8 marzo 2016

Eurasia: il momento per una scelta storica

La Federazione Russa, Bielorussia e Kazakhstan sono gli stati promotori 
delle prime due istituzioni costituite finora.

Marco Ricceri(1)

Cosa è Eurasia? Questa domanda che emerge con una certa frequenza nel corso di conferenze e incontri, anche molto qualificati, dedicati alle relazioni tra l’Unione europea e la Russia, in genere causa nei partecipanti una notevole confusione e incertezza. Le risposte, quando esistono, sono le più diverse: Eurasia è un territorio russo al di qua e al di là degli Urali; oppure, è una strategia di riposizionamento geo-politico della Federazione Russa basata su un maggiore avvicinamento alle realtà orientali. Ancora: Eurasia è un accordo di collaborazione tra vari Stati dell’area promosso dalla Federazione Russa; un’imprecisata struttura di raccordo, un ponte, tra l’Europa e il lontano Oriente.
Le notizie che si ricavano da giornali, riviste, siti internet descrivono invece un’iniziativa dai lineamenti ancora incerti, e tuttavia molto importante. Vediamo, in sintesi, i fatti descritti dai media e prendiamo, come esempio, quanto riferito dal quotidiano russo «Izvestia» che il 4 ottobre 2011 ha pubblicato, anche in lingua inglese, un articolo di Vladimir Putin intitolato Il futuro in costruzione. Nell’articolo il premier russo dichiara di voler portare gli Stati membri della Comunità degli Stati Indipendenti (Cis) all’interno di un’Unione eurasiatica, definita come un progetto essenziale d’integrazione: economica, innanzitutto, ma anche politica e culturale. Per valutare appieno la sua rilevanza, va aggiunto che il progetto euroasiatico è stato presentato come una delle principali proposte del suo mandato all’ultima campagna per le elezioni presidenziali 2012.
Un altro aspetto significativo sottolineato dal premier russo riguarda il modello preso come riferimento per la realizzazione del progetto che è proprio l’Unione europea, le cui radici sono nella Ceca, la Comunità del carbone e dell’acciaio costituita nel 1950, e in un processo d’integrazione e di allargamento effettuati in modo graduale, secondo i principi e il metodo funzionalista ispirati da Jean Monnet. Infatti, proprio com’è avvenuto per la Ue, Eurasia sarà costruita secondo fasi successive che prevedono, in progressione: la nascita di una Unione doganale (Cu, costituita nel 2010 è già entrata in vigore il 1° luglio 2011); quindi, l’organizzazione dello Spazio economico comune (Ces, già entrato in vigore il 1° gennaio 2012); la realizzazione dell’Unione economica eurasiatica (da effettuare nel gennaio 2016, insieme con il completamento dello Spazio economico comune); infine, in un periodo di tempo ancora da definire, la nascita della vera e propria Unione eurasiatica, con l’integrazione volontaria, politica oltre che economica, di Stati sovrani indipendenti in una istituzione sovra-nazionale. In prospettiva, dunque, Eurasia sarà un’unione basata su un comune patrimonio di valori e principi, non solo su interessi economici. Al momento, l’ipotesi più realistica è l’organizzazione di «un mercato di 165 milioni di persone, che avrà un’unica legislazione e la libera circolazione di capitali, servizi e lavoratori».
La Federazione Russa, Bielorussia e Kazakhstan sono gli stati promotori delle prime due istituzioni costituite finora; ma la volontà comune è di favorire un coinvolgimento ben più ampio degli Stati dell’area, con ulteriori allargamenti i quali, obiettivamente, saranno possibili nella misura in cui il progetto diventerà sempre più attrattivo per i molteplici benefici che sarà in grado di produrre.
