’uomo incontra l’altro gli si presentano tre possibilità: fargli guerra, ritirarsi dietro un muro, aprire un dialogo”, scrisse Ryszard Kapuscinski. Anche quest’anno il Trofeo della Pace ha scelto la via del dialogo. Come quello promosso dagli organizzatori dopo la lite in occasione di Benin-Siria. Perché, si sa, proprio da un attrito può nascere una amicizia. In questo, per dire, i bambini sono maestri...
UPF MEDICAL CENTER
del Dott. Antonio Imeneo
l'UPF Medical Center ha come obbiettivo primario quello di fornire prestazioni sanitarie a costi calmierati per gli indigenti, in particolar modo si provvederà (presso il centro di Aprilia) a realizzare un centro di accoglienza sanitaria per gli immigrati in quasi tutte le specialità sanitarie, si riuscirà a garantire il rispetto etico, culturale e religioso degli immigrati grazie all'intervento di medici provenienti dai paesi di origine degli immigrati stessi, dove possibile.
Presso l'UPF Medical Center di Anzio, si realizzerà un centro di alta diagnostica di immagine, un centro polispecialistico a 360°, un primo soccorso odontoiatrico 24h, un centro di ipertermia oncologica total body, primo ed unico in Italia. Nascerà, inoltre, presso la struttura di Anzio, un centro di formazione medica dell'UPF Institute for Peace, in collaborazione con università straniere, permettendo ai medici dei paesi poveri ed emergenti di ricevere formazione sulle nuove terapie mediche e nuove tecniche sanitarie. Si realizzerà un servizio di ultima generazione di telemedicina, allo scopo di favorire la collaborazione internazionale.
Il discorso centrale è la sanità per gli indigenti italiani e stranieri, la formazione per i medici stranieri e la cooperazione attraverso le università straniere per l'alta formazione.
l'UPF Medical Center ha come obbiettivo primario quello di fornire prestazioni sanitarie a costi calmierati per gli indigenti, in particolar modo si provvederà (presso il centro di Aprilia) a realizzare un centro di accoglienza sanitaria per gli immigrati in quasi tutte le specialità sanitarie, si riuscirà a garantire il rispetto etico, culturale e religioso degli immigrati grazie all'intervento di medici provenienti dai paesi di origine degli immigrati stessi, dove possibile.
Presso l'UPF Medical Center di Anzio, si realizzerà un centro di alta diagnostica di immagine, un centro polispecialistico a 360°, un primo soccorso odontoiatrico 24h, un centro di ipertermia oncologica total body, primo ed unico in Italia. Nascerà, inoltre, presso la struttura di Anzio, un centro di formazione medica dell'UPF Institute for Peace, in collaborazione con università straniere, permettendo ai medici dei paesi poveri ed emergenti di ricevere formazione sulle nuove terapie mediche e nuove tecniche sanitarie. Si realizzerà un servizio di ultima generazione di telemedicina, allo scopo di favorire la collaborazione internazionale.
Il discorso centrale è la sanità per gli indigenti italiani e stranieri, la formazione per i medici stranieri e la cooperazione attraverso le università straniere per l'alta formazione.
29a Giornata della Pace proclamata dall’ONU Resoconto delle attività svolte dalle Sezioni UPF lombarde
Bergamo, 27 settembre 2010
Le sezioni lombarde della UPF, e cioè Milano, Bergamo e Monza, hanno deciso quest’anno di coordinare le loro attività in occasione della Giornata della Pace proclamata dall’ONU.
Hanno quindi organizzato una settimana di attività che ha compreso quattro incontri. Il primo si è svolto a Monza il 21 settembre: l'ormai tradizionale – per la città brianzola – Veglia Interreligiosa di Preghiera. Di fronte al municipio personalità di diverse fedi e comunità religiose hanno offerto a rotazione un momento di preghiera e riflessione, come sfondo e sostegno spirituale per la pace nel mondo.
Il 23 settembre è seguita a Milano, presso la sala provinciale Spazio Guicciardini, un incontro con una sfumatura diversa: Tra cielo e terra: pensieri, passi… ed azione. Varie associazioni impegnate in progetti umanitari, esponenti del mondo accademico, della cultura, del giornalismo, dell’arte e della fede, hanno offerto le proprie riflessioni ed esperienze concrete per promuovere una cultura di pace.
L’iniziativa successiva si è svolta a Bergamo, il 25 settembre. Presso un agriturismo di Sotto il Monte si è tenuto un seminario di una giornata su Famiglia, Comunità e Pace. Lo scopo era esaminare il ruolo strategico della cooperazione interreligiosa per la costruzione della pace. Sono intervenuti esponenti di varie fedi e della società civile, che hanno offerto i loro suggerimenti per il consolidamento di una rinnovata coscienza spirituale e sociale come base per costruire percorsi di pace duratura.
Martedì 28 settembre si è tornati a Monza dove presso il Teatro Binario si è svolto uno spettacolo di cabaret per beneficenza: Ridere per aiutare a sorridere. Lo scopo era quello di sostenere la Tashi School di Kathmandu ed i giovani profughi birmani. Hanno partecipato comici di Zelig e di Colorado Café.
Questo è quanto le tre Sezioni hanno offerto in occasione di questa giornata, nella certezza che per costruire la pace vale più un’ora di preghiera e di ricerca su come viverla personalmente che giornate intere volte a recriminare le guerre.
Le sezioni lombarde della UPF, e cioè Milano, Bergamo e Monza, hanno deciso quest’anno di coordinare le loro attività in occasione della Giornata della Pace proclamata dall’ONU.
Hanno quindi organizzato una settimana di attività che ha compreso quattro incontri. Il primo si è svolto a Monza il 21 settembre: l'ormai tradizionale – per la città brianzola – Veglia Interreligiosa di Preghiera. Di fronte al municipio personalità di diverse fedi e comunità religiose hanno offerto a rotazione un momento di preghiera e riflessione, come sfondo e sostegno spirituale per la pace nel mondo.
Il 23 settembre è seguita a Milano, presso la sala provinciale Spazio Guicciardini, un incontro con una sfumatura diversa: Tra cielo e terra: pensieri, passi… ed azione. Varie associazioni impegnate in progetti umanitari, esponenti del mondo accademico, della cultura, del giornalismo, dell’arte e della fede, hanno offerto le proprie riflessioni ed esperienze concrete per promuovere una cultura di pace.
L’iniziativa successiva si è svolta a Bergamo, il 25 settembre. Presso un agriturismo di Sotto il Monte si è tenuto un seminario di una giornata su Famiglia, Comunità e Pace. Lo scopo era esaminare il ruolo strategico della cooperazione interreligiosa per la costruzione della pace. Sono intervenuti esponenti di varie fedi e della società civile, che hanno offerto i loro suggerimenti per il consolidamento di una rinnovata coscienza spirituale e sociale come base per costruire percorsi di pace duratura.
Martedì 28 settembre si è tornati a Monza dove presso il Teatro Binario si è svolto uno spettacolo di cabaret per beneficenza: Ridere per aiutare a sorridere. Lo scopo era quello di sostenere la Tashi School di Kathmandu ed i giovani profughi birmani. Hanno partecipato comici di Zelig e di Colorado Café.
Questo è quanto le tre Sezioni hanno offerto in occasione di questa giornata, nella certezza che per costruire la pace vale più un’ora di preghiera e di ricerca su come viverla personalmente che giornate intere volte a recriminare le guerre.
Steber pubblica l’autobiografia del Rev. Moon in italiano
Circa un anno e mezzo fa è stata pubblicata in Corea l’autobiografia del Rev. Moon, Un cittadino del mondo. La casa editrice, Gimm-Young, deve essere particolarmente felice di essersi aggiudicata la pubblicazione, visto che ad oggi ne ha vendute oltre un milione di copie.
In Italia il libro è stato pubblicato da Steber Edizioni, una giovane casa editrice fondata da Antonio Ciacciarelli. Nel mese di settembre, Steber ha pubblicato una prima tiratura di prova andata subito esaurita, e sta ora mettendo a punto l’edizione definitiva.
Abbiamo rivolto a Ciacciarelli alcune domande in proposito.
Cosa l’ha spinta a pubblicare l’autobiografia del Rev. Moon?
Lei sa che faccio parte del Movimento dell’Unificazione, fondato dal Rev. Moon, ma la pubblicazione del libro da parte di Steber non nasce da un ordine di scuderia o dal semplice desiderio di pubblicare la vita del fondatore. Certo, la considerazione personale che ho dell'uomo è uno dei fattori che mi ha spinto a farlo, ma i motivi principali sono due.
Il primo è che la figura del Rev. Moon è sempre stata maltrattata dai mezzi di informazione, soprattutto fino agli inizi del nuovo secolo; di conseguenza l'opinione pubblica è fortemente prevenuta nei suoi confronti. Il mettere in circolazione una pubblicazione "ufficiale" che porti un punto di vista diverso da quello prevalente significa fornire al Rev. Moon una possibilità di replica, che ha il diritto di essere conosciuta. Il diritto di far conoscere chi si è veramente, di non essere condannati senza esporre le proprie ragioni è un diritto umano fondamentale.
E l’altro motivo?
L’altro motivo è che, qualunque sia l'opinione che si abbia su di lui, è un uomo che ha inciso in modo notevole sulla storia contemporanea. E questo dal punto di vista religioso, politico ed economico. Si può essere d’accordo o meno con la sua teologia e con la sua visione del mondo, ma il peso che ha sulla società attuale è notevole ed è non solo giusto, ma necessario conoscere chi è e cosa ha fatto. In ogni caso, partendo letteralmente da zero ha costruito un movimento religioso che in pochi decenni si è espanso in tutto il mondo.
E ha costruito anche un impero economico.
Certo, e dicendo questo allude alle controversie che ha generato la potenza economica del suo movimento. Ma se è per questo ha realizzato tante iniziative nei campi più diversi, alcune delle quali altrettanto controverse… come ripeto, il primo pensiero che mi è venuto quando ho saputo di questo libro è stato: voglio pubblicarlo per far conoscere la sua versione dei fatti.
Il Rev. Moon che emerge dal libro, è diverso da quello che ha conosciuto lei?
Per alcuni versi sì. Ad esempio, il libro si apre con queste parole: “Un’intensa pioggia primaverile è caduta tutta la notte, ed è stato così bello che ho trascorso l’intero mattino passeggiando nel parco”. Faccio parte del Movimento dell'Unificazione dal 1972, ed in tutti questi anni l'immagine prevalente che mi giungeva del Rev. Moon era quella di un uomo sempre attivo, occupato ad ispirare i membri, ad organizzare eventi, a fare discorsi pubblici; quasi mai venivano comunicati momenti così sereni, contemplativi. Il libro è servito quindi anche a me per liberarmi di alcuni stereotipi che mi trascinavo appresso senza esserne consapevole.
Altri stereotipi che ha abbandonato?
Mi viene in mente un’altra grande differenza tra l’aspetto pubblico e quello privato: quando compare in pubblico con la moglie, Hak-ja, è lui a dominare la scena; ad un qualsiasi osservatore la moglie potrebbe sembrare una figura di secondo piano, una qualsiasi compagna di un qualsiasi uomo pubblico. In questo caso sapevo già che non era così, ma lo sapevo solo in teoria. L'Autobiografia mette fortemente in rilievo il ruolo svolto da Hak-ja, il rispetto che il marito ha per lei e per le sue scelte, il dialogo che la coppia sviluppa.
Emerge insomma la vita privata della coppia, che non può evidenziarsi nelle apparizioni pubbliche. Anche questo è un contributo alla conoscenza di un uomo, di una coppia, di una famiglia che, comunque la si pensi, stanno avendo un forte impatto sulla società.
Quali parti del libro preferisce?
Se devo proprio scegliere cito due punti in particolare: il primo è dato dai primi capitoli, nei quali l’autore parla della sua infanzia in toni anche poetici; il secondo punto è il racconto della sua visita nella Corea del Nord, ed in particolare l’incontro con il dittatore Kim Il-sung.
Il Rev. Moon aveva da sempre il desiderio di incontrare il dittatore; secondo la sua visione spirituale – e non solo sua – è necessario superare qualunque risentimento contro chiunque, indipendentemente dal torto che si è subito.
Il Rev. Moon, alla fine degli anni 40, era stato condannato dal regime comunista guidato da Kim a morire in un campo di lavoro. Liberato dalle forze dell'ONU durante la guerra di Corea, si era salvato. Pare che Kim Il-sung abbia cercato almeno una volta di farlo uccidere in Corea del Sud, per porre fine alle attività anticomuniste di Moon.
Nonostante questi trascorsi, il Rev. Moon, non appena incontra Kim, lo abbraccia e da quel momento i due si comportano come fratelli. Un episodio per me emozionante.
La sua casa editrice si specializzerà in pubblicazioni sul Movimento dell’Unificazione?
Assolutamente no. Stiamo vivendo in un periodo storico apparentemente, ma solo apparentemente, dominato dal materialismo. In realtà c’è una forte ricerca spirituale nelle persone. Ciò è dimostrato dal fatto, ad esempio, che l’editoria cattolica è in forte crescita, dal fatto che i corsi di studio della Bibbia sono affollati… Il mio desiderio è fornire libri che permettano a chi li legge di orientare consapevolmente la propria vita; il mio punto di vista è che non esiste una distinzione netta tra valori spirituali e – ad esempio – i valori civili. Entrambi sono espressione di un’unica verità. Esiste una scala di valori, non una contrapposizione di valori di diversa natura; e sono certo che queste strade alla fine convergono.
Vorrei mettere a disposizione di chi cerca di fare un passo avanti nella propria vita interiore gli stimoli intellettuali e spirituali di cui ha bisogno come persona, indipendentemente dal fatto che sia religioso o meno, che sia cattolico o islamico o altro. Siamo tutti diversi e la crescita di ciascuno segue una strada diversa da quelle degli altri.
In Italia il libro è stato pubblicato da Steber Edizioni, una giovane casa editrice fondata da Antonio Ciacciarelli. Nel mese di settembre, Steber ha pubblicato una prima tiratura di prova andata subito esaurita, e sta ora mettendo a punto l’edizione definitiva.
Abbiamo rivolto a Ciacciarelli alcune domande in proposito.
Cosa l’ha spinta a pubblicare l’autobiografia del Rev. Moon?
Lei sa che faccio parte del Movimento dell’Unificazione, fondato dal Rev. Moon, ma la pubblicazione del libro da parte di Steber non nasce da un ordine di scuderia o dal semplice desiderio di pubblicare la vita del fondatore. Certo, la considerazione personale che ho dell'uomo è uno dei fattori che mi ha spinto a farlo, ma i motivi principali sono due.
Il primo è che la figura del Rev. Moon è sempre stata maltrattata dai mezzi di informazione, soprattutto fino agli inizi del nuovo secolo; di conseguenza l'opinione pubblica è fortemente prevenuta nei suoi confronti. Il mettere in circolazione una pubblicazione "ufficiale" che porti un punto di vista diverso da quello prevalente significa fornire al Rev. Moon una possibilità di replica, che ha il diritto di essere conosciuta. Il diritto di far conoscere chi si è veramente, di non essere condannati senza esporre le proprie ragioni è un diritto umano fondamentale.
E l’altro motivo?
L’altro motivo è che, qualunque sia l'opinione che si abbia su di lui, è un uomo che ha inciso in modo notevole sulla storia contemporanea. E questo dal punto di vista religioso, politico ed economico. Si può essere d’accordo o meno con la sua teologia e con la sua visione del mondo, ma il peso che ha sulla società attuale è notevole ed è non solo giusto, ma necessario conoscere chi è e cosa ha fatto. In ogni caso, partendo letteralmente da zero ha costruito un movimento religioso che in pochi decenni si è espanso in tutto il mondo.
E ha costruito anche un impero economico.
Certo, e dicendo questo allude alle controversie che ha generato la potenza economica del suo movimento. Ma se è per questo ha realizzato tante iniziative nei campi più diversi, alcune delle quali altrettanto controverse… come ripeto, il primo pensiero che mi è venuto quando ho saputo di questo libro è stato: voglio pubblicarlo per far conoscere la sua versione dei fatti.
Il Rev. Moon che emerge dal libro, è diverso da quello che ha conosciuto lei?
Per alcuni versi sì. Ad esempio, il libro si apre con queste parole: “Un’intensa pioggia primaverile è caduta tutta la notte, ed è stato così bello che ho trascorso l’intero mattino passeggiando nel parco”. Faccio parte del Movimento dell'Unificazione dal 1972, ed in tutti questi anni l'immagine prevalente che mi giungeva del Rev. Moon era quella di un uomo sempre attivo, occupato ad ispirare i membri, ad organizzare eventi, a fare discorsi pubblici; quasi mai venivano comunicati momenti così sereni, contemplativi. Il libro è servito quindi anche a me per liberarmi di alcuni stereotipi che mi trascinavo appresso senza esserne consapevole.
Altri stereotipi che ha abbandonato?
Mi viene in mente un’altra grande differenza tra l’aspetto pubblico e quello privato: quando compare in pubblico con la moglie, Hak-ja, è lui a dominare la scena; ad un qualsiasi osservatore la moglie potrebbe sembrare una figura di secondo piano, una qualsiasi compagna di un qualsiasi uomo pubblico. In questo caso sapevo già che non era così, ma lo sapevo solo in teoria. L'Autobiografia mette fortemente in rilievo il ruolo svolto da Hak-ja, il rispetto che il marito ha per lei e per le sue scelte, il dialogo che la coppia sviluppa.
Emerge insomma la vita privata della coppia, che non può evidenziarsi nelle apparizioni pubbliche. Anche questo è un contributo alla conoscenza di un uomo, di una coppia, di una famiglia che, comunque la si pensi, stanno avendo un forte impatto sulla società.
