8 marzo 2016

Una riflessione storica

Quali rapporti l’Europa dovrebbe costruire con la Russia?

di Marco Ricceri
Resta il fatto che la decisione di avviare concretamente il progetto di Unione eurasiatica, segna una svolta di grande valenza anche politica nei rapporti tra Europa e Russia; ed a questo riguardo non è fuor di luogo affermare che siamo di fronte ad una decisione di rilevanza storica, qualunque sia l’esito dell’operazione. L’elemento che giustifica una simile definizione si ritrova, appunto, nella storia del processo d’integrazione europea, in modo specifico nei tanti progetti di unificazione del continente che per secoli sono stati elaborati, proposti, discussi nelle sedi più diverse, prima che questo processo trovasse finalmente uno sbocco positivo nella realtà comunitaria del secondo dopoguerra.
L’analisi storica ci ricorda che ripetutamente, nella maggior parte di questi progetti, si è sempre posto il problema di quali rapporti l’Europa dovesse costruire con la Russia; se la Russia fosse europea oppure no; se l’Europa dovesse essere concepita come una realtà continentale spinta fino al confine degli Urali, ecc.; e la questione è sempre rimasta aperta, senza una risposta condivisa. Alcuni richiami concreti consentono di ricavarne delle indicazioni di merito.
Il Gran Dessin elaborato agli inizi del Seicento dal ministro francese Sully e presentato dal re Enrico IV a tutti i regnanti d’Europa è considerato tra i primi progetti organici di unificazione del continente europeo, vero modello di riferimento per i progetti che saranno elaborati nei secoli successivi, in particolare nel Settecento e nell’Ottocento. Nella proposta del re francese, al fine di costruire le condizioni per una pace duratura del continente e una valida difesa dai nemici esterni, gli Stati d’Europa dovevano unirsi in una Confederazione di Stati sotto la tutela di Consiglio d’Europa composto dai rappresentanti di tutte le Monarchie e Repubbliche, avente come missione la regolazione di tutte le questioni d’interesse comune e di elaborare tutti i progetti concernenti l’insieme della Repubblica cristiana. Le decisioni del Consiglio devono essere considerate esecutorie e definitive, la sovranità degli Stati sarà una sovranità condizionale. La Russia, questo il punto che interessa, è annoverata insieme ai Tartari tra i nemici dell’Europa e non dovrà essere ammessa come membro della Comunità cristiana.
Di orientamento opposto, il progetto elaborato e diffuso nel 1693 dall’inglese William Penn (che in America aveva fondato lo Stato cristiano della Pennsylvania). Al fine di costruire la pace presente e futura dell’Europa, Penn propone l’organizzazione nel continente di una Dieta europea, Stati generali o Parlamento per stabilirvi regole di giustizia che i principi siano obbligati a osservare gli uni verso gli altri, formata da un determinato numero di rappresentanti di tutti gli Stati europei, con sede e bilancio autonomi. Se i Turchi e i Moscoviti volessero entrare in questo progetto, come sarebbe giusto – avrebbero, come numero di rappresentanti – dieci ciascuno. In questo caso dunque, la Russia è invitata a far parte della Dieta europea.
Analogo orientamento positivo si ritrova in un altro importante progetto di unificazione europea, elaborato nel 1713 dall’abate di Saint Pierre e discusso nei circoli illuministi di tutta Europa, ottenendo unanimi consensi. Anche in questo caso, per render la pace perpetua in Europa, Saint Pierre propone un trattato dell’Unione europea per la formazione di un Congresso perpetuo composto dai rappresentanti di tutti gli Stati europei, per risolvere i problemi comuni, dalla difesa del continente alla promozione del commercio in generale e dei diversi commerci tra le nazioni particolari in modo che le leggi siano uguali e reciproche per tutte le nazioni e fondate sull’uguaglianza. Circa i rapporti esterni, l’Unione dovrà fare con i sovrani maomettani trattati di garanzia reciproca per evitare le guerre, mentre i rappresentanti della Moscovia dovranno far parte del Congresso europeo.
Per Voltaire, invece, il quale parlava apertamente di Europa come patria comune, di Repubblica europea, la Russia era da escludere dall’Europa cristiana – da intendere – come una specie di grande Repubblica divisa in più Stati.
Il richiamo a questi progetti e a queste posizioni ambivalenti riguardo ai rapporti tra Europa e Russia potrebbe continuare a lungo, fino agli ultimi decenni del secolo passato. Sarebbe quasi d’obbligo, ad esempio, un’illustrazione delle posizioni di de Gaulle e della sua concezione di un’Europa spinta fino agli Urali. Il fatto è che quest’ambivalenza si è mantenuta, improduttiva e talvolta anche controproducente, fino ai nostri giorni.
Ecco, una chiave di lettura adeguata circa l’importanza dell’iniziativa di Eurasia sta proprio nel recupero di un criterio interpretativo di carattere storico. Infatti, è in base ad esso che si arriva a comprendere bene la natura del seguente fatto: che i promotori hanno avuto il coraggio di sciogliere finalmente l’elemento di ambiguità, perdurato nei secoli, circa i rapporti con l’Europa, e di aver optato per la costruzione di un soggetto istituzionale e politico, autonomo ed originale, attingendo al proprio patrimonio di valori, non solo rispondendo a semplici esigenze economiche. Quel mondo ha operato la sua scelta; e per quanto siano importanti le ragioni economiche, la vera valenza di tale scelta sta nel suo contenuto politico. Tale scelta contribuisce, come si è detto, a portare un elemento di chiarezza anche nella situazione geo-politica internazionale sottoposta alle tensioni continue del processo di globalizzazione. Ma ciò che ci interessa più da vicino, come cittadini europei, è che quest’operazione di distinzione e di chiarezza investe soprattutto le relazioni con la Ue, che è chiamata a prenderne atto ed a fare con altrettanta determinazione e chiarezza una scelta storica nei confronti della Russia e del comune near-abroad1.

1 Marco Ricceri, Il cammino dell’idea d’Europa, Cosenza, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2005; Richard Sennett, La cultura del nuovo capitalismo, Bologna, il Mulino, 2006. 

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