Nell’articolo delle «Izvestia» si richiamano anche due problemi aperti di particolare rilievo: il primo, riguarda il fatto che l’iniziativa dell’Unione eurasiatica «ha destato allarme» in molti Stati, specialmente dell’Occidente europeo; il secondo, che per l’accredito e il successo dell’iniziativa sarebbe molto importante, da parte russa, promuoverne all’esterno una conoscenza più approfondita e soprattutto diffondere una ‘immagine’ adeguata a far comprendere le opportunità ed i vantaggi che questa nuova istituzione sovranazionale può creare sia agli Stati dell’area, sia al di fuori di essa.
Indubbiamente, una tale Istituzione è destinata ad avere delle notevoli ripercussioni non solo tra gli Stati dell’ex Urss ma anche a livello internazionale, nel sistema dei rapporti tra la Russia e l’Unione europea, da un lato, e la Cina, dall’altro. Non va dimenticato, infatti, che il territorio sia dell’Unione doganale, sia dello Spazio economico comune – in futuro dell’Unione eurasiatica – già attualmente va da Minsk a Vladivostok e che i suoi confini toccano tanto la Ue che la Repubblica Cinese(2).
I precedenti: il doppio binario dell’integrazione economica
L’idea di promuovere un processo d’integrazione di ampia portata non è affatto nuova; tutt’altro, è di vecchia data e risale agli anni immediatamente successivi alla dissoluzione dell’Urss. Se nel 1991 i maggiori stati della ex compagine sovietica provvidero alla rapida costituzione di una nuova istituzione di raccordo come la Comunità degli Stati indipendenti (Cis), tuttavia è nel 1994 che si cominciò a parlare del progetto di Unione eurasiatica per iniziativa del presidente del Kazakhstan, Nursultan Nazarbaev, che sarà poi uno dei firmatari delle nuove istituzioni.
Nello stesso anno, i presidenti di Bielorussia, Federazione Russa e Kazakhstan proposero di dar vita nell’ambito della Cis ad una Unione economica, poi tradottasi, nel 1997, nella costituzione di un Comitato economico inter-statale, con l’obiettivo di creare le condizioni per un successivo sistema economico unificato, con un’unica moneta di riferimento. In quell’occasione fu promossa anche la costituzione di una Corte economica della Cis, con competenze di tipo consultivo, allo scopo di agevolare la definizione degli accordi di settore tra gli Stati membri. Tra gli accordi più significativi, siglati nello stesso anno 1994 nell’ambito della Cis, si ricorda quello sul libero commercio, successivamente non ratificato dalla Russia (l’accordo è stato poi ripreso nel 2010 e siglato nel 2011, anche per la nuova situazione determinatasi con l’ingresso della Russia nel Wto, Organizzazione mondiale del commercio).
In sostanza, nel corso degli anni Novanta, il processo di cooperazione e integrazione economica tra gli Stati dell’area (in realtà più cooperazione che integrazione) si è svolto prevalentemente nell’ambito della Cis; ma, in parallelo, è maturata l’idea progettuale di operare anche al di fuori della Cis, appunto proprio con Eurasia. Con ciò siamo di fronte ad uno dei due aspetti di maggiore novità che caratterizza il processo d’integrazione economica tra gli Stati dell’ex Urss: quello di procedere contemporaneamente come su un doppio binario, sia all’interno che all’esterno della Cis. L’altro aspetto si trova nell’originalità della proposta.
Nel 1996, con un’iniziativa autonoma, Bielorussia, Federazione Russa e Kazakhstan decisero di andare oltre gli accordi doganali esistenti tra gli Stati che componevano la Cis e avviarono le trattative per organizzare una propria Unione doganale; nel 1999 presero la decisione di definire un progetto di Codice doganale. A seguire, nel 2000, sempre al di fuori della Cis, i tre Stati diedero vita ad un nuovo, diverso organismo di integrazione, la Comunità economica eurasiatica (EurAsEC, a cui nel 2006 ha aderito l’Uzbekistan). Gli obiettivi erano sempre quelli di promuovere una forte integrazione economica. La Comunità è, di fatto, un organismo sovranazionale la cui azione è supportata, dal 2012, da un’apposita Corte della Comunità economica euroasiatica (la quale, per inciso, opera anche con riferimento all’Unione doganale) e dalla Banca eurasiatica di sviluppo. Rispetto a questa Comunità, l’Ucraina, la Moldova e l’Armenia hanno assunto il ruolo di osservatori; d’altro canto, in prospettiva, è realistica l’ipotesi di un suo allargamento a Tajikistan, Kyrgyzstan, Uzbekistan. 