Quali parti del libro preferisce?
Se devo proprio scegliere cito due punti in particolare: il primo è dato dai primi capitoli, nei quali l’autore parla della sua infanzia in toni anche poetici; il secondo punto è il racconto della sua visita nella Corea del Nord, ed in particolare l’incontro con il dittatore Kim Il-sung.
Il Rev. Moon aveva da sempre il desiderio di incontrare il dittatore; secondo la sua visione spirituale – e non solo sua – è necessario superare qualunque risentimento contro chiunque, indipendentemente dal torto che si è subito.
Il Rev. Moon, alla fine degli anni 40, era stato condannato dal regime comunista guidato da Kim a morire in un campo di lavoro. Liberato dalle forze dell'ONU durante la guerra di Corea, si era salvato. Pare che Kim Il-sung abbia cercato almeno una volta di farlo uccidere in Corea del Sud, per porre fine alle attività anticomuniste di Moon.
Nonostante questi trascorsi, il Rev. Moon, non appena incontra Kim, lo abbraccia e da quel momento i due si comportano come fratelli. Un episodio per me emozionante.
La sua casa editrice si specializzerà in pubblicazioni sul Movimento dell’Unificazione?
Assolutamente no. Stiamo vivendo in un periodo storico apparentemente, ma solo apparentemente, dominato dal materialismo. In realtà c’è una forte ricerca spirituale nelle persone. Ciò è dimostrato dal fatto, ad esempio, che l’editoria cattolica è in forte crescita, dal fatto che i corsi di studio della Bibbia sono affollati… Il mio desiderio è fornire libri che permettano a chi li legge di orientare consapevolmente la propria vita; il mio punto di vista è che non esiste una distinzione netta tra valori spirituali e – ad esempio – i valori civili. Entrambi sono espressione di un’unica verità. Esiste una scala di valori, non una contrapposizione di valori di diversa natura; e sono certo che queste strade alla fine convergono.
Vorrei mettere a disposizione di chi cerca di fare un passo avanti nella propria vita interiore gli stimoli intellettuali e spirituali di cui ha bisogno come persona, indipendentemente dal fatto che sia religioso o meno, che sia cattolico o islamico o altro. Siamo tutti diversi e la crescita di ciascuno segue una strada diversa da quelle degli altri.
I GUARDIANI DEI FARI
CARLO ALBERTO TABACCHI
"Il faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all'improvviso e dolcemente alla sera." (dal libro di Virginia Woolf 1882-1941 "Gita al faro").
I fari sono luci seminate in mezzo al mare che nascondono storie ed aneddoti fatti di salvataggi, isolamenti forzati, diari ingialliti, luoghi cari a famiglie cresciute tra le stesse mura che hanno coltivato per generazioni la stessa passione.
Il farista accudisce con cura la sua lanterna, in modo che nella notte non venga meno quella luce importante ai naviganti per schivare i pericoli e le insidie del mare. E' un mestiere unico quello dei faristi, una categoria professionale che vanta anche un Santo Patrono, San Venerio, celebrato il 13 settembre; era un monaco eremita, originario dell'isola del Tino, vicino La Spezia ed era noto per accendere fuochi notturni tra il 6 e il 7 secolo, per segnalare i rischi ai propri concittadini. Una piccola luce era affidata ad un uomo, monaco ed eremita, a testimonianza che questi fuochi portavano e portano con sé un significato sacro, una metafora di vita e di destino, la forza di una luce eretta contro i pericoli della notte e del mare, fin dai tempi del faro di Alessandria.
Fari costruiti su alture, a materializzare qualcosa di sacro, acropoli marine e appunto genius loci come dicevano gli antichi Romani che furono costruttori anche di fari. Il fatto che nelle Sette Meraviglie del Mondo vengono menzionati due fari (quello di Alessandria e il Colosso di Rodi) appare alquanto singolare e significativo e conferma l'importanza di questi stessi nella cultura e nella memoria del mondo antico.
Nell'antichità, i guardiani erano sacerdoti che provvedevano, spesso in condizioni estreme, ad accendere e spegnere i fuochi curandone il loro esercizio e manutenzione. Nel diciannovesimo secolo non era previsto che i familiari dei faristi potessero vivere nelle strutture; successivamente, si comprese invece l'importanza dell'equilibrio familiare anche come presenza sussidiaria a quella del farista stesso.
Il mestiere non godeva di un inquadramento professionale e pertanto si giudicavano idonei a sostituire il guardiano in caso di necessità anche i suoi familiari , figli compresi.
Ai giorni nostri, è necessario che il farista abbia lo spirito di un eremita: una forza
d'animo per superare lo sconforto che isolamenti e disagi aumentano sovente al di
sopra delle possibilità e delle capacità umane, una solitudine da riempire con la sacralità e la ripetitività dei gesti quotidiani, dove il tempo della notte si trascorre a imparare a leggere nelle stelle "i comandamenti dei Dio".
La solitudine, raccontano i faristi, è "un brutta bestia", una realtà che ti può fare scivolare nella tristezza e nella depressione.
I fari con le loro torri maestose sono dei monumenti costruiti spesso a picco sul mare; in un faro si conduce una vita semplice, come semplice e puri sono gli elementi della natura che lo circondano, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco.
Vengono evidenziate alcune emozioni della vita: senso di libertà, fuga dalla routine della vita di città, immersione nei misteri e nelle sorprese che riserva quotidianamente la natura, disponibilità ad affrontare la vita con avventura. Il mestiere del farista va amato, preso con passione e spirito di servizio, pronto a misurare sé stessi con l'imprevisto, l'ignoto, l'accidentale.
In Italia si è deciso di non eliminare del tutto la figura del guardiano del faro, anche se le scarse risorse e l'aumento dell'automazione hanno drasticamente ridotto la presenza dei faristi, allontanandoli dai fari più isolati. Il compito principale consiste nel mantenere in efficienza il sistema ottico-lenticolare, fare piccole riparazioni, controllare insomma che tutto funzioni. L'automazione, le nuove tecnologie hanno modificato le loro mansioni ed abitudini; una volta, il guardiano svolgeva i principali compiti attraverso meccanismi manuali, caricando ad esempio il sistema ad orologeria che garantiva la rotazione della lampada: un' incessante preoccupazione, ripetuta normalmente ogni 4 ore, ogni notte.
Inoltre, a causa di situazioni di isolamento, dovute principalmente alle avverse condizioni metereologiche, i collegamenti con la terra ferma erano complicati costringendo gli abitanti dei fari a lunghi periodi di isolamento; per tale motivo, molte strutture erano dotate di un ampio forno, un'aia per gli animali da cortile, un orto e la cisterna per la raccolta dell'acqua piovana e quegli uomini dovevano sapere essere all'occorrenza anche panettieri, allevatori e contadini.
La figura del farista è destinata a scomparire, chi va in pensione difficilmente viene sostituito. Si ricorda che è un libero professionista che deve gestire i tempi e gli impegni garantendo la buona funzionalità dell'impianto che gli è stato assegnato. Che cosa spinge le persone a sognare di diventare guardiano del faro? Da sondaggi e da commenti sui forum emerge l'idea di trovare, un senso di libertà, fuggire dalla routine, stare soli, vivere a contatto con la natura. Un mestiere che presuppone alcune qualità fondamentali come calma, tranquillità, propensione alla solitudine e al rapporto con la natura; oltre, ovviamente, alle opportune conoscenze tecniche e capacità professionali per intervenire sugli impianti.
Moderni eremiti, quindi, lontano da tutto e da tutti: vivere in simbiosi con il faro, prendersene cura, rappresenta una preziosa occasione di riflessione sulla propria esistenza. Senza fretta, senza caos. E forse ognuno di noi .... dovrebbe cominciare a vivere così.
"Il faro era allora una torre argentea, nebulosa, con un occhio giallo che si apriva all'improvviso e dolcemente alla sera." (dal libro di Virginia Woolf 1882-1941 "Gita al faro").
I fari sono luci seminate in mezzo al mare che nascondono storie ed aneddoti fatti di salvataggi, isolamenti forzati, diari ingialliti, luoghi cari a famiglie cresciute tra le stesse mura che hanno coltivato per generazioni la stessa passione.
Il farista accudisce con cura la sua lanterna, in modo che nella notte non venga meno quella luce importante ai naviganti per schivare i pericoli e le insidie del mare. E' un mestiere unico quello dei faristi, una categoria professionale che vanta anche un Santo Patrono, San Venerio, celebrato il 13 settembre; era un monaco eremita, originario dell'isola del Tino, vicino La Spezia ed era noto per accendere fuochi notturni tra il 6 e il 7 secolo, per segnalare i rischi ai propri concittadini. Una piccola luce era affidata ad un uomo, monaco ed eremita, a testimonianza che questi fuochi portavano e portano con sé un significato sacro, una metafora di vita e di destino, la forza di una luce eretta contro i pericoli della notte e del mare, fin dai tempi del faro di Alessandria.
Fari costruiti su alture, a materializzare qualcosa di sacro, acropoli marine e appunto genius loci come dicevano gli antichi Romani che furono costruttori anche di fari. Il fatto che nelle Sette Meraviglie del Mondo vengono menzionati due fari (quello di Alessandria e il Colosso di Rodi) appare alquanto singolare e significativo e conferma l'importanza di questi stessi nella cultura e nella memoria del mondo antico.
Nell'antichità, i guardiani erano sacerdoti che provvedevano, spesso in condizioni estreme, ad accendere e spegnere i fuochi curandone il loro esercizio e manutenzione. Nel diciannovesimo secolo non era previsto che i familiari dei faristi potessero vivere nelle strutture; successivamente, si comprese invece l'importanza dell'equilibrio familiare anche come presenza sussidiaria a quella del farista stesso.
Il mestiere non godeva di un inquadramento professionale e pertanto si giudicavano idonei a sostituire il guardiano in caso di necessità anche i suoi familiari , figli compresi.
Ai giorni nostri, è necessario che il farista abbia lo spirito di un eremita: una forza
d'animo per superare lo sconforto che isolamenti e disagi aumentano sovente al di
sopra delle possibilità e delle capacità umane, una solitudine da riempire con la sacralità e la ripetitività dei gesti quotidiani, dove il tempo della notte si trascorre a imparare a leggere nelle stelle "i comandamenti dei Dio".
La solitudine, raccontano i faristi, è "un brutta bestia", una realtà che ti può fare scivolare nella tristezza e nella depressione.
I fari con le loro torri maestose sono dei monumenti costruiti spesso a picco sul mare; in un faro si conduce una vita semplice, come semplice e puri sono gli elementi della natura che lo circondano, l'aria, l'acqua, la terra e il fuoco.
Vengono evidenziate alcune emozioni della vita: senso di libertà, fuga dalla routine della vita di città, immersione nei misteri e nelle sorprese che riserva quotidianamente la natura, disponibilità ad affrontare la vita con avventura. Il mestiere del farista va amato, preso con passione e spirito di servizio, pronto a misurare sé stessi con l'imprevisto, l'ignoto, l'accidentale.
In Italia si è deciso di non eliminare del tutto la figura del guardiano del faro, anche se le scarse risorse e l'aumento dell'automazione hanno drasticamente ridotto la presenza dei faristi, allontanandoli dai fari più isolati. Il compito principale consiste nel mantenere in efficienza il sistema ottico-lenticolare, fare piccole riparazioni, controllare insomma che tutto funzioni. L'automazione, le nuove tecnologie hanno modificato le loro mansioni ed abitudini; una volta, il guardiano svolgeva i principali compiti attraverso meccanismi manuali, caricando ad esempio il sistema ad orologeria che garantiva la rotazione della lampada: un' incessante preoccupazione, ripetuta normalmente ogni 4 ore, ogni notte.
Inoltre, a causa di situazioni di isolamento, dovute principalmente alle avverse condizioni metereologiche, i collegamenti con la terra ferma erano complicati costringendo gli abitanti dei fari a lunghi periodi di isolamento; per tale motivo, molte strutture erano dotate di un ampio forno, un'aia per gli animali da cortile, un orto e la cisterna per la raccolta dell'acqua piovana e quegli uomini dovevano sapere essere all'occorrenza anche panettieri, allevatori e contadini.
La figura del farista è destinata a scomparire, chi va in pensione difficilmente viene sostituito. Si ricorda che è un libero professionista che deve gestire i tempi e gli impegni garantendo la buona funzionalità dell'impianto che gli è stato assegnato. Che cosa spinge le persone a sognare di diventare guardiano del faro? Da sondaggi e da commenti sui forum emerge l'idea di trovare, un senso di libertà, fuggire dalla routine, stare soli, vivere a contatto con la natura. Un mestiere che presuppone alcune qualità fondamentali come calma, tranquillità, propensione alla solitudine e al rapporto con la natura; oltre, ovviamente, alle opportune conoscenze tecniche e capacità professionali per intervenire sugli impianti.
Moderni eremiti, quindi, lontano da tutto e da tutti: vivere in simbiosi con il faro, prendersene cura, rappresenta una preziosa occasione di riflessione sulla propria esistenza. Senza fretta, senza caos. E forse ognuno di noi .... dovrebbe cominciare a vivere così.
SCENARI GLOBALI AL 2025
Previsioni ed aspettative del think tank statunitense. Il documento ha un respiro internazionale, oltre che apprezzabile per qualità, autorevolezza e profondità sui prossimi anni.
CARLO ALBERTO TABACCHI
A fine 2008 il National Intelligence Council (NIC) ha pubblicato la sua quarta proiezione a 15 anni sullo stato del mondo.
Il Council un think tank della comunità intelligence del governo statunitense; anche alcuni prestigiosi istituti americani di ricerca strategica e geopolitica hanno dato un contributo agli scenari globali: tra gli altri la Rand Corporation, il Council for Foreign Relations, la Brooking Institution.
Il documento rileva che nel 2025 il sistema internazionale, scaturito dalla seconda guerra mondiale, sarà irriconoscibile per l'ascesa di nuove potenze e blocchi regionali emergenti, l'accentuato carattere globalizzato delle economie, l'intenso trasferimento della ricchezza da ovest ad est, l'evoluzione imprevedibile di contesti istituzionali e l'influenza sempre marcata di organismi non statuali — rete di relazioni, potentati economici, etnie, raggruppamenti ideologici, confessioni religiose, agenzie multilaterali, lobby transnazionali, enti non governativi, organizzazioni criminali. Alcuni di questi organismi/entità assumeranno un'influenza paragonabile a quella di veri e propri stati.
Il mondo tra 15 anni sarà multipolare e globalizzato, sempre più. diviso tra paesi avanzati e quelli in via di sviluppo. Alcune problematiche si accentueranno: invecchiamento delle popolazioni nel mondo benestante combinato con l'incremento tumultuoso di centinaia di milioni di non abbienti; crescente scarsità di energia, cibo ed acqua; mutazioni climatiche che da sole potrebbero indurre più cambiamenti di tutti gli altri fattori combinati.
Ciò che verrà fuori dall'effettivo svilupparsi ed interagire delle traiettorie abbozzate nel Global Trends 2025 e ovviamente tutt'altro che chiaro. Focalizzando le gerarchie e le graduatorie di potenza degli stati è presumibile che gli Stati Uniti resteranno il soggetto pia forte della scena anche se il declino relativo già in atto da qualche anno dovrebbe confermarsi e forse aumentare a favore dei più diretti inseguitori, Cina e Russia. Il potere economico di Pechino, New Delhi e Mosca si dovrebbe tradurre in una accentuata caratterizzazione strategica delle rispettive politiche estere, anche se in altre parti del rapporto questo collegamento ed il forte sviluppo non sono dati per scontati.
Nel settore militare, il declino americano è già avvenuto in seguito al rafforzamento dei competitori strategici tradizionali e all'irruzione di modalità belliche innovative e non convenzionali (gestite sia da stati che da non-stati); tali aspetti interessano le tematiche della guerra asimmetrica, irregolare, cibernetica, internet-centrica, economica, informativa ed informatica, in gran parte mirate a disarticolare i gangli vitali delle società fortemente industrializzate e a far venir meno il consenso delle pubbliche opinioni, il vero sovrano delle società.
Il rapporto NIC resta piuttosto pessimistico sull'ipotesi che l'Unione Europea possa diventare un attore in grado di contribuire alla salvaguardia degli interessi occidentali nel mondo.
Lo stesso Council ipotizza che l'espansione economica in corso in Cina, India e Russia dovrebbe tradursi in una spiccata dimensione militare rispetto alla corrispondente americana in ripiegamento e a quel che resta di quella europea in crisi di marcata. timidezza. Non chiaro il modello al quale le 3 potenze potrebbero ispirarsi, se il "Marte" americano, la "Venere" europea, un mix tra i due o qualcos'altro di completamente originale, almeno per la Cina che costituisce la capofila della triade e brilla per condurre una suadente politica estera con mezzi diplomatici ed economici, senza muscolarismi militari.
Riguardo lo sviluppo economico, il documento NIC rileva che il trasferimento di ricchezza e di potere in atto del mondo è' senza precedenti nella storia moderna, specialmente per quanto concerne i volumi, la rapidità del processo e la sua univocità direzionale da occidente a oriente. Due le ragioni: innanzitutto l'esplosione dei prezzi energetici e delle
materie prime degli anni passati ha generato profitti enormi concentrati in poche mani, molto più autonome ed avvedute rispetto al passato; in secondo luogo, i bassi costi della manodopera asiatica si sono combinati con politiche governative finalizzate a trarre da essi il massimo delle opportunità, determinando il trasferimento generalizzato verso est di prodotti e servizi.
