26 novembre 2013

Myanmar, la transizione democratica tra spinte al futuro e retaggi del passato


euronews | 21 novembre 2013

Dopo mezzo secolo di di dittatura militare conclusasi appena due anni fa il Myanmar è pronto per aprirsi al mondo. Ma nel paese è oggi davvero escluso il rischio di una nuova ondata di repressione, come quella che ha già portato alla prigionia di Aung San Suu Kiy e delle altre migliaia di attivisti, compresi i monaci della “rivoluzione zafferano?”

L’appuntamento cruciale, a seguito del quale si capirà se il paese è davvero pronto per un cambiamento, è rappresentato dalle elezioni del 2015. Intanto il paese continua a essere segnato da un’accesa violenza etnica rivolta soprattutto verso la minoranza musulmana. In Myanmar si contano oltre 100 minoranze etniche tra queste i musulmani rappresentano circa il 4%.
Per Piy Kyam, monaco tra quelli ad aver preso parte alla “rivoluzione zafferano” nel 2010 la violenza è semplice propaganda politica:“La violenza settaria è opera del governo. E’ una strategia creata in vista delle elezioni del 2015. E’ stato il govero ad agitare le acque tra gli agricoltori e gli altri lavoratori. E’ un modo per creare delle tenisioni. E lo stesso vale per il problema della proprietà terriera”.

Il direttore della testata d’opposizione Democratic Voice of Burma Zoe Zaw Latt racconta :“E’ sempre piu`difficile coprire le violenze settarie. Appena accade qualcosa, la polizia chiude le strade. Vengono create delle vere e proprie barriere fisiche. E’ anche difficile raggiungere alcune delle minoranze marginalizzate perché risiedono in aree remote del paese. Uno dei nostri giornalisti è stato picchiato perché aveva ripreso alcune scene di violenza. Gli hanno sequestrato la telecamera”.

Democratic Voice of Burma ha lavorato per anni seguendo il Myanmanr dall’estero. Oggi può contare su una sede a Yangon. Nonostante questo però molti dei giornalisti ammettono che le condizioni di lavoro continuano a essere difficili. Soprattutto se si guarda alle elezioni del 2015. Than Win Htut è uno di questi e ammette: “Abbiamo il problema di come coprire le prossime elezioni. I problemi sono anche di tipo logistico: non esistono trasporti, non ci sono telecomunicazioni o infrastrutture a facilitare il compito. E’ tutto molto complicato”.

Alla transizione democratica del Myanmar guarda con interese anche l’Unione europea. Dopo aver alleggerito le sanzioni circa un anno e mezzo fa Bruxelles ha anche promosso nel mese di novembre una visita diplomatico- commerciale nel Paese.

“Tutti coloro che hanno partecipato a questa visita possono testimoniare il reale impegno europeo affinché si vedano migliorate le condizioni di vita in Myanmar e siano garantite a tutti reali possibilità di occupazione. L’Europa vuole anche procedre a creare delle concrete occasioni di partnership con il paese” ha dichiarato Catherine Ashton ai giornalisti europei a margine della visita.

Agli incontri con la delegazione europea ha preso parte anche Aung San Suu Kiy. Il premio Nobel per la Pace, eletta in parlamento è oggi tra i fervidi sostenitori di una riforma costituzionale. “Stiamo compiendo sforzi continui nel tentativo di assicurare che la politica proceda lungo il giusto cammino” ha affermato San Suu Kyi “Non è un processo automatico, , che si possa definire concluso, senza necessità di miglioramento. La transizione è un lavoro in divenire, da compiere anno dopo anno, decade dopo decade, generazione dopo generazione”.

Il Myanmar inizia ad attrarre anche gli appetiti commerciali e industriali. Ovunque nelle grandi città vanno affermandosi stili e abitudini occidentali.

Vicky Bownan è la fondatrica di una Ong impegnata a monitorare il processo di “industrializzazione” del paese, in modo da garantire che i benefici arrivino a tutta la popolazionedel paese . “Tra i principali rischi per gli investitori, soprattuto quelli che hanno intenzione d’investire sui terreni, è capire a chi appartengono i terreni” spiega Vicky “Se sono stai divisi, anche 20 anni fa. Oppure se esistono piani urbanistici che prevedono lo spostamento della popolazione da quell’area. In quel caso assicurarsi che i residenti vengano compensati adeguatamente. Fino ad oggi le compravendite sono state pessime nel Paese”.

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