Dall’Unione doganale allo Spazio economico comune
Le lunghe trattative per l’Unione doganale tra Bielorussia, Federazione Russa, Kazakhstan, avviate nel 1996, furono riprese nel 2006 per iniziativa della Russia e portate a termine nel 2010 con la sua costituzione. L’anno precedente, 2009, era stato approvato il progetto di codice doganale. Con ciò si veniva a porre il primo, vero fondamento alla costruzione di Eurasia.
Quanto agli effetti benefici dell’iniziativa, questi non si sono fatti attendere e il dato principale riguarda il notevole incremento degli scambi commerciali tra i tre Stati promotori che si è registrato nel pur breve periodo del biennio successivo alla costituzione dell’Unione: un incremento del 35% nei due anni, 2010-2011. Tutto ciò, per inciso, può essere preso come una riprova che il processo avviato dall’alto, a livello politico-istituzionale, ha suscitato interesse e trova già una notevole rispondenza da parte degli operatori privati. Non è un caso, va aggiunto ancora, che nell’ottobre del 2011, cioè circa un mese prima della dichiarazione di novembre sullo Spazio economico comune, Bielorussia, Federazione Russa, Kazakhstan (i tre promotori della nuova iniziativa) abbiano firmato con Ucraina, Moldova, Armenia, Kyrgyzstan, Tajikistan, un accordo per realizzare, in parallelo, una zona di libero scambio commerciale sotto gli auspici della Cis.
La maggior parte dei commentatori evidenzia che i principali effetti positivi dell’Unione doganale sono da collegare alla semplificazione di molte procedure burocratiche doganali, piuttosto che ai cambiamenti radicali, in gran parte ancora da realizzare, delle precedenti disposizioni in materia. Ad esempio, con gli accordi sull’Unione è già stata introdotta una Tariffa doganale unica (Sct) in tutta l’area coperta dai tre Stati, sono stati aboliti i controlli doganali alle frontiere comuni, è stata presa la decisione di adottare misure protettive non tariffarie, di elaborare una legislazione antidumping e sulle tariffe di stabilizzazione. Tutta da verificare, invece, nel prossimo futuro, sarebbe la reale volontà degli Stati aderenti all’Unione di ratificare accordi che possano avere effetti più profondi nel medio termine sulle rispettive economie nazionali.
In ogni caso – questo è l’altro aspetto da sottolineare - allo stato attuale l’Unione doganale è già in grado di presentarsi come un organismo attrattivo anche per altri Stati. In base alla competenza che le è stata attribuita di siglare accordi sia con Stati esteri, sia con istituzioni sovranazionali; una facoltà che ha già cominciato a esercitare, ad esempio, siglando accordi con Serbia e Vietnam.
Con il 1° gennaio 2012 è diventata operativa anche la Corte eurasiatica (con sede a Minsk), che era già stata costituita nel 2000 ma che era rimasta praticamente inattiva. I suoi compiti principali riguardano le decisioni in materia di contenzioso economico sia tra gli Stati sia tra le società pubbliche e private dello Spazio comune, di applicazione uniforme dei provvedimenti attuativi degli accordi e degli atti della Commissione. Anche le sentenze della Corte hanno valore obbligatorio per tutti i soggetti pubblici e privati dell’area.
Quanto allo Spazio economico comune promosso in base alla dichiarazione sull’integrazione economica eurasiatica, siglata da Bielorussia, Federazione Russa e Kazakhstan l’11 novembre 2011 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2012, esso prevede, in una prima fase, il coordinamento e l’armonizzazione delle politiche nei settori dell’industria, dell’energia, dell’agricoltura, dei trasporti, della comunicazione, oltre all’introduzione di regole comuni per favorire il movimento dei capitali, dei servizi e dei lavoratori. È prevista anche l’adozione di misure per la costituzione di comuni società transnazionali. 17 accordi specifici, allegati alla dichiarazione, formano la base legale per gli interventi di armonizzazione delle legislazioni nazionali.