Tra i Bric, la Cina é destinata nei prossimi 20 anni ad avere il maggiore impatto sull'economia mondiale di qualsiasi altro paese.
L'india continuerà con tutta probabilità il suo sviluppo economico, dandosi da fare per tradurre le sue dimensioni in peso geopolitico non solo in Asia. I due colossi dovranno decidere la modulazione dei rispettivi ruoli e dei rapporti reciproci. Mosca ha il potenziale per diventare più ricca di quanto sia ora ma solo se riuscirà a investire in capitale umano (aspetti demografici compresi) e a diversificare la sua economia e a integrarla nel mercato globale.
Europa e Giappone sono trattati dal documento NIC con una certa condiscendenza, legati da un declino demografico, economico e geopolitico.
Cina e Russia ed in misura minore India non tendono a seguire il modello occidentale di crescita adottando una versione più o meno autoctona dei- capitalismo di stato, utilizzato da altri paesi come Corea del Sud, Taiwan e Singapore.
Proseguendo su altre aree del mondo, il record negativo continuerà ad essere attribuito all'Africa sub-sahariana, restando la zona pia vulnerabile al frazionismo economico, allo stress demografico, alla conflittualità interna e all'instabilità. politica, nonostante la nota ricchezza di materie prime. Tale prosperità finirà paradossalmente per incrementare i problemi in quanto i proventi continueranno con ogni probabilità a fluire in gran parte nelle tasche delle stesse "cupole" incompetenti e corrotte responsabili dei guai di oggi, aggravando la disparità dei redditi nei vari contesti sociali e diminuendo le prospettive di riforme democratiche e liberali.
Sull'America Latina previsioni complessivamente positive per i paesi più avanzati come Brasile, Cile e in misura minore Messico ed Argentina; l'America Latina resterà indietro rispetto all'Asia in termini di stabilità politica, statura strategica e competitività economica.
Le principali preoccupazioni dei governi e delle opinioni pubbliche continueranno a risiedere nella proliferazione delle armi di sterminio, nei conflitti e nel terrorismo.
La questione dei nucleare iraniano e dei persistente contenzioso tra India e Pakistan è presumibile che tra un quindicennio sia superata da altre. La conflittualità dovrebbe avere una valenza più pragmatica che ideologica: sfide della globalizzazione, mutamenti repentini alla aggregazione di interessi esistenti, competizione per le risorse .....
E' improbabile infine che il terrorismo per il 2025 scompaia, ma la sua capacità di attrazione potrebbe diminuire, soprattutto se lo sviluppo economico delle aree a maggiore rischio di proselitismo proseguirà e la disoccupazione giovanile si ridurrà. Gli attentati del futuro potrebbero essere più rari ma nel contempo maggiormente esiziali: necessario non abbassare mai la guardia.
In conclusione, la globalizzazione — di per sé un fenomeno vitale e foriero di prosperità ed in prospettiva di allentamento delle tensioni — mette in contatto mondi, culture e bisogni e continuerà inarrestabile il suo cammino.
CARLO ALBERTO TABACCHI
A fine 2008 il National Intelligence Council (NIC) ha pubblicato la sua quarta proiezione a 15 anni sullo stato del mondo.
Il Council un think tank della comunità intelligence del governo statunitense; anche alcuni prestigiosi istituti americani di ricerca strategica e geopolitica hanno dato un contributo agli scenari globali: tra gli altri la Rand Corporation, il Council for Foreign Relations, la Brooking Institution.
Il documento rileva che nel 2025 il sistema internazionale, scaturito dalla seconda guerra mondiale, sarà irriconoscibile per l'ascesa di nuove potenze e blocchi regionali emergenti, l'accentuato carattere globalizzato delle economie, l'intenso trasferimento della ricchezza da ovest ad est, l'evoluzione imprevedibile di contesti istituzionali e l'influenza sempre marcata di organismi non statuali — rete di relazioni, potentati economici, etnie, raggruppamenti ideologici, confessioni religiose, agenzie multilaterali, lobby transnazionali, enti non governativi, organizzazioni criminali. Alcuni di questi organismi/entità assumeranno un'influenza paragonabile a quella di veri e propri stati.
Il mondo tra 15 anni sarà multipolare e globalizzato, sempre più. diviso tra paesi avanzati e quelli in via di sviluppo. Alcune problematiche si accentueranno: invecchiamento delle popolazioni nel mondo benestante combinato con l'incremento tumultuoso di centinaia di milioni di non abbienti; crescente scarsità di energia, cibo ed acqua; mutazioni climatiche che da sole potrebbero indurre più cambiamenti di tutti gli altri fattori combinati.
Ciò che verrà fuori dall'effettivo svilupparsi ed interagire delle traiettorie abbozzate nel Global Trends 2025 e ovviamente tutt'altro che chiaro. Focalizzando le gerarchie e le graduatorie di potenza degli stati è presumibile che gli Stati Uniti resteranno il soggetto pia forte della scena anche se il declino relativo già in atto da qualche anno dovrebbe confermarsi e forse aumentare a favore dei più diretti inseguitori, Cina e Russia. Il potere economico di Pechino, New Delhi e Mosca si dovrebbe tradurre in una accentuata caratterizzazione strategica delle rispettive politiche estere, anche se in altre parti del rapporto questo collegamento ed il forte sviluppo non sono dati per scontati.
Nel settore militare, il declino americano è già avvenuto in seguito al rafforzamento dei competitori strategici tradizionali e all'irruzione di modalità belliche innovative e non convenzionali (gestite sia da stati che da non-stati); tali aspetti interessano le tematiche della guerra asimmetrica, irregolare, cibernetica, internet-centrica, economica, informativa ed informatica, in gran parte mirate a disarticolare i gangli vitali delle società fortemente industrializzate e a far venir meno il consenso delle pubbliche opinioni, il vero sovrano delle società.
Il rapporto NIC resta piuttosto pessimistico sull'ipotesi che l'Unione Europea possa diventare un attore in grado di contribuire alla salvaguardia degli interessi occidentali nel mondo.
Lo stesso Council ipotizza che l'espansione economica in corso in Cina, India e Russia dovrebbe tradursi in una spiccata dimensione militare rispetto alla corrispondente americana in ripiegamento e a quel che resta di quella europea in crisi di marcata. timidezza. Non chiaro il modello al quale le 3 potenze potrebbero ispirarsi, se il "Marte" americano, la "Venere" europea, un mix tra i due o qualcos'altro di completamente originale, almeno per la Cina che costituisce la capofila della triade e brilla per condurre una suadente politica estera con mezzi diplomatici ed economici, senza muscolarismi militari.
Riguardo lo sviluppo economico, il documento NIC rileva che il trasferimento di ricchezza e di potere in atto del mondo è' senza precedenti nella storia moderna, specialmente per quanto concerne i volumi, la rapidità del processo e la sua univocità direzionale da occidente a oriente. Due le ragioni: innanzitutto l'esplosione dei prezzi energetici e delle
materie prime degli anni passati ha generato profitti enormi concentrati in poche mani, molto più autonome ed avvedute rispetto al passato; in secondo luogo, i bassi costi della manodopera asiatica si sono combinati con politiche governative finalizzate a trarre da essi il massimo delle opportunità, determinando il trasferimento generalizzato verso est di prodotti e servizi.
Tra i Bric, la Cina é destinata nei prossimi 20 anni ad avere il maggiore impatto sull'economia mondiale di qualsiasi altro paese.
L'india continuerà con tutta probabilità il suo sviluppo economico, dandosi da fare per tradurre le sue dimensioni in peso geopolitico non solo in Asia. I due colossi dovranno decidere la modulazione dei rispettivi ruoli e dei rapporti reciproci. Mosca ha il potenziale per diventare più ricca di quanto sia ora ma solo se riuscirà a investire in capitale umano (aspetti demografici compresi) e a diversificare la sua economia e a integrarla nel mercato globale.
Europa e Giappone sono trattati dal documento NIC con una certa condiscendenza, legati da un declino demografico, economico e geopolitico.
Cina e Russia ed in misura minore India non tendono a seguire il modello occidentale di crescita adottando una versione più o meno autoctona dei- capitalismo di stato, utilizzato da altri paesi come Corea del Sud, Taiwan e Singapore.
Proseguendo su altre aree del mondo, il record negativo continuerà ad essere attribuito all'Africa sub-sahariana, restando la zona pia vulnerabile al frazionismo economico, allo stress demografico, alla conflittualità interna e all'instabilità. politica, nonostante la nota ricchezza di materie prime. Tale prosperità finirà paradossalmente per incrementare i problemi in quanto i proventi continueranno con ogni probabilità a fluire in gran parte nelle tasche delle stesse "cupole" incompetenti e corrotte responsabili dei guai di oggi, aggravando la disparità dei redditi nei vari contesti sociali e diminuendo le prospettive di riforme democratiche e liberali.
Sull'America Latina previsioni complessivamente positive per i paesi più avanzati come Brasile, Cile e in misura minore Messico ed Argentina; l'America Latina resterà indietro rispetto all'Asia in termini di stabilità politica, statura strategica e competitività economica.
Le principali preoccupazioni dei governi e delle opinioni pubbliche continueranno a risiedere nella proliferazione delle armi di sterminio, nei conflitti e nel terrorismo.
La questione dei nucleare iraniano e dei persistente contenzioso tra India e Pakistan è presumibile che tra un quindicennio sia superata da altre. La conflittualità dovrebbe avere una valenza più pragmatica che ideologica: sfide della globalizzazione, mutamenti repentini alla aggregazione di interessi esistenti, competizione per le risorse .....
E' improbabile infine che il terrorismo per il 2025 scompaia, ma la sua capacità di attrazione potrebbe diminuire, soprattutto se lo sviluppo economico delle aree a maggiore rischio di proselitismo proseguirà e la disoccupazione giovanile si ridurrà. Gli attentati del futuro potrebbero essere più rari ma nel contempo maggiormente esiziali: necessario non abbassare mai la guardia.
In conclusione, la globalizzazione — di per sé un fenomeno vitale e foriero di prosperità ed in prospettiva di allentamento delle tensioni — mette in contatto mondi, culture e bisogni e continuerà inarrestabile il suo cammino.
L'emergere di una società globalizzata
Di Giorgio Gasperoni
Siamo entrati da poco nel 21° secolo, e già tante cose sono cambiate rispetto al secolo scorso. Per la nostra cultura odierna l'immagine, il momento, è tutto. I contesti storici vengono normalmente ignorati.
Ciononostante, come spesso si usa dire, è necessario ripercorrere il passato per poter capire il presente e comprendere quali saranno i percorsi possibili per ciò che avverrà nel prossimo futuro.
Ci sono Istituti prestigiosi di ricerca strategica e geopolitica che analizzano le tendenze e i possibili sviluppi della nostra società sempre più globalizzata. In questo numero pubblichiamo un articolo di Carlo Alberto Tabacchi che analizza i possibili scenari fino al 2025 elaborati dal think tank statunitense, National Intelligence Council (NIC).
Queste proiezioni in avanti, comunque, ci daranno la possibilità di fare anche delle analisi retrospettive e riconsiderare la storia, per prendere nota di dove siamo e come siamo arrivati fin qui. Nei prossimi numeri cercheremo di esaminare i più significativi sviluppi dei secoli scorsi per poter capire meglio il mondo odierno.
E' importante fare questo perché, fin tanto che questa società globalizzata farà fatica ad emergere, tutti noi dobbiamo confrontarci con ostacoli e sfide.
Confrontarci con queste sfide con qualche possibilità di successo, non avverrà senza cogliere il senso e il contesto da dove esse sono emerse.
La fine della guerra fredda ha portato con sé il crollo del sistema bipolare globale che essa stessa aveva generato. Un sistema multipolare ha preso il suo posto, portando in primo piano una serie di conflitti etnici e regionali molto fastidiosi. La maggior parte di questi conflitti sono basati su dispute storiche che, a volte, vanno molto indietro nei secoli: il conflitto Israelo/Palestinese; conflitto fra Mussulmani e Indù in India; conflitto fra Protestanti e Cattolici in Irlanda del Nord; conflitto tra Croati, Bosniaci, Serbi e Albanesi nell'ex Yugoslavia, sono solo alcuni esempi. Anche se la comprensione di questi fatti da sola non è sufficiente a risolvere questi conflitti, non è nemmeno possibile identificare delle soluzioni senza comprenderli.
Una storia di conflitti e cambiamenti
La storia del millennio appena trascorso è stata segnata con una serie innumerevole di conflitti, ma l'aspetto più rimarchevole è stato il livello di cambiamento che ha avuto luogo ad un'andatura così veloce in quest'ultimo brevissimo periodo della fine del Millennio.
Se una persona istruita appartenente a qualsiasi cultura dell'anno mille avesse avuto una visione del mondo attuale, avrebbe potuto dire semplicemente: "noi non possiamo arrivare lì da qui". Troppo di quello che noi diamo per assodato sarebbe stato al di fuori della sua seppur grandissima immaginazione, al di là della sua comprensione.
Già da questo numero trattiamo argomenti storici, filosofici, culturali e geopolitici. Continueremo con dei flash back a ritornare nel millennio precedente e nello stesso tempo ritornare ed esaminare il momento attuale.
Siamo entrati da poco nel 21° secolo, e già tante cose sono cambiate rispetto al secolo scorso. Per la nostra cultura odierna l'immagine, il momento, è tutto. I contesti storici vengono normalmente ignorati.
Ciononostante, come spesso si usa dire, è necessario ripercorrere il passato per poter capire il presente e comprendere quali saranno i percorsi possibili per ciò che avverrà nel prossimo futuro.
Ci sono Istituti prestigiosi di ricerca strategica e geopolitica che analizzano le tendenze e i possibili sviluppi della nostra società sempre più globalizzata. In questo numero pubblichiamo un articolo di Carlo Alberto Tabacchi che analizza i possibili scenari fino al 2025 elaborati dal think tank statunitense, National Intelligence Council (NIC).
Queste proiezioni in avanti, comunque, ci daranno la possibilità di fare anche delle analisi retrospettive e riconsiderare la storia, per prendere nota di dove siamo e come siamo arrivati fin qui. Nei prossimi numeri cercheremo di esaminare i più significativi sviluppi dei secoli scorsi per poter capire meglio il mondo odierno.
E' importante fare questo perché, fin tanto che questa società globalizzata farà fatica ad emergere, tutti noi dobbiamo confrontarci con ostacoli e sfide.
Confrontarci con queste sfide con qualche possibilità di successo, non avverrà senza cogliere il senso e il contesto da dove esse sono emerse.
La fine della guerra fredda ha portato con sé il crollo del sistema bipolare globale che essa stessa aveva generato. Un sistema multipolare ha preso il suo posto, portando in primo piano una serie di conflitti etnici e regionali molto fastidiosi. La maggior parte di questi conflitti sono basati su dispute storiche che, a volte, vanno molto indietro nei secoli: il conflitto Israelo/Palestinese; conflitto fra Mussulmani e Indù in India; conflitto fra Protestanti e Cattolici in Irlanda del Nord; conflitto tra Croati, Bosniaci, Serbi e Albanesi nell'ex Yugoslavia, sono solo alcuni esempi. Anche se la comprensione di questi fatti da sola non è sufficiente a risolvere questi conflitti, non è nemmeno possibile identificare delle soluzioni senza comprenderli.
Una storia di conflitti e cambiamenti
La storia del millennio appena trascorso è stata segnata con una serie innumerevole di conflitti, ma l'aspetto più rimarchevole è stato il livello di cambiamento che ha avuto luogo ad un'andatura così veloce in quest'ultimo brevissimo periodo della fine del Millennio.
Se una persona istruita appartenente a qualsiasi cultura dell'anno mille avesse avuto una visione del mondo attuale, avrebbe potuto dire semplicemente: "noi non possiamo arrivare lì da qui". Troppo di quello che noi diamo per assodato sarebbe stato al di fuori della sua seppur grandissima immaginazione, al di là della sua comprensione.
Già da questo numero trattiamo argomenti storici, filosofici, culturali e geopolitici. Continueremo con dei flash back a ritornare nel millennio precedente e nello stesso tempo ritornare ed esaminare il momento attuale.
Gentile Signor Presidente del Consiglio dei Ministri: per la malattia mentale occorre una vera politica e “non disinteresse”!
Il Presidente dell'associazione "Cristiani per Servire", Franco Previte, ci ha inviato una lettera aperta indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, Silvio Berlusconi. Abbiamo acconsentito di aderire alla richiesta del Dott. Previte.
Nell’indicare in “una vera politica” una maggiore valutazione verso la malattia mentale, un vero ed autentico flagello sociale, il mondo cattolico e della sofferenza ancora una volta ha avuto una profonda delusione per la mancata possibilità di realizzazione di quei provvedimenti legislativi concreti ed attuabili che tutelino il diritto e la dignità dei sofferenti patologie mentali.
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, abbiamo conosciuto una amara realtà, nell’apprendere che nei 5 Punti Programmatici esposti, il 29 settembre 2010, in Parlamento e né in futuro per tutto quanto avvolge questa grave “problematica”, non vi sarà quella riforma dell’assistenza psichiatrica attesa da ben 32 anni dai sofferenti, dalle famiglie e dalla gente per la propria sicurezza.
Pur ritenendo giusti quei nodi sociali caldi e lineari espressi nei 5 Punti Programmatici, non condividiamo l’esclusione, ripeto, di quella invocata legge-quadro, ripeto, inerente il disagio psichico da tempo auspicata e per la quale eravamo molto fiduciosi.
