Articolo ripreso dal numero di Voci di Pace - 1° quadrimestre 2016
I modi in cui esaminare la religione qui proposti sono: religione come comunità, religione come insieme d’insegnamenti, religione come spiritualità, religione come pratica religiosa e religione come discorso. Molti di questi modi di considerare la religione potrebbero essere rilevanti in qualsiasi contesto. Non sono quindi mutualmente esclusivi, e in molti casi potrebbero essere complementari.
La religione come comunità enfatizza gli aspetti collettivi e aggregativi della religione. In tempi di conflitto, la religione può diventare una risorsa importante per preservare o rafforzare la coesione sociale, sia all’interno che tra gruppi, incrementando quindi la resilienza della comunità. Per contro, le stesse dinamiche che rafforzano i legami sociali spesso conducono all’emergere di divisione tra gruppi. Dove le identità dei gruppi in conflitto hanno una componente religiosa, i confini del conflitto potrebbero essere tracciate lungo i confini dell’identità religiosa. La religione può diventare un segno distintivo della propria identità, utilizzato per designare chi è “amico” e chi “nemico”.
La religione come spiritualità si focalizza sulle esperienze personali con la Realtà Ultima. Tale esperienza spirituale può diventare la molla per l’azione sociale e politica, sia come portatrice di conflitto che come promotrice di pace. Esperienze condivise di spiritualità contribuiscono anche al rafforzamento dei legami tra individui e comunità.
La religione come pratica religiosa intende la religione come componente della vita quotidiana, presente nel cibo, nell’abbigliamento, ecc. e in una serie di pratiche codificate (usi, rituali, cerimonie). La società potrebbe essere interpretata come una comunità legata da comunicazione e rituali. A momenti significativi e decisivi nella vita di una persona, come la nascita, il matrimonio, o la morte viene data una forma stabile attraverso dei riti di passaggio. I conflitti stessi, che spesso rappresentano momenti decisivi della vita degli individui e delle comunità, possono essere regolati da tali riti di passaggio (riconciliazione, amministrazione della giustizia, commemorazione dei caduti in guerra).
La religione come discorso può essere compresa semplicemente come le parole e il linguaggio usati per comunicare. Un’interpretazione più profonda di questo termine spiega che si tratta della manifestazione di tutto un modo di pensare e agire nel mondo. Nei conflitti, l’uso del linguaggio e della retorica religiosa è attribuito talvolta a protagonisti della politica, che strumentalizzano la religione per aumentare l‘attrattiva del proprio messaggio. Tuttavia, ci sono anche molti casi in cui l’uso della retorica religiosa è la manifestazione genuina di una particolare visione del mondo. In tali casi, se i vari attori dello scenario politico fanno uso di linguaggi religiosi diversi, ciò potrebbe complicare la comunicazione e la comprensione, e maggiori sforzi saranno necessari per trovare il modo di affrontare queste difficoltà.
Definire la religione
Tentativi di definire la religione hanno generato una vasta letteratura, ed è ora generalmente accettato che una definizione assoluta non è possibile. Questo perché non esiste un concetto universale di religione. La religione può dunque essere compresa solo se calata nel contesto storico e sociale.
In generale, i tentativi di definire la religione ricadono in due categorie, quella “sostanzialista” e quella “funzionalista”. Le definizioni sostanzialiste cercano di dire cosa sia la religione, identificando una o più caratteristiche essenziali, come la fede in un Essere Superiore. Le definizioni funzionaliste si concentrano su cosa faccia la religione, come ad esempio il suo ruolo nel promuovere coesione sociale, o nel dare alle persone un senso di ordine nel mondo. Il problema di quasi tutte le definizioni sta nel fatto che finiscono per essere troppo restrittive, escludendo cose che molte persone considererebbero essere “religione”, oppure troppo allargate, etichettando come “religione” cose che molti non riterrebbero tali.
Dato il nostro interesse per la religione nel contesto dei conflitti sociali e politici, è per noi più interessante esaminare gli approcci che hanno studiato la realtà sociale della religione. Nel campo degli studi religiosi, questa è stata studiata da molti punti di vista diversi: storico, sistematico, fenomenologico, sociologico, etnologico, psicologico, femminista, spirituale, etico, geografico e teologico.
Per gli scopi della nostra relazione, la religione è qualsiasi cosa che i soggetti del nostro studio hanno considerato come “religione”.
Suggeriamo che ci siano tre fattori, che modellano la comprensione della religione nei conflitti:
1. La natura e il ruolo della religione nella società: poiché una religione è sempre radicata in una particolare cultura e periodo storico, la sua parte in un determinato conflitto sarà intimamente connesso alla natura specifica del suo ruolo nella comunità in cui il conflitto sta avendo luogo.
2. Il peso dei diversi aspetti della religione nell’ambito di uno specifico conflitto: ci potrebbero essere più dimensioni di una religione in una particolare società, che tuttavia saranno diversi nel modo in cui influenzano, direttamente o indirettamente, il conflitto preso in esame.
3. La personale comprensione della religione da parte dell’analista: nel settore della trasformazione dei conflitti è comunemente riconosciuto che nessuna analisi è puramente obiettiva. Quando si tratta di religione e conflitti, questo è particolarmente vero, data la natura molto personale della questione. La comprensione e rapporto personali con la religione, da parte di colui che analizza o pianifica il processo di trasformazione del conflitto, molto facilmente modellerà il modo in cui verrà percepito il ruolo della religione in un determinato conflitto.
Documentazione
ripresa su concessione di: © 2015 Owen Frazer, Richard Friedli and CSS ETH
Zurich - www.css.ethz.ch
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