Una grande sfida si è presentata fin da subito ai nuovi organismi dell’Unione doganale e dello Spazio economico avviato all’inizio del 2012. Si tratta del problema legato all’ingresso della Federazione russa, perciò non di tutti gli Stati membri, nell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto). Al riguardo è opinione comune che l’applicazione uniforme delle norme del commercio internazionale in tutta l’area costituirà il vero banco di prova per le nuove istituzioni e per il progetto complessivo. Su quest’aspetto specifico e, più in generale, sulle questioni più complesse attinenti il processo d’integrazione economica, molto utile potrà risultare la disponibilità, più volte ribadita dai presidenti degli Stati promotori, a confrontarsi realmente con le esperienze fatte in passato, ma anche in questo periodo di grande crisi, dall’Unione europea. Ciò per quanto riguarda, ad esempio, il collegamento tra gli obiettivi della coesione e della stabilità economica, assunti dallo Spazio comune euroasiatico, e il controllo dell’inflazione e dei deficit di bilancio degli Stati aderenti, nonché delle loro politiche monetarie, soprattutto se si vorrà mantenere aperta anche la prospettiva della creazione di una moneta unica per tutta l’area, sull’esempio dell’euro. Un rapporto 2012 della Banca eurasiatica di sviluppo, con proiezioni al 2030, dimostra con chiarezza che la formazione di uno Spazio economico comune è destinata senz’altro ad apportare notevoli vantaggi agli Stati promotori; ma anche che ciò implicherà delle profonde modifiche strutturali dei loro sistemi economici.
In sintesi, dunque, la dichiarazione eurasiatica di Bielorussia, Federazione Russa e Kazakhstan del 18 novembre 2011, da cui ha preso avvio l’organizzazione concreta dello Spazio economico comune, può essere indicata come il punto di vera svolta nel processo di integrazione; e la capacità di risolvere i complessi problemi già emersi in questa fase di avvio del progetto di Unione economica eurasiatica farà comprendere in quale misura i protagonisti di tale progetto riusciranno a costruire realmente un nuovo soggetto economico internazionale ed a conferire alla loro iniziativa anche l’ipotizzata valenza politica e culturale.
Alcune riserve critiche espresse dai principali protagonisti toccano alcuni dei principali punti di domanda che si pongono gli stessi osservatori internazionali: in quale misura i tre Stati promotori vogliono perseguire un processo d’integrazione realmente vincolante, che è in fondo il vero elemento di novità di quest’approccio all’integrazione economica? In quale misura saranno disposti a realizzare progetti d’integrazione economica che, nel medio e lungo termine, implicano la cessione di quote della sovranità nazionale, condizione essenziale per un’integrazione coerente? Davvero sarà possibile realizzare lo Spazio economico comune nel 2016? Da un lato, è vero che il prolungarsi negli anni dell’azione concertata dei tre Stati, su una precisa linea d’impegno costruttivo, offre elementi di garanzia che Eurasia potrà avere successo; dall’altro, è altrettanto vero che l’obiettiva preponderanza della Russia, nel sistema dei rapporti tra i tre, è ritenuto un elemento destinato a creare tensioni continue.

(1) Marco Ricrei, Segretario Generale Eurispes, esperto di politiche sociali e del lavoro.
(2) Andrej Gerascenko, Dall’Unione Russia-Bielorussia all’Unione eurasiatica, in «Geopolitica», 19 aprile 2012; Id., Le prospettive dell’Unione eurasiatica, in «Geopolitica», 23 luglio 2012; Marlene Laruelle, Russian euranism: an ideology of empire, Baltimore, Woodrow Wilson Press/Johns Hopkins University Press, 2008; Id., In the name of the nation: nationalism and politics in contemporary

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