Le nostre aspirazioni, i nostri sforzi, i n/s umili “suggerimenti”, condensati in tante Petizioni al Parlamento ed al Governo tendenti ed intesi alla soluzione di questa “problematica”, malgrado siano passati moltissimi anni dalla chiusura dei “manicomi”, questo “ciclone sociale”, questo “bubbone”, questa “patata bollente” non viene risolta malgrado i vari Governi che si sono succeduti a Palazzo Chigi, compreso il Suo Signor Presidente del Consiglio dei Ministri.
Mah! a tutt’oggi, non abbiamo riscontrato alcun “movimento” d’iniziativa governativa sulla “materia”, né prevediamo, ripeto, una concreta realizzazione futura, malgrado la notizia del 28 settembre 2010, che un figlio, sofferente psichico, ha ucciso a bastonate i propri genitori.
Ricordo, in passato, che l’azione rivolta a rendere propositivi gli “interventi” dell’epoca, per quella parte riguardante la malattia mentale, (che non ebbe alcun approfondimento), fu la stesura del “Programma di Azione del Governo per le politiche dell’handicap 2000-2003 del 28 luglio 2000”, approvato dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora Ministro della Solidarietà Sociale On. Livia Turco (così come si rileva dal Testo dellaPresidenza Consiglio dei Ministri- Dipartimento Affari Sociali).
Lo stesso risultato si è riscontrato con l’attuale Suo Governo!: totale disinteresse!
Intanto incombe e grava sempre il pericolo nella n/s società.
Secondo la teoria di Areteo di Cappadocia, medico greco al tempo di Nerone dopo Ippocrate fu il migliore conoscitore di malati, quasi 2000 anni or sono evidenziò il fatto che la malattia mentale “esplodeva”:- nei mesi primaverili ed estivi come quelli più propensi per l’instaurarsi della sintomatologia maniacale; - nei mesi invernali quelli in cui è facile vedere insorgere la sintomatologia depressiva.
Oh! quanto sono valide le previsioni degli “antichi”, che ancora oggi, purtroppo, si avverano!
Un’autentica “lezione”, una prevedibile “attenzione”, un chiaro “monito” che la nostra società, soprattutto le n/s Istituzioni dovrebbero tenere nella massima considerazione.
A distanza di tempo e malgrado, ripeto, avvenimenti e “tragedie familiari” quasi quotidiane, ancora una volta dobbiamo constatare che la politica non vuole integrare i sofferenti problemi psichici nei privilegi della società, né iniziare un processo di rinnovamento.
Solo litigi, disinteresse, sconnessa e dissociata politica.
Si dimentica, non a caso, che in questa ottica fino oggi i “malati” sono stati ignorati, non considerando le oggettive difficoltà incontrate dagli stessi e dalle famiglie ingannate ed illuse da qualche pseudo promessa elettorale, di qualche coalizione politica, di trasformazione di questa “problematica”. Purtroppo nessun vantaggio è pervenuto per questi sofferenti, per le loro famiglie ed a garanzia della sicurezza dei cittadini.
E poi si dice che la politica, sopratutto i politicanti difendono la famiglia( ma quale famiglia) ed il bene dell’Italia ( non certo quella delle oneste persone!!!).
Non mi stanco di ritenere che lo scandalo dei “manicomi” prima e la carenza di pianificazione e programmazione della salute mentale dopo, costituiscono la vergogna del secolo scorso e la pacifica continuazione in questo “duemila”.
Quanti sono responsabili della salute pubblica devono trovare e dare un urgente aiuto a questi malati (circa 10 milioni di sofferenti), dei quali tanti si trovano per le strade delle n/s città e tantissimi nelle loro famiglie dove non possono ricevere l’aiuto legislativo- sociale- economico e di quei strumenti efficaci per difendere l’elementare diritto all’accesso alle cure e all’equità nella salute, nel pieno rispetto della loro integrità e dignità.
Malgrado le “buone intenzioni ed i sagaci suggerimenti”, come al solito, ripeto, finisce il tutto con quelle belle illusorie parole della politica, trionfo dell’ipocrisia, senza passare a leggi appropriate da dove possono scaturire vere e valide soluzioni.
Altrimenti, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, sarebbe come cospargere di miele l’orlo del calice delle parole per trovare in fondo l’amaro della delusione.!
A noi poveri mortali (non facciamo politica dì alcun genere!) resta solo sperare che il modus vivendi in atto della politica, (che oggi “dice” e domani il “contrario” di quello che ha detto ) , comporti e susciti l’interesse di qualche Istituzione su una situazione paradossale, nel contempo ridicola ed offensiva, che costituisce una lesione allo spirito di solidarietà e di altruismo della pubblica opinione.
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri: la famiglia italiana è turbata, indignata, preoccupata e non può che esprimere la sua protesta, il suo dissenso e rammarico per come e con quale disinteresse non vengono risolti tali problemi sopra esposti e di enorme rilevanza che investono e coinvolgono la serenità della famiglia stessa e per la sicurezza dei cittadini.
Nell’indicare in “una vera politica” una maggiore valutazione verso la malattia mentale, un vero ed autentico flagello sociale, il mondo cattolico e della sofferenza ancora una volta ha avuto una profonda delusione per la mancata possibilità di realizzazione di quei provvedimenti legislativi concreti ed attuabili che tutelino il diritto e la dignità dei sofferenti patologie mentali.
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, abbiamo conosciuto una amara realtà, nell’apprendere che nei 5 Punti Programmatici esposti, il 29 settembre 2010, in Parlamento e né in futuro per tutto quanto avvolge questa grave “problematica”, non vi sarà quella riforma dell’assistenza psichiatrica attesa da ben 32 anni dai sofferenti, dalle famiglie e dalla gente per la propria sicurezza.
Pur ritenendo giusti quei nodi sociali caldi e lineari espressi nei 5 Punti Programmatici, non condividiamo l’esclusione, ripeto, di quella invocata legge-quadro, ripeto, inerente il disagio psichico da tempo auspicata e per la quale eravamo molto fiduciosi.
Le nostre aspirazioni, i nostri sforzi, i n/s umili “suggerimenti”, condensati in tante Petizioni al Parlamento ed al Governo tendenti ed intesi alla soluzione di questa “problematica”, malgrado siano passati moltissimi anni dalla chiusura dei “manicomi”, questo “ciclone sociale”, questo “bubbone”, questa “patata bollente” non viene risolta malgrado i vari Governi che si sono succeduti a Palazzo Chigi, compreso il Suo Signor Presidente del Consiglio dei Ministri.
Mah! a tutt’oggi, non abbiamo riscontrato alcun “movimento” d’iniziativa governativa sulla “materia”, né prevediamo, ripeto, una concreta realizzazione futura, malgrado la notizia del 28 settembre 2010, che un figlio, sofferente psichico, ha ucciso a bastonate i propri genitori.
Ricordo, in passato, che l’azione rivolta a rendere propositivi gli “interventi” dell’epoca, per quella parte riguardante la malattia mentale, (che non ebbe alcun approfondimento), fu la stesura del “Programma di Azione del Governo per le politiche dell’handicap 2000-2003 del 28 luglio 2000”, approvato dal Consiglio dei Ministri su proposta dell’allora Ministro della Solidarietà Sociale On. Livia Turco (così come si rileva dal Testo dellaPresidenza Consiglio dei Ministri- Dipartimento Affari Sociali).
Lo stesso risultato si è riscontrato con l’attuale Suo Governo!: totale disinteresse!
Intanto incombe e grava sempre il pericolo nella n/s società.
Secondo la teoria di Areteo di Cappadocia, medico greco al tempo di Nerone dopo Ippocrate fu il migliore conoscitore di malati, quasi 2000 anni or sono evidenziò il fatto che la malattia mentale “esplodeva”:- nei mesi primaverili ed estivi come quelli più propensi per l’instaurarsi della sintomatologia maniacale; - nei mesi invernali quelli in cui è facile vedere insorgere la sintomatologia depressiva.
Oh! quanto sono valide le previsioni degli “antichi”, che ancora oggi, purtroppo, si avverano!
Un’autentica “lezione”, una prevedibile “attenzione”, un chiaro “monito” che la nostra società, soprattutto le n/s Istituzioni dovrebbero tenere nella massima considerazione.
A distanza di tempo e malgrado, ripeto, avvenimenti e “tragedie familiari” quasi quotidiane, ancora una volta dobbiamo constatare che la politica non vuole integrare i sofferenti problemi psichici nei privilegi della società, né iniziare un processo di rinnovamento.
Solo litigi, disinteresse, sconnessa e dissociata politica.
Si dimentica, non a caso, che in questa ottica fino oggi i “malati” sono stati ignorati, non considerando le oggettive difficoltà incontrate dagli stessi e dalle famiglie ingannate ed illuse da qualche pseudo promessa elettorale, di qualche coalizione politica, di trasformazione di questa “problematica”. Purtroppo nessun vantaggio è pervenuto per questi sofferenti, per le loro famiglie ed a garanzia della sicurezza dei cittadini.
E poi si dice che la politica, sopratutto i politicanti difendono la famiglia( ma quale famiglia) ed il bene dell’Italia ( non certo quella delle oneste persone!!!).
Non mi stanco di ritenere che lo scandalo dei “manicomi” prima e la carenza di pianificazione e programmazione della salute mentale dopo, costituiscono la vergogna del secolo scorso e la pacifica continuazione in questo “duemila”.
Quanti sono responsabili della salute pubblica devono trovare e dare un urgente aiuto a questi malati (circa 10 milioni di sofferenti), dei quali tanti si trovano per le strade delle n/s città e tantissimi nelle loro famiglie dove non possono ricevere l’aiuto legislativo- sociale- economico e di quei strumenti efficaci per difendere l’elementare diritto all’accesso alle cure e all’equità nella salute, nel pieno rispetto della loro integrità e dignità.
Malgrado le “buone intenzioni ed i sagaci suggerimenti”, come al solito, ripeto, finisce il tutto con quelle belle illusorie parole della politica, trionfo dell’ipocrisia, senza passare a leggi appropriate da dove possono scaturire vere e valide soluzioni.
Altrimenti, Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, sarebbe come cospargere di miele l’orlo del calice delle parole per trovare in fondo l’amaro della delusione.!
A noi poveri mortali (non facciamo politica dì alcun genere!) resta solo sperare che il modus vivendi in atto della politica, (che oggi “dice” e domani il “contrario” di quello che ha detto ) , comporti e susciti l’interesse di qualche Istituzione su una situazione paradossale, nel contempo ridicola ed offensiva, che costituisce una lesione allo spirito di solidarietà e di altruismo della pubblica opinione.
Signor Presidente del Consiglio dei Ministri: la famiglia italiana è turbata, indignata, preoccupata e non può che esprimere la sua protesta, il suo dissenso e rammarico per come e con quale disinteresse non vengono risolti tali problemi sopra esposti e di enorme rilevanza che investono e coinvolgono la serenità della famiglia stessa e per la sicurezza dei cittadini.
"A Milioni di persone anziane sono negati i loro diritti" Responsabile Diritti Umani dell’ ONU
Dichiarazione dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, in occasione della Giornata Internazionale delle Persone Anziane (1 ottobre 2010)
GINEVRA - L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha sottolineato Venerdì che "milioni di anziani in tutto il mondo hanno di fronte una disparità di trattamento o di negazione riguardo i loro diritti umani, in particolare in relazione al loro diritto alla sicurezza personale, alla salute, alla sicurezza sociale e ad un adeguato standard di vita".
"Dobbiamo tutti accettare l'inevitabilità dell’ invecchiamento", ha detto Pillay al 20 ° anniversario della Giornata Internazionale delle Persone Anziane. "Quello che non dobbiamo accettare è che la vecchiaia porta con sé minore accesso e piacere verso l'intera gamma dei diritti umani".
Negli ultimi due decenni, il profilo della popolazione mondiale è cambiato molto di più rispetto qualsiasi altro momento della storia. Una persona su dieci ormai ha 60 anni o più. Entro il 2050, tale cifra aumenterà a uno su cinque.
Il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite ha detto "Questo radicale cambiamento demografico ha colto alla sprovvista molti politici. Non molto tempo fa, la questione dell'anzianità era considerata una questione importante solo per una manciata di paesi, ma le statistiche mostrano che ora ogni paese ne è interessato/coinvolto".
"Come risultato della loro invisibilità e mancanza di accesso ai processi decisionali, i diritti umani delle persone anziane sono spesso trascurati. Molte persone anziane sono inattive e abbandonate, molte altre affrontano violenze e abusi da parte dei parenti o delle badanti che nelle sue forme più crudeli può arrivare a tortura", ha detto l'Alto Commissario. "Le donne anziane sono tra le più vulnerabili, alcune di loro senza fissa dimora o senza diritto di ereditare dalle loro famiglie, dai mariti o dai figli."
Pillay ha detto "La comunità dei diritti umani è stata lenta nel comprendere che l'ordine del giorno a livello globale e gli sforzi di appoggio a livello nazionale non possono più ignorare i diritti degli anziani”.
"La non discriminazione è fondamentale per l'agenda dei diritti umani; tuttavia, la vecchiaia deve ancora assumere un posto di rilievo come uno dei motivi di discriminazione a livello legislativo e politico. Misure positive sono necessarie per sradicare la discriminazione e l'emarginazione degli anziani e per garantire l'accesso ai servizi in base alle loro esigenze".
L'Alto Commissario ha sottolineato che "mentre noi abbiamo meno chiarezza sulla discriminazione relativa all'età, sappiamo che i vigenti strumenti di diritti umani, come i due Patti sui diritti economici, sociali e culturali, e sui diritti civili e politici, possono e devono essere utilizzati come strumenti per individuare le misure necessarie e i diritti, nonché per progettare i cambiamenti politici fondamentali indispensabili per accogliere questo cambiamento nella demografia globale".
Osservando che i due terzi delle persone anziane del mondo vivono in paesi a basso e medio reddito, Pillay ha invitato i governi ad introdurre programmi/schemi di pensione sociale per gli anziani e di adottare misure adeguate in settori come la casa, la sanità, i trasporti, l’accesso all'acqua e alla sicurezza personale per assicurare che loro non vengano discriminati o lasciati non protetti e che godano di uno standard di vita adeguato.
Nel suo messaggio, l'Alto Commissario ha inoltre incoraggiato le organizzazioni della società civile ad ampliare la portata del loro lavoro e diventare più attive sui diritti delle persone anziane. "Ognuno di noi deve prepararsi per la vecchiaia", ha detto.
Il responsabile delle Nazioni Unite dei diritti umani ha aggiunto che gli anziani sono persone attive per la società e che possono contribuire notevolmente al processo di sviluppo se viene data loro l'occasione. "In quanto tali, hanno bisogno di essere potenziati e che la loro partecipazione venga garantita", ha detto.
GINEVRA - L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Navi Pillay, ha sottolineato Venerdì che "milioni di anziani in tutto il mondo hanno di fronte una disparità di trattamento o di negazione riguardo i loro diritti umani, in particolare in relazione al loro diritto alla sicurezza personale, alla salute, alla sicurezza sociale e ad un adeguato standard di vita".
"Dobbiamo tutti accettare l'inevitabilità dell’ invecchiamento", ha detto Pillay al 20 ° anniversario della Giornata Internazionale delle Persone Anziane. "Quello che non dobbiamo accettare è che la vecchiaia porta con sé minore accesso e piacere verso l'intera gamma dei diritti umani".
Negli ultimi due decenni, il profilo della popolazione mondiale è cambiato molto di più rispetto qualsiasi altro momento della storia. Una persona su dieci ormai ha 60 anni o più. Entro il 2050, tale cifra aumenterà a uno su cinque.
Il responsabile dei diritti umani delle Nazioni Unite ha detto "Questo radicale cambiamento demografico ha colto alla sprovvista molti politici. Non molto tempo fa, la questione dell'anzianità era considerata una questione importante solo per una manciata di paesi, ma le statistiche mostrano che ora ogni paese ne è interessato/coinvolto".
"Come risultato della loro invisibilità e mancanza di accesso ai processi decisionali, i diritti umani delle persone anziane sono spesso trascurati. Molte persone anziane sono inattive e abbandonate, molte altre affrontano violenze e abusi da parte dei parenti o delle badanti che nelle sue forme più crudeli può arrivare a tortura", ha detto l'Alto Commissario. "Le donne anziane sono tra le più vulnerabili, alcune di loro senza fissa dimora o senza diritto di ereditare dalle loro famiglie, dai mariti o dai figli."
Pillay ha detto "La comunità dei diritti umani è stata lenta nel comprendere che l'ordine del giorno a livello globale e gli sforzi di appoggio a livello nazionale non possono più ignorare i diritti degli anziani”.
"La non discriminazione è fondamentale per l'agenda dei diritti umani; tuttavia, la vecchiaia deve ancora assumere un posto di rilievo come uno dei motivi di discriminazione a livello legislativo e politico. Misure positive sono necessarie per sradicare la discriminazione e l'emarginazione degli anziani e per garantire l'accesso ai servizi in base alle loro esigenze".
L'Alto Commissario ha sottolineato che "mentre noi abbiamo meno chiarezza sulla discriminazione relativa all'età, sappiamo che i vigenti strumenti di diritti umani, come i due Patti sui diritti economici, sociali e culturali, e sui diritti civili e politici, possono e devono essere utilizzati come strumenti per individuare le misure necessarie e i diritti, nonché per progettare i cambiamenti politici fondamentali indispensabili per accogliere questo cambiamento nella demografia globale".
Osservando che i due terzi delle persone anziane del mondo vivono in paesi a basso e medio reddito, Pillay ha invitato i governi ad introdurre programmi/schemi di pensione sociale per gli anziani e di adottare misure adeguate in settori come la casa, la sanità, i trasporti, l’accesso all'acqua e alla sicurezza personale per assicurare che loro non vengano discriminati o lasciati non protetti e che godano di uno standard di vita adeguato.
