9 marzo 2016

Quel prezioso tassello dell’Unione eurasiatica che non ha corrisposto ai voleri di Putin

Sembra passata un’eternità da quando, con toni trionfalistici, fu annunciata la nascita dell’Unione economica eurasiatica. Oggi, l’ambizioso progetto di Putin per riportare le ex Repubbliche sovietiche sotto la diretta influenza russa sta incontrando diversi ostacoli.
Il più grosso di questi ostacoli è sicuramente rappresentato dall’Ucraina che doveva essere il tassello più importante dell’intero mosaico. Quel tassello non ha voluto saperne di andare a incastrarsi nel posto previsto da Putin.

di Luciano Sampieri
Diverse sono le ragioni del rifiuto di questa importante terra di confine, l’Ucraina, verso il progetto dell’Unione eurasiatica.
Il recentissimo libro “The Gates of Europe” di Serhii Plokhy, docente di Storia ucraina ad Harvard e direttore dell’Istituto di Ricerca ucraina, ripercorrendo più di mille anni di storia del paese, aiuta a capire la strada scelta dalla più grande nazione d’Europa e le questioni emerse in tutta la loro drammaticità a proposito del conflitto tra Russia e Ucraina.
Come riporta Plokhy all’inizio del suo saggio, le immagini del febbraio 2014, dove i cecchini del governo in carica aprirono il fuoco sulla folla di dimostranti in Maidan a Kiev uccidendo e ferendo decine di manifestanti filoeuropei, scioccarono il mondo e produssero un punto di svolta decisivo nei rapporti tra Russia e Ucraina e nel futuro dell’Europa.
Il libro di Plokhy mette in evidenza come “l’Europa è una parte importante della storia ucraina” e allo stesso tempo “l’Ucraina è parte della storia dell’Europa”. “Situata al margine occidentale della steppa eurasiatica, l’Ucraina è stata per molti secoli porta d’ingresso per l’Europa. A volte, quando le “porte” erano chiuse a causa di guerre e conflitti, l’Ucraina ha contribuito a fermare le invasioni straniere da est e da ovest; quando erano aperte, come è avvenuto per la maggior parte della storia dell’Ucraina, è servita come ponte tra l’Europa e l’Eurasia, facilitando lo scambio di persone, beni e idee.”
Plokhy sostiene che, essenzialmente, l’attuale identità ucraina è civica e quindi non caratterizzata da esclusività etnica. Infatti, moltissime persone che vivono nelle comunità etniche russe e di lingua russa in Ucraina sono fedeli allo stato ucraino e sono contrarie ai separatisti del Donbass.
La tattica russa di cercare di dividere gli ucraini lungo le linee linguistiche, regionali ed etniche, è riuscita solo in pochi luoghi. Nella quasi totalità del suo territorio la società ucraina è invece unita attorno all’idea di una nazione multilingue, multiculturale e unita in termini amministrativi e politici.
Ma, lasciamo l’opera di Plokhy e veniamo a una rapida analisi di alcuni Stati che attualmente formano l’Unione economica eurasiatica. Russia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan e Armenia rappresentano un pil equivalente a quello dell’Italia, un decimo di quello dell’Unione europea e un quinto di quello della Cina. Quest’Unione appena nata, che dovrebbe andare verso una maggiore integrazione politica, comincia già a manifestare colpi di tosse.
Diverse sono le ragioni che hanno reso meno appetibile l’ingresso nell’Unione, a cominciare dalla crisi del rublo e del prezzo del petrolio ai minimi termini.
Le conseguenze sono che l’export russo è più conveniente rispetto a quello degli altri membri. Se ne rende conto l’Armenia, che ha visto crollare il proprio export verso la Russia. Lo dice a chiare lettere il presidente dell’organizzazione armena dei lavoratori: “Se la crisi russa continua, anche altre nazioni proveranno una crescente delusione nei confronti dell’Unione”.
Poi ci sono le rivalità aperte tra attuali e potenziali membri. Il ministro degli Esteri dell’Azerbaijan ha detto che la presenza dell’Armenia nell’Unione è “un ostacolo estremamente serio” all’ingresso del suo Paese.
La stessa problematica riguarda quella di Tagikistan e Uzbekistan nei confronti del Kirghizistan per dispute territoriali.
Il Kazakistan ha poi un’altra visione del futuro e sta frenando per il passaggio all’unione monetaria.
E, mancando l’Ucraina, senza il peso economico e politico del Kazakistan, qualsiasi progresso dell’Unione è impraticabile. Il presidente kazako ha sempre spinto per la costruzione di un’Unione che non fosse l’eco del vecchio Impero russo-sovietico quando Mosca esercitava il proprio controllo su quelli che sono diventati Stati indipendenti dell’Europa orientale.
Alle altre repubbliche centro-asiatiche non va giù la graduale ridefinizione di un patto politico-economico in evidente antitesi all’area europea e statunitense. E guardano con interesse le mosse del presidente kazako che vorrebbe una nuova grande area economica sinergica a quelle occidentali.
Ecco che torniamo alla grande funzione che poteva svolgere l’Ucraina, l’unico paese che, per peso demografico e collocazione geografica, avrebbe permesso all’Unione eurasiatica di diventare credibilmente “europea”.
Ma, l’aggressione di Putin ha portato l’Ucraina a identificare la Russia come una nazione ostile, ha alimentato il desiderio ucraino di essere più marcatamente integrata con l’Europa occidentale e ha alzato la tensione con l’Occidente.
Le mosse di Mosca, nel bene e nel male, determineranno il futuro dell’Unione eurasiatica, un progetto ambizioso, ma che necessita di poggiare su basi di reciproco interesse e rispetto.
La Russia, come motore dell’Unione, ha bisogno di grandi riforme strutturali, economiche e della giustizia, d’investimenti in capitale umano, di libertà e diritti umani, di fermare la sfrenata corsa agli armamenti e di un organico sistema per ridimensionare la corruzione.
Non per altro, secondo Transparency International, la Russia, partendo dai Paesi più virtuosi, si trova al 119° posto su 167 nella classifica della corruzione. E il leader di lungo corso di questa nazione deve per forza avere un ruolo in questo marciume.

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