3 marzo 2016

Scienza ed etica: verso la neurosi sociale?


di Antonio Saccà
Attualità. In che senso molti dicono che vi sono diritti degli omosessuali a legalizzare le loro unioni? Fino a che non è codificato non esiste diritto, esiste un'esigenza. Questa esigenza è dovuta alla volontà, al bisogno o a un diritto preesistente in natura, per natura è un diritto naturale da confermare con la legge. Dunque, o è, dicevo, un'esigenza che la legge può riconoscere o non riconoscere o un diritto naturale che è necessario legalizzare.
Evidentemente la legalizzazione delle unioni omosessuali non esiste come diritto naturale, del resto è problematico sostenere che esistano  diritti naturali che “dobbiamo” riconoscere. Allora? Allora se uno Stato decide di trasformare un'esigenza in un diritto, avremo diritti degli omosessuali, prima di questa trasformazione abbiamo richieste, esigenze. Se gli omosessuali attingono al diritto di legalizzare le loro unioni, sorge l'altra loro esigenza, di avere una figliolanza. Anche in tal caso, un'esigenza, non un diritto, ma che può, legalizzata, trasformarsi in diritto. Certo, stavolta la Natura è meglio lasciarla da parte radicalmente.
Due uomini o due donne non generano. Allora, come pretendere dei figli da parte di chi sceglie e vive un'esperienza costitutivamente contro la generazione? Si ricorre all’analogia con l'adozione, anche le coppie “regolari” infertili prendono i figli non generati da loro. È vero. Ma nel caso dell'adozione corrente si tratta di coppie infertili non per avere scelto unioni infertili uomo con uomo, donna con donna. Bisogna pure avere la responsabilità delle scelte! Si dice, anche in una coppia di donne o di uomini vi è il bisogno di amare, coltivare un figlio. È vero. Ma se dovessimo appagare le nostre esigenze incuranti degli effetti su quanti ci procurano soddisfazione daremmo uscita ad ogni nostra malvagità. Si dice: è un atto d'amore volere un figlio. Di recente si sono avvalsi ampiamente di questo “argomento” un parlamentare, Niki Vendola, e chi condivide la concezione dell'atto d'amore. È vero. Ma ignoriamo se l'amore dia inevitabilmente risultati favorevoli a chi amiamo. Valga il caso dell'adozione corrente a cui si fa riferimento argomentativo. Spesso il figlio adottato, una volta conosciuto di essere figlio non naturale, entra in una spirale di ricerca, d’identità perduta. Nel caso di un’adozione di coppie dello stesso sesso vi è l'accrescimento di una ulteriore anomalia, questa duplicazione dei genitori. Consideriamo che avverrà nella mente di un figlio essere al contempo adottato, alla ricerca dei veri genitori, con due genitori dello stesso sesso!? Non basta, addirittura se il concepimento è “affittato”! Che mercato, che vendita, che disastro nel bambino che viene a conoscere questo pandemonio. Ripetere che il figlio viene amato è fraseologia. L'amore vive delle condizioni in cui viene espresso. Mi sembra che si sovraccarichi il figlio di complessità letali e che si badi più all'esigenza della coppia che non del figlio. In ogni caso credere che basti l'esigenza d'amore a sciogliere il paradigma è irresponsabile. Un bambino che apprende di essere non figlio della coppia e che la coppia è oltre natura, e che è stato comprato, non so, qualche alterazione l'avrà, suppongo. Se poi vogliamo il marasma incuranti, ormai verso “l'avvenga ciò che può”, inarginabile, sia che sia, e sarà quel che sarà. Ho vissuto drammaticamente l'infanzia mancandomi il padre, morto alla mia nascita. Un inferno. Senza approfondire, ma sono come sono per avere avuto soltanto la madre. Suscitare altre situazioni anomale, non so, i bambini, ricordiamolo, sono cristalli frangibilissimi... detto questo, ormai non vi è possibilità di contenere il diluvio. Abbiamo i mezzi e la voglia di oltrepassare ogni argine. E l'oltrepasseremo. Ed è il vero punto, tremendo, della questione. Il rapporto tra scienza ed etica. La scienza inventa, avanza, osa, l'etica argina, confina. Quando una società non ha più netti convincimenti etici, prevale la scienza, ciò che può essere fatto, prima o dopo viene fatto. Si che, quale che sia le legge, i figli verranno “prodotti” in quanto possono essere prodotti, lo saranno fuorilegge, spesso, ma il fenomeno si attuerà in quanto realizzabile ed in quanto esiste l'esigenza dei “genitori”, a mio avviso non responsabili degli effetti che avverranno, spesso, sui “figli”. Se poi vi sarà un adattamento evolutivo e la famiglia monogamica eterosessuale costituirà “un” esemplare di famiglia, sarà quel che sarà. Antropologicamente i modelli familiari sono infiniti. Però... sembrerà sforzato l'accostamento, ma non lo è. Vi è una analogia con le immigrazioni, che spezzano il nucleo nazionale se eccessive. In entrambi i casi si va verso la perdita d’identità. Una problematica diabolica, la neurosi sociale, il non sapere chi siamo! L'indifferenziato.
Si sta affermando, anzi: è affermata la mentalità del non avere pregiudizi e dell'inclusione totale. La mentalità del non avere pregiudizi comporta che ogni situazione, anche la più aberrante, deve essere accolta, il non farlo comporta l'accusa, gravissima, oggi, di fomentare pregiudizi, discriminazione, esclusione. In tal modo, però, le opinioni vengono a loro volta discriminate, e piombiamo in una circolarità intollerante. Se io considero l'altro fautore di pregiudizi da essere, pertanto, non considerabile se non negativamente, divento a mia volta succube del pregiudizio che gli altri sono vincolati al pregiudizio. Sarebbe opportuno non considerare alcuno servo del pregiudizio e confrontare le idee. In concreto, assistiamo a un dibattito capitale. La Legge “deve” codificare ogni esigenza dei cittadini o può impedirne alcune? È un pregiudizio, un conservatorismo senile non accogliere nuove forme di unione o di maternità e paternità, per spingerne al concreto delle dispute odierne? Di modalità familiari nei millenni e nei vari paesi ne abbiamo innumerevoli. anche se non in tutti si è avuto di tutto. In Occidente, da millenni, vi è la famiglia monogamica stabilita da un coniugio tra uomo e donna. Ma si è avuta l'unione omosessuale, pederastica, il concubinaggio, a non dire la poligamia. Nei paesi africani si è avuto di tutto. In minimi casi si è avuta anche la vendita dei figli per bisogno. Allora, perché scandalizzarsi? E invece dovremmo non soltanto scandalizzarci ma insorgere. Quel che sta avvenendo è la mercantilizzazione su base planetaria della compravendita di bambini, con un distacco radicale, disumano, tra madre e maternità. Non utero in affitto, surrogato bensì maternità in affitto, venduta, surrogato di maternità. Una madre che sente il figlio come merce da vendere. Un figlio che un domani saprà che è stato venduto e comprato! Mi sembra evidente che gli Stati Uniti siano antesignani del fenomeno. Dire che la coppia acquirente la animi l'amore e che la genitorialità appartenga a chi cresce il bambino, non estirpa l'evento originario: una madre che si stacca dalla maternità e vende il figlio. Meglio non immaginare che avverrà nella mente del bambino, se conoscerà la sua origine. Altro è abbandonare un figlio, altro è concepirlo per venderlo. 

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