Nel suo messaggio, l'Alto Commissario ha inoltre incoraggiato le organizzazioni della società civile ad ampliare la portata del loro lavoro e diventare più attive sui diritti delle persone anziane. "Ognuno di noi deve prepararsi per la vecchiaia", ha detto.
Il responsabile delle Nazioni Unite dei diritti umani ha aggiunto che gli anziani sono persone attive per la società e che possono contribuire notevolmente al processo di sviluppo se viene data loro l'occasione. "In quanto tali, hanno bisogno di essere potenziati e che la loro partecipazione venga garantita", ha detto.
Diritti Umani e la Dignità della Donna
Il 25 di Settembre 2010 si è tenuta la 18a Assemblea Nazionale della Federazione delle Donne per la Pace nel Mondo degli Stati Uniti d'America, nello storico Manhattan Center di New York. 350 partecipanti da tutta la nazione e diverse rappresentanti internazionali erano presenti al Manhattan Center. Il Convegno aveva come obiettivo di mettere in rilievo i bisogni delle donne nelle varie aree della società. Si è potuto constatare che il lavoro d'insieme può creare quel cambiamento nelle varie aree dove le donne sono preparate a prendere una posizione di responsabilità.
Il Rev. Angelika Selle, nominata in Aprile nuovo presidente della Federazione delle Donne Statunitense ha aperto la Convention, con un saluto alla fondatrice, Dott.ssa Hak Ja Han Moon, poi ha ricordato i tre obiettivi principali dell'Organizzazione: 1) rafforzare la famiglia come fondazione per una pace duratura 2) lo sviluppo di progetti di servizio internazionale per incoraggiare a vivere in maniera altruista 3) sperimentare la pace aderendo ai progetti di riconciliazione della Federazione tramite i gemellaggi di pace.
La rappresentante al Congresso, Yvette Clarke (Democratica, di Brooklyn), ha chiesto nella conferenza di Manhattan alle donne di usare la loro influenza per promuovere la salvaguardia della riproduttività delle donne in tutto il mondo. La Clarke ha affermato che non è ammissibile che donne perdano la vita nel dare la vita, ma la buona notizia è che le morti legate alle gravidanze possono essere evitate con dei buoni metodi di prevenzione.
La Clarke ha affermato che le donne devono promuovere la salute delle donne come non mai, Negli Stati Uniti recentemente si sono fatti molti progressi su questo versante, rispetto all'amministrazione precedente, ma c'è ancora molto da fare. Ha aggiunto che è anche per questo che l'apporto della Federazione delle Donne gioca un ruolo così cruciale per le donne in tutto il mondo. E' importante che donne leaders come coloro qui riunite possano usare la propria influenza nel mondo.
Il relatore principale della serata è stata il Rev, In Jin Moon, fondatrice del movimento religioso Lovin' Life Ministry, iniziativa promossa dalla Chiesa dell'Unificazione. Il Rev. In Jin Moon ha chiesto a tutte le presenti di diventare le "agenti del cambiamento" nel guidare la prossima generazione a diventare la generazione della pace. Lei ha chiesto alle presenti di essere coloro che possono nutrire i propri figli ad avere la fiducia di poter realizzare questo sogno.
Altri relatori importanti presenti erano la ex first Lady dell'Uruguay, Graciela de Romani de Pacheko e Patricia Lalonde, manager dell'ONG francese: Mobilization of Elected Women in Afghanistan, e diverse altre relatrici responsabili di importanti ONG internazionali.
Il Rev. Angelika Selle, nominata in Aprile nuovo presidente della Federazione delle Donne Statunitense ha aperto la Convention, con un saluto alla fondatrice, Dott.ssa Hak Ja Han Moon, poi ha ricordato i tre obiettivi principali dell'Organizzazione: 1) rafforzare la famiglia come fondazione per una pace duratura 2) lo sviluppo di progetti di servizio internazionale per incoraggiare a vivere in maniera altruista 3) sperimentare la pace aderendo ai progetti di riconciliazione della Federazione tramite i gemellaggi di pace.
La rappresentante al Congresso, Yvette Clarke (Democratica, di Brooklyn), ha chiesto nella conferenza di Manhattan alle donne di usare la loro influenza per promuovere la salvaguardia della riproduttività delle donne in tutto il mondo. La Clarke ha affermato che non è ammissibile che donne perdano la vita nel dare la vita, ma la buona notizia è che le morti legate alle gravidanze possono essere evitate con dei buoni metodi di prevenzione.
La Clarke ha affermato che le donne devono promuovere la salute delle donne come non mai, Negli Stati Uniti recentemente si sono fatti molti progressi su questo versante, rispetto all'amministrazione precedente, ma c'è ancora molto da fare. Ha aggiunto che è anche per questo che l'apporto della Federazione delle Donne gioca un ruolo così cruciale per le donne in tutto il mondo. E' importante che donne leaders come coloro qui riunite possano usare la propria influenza nel mondo.
Il relatore principale della serata è stata il Rev, In Jin Moon, fondatrice del movimento religioso Lovin' Life Ministry, iniziativa promossa dalla Chiesa dell'Unificazione. Il Rev. In Jin Moon ha chiesto a tutte le presenti di diventare le "agenti del cambiamento" nel guidare la prossima generazione a diventare la generazione della pace. Lei ha chiesto alle presenti di essere coloro che possono nutrire i propri figli ad avere la fiducia di poter realizzare questo sogno.
Altri relatori importanti presenti erano la ex first Lady dell'Uruguay, Graciela de Romani de Pacheko e Patricia Lalonde, manager dell'ONG francese: Mobilization of Elected Women in Afghanistan, e diverse altre relatrici responsabili di importanti ONG internazionali.
Il Premio Nobel per la Pace assegnato ad un dissidente cinese rinchiuso nelle prigioni cinesi
Pechino — Liu Xiaobo, un veemente accademico, critico del regime cinese, uno scrittore di saggi politici che rivendica la democrazia e che per i suoi scritti è stato messo ripetutamente in prigione, ha vinto il Premio Nobel per la Pace 2010, riconoscendogli, così, la sua lunga lotta non violenta per i fondamentali Diritti Umani in Cina.
Il Signor Liu, 54 anni, probabilmente il più conosciuto dissidente cinese, sta al momento scontando una pena di 11 anni di detenzione per aver scritto con altri il Manifesto 2008 che chiedeva la libertà di parola ed elezioni multipartitiche.
Il Signor Liu è il primo cittadino cinese ed uno dei tre laureati ad avere ricevuto questo premio mentre era in carcere.
Il premio che consiste in 1,5 milioni di dollari sarà presentato ad Oslo il 10 Dicembre.
Proposta per un Consiglio Interreligioso alle Nazioni Unite
Visione alla Fondazione
Il fondatore della Federazione per la Pace Universale, Rev. Sun Myung Moon, parla delle Nazioni Unite come di un’organizzazione che incorpora l’aspirazione dell’umanità per la pace. La sua importanza supera quella delle istituzioni religiose, dei governi nazionali, o anche altre organizzazioni internazionali. Lui specialmente sottolinea il potenziale delle Nazioni Unite per la liberazione dalla povertà delle nazioni sottosviluppate ed incoraggia lo sviluppo delle nuove nazioni democratiche. Crede, inoltre, che ci sia bisogno dell’elemento religioso e spirituale come forza trainante e direttrice per le riforme umanitarie, così come la mente funziona in armonia con il corpo.
L’impegno delle Nazioni Unite per stabilire la pace spesso incontra una grande resistenza a causa del fatto che ogni nazione ricerca innanzitutto di soddisfare i propri interessi. I sistemi politici attuali sono formati principalmente secondo logiche egocentriche. La soluzione che il Rev. Moon propone è di combinare le proposte degli statisti con la saggezza delle tradizioni delle fedi del mondo e con i principi della pratica spirituale, allo scopo di raggiungere l’ideale del buon governo.
Sappiamo che uno degli ostacoli sono i conflitti, radicati profondamente, tra importanti tradizioni religiose che a volte portano alla guerra, piuttosto che alla pace ed all’amore per cui furono fondate. La preoccupazione per la esclusiva salvezza individuale e l’eccessiva auto protezione delle organizzazioni religiose impediscono di operare insieme. Per questo il Rev. Moon ha proposto di stabilire un’assemblea interreligiosa o un consiglio di rappresentanti religiosi all’interno della struttura delle Nazioni Unite
Dichiarazione del Dr. Sun Myung Moon
Nel suo discorso d’inaugurazione della Federazione Universale per la Pace del 12 settembre 2005, il Rev. Sun Myung Moon ha proposto un rinnovamento delle Nazioni Unite. Durante il 60° anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, tanti leaders hanno risposto alla sua chiamata. Il Rev. Moon aveva già proposto la creazione di un organismo interreligioso, durante il suo discorso alle Nazioni Unite il 18 agosto 2000. I brani seguenti sono tratti da quel discorso.
I conflitti sorgono per diversi motivi, ma uno dei fattori principali è la disarmonia profondamente radicata che esiste tra le religioni mondiali. Perciò, quando testimoniamo delle tante tragedie globali che capitano intorno a noi, dobbiamo riconoscere quanto sia importante che le religioni si riuniscano insieme, dialoghino l’una con l’altra ed imparino a collaborare.
Nell’era moderna, nella maggior parte delle nazioni, gli ideali religiosi sono completamente separati dai centri di potere politico secolare e tutti, o quasi, accettano questa situazione. Credo, tuttavia, che sia giunto il tempo in cui, le organizzazioni internazionali, il cui scopo è quello di sostenere l’ideale di un mondo di pace, riconsiderino la loro relazione con le grandi tradizioni religiose del mondo.
A questo riguardo, le Nazioni Unite, più di ogni altra organizzazione internazionale, possono stabilire un modello ed aprire la strada. Il mondo ha grandi aspettative nei confronti dell’ONU, in quanto organizzazione che incorpora le aspirazioni dell’umanità per la pace. In esse, i rappresentanti di tutte le nazioni lavorano in concerto per promuovere la pace e la prosperità umana.
Naturalmente, l’impegno per stabilire la pace, intrapreso da queste rappresentanze nazionali, spesso incontrano una resistenza ostinata. Quindi, anche se a volte i risultati ottenuti sono stati significativi, c’è tanto spazio per miglioramenti. Credo che ci sia oggi un bisogno urgente di incoraggiare il rispetto reciproco ed aumentare la cooperazione tra i leaders religiosi e quelli politici del mondo.
Nelle loro radici, i problemi umani non sono interamente sociali o politici; così un approccio sociale e politico sarà sempre di efficacia limitata. Nonostante le autorità secolari governino la maggior parte delle società umane, la religione giace al cuore della maggior parte delle identità nazionali e culturali. In realtà, la fede e la devozione religiosa hanno un’importanza maggiore nel cuore delle persone, rispetto alla lealtà politica.
E’ giunto il tempo in cui le religioni rinnovino se stesse e conducano una vera leadership nel mondo. Le persone di fede devono sentire la responsabilità delle sofferenze e delle ingiustizie vissute dalla gente. Le persone religiose non sono state dei buoni esempi nella pratica del vero amore e nel vivere per il bene degli altri e, per questo motivo, devono impegnarsi in una profonda riflessione personale. Dovrebbero pentirsi per la loro esclusiva preoccupazione per la salvezza personale e per i ristretti interessi di parte. Gli organismi religiosi non sono stati in grado di donare se stessi in modo pieno alla causa della salvezza mondiale. La nostra era, più di ogni altra, richiede che andiamo oltre gli interessi delle nostre particolari religioni, allo scopo di mettere in pratica un amore più universale e l’ideale del bene comune.
In Particolare, Dio ci chiama oggi, nella speranza che ci ergiamo contro le ingiustizie del mondo, allo scopo di esprimere pienamente il Suo amore per l’umanità, sia in parole che in azioni, instaurando così la pace.
La vera pace può essere pienamente realizzata solo quando la saggezza e l’impegno dei leaders delle religioni mondiali, che rappresentano le preoccupazioni interiori della mente e della coscienza, lavorano in cooperazione e rispetto con i leaders politici, che hanno saggezza pratica ed esperienze riguardo la realtà esteriore o “corpo”.
La struttura esistente delle Nazioni Unite, è composta attualmente di rappresentanti che curano principalmente gli interessi dei loro rispettivi paesi. Tuttavia, sottopongo alla vostra considerazione, la formazione di un consiglio di rappresentanti religiosi che si affianchi all’assemblea. Questo consiglio consisterà di rispettabili leaders spirituali. Naturalmente, i membri di questo consiglio interreligioso, devono dimostrare la capacità di trascendere interessi limitati, per preoccuparsi dell’intero mondo e di tutta l’umanità.
Queste due camere, lavorando insieme, saranno in grado di promuovere il mondo di pace che tutti desiderano. La saggezza e la visione dei grandi leaders religiosi completeranno sostanzialmente la visione, l’esperienza e l’abilità dei leaders politici mondiali.
Insieme ridaranno speranza ai cittadini del mondo, specialmente ai giovani, che inizieranno di nuovo a ricercare il vero amore e la pace. Questi ambasciatori, ecumenici e transnazionali, saranno in grado di guidare e supervisionare vari progetti che riguardano la salute, l’educazione, l’assistenza sociale e tutti i campi della realtà sociale mondiale.
Rispettabili leaders mondiali, uniamo le nostre mani ed i nostri cuori per migliorare le nostre istituzioni ed organizzazioni affinché la preziosa saggezza delle religioni, insieme a quella degli studiosi, degli uomini di stato e persone di visione e conoscenza, possano essere mobilitati per risolvere le crisi serie ed urgenti del mondo.
Un decennio di progresso
L’Onorevole Josè de Venecia Jr, Presidente del Parlamento della Repubblica delle Filippine è stato specialmente ispirato da questa chiamata. La sua è una storia di impegno per la pace, mediando spesso tra governo e gruppi di insorgenti, arrivando infine alla costituzione dei Democratici Cristiani-Musulmani, un partito politico filippino dominante, attraverso il dialogo tra l’Unione Nazionale dei Democratici Cristiani e l’Unione dei Musulmani Democratici.
Per stabilire un consiglio interreligioso occorre un emendamento allo statuto delle Nazioni Unite, evento raro nella sua storia. L’On. De Venecia ha ottenuto il sostegno del governo delle Filippine e di altri numerosi governi, allo scopo di sostenere le risoluzioni che promuovono il dialogo interreligioso adottato infine dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
La Risoluzione 59/23 (“Promozione del dialogo interreligioso”), adottata nel 2004, afferma che il dialogo interreligioso costituisce una delle “dimensioni importanti del dialogo tra civiltà e culture della pace”. Questa risoluzione inoltre invita il Segretario Generale “a portare la promozione del dialogo interreligioso all’attenzione di tutti i governi e delle organizzazioni internazionali rilevanti e di sottoporre una relazione all’Assemblea Generale”. Le risoluzioni aggiuntive hanno raccolto più sponsors ed esteso le risorse iniziali. La Risoluzione 61/221 chiama il Segretario Generale alla designazione di un’ ”unità focale” dentro il Segretariato per gestire materie interreligiose, e questa è stata realizzata nel 2007. Queste risoluzioni affermano che la cooperazione interreligiosa è un componente necessario dell’attività per la pace e stabiliscono un meccanismo per monitorare il suo progresso. Ciò smentisce l’asserzione che le Nazioni Unite siano semplicemente un’istituzione intergovernativa rigidamente secolare.
Un Forum Tripartitico di Cooperazione Interreligiosa per la Pace è stato inaugurato nel 2006 con la collaborazione di 16 membri delle Nazioni Unite, formato da tre organismi delle Nazioni Unite (il Dipartimento delle Nazioni Unite degli Affari Economici e Sociali ECOSOC, l’UNESCO, e la Banca Mondiale), più il Comitato delle Religioni NGOs presso le Nazioni Unite. Oltre a tenere sessioni informative, questo forum ha promosso una “Conferenza ad Alto Livello sulla Cooperazione Interreligiosa per la Pace “ all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2006.
Le Nazioni Unite hanno promosso un’ ”Alleanza di Civiltà” ed hanno stabilito temi per vari anni nel decennio passato, come la dichiarazione del 2010 come anno della Riconciliazione tra le Culture. Attualmente è presa in esame la proposta di una risoluzione dell’Assemblea Generale per proclamare il periodo 2011-2020 come “Decennio di Dialogo Interreligioso ed Interculturale, Comprensione e Cooperazione per la Pace”. Questa risoluzione non propone un’istituzione permanente ma incoraggia un dialogo esteso ed una cooperazione a lungo termine.
Riassumendo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha affermato che la cooperazione interreligiosa è una componente essenziale per la promozione della pace. Varie organizzazioni hanno convocato conferenze e c’è un comune impegno del Segretariato a monitorare lo sviluppo del dialogo interreligioso. Mentre da un lato ciò rappresenta un notevole progresso, d’altra parte si sente ancora la mancanza di un’assemblea interreligiosa vera e propria all’interno del la struttura delle Nazioni Unite.
Presupposti per la proposta del consiglio interreligioso
• Allo scopo di rendere le Nazioni Unite più rilevanti eticamente e moralmente, in un tempo in cui l’autorità, la veridicità, la credibilità dei governi e delle istituzioni sono in dubbio.
• I valori carismatici e comuni che sono inerenti alle religioni possono complementare le tendenze burocratiche delle organizzazioni intergovernamentali.
• In aggiunta ai fattori militari, economici ed ecologici, la sicurezza umana coinvolge il pensiero ed i valori di riferimento, che sono influenzati profondamente dalla religione.
