Coloro che hanno maggiormente influenzato l’evoluzione degli usi e costumi, e lasciato l’impronta più forte in tutte le varie civiltà, sono state le figure di tipo religioso – filosofico
Di Giuseppe Calì
Nel corso della storia, di rivoluzioni, ce ne sono state
tante, famose e meno famose. Per rivoluzione intendo anche quei movimenti di
pensiero, religioso o culturale, che hanno influenzato il divenire della
società in modo profondo e rapido. Non solo quindi rivoluzione Americana,
Francese o Russa, ma anche del pensiero filosofico greco, della spiritualità
cristiana dei primi tempi, Islamica (che ha coinvolto tutto il medio oriente ed
oltre), e così via. Se consideriamo l’estremo oriente, possiamo parlare di
Buddha e Confucio come autentici rivoluzionari del pensiero, creatori di
culture nuove, che hanno poi raggiunto grande estensione.
Siamo istruiti ed anche abituati a pensare che la storia
sia soprattutto una successione di guerre, guidate da condottieri vittoriosi
che hanno condizionato popoli e nazioni. Se osserviamo bene, però, coloro che
hanno maggiormente influenzato l’evoluzione degli usi e costumi, e lasciato
l’impronta più forte in tutte le varie civiltà, sono state le figure di tipo
religioso – filosofico.
Nello stesso tempo, possiamo constatare che altre forme
di pensiero, spesso in contrasto con le prime, sono sorte ed hanno generato
anch’esse aree di egemonia culturale molto estese. L’umanesimo, l’illuminismo,
l’empirismo, il naturalismo darwiniano, la psicoanalisi, fino al comunismo ed
infine al materialismo, assurto oggi di fatto a ideologia vera e propria, il
cui centro è il benessere dell’individuo a qualunque costo. Persino la scienza,
dottrina della ricerca del dominio sulla natura e della conoscenza delle sue
leggi, è oggi elevata al rango di pensiero filosofico e visione della vita, a
dimostrare come l’uomo non sia stato in grado di conciliare le esigenze
interiori e la sua ricerca della felicità spirituale, con quella del benessere
fisico. O l’una o l’altro. Due visioni della vita che, anziché collaborare ed
integrarsi per il bene dell’uomo nella sua totalità, lottano per il predominio
culturale.
È sufficiente osservare ancora una volta la storia, però
con spirito libero, per comprendere che il predominio di una cultura sull’altra
non ha mai portato un gran bene all’uomo. Quell’equilibrio da cui potrebbe
nascere una civiltà della pace non è mai stato trovato, e continuiamo a passare
da integralismi religiosi a visioni incredibilmente pragmatiche e limitanti
dell’esistenza umana.
È nell’uomo e a partire da esso che andrebbero unificate
queste energie affinché insieme possano generare pace, prosperità e giustizia.
L’uomo e la donna sono il punto di partenza della vita e quindi anche della
società. È li che l’equilibrio vero deve essere trovato, in loro e tra di loro.
L’uomo oggi vuole riappropriarsi della propria esistenza,
uscire dall’illusione che conti qualcosa solo perché compra, vota, prega,
spera, fa sesso spicciolo e lotta per sopravvivere. La verità è che allo stato
attuale delle cose, l’uomo non conta più nulla. I grandi poteri ed i sistemi
costruiti su essi dominano, in una sorta di paesaggio alla “Matrix”, per chi ha
visto il famoso film. Grazie a Dio, comunque, il più grande potere di cui
l’uomo possa disporre non è quello economico e nemmeno quello delle armi: è
quello del pensiero, della coscienza, e questo potere si è oggi risvegliato dal
sonno ipnotico in cui è stato posto forzatamente per troppo tempo.
Il fenomeno sociale dei movimenti che dal basso cercano
di emergere, di cambiare le cose, non sono che l’inizio di una trasformazione
radicale che non potrà essere fermata. Lo abbiamo visto con la “primavera
araba”. Non ci sono armi che tengano o accordi di alto livello che possano
gestire questa forza.
Il pericolo in tutto questo è che questi movimenti, che
nascono dalla sacrosanta ribellione alla mancanza di libertà vera, presupposto
della felicità e dell’amore per il prossimo, non avendo punti di riferimento
precisi, possano sfociare nella violenza, nella distruttività o perlomeno nel
nulla politico. Abolire e contrastare non basta, anche se sono d’accordo con
Martin Luther King sul fatto che la non collaborazione con il male è dovere di
ogni uomo. Bisogna soprattutto costruire
il nuovo, e per questo c’è assoluto bisogno di una cultura, di un pensiero
trainante, che possa indicare la strada su cui incanalare tutta questa energia.
