1 marzo 2008

Quali gli obiettivi dell’Educazione?

di Giuseppe Calì

Dal Corriere della Sera del 30 gennaio 2008 :“Proposta del ministro per la scuola e l’infanzia Ed Balls: alle elementari basta dire mamma e papà, contro l’omofobia meglio parlare di genitori”.

La proposta fatta propria dal ministro britannico per abituare i bambini delle elementari all'idea che ci potrebbero essere genitori dello stesso sesso. Nelle scuole elementari britanniche sarà proibito usare l'espressione «mamma e papà» e diventerà obbligatorio utilizzare l'espressione neutra «genitori», in modo particolare nelle comunicazioni a casa. L’espressione «mamma e papà» lede i diritti dei genitori omosessuali e favorirebbe pregiudizi anti-gay, inoltre i bambini non dovrebbero avere un'idea «convenzionale» della famiglia. Ma non solo: l'iniziativa prevede che, quando si discuterà di matrimonio nelle scuole medie, gli insegnanti dovranno parlare anche delle unioni civili e dei diritti sulle adozioni gay.
Di questo articolo la cosa che mi sconvolge di più è il titolo di Ed Balls: “ministro per la scuola e per l’infanzia”, cioè l’autorità massima dello stato preposta alla formazione dei bambini. È non è che il fatto che questa proposta sia stata formulata a Londra mi consoli. Sono certo che diversi parlamentari italiani abbiano idee ancora più estreme sull’argomento. Che “l’espressione papà e mamma” possa poi ledere i diritti di qualcuno è altrettanto paradossale.
È incredibile come non ci si accorga di come la nostra società sia profondamente malata o perlomeno di cosa sia malata. L’unica crisi di cui ci si preoccupa veramente oggi è quella economica, che pur essendo difficile e drammatica, ha delle cause che non risiedono soltanto nell’inadeguatezza dei macrosistemi oramai obsoleti .
L’uomo d’oggi è estremamente evoluto per molti aspetti. È quasi un dio per il potere che riesce a gestire e le possibilità infinite che il suo intelletto gli fornisce. È infatti un essere il cui raziocinio arriva a dominare e quasi seppellire tutti gli altri aspetti della sua esistenza. Sentimenti, aspirazioni ideali e persino sessualità, sono diventati oramai non più categorie naturali e spirituali, legate a principi senza tempo né spazio, ma quasi esclusivamente culturali, legati quindi alle tendenze del momento.
Eppure in questo suo delirio di onnipotenza intellettuale, è profondamente debole, di una fragilità sconfortante e pericolosa. Un essere apparentemente padrone di sé, libero e consapevole che però soccombe alla minima difficoltà relazionale e che quindi reagisce alle sollecitazioni che la vita comporta con incredibile cinismo. Capace di costruire castelli culturali molto complessi quanto innaturali, pur di non arrivare mai ad ascoltare la propria coscienza. Capace di influenzare generazioni intere di suoi simili pur di coinvolgerli nella propria insufficienza esistenziale e non affrontare così le proprie paure. Capace di usare istituzioni intere addirittura, pur di celebrare e servire se stesso, invece che vivere al servizio del prossimo, che è l’unica chiave per la felicità. Ascoltare la coscienza, affrontare le paure ed i limiti, servizio ed amore per il prossimo, sono cose assolutamente necessarie affinché la vita di un uomo diventi quel piccolo capolavoro di coraggio, abnegazione, amore per sé stessi e per gli altri, che tutti siamo chiamati a costruire. È l’opera d’arte della vita.
Seguendo la cronaca è facile notare un fenomeno moderno. Persone apparentemente normalissime, sempre più spesso giovanissime, che d’un tratto si trasformano in bestie feroci. Per “motivi futili” dice la cronaca, ma chi è attento all’evoluzione dei moti dell’animo, sa che i motivi non sono mai futili. Come può essere che, una persona qualunque, improvvisamente possa manifestare istinti così malvagi e liberarli in attimi di distruttività allucinata? Salvo poi ritornare in sé, subito dopo, perfettamente lucida e pronta a difendere se stessa a tutti i costi e con tutti i mezzi, senza nessun segno di pentimento, anche dopo aver appena ucciso, violentato, o fatto cose che superano persino le fantasie di Hollywood.
Che nella storia ci siano stati tanti criminali che hanno fatto le cose peggiori è un fatto, ma per questo sono ricordati come mostri. Oggi non sono più soltanto i criminali che agiscono così, ma i figli della società opulenta, benpensante, democratica e civile. È un tendenza che statisticamente cresce e dovrebbe veramente farci riflettere sulle cause di tale fenomeno. Qualcuno dice che è perché i giovani non trovano lavoro, perché siamo stressati dalle difficoltà economiche, e comunque che le cause sono da imputare a difficoltà oggettive. Io penso che dovremmo cogliere invece i segni di un malessere che si annida più profondamente nel cuore dell’uomo di oggi, quindi essenzialmente spirituale.