• Gli ideali religiosi risiedono al cuore della maggior parte delle identità nazionali e culturali, ed essi motivano le azioni individuali e collettive.
• Le differenze religiose sono spesse sfruttate per provocare conflitti, e i leaders di questi gruppi hanno bisogno di lavorare insieme per aiutare a risolvere o disinnescare questo tipo di ostilità.
• Ci sono concetti religiosi universali che possono essere affermati, senza privilegiare un credo o un gruppo di riti su altri o dei concetti basilari che possono portare a sostenere l’unità delle fedi
• Le persone religiose sono capaci di riconoscere e di rispettare le differenze tra loro per il bene del progresso e dello sviluppo del bene comune.
• La saggezza religiosa può essere espressa con modalità che siano rilevanti alle questioni che preoccupano le Nazioni Unite.
• Tanti diplomatici ad altri professionisti hanno una visione religiosa della vita ed un consiglio interreligioso può incoraggiarli ad attingere a risorse spirituali nelle loro delibere ed azioni.
• Consigli interreligiosi efficaci a livello locale o nazionale possono servire come modello per dimostrare il valore di questo organismo nel sistema delle Nazioni Unite.
• Esistono parecchie NGO di provenienza religiosa, che lavorano insieme, dimostrando già come le persone di diverse fedi, possano elevarsi al di là delle differenze e lavorare insieme per il bene comune.
• Un Modello delle Nazioni Unite per Giovani, come attuato in Svizzera ed Italia nel recente passato, può essere di grande interesse, come pure preparare futuri delegati al Consiglio.
Strutture possibili per l’Organizzazione
Opzione 1: Un consiglio interreligioso alla pari con il Consiglio di Sicurezza
Creare un consiglio interreligioso, alla pari con il Consiglio di Sicurezza, richiederebbe correggere il Capitolo delle Nazioni Unite, che è un trattato firmato da tutti gli stati membri. Prima di poter avere efficacia, l’emendamento proposto dovrebbe essere approvato dall’intera Assemblea Generale, ratificata dalle legislature di tutti i 192 stati membri e approvato da voto pubblico in ogni stato membro. Questo è un processo lungo che ha avuto successo in sole tre occasioni. Le Missioni permanenti delle Nazioni Unite votano in accordo alla direzione del Capo di Stato e/o del Ministro degli Esteri.
Se si prevede questo risultato positivo, l’emendamento proposto non deve essere abbozzato, ma saranno assicurate delle missioni per sponsorizzarlo. Il giudizio non avrà bisogno di essere promosso dentro il sistema delle Nazioni Unite e le religioni NGO iscritte per assicurarlo. Potrebbe essere discusso che questo tipo di consiglio potrebbe rinforzare un numero di programmi di primaria importanza delle Nazioni Unite, come il dialogo tra le civiltà ed il MDG (Meta di Sviluppo del Millennio). Questo sarebbe il lavoro di un gruppo di persone localizzato presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York, con il sostegno di un gruppo di lavoro che stila una proposta su come il consiglio opererebbe e scrivere delle prese di posizioni
Per complementare questo sforzo, ci sarebbe bisogno di formare in ogni stato membro un gruppo di persone per convincere il Capo dello Stato e/o il Ministero degli Esteri per istruirli della loro missione alle Nazioni Unite per sostenere la proposta. Sarebbe necessaria una mobilitazione di organizzazioni di base di gente comune per influenzare i legislatori ad approvare il trattato e quindi mobilitare il sostegno pubblico all’elezione.
Questioni da affrontare. Un gruppo di lavoro è necessario per abbozzare una proposta su come il consiglio possa funzionare.
• Chi designa i rappresentanti di questo tipo di consiglio? (forse governi nazionali, comunità religiose transnazionali)
• Prenderanno parte del consiglio solo leaders religiosi professionisti o la membership sarà aperta a persone di fede di altre professioni?
• Per quanto tempo i membri saranno in carica? (Un termine di 2, 3 anni? Termini di ufficio vacanti?)
• Come sarà la rotazione della direzione tra i gruppi religiosi?
• Come sarà data voce in capitolo ai gruppi religiosi minoritari o a piccole denominazioni all’interno di una religione?
• In questo tipo di consiglio, le persone non religiose saranno rappresentate?
• Come le questioni saranno portate davanti al consiglio per la loro considerazione?
• Come saranno comunicate le deliberazioni e le raccomandazioni del consiglio al più largo sistema delle Nazioni Unite?
• Come il consiglio può essere protetto dai politici (specialmente se i membri sono scelti dai governi nazionali)?
• Come sarà fondato questo tipo di consiglio?
• Dove e con che periodicità ci saranno le sue riunioni?
Opzione 2: Un profilo istituzionale minore di dialogo interreligioso
Date le difficoltà intorno all’Opzione 1, questo è l’approccio di successo più favorevole.
Essendo queste le questioni di rappresentanza e di politicizzazione, un’alternativa migliore può essere un più basso profilo o un diverso tipo di istituzionalizzazione di dialogo interreligioso e di cooperazione alle Nazioni Unite, forse una commissione funzionale o un organismo consultivo sotto il Consiglio Sociale ed Economico, un programma che riporta all’Assemblea Generale, oppure a un dipartimento nel Segretariato. Un’altra possibilità sarebbe quella di lavorare in unità con altre iniziative per democratizzare le Nazioni Unite, come una “Camera del Popoli” o Forum della Società Civile che completa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Quale opzione è preferibile dipende da cosa una persona vuole raggiungere attraverso la cooperazione internazionale: (1) Aiuto per risolvere i conflitti a vario livello che hanno una dimensione religiosa, oppure (2) contribuire a forme più democratiche e deliberative di governo globale.
Questa opzione ha il vantaggio di non richiedere un emendamento del trattato che richiede l’approvazione di tutti i membri dell’Assemblea Generale, ratificata dalle legislature di tutti gli stati membri, ed approvazione attraverso voto popolare in tutti gli stati membro.
Questione da risolvere. Come per l’Opzione 1, le stesse questioni devono essere rivolte. Considerando queste, sarebbe vantaggioso prendere in considerazione i punti forti e le debolezze del Consiglio dei Diritti Umani stabilito recentemente, che è un organo sussidiario dell’Assemblea Generale
A livello pratico, un Consiglio Interreligioso, cosa fa o cosa farebbe? Ogni nazione o regione coinvolta nel processo di consultazione è consigliata ed incoraggiata ad investire del tempo a considerare dei possibili scenari locali appropriati e avvincenti
Il fondatore della Federazione per la Pace Universale, Rev. Sun Myung Moon, parla delle Nazioni Unite come di un’organizzazione che incorpora l’aspirazione dell’umanità per la pace. La sua importanza supera quella delle istituzioni religiose, dei governi nazionali, o anche altre organizzazioni internazionali. Lui specialmente sottolinea il potenziale delle Nazioni Unite per la liberazione dalla povertà delle nazioni sottosviluppate ed incoraggia lo sviluppo delle nuove nazioni democratiche. Crede, inoltre, che ci sia bisogno dell’elemento religioso e spirituale come forza trainante e direttrice per le riforme umanitarie, così come la mente funziona in armonia con il corpo.
L’impegno delle Nazioni Unite per stabilire la pace spesso incontra una grande resistenza a causa del fatto che ogni nazione ricerca innanzitutto di soddisfare i propri interessi. I sistemi politici attuali sono formati principalmente secondo logiche egocentriche. La soluzione che il Rev. Moon propone è di combinare le proposte degli statisti con la saggezza delle tradizioni delle fedi del mondo e con i principi della pratica spirituale, allo scopo di raggiungere l’ideale del buon governo.
Sappiamo che uno degli ostacoli sono i conflitti, radicati profondamente, tra importanti tradizioni religiose che a volte portano alla guerra, piuttosto che alla pace ed all’amore per cui furono fondate. La preoccupazione per la esclusiva salvezza individuale e l’eccessiva auto protezione delle organizzazioni religiose impediscono di operare insieme. Per questo il Rev. Moon ha proposto di stabilire un’assemblea interreligiosa o un consiglio di rappresentanti religiosi all’interno della struttura delle Nazioni Unite
Dichiarazione del Dr. Sun Myung Moon
Nel suo discorso d’inaugurazione della Federazione Universale per la Pace del 12 settembre 2005, il Rev. Sun Myung Moon ha proposto un rinnovamento delle Nazioni Unite. Durante il 60° anniversario della fondazione delle Nazioni Unite, tanti leaders hanno risposto alla sua chiamata. Il Rev. Moon aveva già proposto la creazione di un organismo interreligioso, durante il suo discorso alle Nazioni Unite il 18 agosto 2000. I brani seguenti sono tratti da quel discorso.
I conflitti sorgono per diversi motivi, ma uno dei fattori principali è la disarmonia profondamente radicata che esiste tra le religioni mondiali. Perciò, quando testimoniamo delle tante tragedie globali che capitano intorno a noi, dobbiamo riconoscere quanto sia importante che le religioni si riuniscano insieme, dialoghino l’una con l’altra ed imparino a collaborare.
Nell’era moderna, nella maggior parte delle nazioni, gli ideali religiosi sono completamente separati dai centri di potere politico secolare e tutti, o quasi, accettano questa situazione. Credo, tuttavia, che sia giunto il tempo in cui, le organizzazioni internazionali, il cui scopo è quello di sostenere l’ideale di un mondo di pace, riconsiderino la loro relazione con le grandi tradizioni religiose del mondo.
A questo riguardo, le Nazioni Unite, più di ogni altra organizzazione internazionale, possono stabilire un modello ed aprire la strada. Il mondo ha grandi aspettative nei confronti dell’ONU, in quanto organizzazione che incorpora le aspirazioni dell’umanità per la pace. In esse, i rappresentanti di tutte le nazioni lavorano in concerto per promuovere la pace e la prosperità umana.
Naturalmente, l’impegno per stabilire la pace, intrapreso da queste rappresentanze nazionali, spesso incontrano una resistenza ostinata. Quindi, anche se a volte i risultati ottenuti sono stati significativi, c’è tanto spazio per miglioramenti. Credo che ci sia oggi un bisogno urgente di incoraggiare il rispetto reciproco ed aumentare la cooperazione tra i leaders religiosi e quelli politici del mondo.
Nelle loro radici, i problemi umani non sono interamente sociali o politici; così un approccio sociale e politico sarà sempre di efficacia limitata. Nonostante le autorità secolari governino la maggior parte delle società umane, la religione giace al cuore della maggior parte delle identità nazionali e culturali. In realtà, la fede e la devozione religiosa hanno un’importanza maggiore nel cuore delle persone, rispetto alla lealtà politica.
E’ giunto il tempo in cui le religioni rinnovino se stesse e conducano una vera leadership nel mondo. Le persone di fede devono sentire la responsabilità delle sofferenze e delle ingiustizie vissute dalla gente. Le persone religiose non sono state dei buoni esempi nella pratica del vero amore e nel vivere per il bene degli altri e, per questo motivo, devono impegnarsi in una profonda riflessione personale. Dovrebbero pentirsi per la loro esclusiva preoccupazione per la salvezza personale e per i ristretti interessi di parte. Gli organismi religiosi non sono stati in grado di donare se stessi in modo pieno alla causa della salvezza mondiale. La nostra era, più di ogni altra, richiede che andiamo oltre gli interessi delle nostre particolari religioni, allo scopo di mettere in pratica un amore più universale e l’ideale del bene comune.
In Particolare, Dio ci chiama oggi, nella speranza che ci ergiamo contro le ingiustizie del mondo, allo scopo di esprimere pienamente il Suo amore per l’umanità, sia in parole che in azioni, instaurando così la pace.
La vera pace può essere pienamente realizzata solo quando la saggezza e l’impegno dei leaders delle religioni mondiali, che rappresentano le preoccupazioni interiori della mente e della coscienza, lavorano in cooperazione e rispetto con i leaders politici, che hanno saggezza pratica ed esperienze riguardo la realtà esteriore o “corpo”.
La struttura esistente delle Nazioni Unite, è composta attualmente di rappresentanti che curano principalmente gli interessi dei loro rispettivi paesi. Tuttavia, sottopongo alla vostra considerazione, la formazione di un consiglio di rappresentanti religiosi che si affianchi all’assemblea. Questo consiglio consisterà di rispettabili leaders spirituali. Naturalmente, i membri di questo consiglio interreligioso, devono dimostrare la capacità di trascendere interessi limitati, per preoccuparsi dell’intero mondo e di tutta l’umanità.
Queste due camere, lavorando insieme, saranno in grado di promuovere il mondo di pace che tutti desiderano. La saggezza e la visione dei grandi leaders religiosi completeranno sostanzialmente la visione, l’esperienza e l’abilità dei leaders politici mondiali.
Insieme ridaranno speranza ai cittadini del mondo, specialmente ai giovani, che inizieranno di nuovo a ricercare il vero amore e la pace. Questi ambasciatori, ecumenici e transnazionali, saranno in grado di guidare e supervisionare vari progetti che riguardano la salute, l’educazione, l’assistenza sociale e tutti i campi della realtà sociale mondiale.
Rispettabili leaders mondiali, uniamo le nostre mani ed i nostri cuori per migliorare le nostre istituzioni ed organizzazioni affinché la preziosa saggezza delle religioni, insieme a quella degli studiosi, degli uomini di stato e persone di visione e conoscenza, possano essere mobilitati per risolvere le crisi serie ed urgenti del mondo.
Un decennio di progresso
L’Onorevole Josè de Venecia Jr, Presidente del Parlamento della Repubblica delle Filippine è stato specialmente ispirato da questa chiamata. La sua è una storia di impegno per la pace, mediando spesso tra governo e gruppi di insorgenti, arrivando infine alla costituzione dei Democratici Cristiani-Musulmani, un partito politico filippino dominante, attraverso il dialogo tra l’Unione Nazionale dei Democratici Cristiani e l’Unione dei Musulmani Democratici.
Per stabilire un consiglio interreligioso occorre un emendamento allo statuto delle Nazioni Unite, evento raro nella sua storia. L’On. De Venecia ha ottenuto il sostegno del governo delle Filippine e di altri numerosi governi, allo scopo di sostenere le risoluzioni che promuovono il dialogo interreligioso adottato infine dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
La Risoluzione 59/23 (“Promozione del dialogo interreligioso”), adottata nel 2004, afferma che il dialogo interreligioso costituisce una delle “dimensioni importanti del dialogo tra civiltà e culture della pace”. Questa risoluzione inoltre invita il Segretario Generale “a portare la promozione del dialogo interreligioso all’attenzione di tutti i governi e delle organizzazioni internazionali rilevanti e di sottoporre una relazione all’Assemblea Generale”. Le risoluzioni aggiuntive hanno raccolto più sponsors ed esteso le risorse iniziali. La Risoluzione 61/221 chiama il Segretario Generale alla designazione di un’ ”unità focale” dentro il Segretariato per gestire materie interreligiose, e questa è stata realizzata nel 2007. Queste risoluzioni affermano che la cooperazione interreligiosa è un componente necessario dell’attività per la pace e stabiliscono un meccanismo per monitorare il suo progresso. Ciò smentisce l’asserzione che le Nazioni Unite siano semplicemente un’istituzione intergovernativa rigidamente secolare.
Un Forum Tripartitico di Cooperazione Interreligiosa per la Pace è stato inaugurato nel 2006 con la collaborazione di 16 membri delle Nazioni Unite, formato da tre organismi delle Nazioni Unite (il Dipartimento delle Nazioni Unite degli Affari Economici e Sociali ECOSOC, l’UNESCO, e la Banca Mondiale), più il Comitato delle Religioni NGOs presso le Nazioni Unite. Oltre a tenere sessioni informative, questo forum ha promosso una “Conferenza ad Alto Livello sulla Cooperazione Interreligiosa per la Pace “ all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel settembre 2006.
Le Nazioni Unite hanno promosso un’ ”Alleanza di Civiltà” ed hanno stabilito temi per vari anni nel decennio passato, come la dichiarazione del 2010 come anno della Riconciliazione tra le Culture. Attualmente è presa in esame la proposta di una risoluzione dell’Assemblea Generale per proclamare il periodo 2011-2020 come “Decennio di Dialogo Interreligioso ed Interculturale, Comprensione e Cooperazione per la Pace”. Questa risoluzione non propone un’istituzione permanente ma incoraggia un dialogo esteso ed una cooperazione a lungo termine.
Riassumendo, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha affermato che la cooperazione interreligiosa è una componente essenziale per la promozione della pace. Varie organizzazioni hanno convocato conferenze e c’è un comune impegno del Segretariato a monitorare lo sviluppo del dialogo interreligioso. Mentre da un lato ciò rappresenta un notevole progresso, d’altra parte si sente ancora la mancanza di un’assemblea interreligiosa vera e propria all’interno del la struttura delle Nazioni Unite.
Presupposti per la proposta del consiglio interreligioso
• Allo scopo di rendere le Nazioni Unite più rilevanti eticamente e moralmente, in un tempo in cui l’autorità, la veridicità, la credibilità dei governi e delle istituzioni sono in dubbio.
• I valori carismatici e comuni che sono inerenti alle religioni possono complementare le tendenze burocratiche delle organizzazioni intergovernamentali.
• In aggiunta ai fattori militari, economici ed ecologici, la sicurezza umana coinvolge il pensiero ed i valori di riferimento, che sono influenzati profondamente dalla religione.
• Gli ideali religiosi risiedono al cuore della maggior parte delle identità nazionali e culturali, ed essi motivano le azioni individuali e collettive.
• Le differenze religiose sono spesse sfruttate per provocare conflitti, e i leaders di questi gruppi hanno bisogno di lavorare insieme per aiutare a risolvere o disinnescare questo tipo di ostilità.