In questo senso l’UPF può avere un ruolo determinante,
creando dialogo e collaborazione, promuovendo tutti quei valori e soprattutto
Principi su cui poggia il suo operare. Principi e valori che nascono dalla
saggezza antica, universale, ma che devono concretizzarsi oggi in modo attuale,
adatto al nostro tempo. Questo è il nostro impegno e per questo abbiamo
speranza. Noi crediamo che oggi esistano
i presupposti per un cambiamento epocale, proprio nel senso di un nuovo e più
elevato equilibrio tra spirito e materia, e quindi per la costruzione di una
nuova civiltà più evoluta, sia in ambito scientifico che in quello spirituale.
Oggi la scienza scopre che la materia si assottiglia
sempre di più, diventa energia pura, sempre più simile nella sua essenza allo
spirito e scopre ciò che la spiritualità ha sempre sostenuto: che la forza
dello spirito ha un impatto enorme nella materia, che l’invisibile agisce nel
mondo fisico con grande potenza. Materia e spirito si avvicinano sempre di più
ed è vicino il giorno in cui scopriremo definitivamente che non ci sono
effettivi confini tra queste due dimensioni, che anzi sono una sola dimensione
che segue le stesse leggi che armonizzano l’universo intero.
Nello stesso tempo, nonostante le ancora presenti e
numerose difficoltà e differenze, le religioni si avvicinano tra loro, si
capiscono di più, dialogano, prendono coscienza di aver bisogno l’una
dell’altra, perché il mondo sta andando alla deriva e nessuna di esse da sola
ha più il modo di salvarlo. Nell’era della globalizzazione, che viene purtroppo
intesa meramente come mercato globale, deve avvenire una trasformazione
radicale nel modo di percepire l’altro. Nessuna nazione, religione, economia,
ha più la soluzione da sé. Le cose o si risolvono insieme, o non c’è soluzione.
Il metodo basato sull’antagonismo è obsoleto. Per esemplificare il concetto,
non si può risolvere il problema dell’economia mondiale cercando di salvare
alcune nazioni di interesse cosiddetto primario, senza considerare le altre.
Tutte la nazioni e tutti i popoli devono essere considerati primari, anche i
più piccoli e deboli, ed il piano di ricostruzione deve includere anche questi.
Non si può risolvere, per fare ancora un esempio, questo stesso problema
“contro” la Cina, ma soltanto “con” la Cina.
Così è tra le religioni. Fino ad ora il dialogo è stato di facciata,
diplomatico, come tra lottatori che sono coscienti della forza dell’avversario
e non vogliono provocarlo. Un po’ come nella guerra fredda. L’Islam con la sua
avanzata fa paura, allora è meglio farselo amico, per cercare di controllarlo
ed ammansirlo. Ciò vale anche dalla parte Islamica, dove si cercano territori
nuovi da conquistare. Questo atteggiamento ha come sfondo l’inimicizia, non
l’amore. Cosa avverrà quando questa tregua fragile crollerà? Come troveremo le
risorse per la convivenza pacifica, se
non avremo preparato culturalmente e spiritualmente le nuove generazioni?
Per questo è il tempo della vera fratellanza e della
collaborazione fattiva per il bene dell’umanità intera. È tempo del coraggio di
uscire dalle proprie Chiese, dalle proprie nazioni, addirittura dalle proprie
convinzioni radicate, per incontrare, abbracciare, amare l’altro. Non potremo
ridare animo alla società senza questo atteggiamento di rispetto, condivisione
e cooperazione piena ed incondizionata, anche con i movimenti più piccoli. È
tempo di crescere, di diventare maturi attraverso la spiritualità universale
che caratterizzerà sempre di più il nostro tempo. Le istituzioni religiose che
non comprenderanno questo e continueranno ad essere completamente
autoreferenziali crolleranno, anzi stanno già crollando. La crisi spirituale
globale, una vera “Armageddon” dell’anima, può essere vinta soltanto insieme.
Tutti insieme. E questo, in tutta umiltà e sincerità, credo che sia il modo
attraverso cui Dio stesso ci sta guidando, chiedendoci, come uomini del terzo
millennio, di imparare a vivere come un’unica famiglia umana, senza più
barriere.
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