La cosa più assurda è che, in questa situazione di smarrimento, si vuole impedire agli uomini di fede di parlare, di dare la loro testimonianza, come se la fede fosse un abito che si può mettere e togliere a piacimento. Perché? Perché non è politicamente corretto, in nome della laicità dello stato. Uno stato così estremamente laico non può garantire una qualità di vita vera, non potrà contrastare il declino morale e spirituale.
E non è detto che abbiamo toccato quel fatidico fondo dal quale poi non si può far altro che risalire. Si dice che al peggio non c’è mai fine. Temo che, continuando così, vedremo cose ancora peggiori fino a che la nostra stessa umanità sarà in pericolo, la nostra anima non troverà più pace. E allora a chi ci rivolgeremo? Ai politici forse? Non può esistere una economia equa senza altruismo e carità, come non può esistere una politica , una scienza, un’arte, una professione separate dalla consapevolezza del bene comune che è essenzialmente una qualità spirituale.
Lo spettacolo deprimente al quale assistiamo da parte delle autorità politiche, non è tale, in quanto comunque non porta alla soluzione dei problemi che la gente vive, ma molto di più in quanto dà una rappresentazione della realtà e della vita stessa che non dà scampo, né speranza e non respira di quei principi superiori che alimentano la vita stessa.
È forse vero che un politico non è tenuto a tutto ciò, ma che debba esclusivamente tentare di occuparsi delle cose pubbliche? Niente di più sbagliato ed inefficiente! Io non ho mai creduto in questa separazione, che è molto più drammatica della comprensibilissima separazione tra stato e chiesa: la separazione tra vita e spirito, tra principi e valori, tra benessere interiore ed esteriore, tra vita pubblica e sacrificio per il bene comune. Non c’è soluzione al di fuori della completa unità tra interiore ed esteriore, tra materia e spirito. Un politico che vive e lavora al servizio della comunità, non può essere un semplice tappabuchi, uno che opera all’interno di spazi esclusivamente pragmatici. Deve anch’esso respirare la grandezza della vita, della dimensione dei grandi principi che reggono l’esistenza umana. Solo allora potrà comprendere cosa è l’uomo e cosa giova ad un popolo. Solo allora potrà essere, non solo un buon economista, ma un produttore di vera economia, che costruisce benessere ed equità. Non solo un bravo politico di mestiere, ma un leader che costruisce la felicità della sua gente. Platone sosteneva che un re debba essere anche filosofo o addirittura che sarebbe meglio che i filosofi diventassero re. Ma quali filosofi? Portatori di quali idee? Forse di quella che dice che parlare di papà e mamma, parole antiche come l’amore stesso, lede i diritti di qualcuno? O di quella che banalizza la distruzione sistematica dello spirito dei nostri giovani, in nome della cosiddetta “evoluzione dei costumi”. Siamo proprio convinti che questa sia “evoluzione”? Non è che, invece, stiamo privandoli della stessa giovinezza, che è il loro bene più prezioso?
Abbiamo bisogno, a mio parere, di uno scossone forte, che ci svegli dal torpore culturale in cui siamo imprigionati e che ci fa girare su noi stessi fino a farci perdere l’equilibrio. Un impulso nuovo che permetta di risollevarci dalla miseria esistenziale nella quale continuiamo a rivoltarci, ebri di falsa libertà e della nostra apparente superiorità intellettuale.
Una riorganizzazione politico-economica, della quale c’è assoluto bisogno a livello globale, non può andare nella direzione contraria alla evoluzione spirituale dell’uomo. Non può essere attuata a scapito del benessere interiore delle nuove generazioni e di tutto ciò che li aiuta a formarsi in modo equilibrato. È un prezzo troppo alto, quello che questa pretesa “emancipazione” vuole imporci. Un conto sono i diritti degli individui ed un altro conto è il diritto che una intera civiltà ha di continuare ad esistere e prosperare, nel rispetto delle proprie verità fondamentali. Ascoltare soltanto gli uni, arriva spesso a negare il bene comune, focalizzarsi sui principi universali arriva invece a garantire tutti, gli individui e la società nel suo insieme.
Certo, non bisogna scoraggiarsi e mantenere la speranza e la dignità, anche in questo caos, dove la prima cosa che spesso viene in mente è il fatidico “fermate il mondo, voglio scendere” . C’è un grande bisogno di coraggio, coerenza, pazienza ed equilibrio, perché credo che la soluzione richieda sempre l’impegno di persone di buona volontà, di tutte le culture, le religioni, le razze, che sappiano insieme abbracciare gli ideali più grandi e farne il motivo conduttore della propria vita. Questo è ciò che possiamo fare noi, il resto spetta a Lui.

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