• Ci sono concetti religiosi universali che possono essere affermati, senza privilegiare un credo o un gruppo di riti su altri o dei concetti basilari che possono portare a sostenere l’unità delle fedi
• Le persone religiose sono capaci di riconoscere e di rispettare le differenze tra loro per il bene del progresso e dello sviluppo del bene comune.
• La saggezza religiosa può essere espressa con modalità che siano rilevanti alle questioni che preoccupano le Nazioni Unite.
• Tanti diplomatici ad altri professionisti hanno una visione religiosa della vita ed un consiglio interreligioso può incoraggiarli ad attingere a risorse spirituali nelle loro delibere ed azioni.
• Consigli interreligiosi efficaci a livello locale o nazionale possono servire come modello per dimostrare il valore di questo organismo nel sistema delle Nazioni Unite.
• Esistono parecchie NGO di provenienza religiosa, che lavorano insieme, dimostrando già come le persone di diverse fedi, possano elevarsi al di là delle differenze e lavorare insieme per il bene comune.
• Un Modello delle Nazioni Unite per Giovani, come attuato in Svizzera ed Italia nel recente passato, può essere di grande interesse, come pure preparare futuri delegati al Consiglio.
Strutture possibili per l’Organizzazione
Opzione 1: Un consiglio interreligioso alla pari con il Consiglio di Sicurezza
Creare un consiglio interreligioso, alla pari con il Consiglio di Sicurezza, richiederebbe correggere il Capitolo delle Nazioni Unite, che è un trattato firmato da tutti gli stati membri. Prima di poter avere efficacia, l’emendamento proposto dovrebbe essere approvato dall’intera Assemblea Generale, ratificata dalle legislature di tutti i 192 stati membri e approvato da voto pubblico in ogni stato membro. Questo è un processo lungo che ha avuto successo in sole tre occasioni. Le Missioni permanenti delle Nazioni Unite votano in accordo alla direzione del Capo di Stato e/o del Ministro degli Esteri.
Se si prevede questo risultato positivo, l’emendamento proposto non deve essere abbozzato, ma saranno assicurate delle missioni per sponsorizzarlo. Il giudizio non avrà bisogno di essere promosso dentro il sistema delle Nazioni Unite e le religioni NGO iscritte per assicurarlo. Potrebbe essere discusso che questo tipo di consiglio potrebbe rinforzare un numero di programmi di primaria importanza delle Nazioni Unite, come il dialogo tra le civiltà ed il MDG (Meta di Sviluppo del Millennio). Questo sarebbe il lavoro di un gruppo di persone localizzato presso il quartier generale delle Nazioni Unite a New York, con il sostegno di un gruppo di lavoro che stila una proposta su come il consiglio opererebbe e scrivere delle prese di posizioni
Per complementare questo sforzo, ci sarebbe bisogno di formare in ogni stato membro un gruppo di persone per convincere il Capo dello Stato e/o il Ministero degli Esteri per istruirli della loro missione alle Nazioni Unite per sostenere la proposta. Sarebbe necessaria una mobilitazione di organizzazioni di base di gente comune per influenzare i legislatori ad approvare il trattato e quindi mobilitare il sostegno pubblico all’elezione.
Questioni da affrontare. Un gruppo di lavoro è necessario per abbozzare una proposta su come il consiglio possa funzionare.
• Chi designa i rappresentanti di questo tipo di consiglio? (forse governi nazionali, comunità religiose transnazionali)
• Prenderanno parte del consiglio solo leaders religiosi professionisti o la membership sarà aperta a persone di fede di altre professioni?
• Per quanto tempo i membri saranno in carica? (Un termine di 2, 3 anni? Termini di ufficio vacanti?)
• Come sarà la rotazione della direzione tra i gruppi religiosi?
• Come sarà data voce in capitolo ai gruppi religiosi minoritari o a piccole denominazioni all’interno di una religione?
• In questo tipo di consiglio, le persone non religiose saranno rappresentate?
• Come le questioni saranno portate davanti al consiglio per la loro considerazione?
• Come saranno comunicate le deliberazioni e le raccomandazioni del consiglio al più largo sistema delle Nazioni Unite?
• Come il consiglio può essere protetto dai politici (specialmente se i membri sono scelti dai governi nazionali)?
• Come sarà fondato questo tipo di consiglio?
• Dove e con che periodicità ci saranno le sue riunioni?
Opzione 2: Un profilo istituzionale minore di dialogo interreligioso
Date le difficoltà intorno all’Opzione 1, questo è l’approccio di successo più favorevole.
Essendo queste le questioni di rappresentanza e di politicizzazione, un’alternativa migliore può essere un più basso profilo o un diverso tipo di istituzionalizzazione di dialogo interreligioso e di cooperazione alle Nazioni Unite, forse una commissione funzionale o un organismo consultivo sotto il Consiglio Sociale ed Economico, un programma che riporta all’Assemblea Generale, oppure a un dipartimento nel Segretariato. Un’altra possibilità sarebbe quella di lavorare in unità con altre iniziative per democratizzare le Nazioni Unite, come una “Camera del Popoli” o Forum della Società Civile che completa l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.
Quale opzione è preferibile dipende da cosa una persona vuole raggiungere attraverso la cooperazione internazionale: (1) Aiuto per risolvere i conflitti a vario livello che hanno una dimensione religiosa, oppure (2) contribuire a forme più democratiche e deliberative di governo globale.
Questa opzione ha il vantaggio di non richiedere un emendamento del trattato che richiede l’approvazione di tutti i membri dell’Assemblea Generale, ratificata dalle legislature di tutti gli stati membri, ed approvazione attraverso voto popolare in tutti gli stati membro.
Questione da risolvere. Come per l’Opzione 1, le stesse questioni devono essere rivolte. Considerando queste, sarebbe vantaggioso prendere in considerazione i punti forti e le debolezze del Consiglio dei Diritti Umani stabilito recentemente, che è un organo sussidiario dell’Assemblea Generale
A livello pratico, un Consiglio Interreligioso, cosa fa o cosa farebbe? Ogni nazione o regione coinvolta nel processo di consultazione è consigliata ed incoraggiata ad investire del tempo a considerare dei possibili scenari locali appropriati e avvincenti
MINGALABAR AUNG SAN SUU KYI
di Adriano Molteni
Esce dall’acqua il bufalo ammansito,
ha due fanciulli felici in groppa
e lento si avvia verso le case,
mentre il tramonto tinge il lago d’oro.
Quadro dolce di bellezza e d’armonia,
rovinato da quegli uomini in divisa
che irridono il canto delle fanciulle
che abbraccia la fiducia nel domani.
Sorvegliano una casa là sul lago
dove uno scricciolo resiste ancora
pure in una situazione spaventosa,
simbolo vivente della libertà.
La sua presenza è la democrazia,
il suo silenzio vale la libertà.
Vivi angelo del popolo birmano,
la tua vita è più d’una speranza:
mingalabar respiro di certezza.
(Mingalabar=ciao)
Esce dall’acqua il bufalo ammansito,
ha due fanciulli felici in groppa
e lento si avvia verso le case,
mentre il tramonto tinge il lago d’oro.
Quadro dolce di bellezza e d’armonia,
rovinato da quegli uomini in divisa
che irridono il canto delle fanciulle
che abbraccia la fiducia nel domani.
Sorvegliano una casa là sul lago
dove uno scricciolo resiste ancora
pure in una situazione spaventosa,
simbolo vivente della libertà.
La sua presenza è la democrazia,
il suo silenzio vale la libertà.
Vivi angelo del popolo birmano,
la tua vita è più d’una speranza:
mingalabar respiro di certezza.
(Mingalabar=ciao)
Diritti Umani basati sui Diritti Naturali nel 19° e 20° Secolo
1863 - Dichiarazione di Emancipazione - Stati Uniti d'America
1864 & 1949 Convenzione di Ginevra, Croce Rossa Internazionale
1919 - Accordo della Lega di Nazioni, Creazione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro
1920 - Le donne ottengono il Diritto di voto negli Stati Uniti
1926 - Convenzione sulla Schiavitù
1945 - Statuto delle Nazioni Unite, San Francisco
1947 - Mohandas Ganghi guida l'India all'indipendenza tramite la protesta non violenta.
Precursori al ventesimo secolo di documenti sui Diritti Umani
1750 a.C. - Codice di Hammurabi, Babilonia
1200 - 300 a.C. - Vecchio Testamento
551 - 479 a. .- Dialoghi di Confucio
40 - 100 d.C. - Nuovo Testamento
644 - 656 - d.C. Corano
1215 d.C. Magna Carta, Inghilterra
1400 - Codice di Nezauhaulcoyoltl - Aztechi
1648 - Trattato di Westphalia, Europa
1689 - Bill of Right, Inghilterra
1776 - Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti d' America
1787 - Costituzione degli Stati Uniti d'America
1789 - Dichiarazione francese dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino
1791 - Bill of Right degli Stati Uniti d'America
Storia dell'evoluzione dei Diritti Umani
Natura Umana - Una ricerca per un'indagine secolare comune e la ragione umana
Come possiamo raccontare la storia dell'evoluzione dei Diritti Umani?
Dobbiamo riconoscere i nostri precursori sulle cui spalle noi ci troviamo:
400 a.C. - Est - Mo Zi ha fondato la scuola di Mo della filosofia morale in Cina
Importanza dei doveri, sacrificio di se stessi, completo rispetto degli altri - Universalità in tutto il mondo
300 a.C. - Est - Saggio Cinese Mencio
Scrisse sulla "Natura Umana" - "Gli esseri umani sono fondamentalmente buoni, ma la bontà deve essere coltivata
300 a.C. - Est - Hsun-tsu
Sosteneva che "liberare dall'ansietà ed eliminare le difficoltà, non c'è niente di meglio che la creazione di Istituzioni di vita corporativa basata su una chiara visione dei diritti degli individui.
1750 a.C. - Re Hammurabi di Babilonia
La necessita di onorare i codici della giustizia fra la popolazione. Ha creato uno dei più antichi codici legali per un buon governo - "Lasciate che l'oppresso venga sotto la mia statua a cercare una giustizia giusta".
Antico Egitto
Esplicita giustizia sociale - "confortate gli afflitti... non praticate una ingiusta punizione. Non uccidete... non fate distinzione tra il figlio di una persona importante e una di umili origini"
Primi Scritture in Sanscrito in India
La responsabilità dei governanti per il benessere della gente. "Nessuno dovrebbe soffrire... sia di povertà o di azioni deliberate di altri"
300 a.C. - Ashoka dell'India
Libertà di fede e altri diritti sullo stesso argomento. Giustizia imparziale ed uguaglianza sociale e le caste non devono esistere dal momento che proveniamo dallo stesso albero
16th Secolo - Filosofo Indù Chaitanya
"c'è solo una casta, l'umanità"
Il Leader Sikh Guru Gobin Singh
ha affermato "riconoscete tutta la razza umana come una"
10th Secolo - Al-Farabi, un filosofo Islamico
Scrisse "La visione delle persone della città della virtù, una concezione di una società morale nella quale tutti gli individui avevano riconosciuti i loro diritti vivevano in amore e carità con i propri vicini
Filosi greci:
Stesso rispetto per tutti i cittadini, uguaglianza davanti alla legge,
Uguaglianza nei diritti politici ed elettorale.
Marco Tullio Cicerone
La giustizia universale e la legge guidata dalla natura umana devono agire rettamente ed essere al servizio degli altri. Questa legge naturale lega tutta la società umana insieme. Si applica ad ogni membro dell'intera razza umana senza distinzioni stessa dignità per ogni individuo.
Filosofo francese, Jean-Jacques Rousseau(1762)
L'uomo è nato libero ma dovunque è in catene
Quali sono i Miti comuni sui Diritti Umani?
Diritti Umani = diritti civili
Diritti Economici, Sociali e Culturali(es. Sanità e diritto alla casa) sono dei privilegi
Diritti Umani si applicano solo in nazioni povere
Diritti Umani si esaminano solo in casi di violazioni
Solo gli avvocati possono capire il significato dei Diritti Umani
Corte Internazionale di Giustizia Mondiale
- Assemblea Generale
1º Consiglio di Sicurezza
2º Il Consiglio d'Amministrazione Fiduciaria
a) Segretariato
b) Consiglio Economico e Sociale
1º Commissione dei Diritti Umani
2º Organizzazione Internazionale del lavoro
3º UNICEF
4º Sviluppo di un fondo per le Donne
5º UNESCO
6º OMS
1º Consiglio di Sicurezza
2º Il Consiglio d'Amministrazione Fiduciaria
a) Segretariato
b) Consiglio Economico e Sociale
1º Commissione dei Diritti Umani
2º Organizzazione Internazionale del lavoro
3º UNICEF
4º Sviluppo di un fondo per le Donne
5º UNESCO
6º OMS
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: la storia e lo stato attuale
• La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani è stata scritta dalla Commissione dell'ONU sui Diritti Umani presieduta dalla first Lady, Elenoire Roosevelt. La Dichiarazione è stata adottata dai 56 Stati membri delle N.U. Dell'Assemblea Generale il 10 Dicembre 1948.
• Il 10 Dicembre è celebrato in tutto il mondo come il Giorno Internazionale sui Diritti Umani. I 192 stati membri hanno aderito all'impegno di educare i propri cittadini ai principi dei Diritti Umani. La maggior parte di queste nazioni hanno incorporato tali principi nelle loro costituzioni.
• I Diritti Umani specificano le condizioni minime di una vita dignitosa.
• Il 10 Dicembre è celebrato in tutto il mondo come il Giorno Internazionale sui Diritti Umani. I 192 stati membri hanno aderito all'impegno di educare i propri cittadini ai principi dei Diritti Umani. La maggior parte di queste nazioni hanno incorporato tali principi nelle loro costituzioni.
• I Diritti Umani specificano le condizioni minime di una vita dignitosa.
Diritti Umani - Quali sono?
I diritti umani sono tradizionalmente suddivisi in cinque categorie:
1. I Diritti Civili
• si occupano dell'aspetto giudiziario e del sistema penale
2. I Diritti Politici
• si occupano degli aspetti alla partecipazione politica
Spesso questi due Diritti vengono presi in considerazione quando si parla di Diritti Umani
3. I Diritti Economici
• si occupano della sfera lavorativa, della produttività e dei servizi
4. Diritti Sociali
• si occupano della qualità della vita delle persone, includendo anche coloro che non partecipano alle attività economiche
5. I Diritti Culturali
• si occupano della sfera culturale della vita includendo la cultura etnica, le sottoculture, le arti e la scienza
Documenti base sui Diritti Umani
1948 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
1966 Accordo internazionale sui Diritti Umani
Accordo internazionale sui Diritti Civili e Politici
Accordo internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali
Argomenti specifici: tortura, discriminazione razziale
Gruppi vittime di abusi: di genere, bambini
Dichiarazione di Vienna e Programma d'Azione,
(Giugno 1993 , paragrafo 5)
" Tutti i diritti umani sono universali, indivisibili e interdipendenti e correlati. La comunità internazionale deve tenere in considerazione i diritti umani globalmente in maniera equilibrata e giusta, con lo stesso standard di giudizio e con la stessa enfasi. Mentre dobbiamo tenere a mente il significato e le peculiarità nazionali e regionali e il retroterra culturale e religioso, è dovere di ogni Stato, nonostante i diversi sistemi culturali, sociali e politici, promuovere e proteggere tutti i Diritti Umani e le libertà fondamentali.
1. I Diritti Civili
• si occupano dell'aspetto giudiziario e del sistema penale
2. I Diritti Politici
• si occupano degli aspetti alla partecipazione politica
Spesso questi due Diritti vengono presi in considerazione quando si parla di Diritti Umani
3. I Diritti Economici
• si occupano della sfera lavorativa, della produttività e dei servizi
4. Diritti Sociali
• si occupano della qualità della vita delle persone, includendo anche coloro che non partecipano alle attività economiche
5. I Diritti Culturali
• si occupano della sfera culturale della vita includendo la cultura etnica, le sottoculture, le arti e la scienza
Documenti base sui Diritti Umani
1948 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
1966 Accordo internazionale sui Diritti Umani
Accordo internazionale sui Diritti Civili e Politici
Accordo internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali
Argomenti specifici: tortura, discriminazione razziale
Gruppi vittime di abusi: di genere, bambini
Dichiarazione di Vienna e Programma d'Azione,
(Giugno 1993 , paragrafo 5)
" Tutti i diritti umani sono universali, indivisibili e interdipendenti e correlati. La comunità internazionale deve tenere in considerazione i diritti umani globalmente in maniera equilibrata e giusta, con lo stesso standard di giudizio e con la stessa enfasi. Mentre dobbiamo tenere a mente il significato e le peculiarità nazionali e regionali e il retroterra culturale e religioso, è dovere di ogni Stato, nonostante i diversi sistemi culturali, sociali e politici, promuovere e proteggere tutti i Diritti Umani e le libertà fondamentali.
Gli obiettivi della Dichiarazione Universale dei Diritti del' Uomo
La conferenza di S. Francisco del 1945, che diede vita all'ONU, si era posta tre obiettivi principali: salvaguardare la pace, contribuire allo sviluppo, proteggere i Diritti Umani. L a Commissione per i Diritti dell'Uomo, creata nel 1946, avrebbe dovuto elaborare una dichiarazione che contenesse i principi fondamentali. Doveva contenere due parti: una sui Diritti Civili e Politici, e l'altra su quelli Economici, Sociali e Culturali. Alla fine ci si limitò alla sola Dichiarazione.
La Commissione fu presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente degli USA, il cinese Chang, ricopri il ruolo di vice presidente, relatore fu il libanese Malik. Determinate fu l'apporto del giurista francese René Cassin. Un ruolo importante lo ricoprì il canadese John Humphrey, direttore della Divisione dei diritti dell'uomo, a nome del Segretario Generale. Humphrey era professore di Legge all'Università Mc Gill. Lui si occupò di diritti umani fino alla fine della sua carriera. Soltanto molto più tardi gli venne riconosciuto il vero contributo dato alla Dichiarazione. Per anni si pensò che fosse stato il rappresentante francese a scrivere la bozza della Dichiarazione. Egli credeva che "Ci fosse un collegamento fondamentale fra i diritti umani e la pace... Ci sarà pace sulla terra quando i diritti di tutti saranno rispettati"
La bozza della Dichiarazione reca, ad ogni modo, una forte impronta di René Cassin e dei suoi successivi interventi.. Dopo tre mesi di discussione il testo fu votato dall'Assemblea Generale il 10 dicembre 1948 con 48 voti a favore, nessuno contrario, e 8 astensioni: Arabia Saudita, Polonia, URSS, Bielorussia, Ucraina, Cecoslovacchia, Yugoslavia, Sudafrica.
La Dichiarazione, essendo una risoluzione dell'Assemblea Generale, aveva almeno inizialmente, solo il valore di una raccomandazione. Ma in seguito il suo contenuto è divenuto parte integrante dei principi inderogabili del diritto internazionale.
Passarono diversi anni affinché molti di questi diritti enunciati nel 1948 entrassero in vigore. Uno dei principali ostacoli fu la guerra fredda. I diritti Economici, Sociali e Culturali furono sostanzialmente delle norme programmatiche che ogni stato avrebbe dovuto sviluppare. Questo fu un grosso limite in parte superato nel 1978 quando l'ECOSOC diede vita a comitati che divennero operativi dal 1987.
Un momento importante fu la Dichiarazione ed il Programma concernenti l'instaurazione di un Nuovo Ordine Economico Internazionale adottato dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 1974. È il punto di riferimento essenziale per ogni discussione in proposito. La vera pace e rispetto dei Diritti Umani non è solo assenza di guerra, o addirittura di una guerra mondiale, ma un impegno quotidiano contro tutti i motivi di tensione e di conflitto.
Un altro argomento molto dibattuto fu il nuovo ordine mondiale dell'informazione: l'UNESCO è stata riconosciuta dagli organismi internazionali come la principale "arena" in cui discutere i problemi dell'informazione e della comunicazione, grazie al suo carattere interdisciplinare ed interculturale.
La Commissione fu presieduta da Eleanor Roosevelt, vedova del presidente degli USA, il cinese Chang, ricopri il ruolo di vice presidente, relatore fu il libanese Malik. Determinate fu l'apporto del giurista francese René Cassin. Un ruolo importante lo ricoprì il canadese John Humphrey, direttore della Divisione dei diritti dell'uomo, a nome del Segretario Generale. Humphrey era professore di Legge all'Università Mc Gill. Lui si occupò di diritti umani fino alla fine della sua carriera. Soltanto molto più tardi gli venne riconosciuto il vero contributo dato alla Dichiarazione. Per anni si pensò che fosse stato il rappresentante francese a scrivere la bozza della Dichiarazione. Egli credeva che "Ci fosse un collegamento fondamentale fra i diritti umani e la pace... Ci sarà pace sulla terra quando i diritti di tutti saranno rispettati"
La bozza della Dichiarazione reca, ad ogni modo, una forte impronta di René Cassin e dei suoi successivi interventi.. Dopo tre mesi di discussione il testo fu votato dall'Assemblea Generale il 10 dicembre 1948 con 48 voti a favore, nessuno contrario, e 8 astensioni: Arabia Saudita, Polonia, URSS, Bielorussia, Ucraina, Cecoslovacchia, Yugoslavia, Sudafrica.
La Dichiarazione, essendo una risoluzione dell'Assemblea Generale, aveva almeno inizialmente, solo il valore di una raccomandazione. Ma in seguito il suo contenuto è divenuto parte integrante dei principi inderogabili del diritto internazionale.
Passarono diversi anni affinché molti di questi diritti enunciati nel 1948 entrassero in vigore. Uno dei principali ostacoli fu la guerra fredda. I diritti Economici, Sociali e Culturali furono sostanzialmente delle norme programmatiche che ogni stato avrebbe dovuto sviluppare. Questo fu un grosso limite in parte superato nel 1978 quando l'ECOSOC diede vita a comitati che divennero operativi dal 1987.
Un momento importante fu la Dichiarazione ed il Programma concernenti l'instaurazione di un Nuovo Ordine Economico Internazionale adottato dall'Assemblea Generale dell'ONU nel 1974. È il punto di riferimento essenziale per ogni discussione in proposito. La vera pace e rispetto dei Diritti Umani non è solo assenza di guerra, o addirittura di una guerra mondiale, ma un impegno quotidiano contro tutti i motivi di tensione e di conflitto.
Un altro argomento molto dibattuto fu il nuovo ordine mondiale dell'informazione: l'UNESCO è stata riconosciuta dagli organismi internazionali come la principale "arena" in cui discutere i problemi dell'informazione e della comunicazione, grazie al suo carattere interdisciplinare ed interculturale.
Dossier sui Diritti Umani a cura di Giorgio Gasperoni Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
Il 10 Dicembre del 1948 fu firmata a Parigi la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Prese forma dall'indignazione suscitata per le terribili conseguenze dovute alla Seconda Guerra mondiale; questo documento costituisce la base delle Nazioni Unite insieme al suo stesso Statuto del 1945.
Il documento riveste un'importanza fondamentale in quanto sancisce universalmente i diritti che spettano ad ogni essere umano. Naturalmente, con dei distinguo da parte di nazioni non democratiche che affermano che la Dichiarazione, essendo una enunciazione di Principio dell'Assemblea, non è giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell'organizzazione dell'ONU.
Comunque, la Dichiarazione condensa un intenso percorso storico fatto di dibattiti filosofici sull'etica e i diritti umani nelle varie epoche storiche e nelle varie regioni del mondo.
Indubbiamente, la dichiarazione ha subito un'influenza fortissima dei principi etici classico-europei a partire dal Bill of Rights (1689), alla Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti (4 luglio 1776), alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1979 durante la Rivoluzione Francese. I diritti civili e politici di queste dichiarazioni precedenti sono molto presenti in quest'ultima Dichiarazione.
Per arrivare alla versione definitiva c'è stato un ampio dibattito che va dal 21 settembre all'8 Dicembre 1948, fra i quali si sono distinti i Dr. R. Cassin, Dr. Malik, Dott. Chang.
Il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani recita:
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.»
Durante l'intenso dibattito intercorsone gli ultimi mesi del '48, il rappresentante del Brasile, Austregésilo de Athayde, aveva suggerito che il primo articolo della Dichiarazione iniziasse in questo modo: "Creati a somiglianza ed immagine di Dio, essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza".
Del resto, il Preambolo alla "Dichiarazione d'Indipendenza" degli Sati Uniti d'America faceva riferimento al Creatore, "Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità". Anche il Preambolo alla "Dichiarazione dei Diritti dell'uomo e del cittadino" francese recita, "In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino". Riconoscendoli come "naturali, inalienabili e sacri".
Il rappresentante del Brasile nel sostenere la sua tesi all'interno della Commissione dei Diritti Umani aveva fatto notare per di difendere i diritti espressi nella dichiarazione era importante che non risultassero troppo generici. Nel Preambolo ci doveva essere un riferimento a Dio come l'origine assoluta di tutti i diritti. Questo avrebbe riconosciuto l'importanza delle grandi correnti spirituali per mantenere e sviluppare la cooperazione internazionale... Il lavoro della Commissione sarebbe stato molto più in sintonia con la volontà e speranze dei popoli e, invece di essere solo un'espressione arida della filosofia agnostica, avrebbe rispettato la fede religiosa della maggior parte dell'umanità.
Il rappresentante del Libano, Charles H. Malik voleva un esplicito riferimento a Dio nel primo articolo per affermare che gli individui sono dotati di alcuni inalienabili diritti dategli dal loro Creatore. Il rappresentante francese, René Cassin non fu d'accordo, perché come sosteneva lui, tutto ciò avrebbe ridotto la portata universale del documento.
Il rappresentante cinese, Pen-Chung Chang, voleva aggiustare la Dichiarazione dalla prospettiva confuciana che riconosce il "cielo" ma non ha il concetto di Dio. Quindi ha chiesto che fossero omesse le parole "Dio" e "per natura".
Molto probabilmente, a distanza di più di 60 anni, è giunto il tempo di aggiungere Dio e i valori assoluti senza il pericolo di perdere l'accezione universale. Un buon esempio di questo è l'elegante testo del Preambolo della Costituzione polacca che recita: "Per coloro che credono che Dio è l'origine della giustizia, bellezza, e bontà e molti altri valori, e per coloro che potrebbero non credere in Dio ma allo stesso tempo apprezzano questi valori...". Nel 2000 il Rev. Moon ha proposto alle Nazioni Unite di inserire un Consiglio Interreligioso al loro interno. (La proposta viene riportata a parte su questo numero)
I sostenitori della legge della natura sostengono che i diritti umani non risiedono in documenti legali ma sono parte integrante della nostra natura in quanto essere umani, una natura che è superiore e precede tutti i decreti legali. Le tradizioni religiose sostengono che tali diritti naturali sono caratteristiche dateci da Dio.
I sostenitori del positivismo sostengono che gli unici diritti accettabili sono quelli riconosciuti dai documenti legali. "I diritti non sono un qualcosa preesistente per natura che potremmo scoprire come ad esempio i cromosomi o i continenti. I diritti sono un qualche cosa che noi creiamo tramite delle convenzioni. Perciò, la domanda non è quali diritti hanno le creature ma piuttosto quali diritti noi vogliamo avere".
Benedetto XVI nel suo messaggio nel Giorno Mondiale della Pace, 1 Gennaio 2007, affermava che solamente se radicati nella natura dataci da Dio, i diritti attribuiti a lui possono essere affermati senza paura di contraddizione. Conseguentemente, è importante che le agenzie internazionali non perdano di vista la fondazione naturale dei diritti. Questo eviterebbe il rischio di scivolare, sfortunatamente sempre presente, verso un'interpretazione positivistica di tali diritti.
La protezione dell'amore e della vita, libertà di coscienza e responsabilità, ed anche la proprietà e molti altri diritti inalienabili, non esistono semplicemente perché qualcuno li ha scoperti ho riconosciuti oppure sono stato stabiliti per legge. Al contrario, amore, vita e libertà di coscienza, e responsabilità, così come la proprietà esistono da sempre. Questo ha creato l'esigenza nei popoli di fare delle leggi per proteggerli.
L'esistenza di costituzioni scritte le quali esprimono la volontà sovrana dei popoli e delle loro famiglie in termini di giustizia e legge naturale, è la protezione più efficace dall'abuso del potere, dalla distruzione della libertà, e la debolezza umana di coloro che ci governano.
Concludo questa analisi sui diritti umani con una dichiarazione del Dott. Miguel Angel Cano, di Etica e Pace: "ogni essere umano, senza distinzioni di genere, razza, etnicità, classe o condizione sociale ha la stessa speciale dignità, parte della sua natura o conferitagli da Dio, che distingue gli esseri umani dal resto dell'altre creature, lo stesso valore cosmico, unico ed eterno il quale è innato ed intrinseco alla loro condizione umana. Perciò, tutti meritano la stessa considerazione e il più grande rispetto".
Il documento riveste un'importanza fondamentale in quanto sancisce universalmente i diritti che spettano ad ogni essere umano. Naturalmente, con dei distinguo da parte di nazioni non democratiche che affermano che la Dichiarazione, essendo una enunciazione di Principio dell'Assemblea, non è giuridicamente vincolante per gli Stati membri dell'organizzazione dell'ONU.
Comunque, la Dichiarazione condensa un intenso percorso storico fatto di dibattiti filosofici sull'etica e i diritti umani nelle varie epoche storiche e nelle varie regioni del mondo.
Indubbiamente, la dichiarazione ha subito un'influenza fortissima dei principi etici classico-europei a partire dal Bill of Rights (1689), alla Dichiarazione d'Indipendenza degli Stati Uniti (4 luglio 1776), alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1979 durante la Rivoluzione Francese. I diritti civili e politici di queste dichiarazioni precedenti sono molto presenti in quest'ultima Dichiarazione.
Per arrivare alla versione definitiva c'è stato un ampio dibattito che va dal 21 settembre all'8 Dicembre 1948, fra i quali si sono distinti i Dr. R. Cassin, Dr. Malik, Dott. Chang.
Il primo articolo della Dichiarazione universale dei diritti umani recita:
«Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti.
Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.»
Durante l'intenso dibattito intercorsone gli ultimi mesi del '48, il rappresentante del Brasile, Austregésilo de Athayde, aveva suggerito che il primo articolo della Dichiarazione iniziasse in questo modo: "Creati a somiglianza ed immagine di Dio, essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza".
Del resto, il Preambolo alla "Dichiarazione d'Indipendenza" degli Sati Uniti d'America faceva riferimento al Creatore, "Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità". Anche il Preambolo alla "Dichiarazione dei Diritti dell'uomo e del cittadino" francese recita, "In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i seguenti diritti dell’uomo e del cittadino". Riconoscendoli come "naturali, inalienabili e sacri".
Il rappresentante del Brasile nel sostenere la sua tesi all'interno della Commissione dei Diritti Umani aveva fatto notare per di difendere i diritti espressi nella dichiarazione era importante che non risultassero troppo generici. Nel Preambolo ci doveva essere un riferimento a Dio come l'origine assoluta di tutti i diritti. Questo avrebbe riconosciuto l'importanza delle grandi correnti spirituali per mantenere e sviluppare la cooperazione internazionale... Il lavoro della Commissione sarebbe stato molto più in sintonia con la volontà e speranze dei popoli e, invece di essere solo un'espressione arida della filosofia agnostica, avrebbe rispettato la fede religiosa della maggior parte dell'umanità.
Il rappresentante del Libano, Charles H. Malik voleva un esplicito riferimento a Dio nel primo articolo per affermare che gli individui sono dotati di alcuni inalienabili diritti dategli dal loro Creatore. Il rappresentante francese, René Cassin non fu d'accordo, perché come sosteneva lui, tutto ciò avrebbe ridotto la portata universale del documento.
Il rappresentante cinese, Pen-Chung Chang, voleva aggiustare la Dichiarazione dalla prospettiva confuciana che riconosce il "cielo" ma non ha il concetto di Dio. Quindi ha chiesto che fossero omesse le parole "Dio" e "per natura".
Molto probabilmente, a distanza di più di 60 anni, è giunto il tempo di aggiungere Dio e i valori assoluti senza il pericolo di perdere l'accezione universale. Un buon esempio di questo è l'elegante testo del Preambolo della Costituzione polacca che recita: "Per coloro che credono che Dio è l'origine della giustizia, bellezza, e bontà e molti altri valori, e per coloro che potrebbero non credere in Dio ma allo stesso tempo apprezzano questi valori...". Nel 2000 il Rev. Moon ha proposto alle Nazioni Unite di inserire un Consiglio Interreligioso al loro interno. (La proposta viene riportata a parte su questo numero)
I sostenitori della legge della natura sostengono che i diritti umani non risiedono in documenti legali ma sono parte integrante della nostra natura in quanto essere umani, una natura che è superiore e precede tutti i decreti legali. Le tradizioni religiose sostengono che tali diritti naturali sono caratteristiche dateci da Dio.
I sostenitori del positivismo sostengono che gli unici diritti accettabili sono quelli riconosciuti dai documenti legali. "I diritti non sono un qualcosa preesistente per natura che potremmo scoprire come ad esempio i cromosomi o i continenti. I diritti sono un qualche cosa che noi creiamo tramite delle convenzioni. Perciò, la domanda non è quali diritti hanno le creature ma piuttosto quali diritti noi vogliamo avere".
Benedetto XVI nel suo messaggio nel Giorno Mondiale della Pace, 1 Gennaio 2007, affermava che solamente se radicati nella natura dataci da Dio, i diritti attribuiti a lui possono essere affermati senza paura di contraddizione. Conseguentemente, è importante che le agenzie internazionali non perdano di vista la fondazione naturale dei diritti. Questo eviterebbe il rischio di scivolare, sfortunatamente sempre presente, verso un'interpretazione positivistica di tali diritti.
La protezione dell'amore e della vita, libertà di coscienza e responsabilità, ed anche la proprietà e molti altri diritti inalienabili, non esistono semplicemente perché qualcuno li ha scoperti ho riconosciuti oppure sono stato stabiliti per legge. Al contrario, amore, vita e libertà di coscienza, e responsabilità, così come la proprietà esistono da sempre. Questo ha creato l'esigenza nei popoli di fare delle leggi per proteggerli.
L'esistenza di costituzioni scritte le quali esprimono la volontà sovrana dei popoli e delle loro famiglie in termini di giustizia e legge naturale, è la protezione più efficace dall'abuso del potere, dalla distruzione della libertà, e la debolezza umana di coloro che ci governano.
Concludo questa analisi sui diritti umani con una dichiarazione del Dott. Miguel Angel Cano, di Etica e Pace: "ogni essere umano, senza distinzioni di genere, razza, etnicità, classe o condizione sociale ha la stessa speciale dignità, parte della sua natura o conferitagli da Dio, che distingue gli esseri umani dal resto dell'altre creature, lo stesso valore cosmico, unico ed eterno il quale è innato ed intrinseco alla loro condizione umana. Perciò, tutti meritano la stessa considerazione e il più grande rispetto".
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