di Franco Previte,
Il 4 ottobre del 2004 il Consiglio Permanente della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) diffondeva per la “27° Giornata per la vita” il Messaggio dal titolo “Fidarsi della vita”, una giusta “memoria” per approfondire la sacralità della vita.
Tra i molti “Messaggi della CEI” ho scelto questo adatto per i nostri tempi dove non prendere misure per ridurre i rischi dell’esclusione sociale, è necessario un concreto sostegno per l’esercizio del diritto alla vita.
Una certa parte del nostro tempo considera la persona umana pienamente autonoma e svincolata da ogni rapporto con la legge umana e sociale, mettendosi o cercando di tendersi al centro dell’universo.
Non possiamo non dimenticare il progressivo dissolversi dei valori etici, i quali oltreché distruggere le famiglie ed i singoli, amareggia ed angoscia la società sviluppando la cultura egoistica del “non vedere”, “non sentire”,” non parlare”.
In parole povere va aumentando ed è imperante il permissivismo smodato che dilaga e mortifica la dimensione etica della vita, richiamo che sovente viene dai Palazzi Apostolici, non bene recepito.
“Scontiamo modi di pensare e di vivere che negano la vita altrui, che non si fidano della vita perché diffidano degli altri, chiunque essi siano”, continua a rilevare il “Messaggio”, nel considerare la mancanza di rispetto della dignità della vita umana “né quella già nata né quella debole”
In queste poche, ma chiare, considerazioni è racchiuso il concetto di protezione di ogni vita nascente o vivente.
La vita umana ha inizio dalla fecondazione, proponendo quei comportamenti conformi alla legge naturale, che per ogni credente è la legge di Dio. Essa va difesa!
Negli Atti del Consiglio Europeo, la “Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea” al Capo 1°, art.2°, comma 1°, viene rimarcato “ogni individuo ha diritto alla vita”, concetto ribadito dal Titolo 1° art.II-62 della Costituzione Europea.
Il pilastro centrale della politica pubblica deve essere la persona, soprattutto, la famiglia soggetto delle politiche sociali.
Ma l’uomo crede nella vita?
La risposta non può che essere positiva: perché la vita è un dono di un Essere soprannaturale.
Ma nella società violenta il rispetto dell’uomo è difeso?
Il materialismo, il consumismo, l’edonismo e l’erotismo sfrenato e via dicendo, corrono e concorrono a formare un superficialismo assoluto, un substrato privo di un fondamento morale che non ci stupisce più di tanto ormai, ma amareggia il constatare una si fatta realtà sociale che in parte viene accettata.
Quell’uomo voluto dal Dio dell’amore, che inizia fin dalla sua fecondazione la sua meravigliosa avventura nella vita, rischia di dissolversi sempre più nell’egoismo.
Le condizioni di vita e la crisi scottante del nostro tempo sono tante, come la droga, la strisciante eutanasia, la ventilata clonazione umana, il far-west procreativo sulla fecondazione artificiale, l’aborto ormai legalizzato, il “budget del ricoverato” le varie forme di handicap e quanto attenta il vivere quotidiano.
E se il nascente o vivente fosse vittima di handicap psico-fisico?
La famiglia che nega od è ostile al fiorire di una nuova vita anche se per motivi comprensibili ma non accettabili, si può definire un nucleo di persone o una famiglia?
Bisogna obbiettivamente aggiungere che a volte occorre molto coraggio quando si è consapevoli di mettere al mondo una creatura che per tutta la vita si porterà dietro delle menomazioni siano esse fisiche o psichiche.
E’ verso questo orizzonte che devono convergere solidarietà ed attenzione da parte, anche, delle Istituzioni.
OH! Quanti esempi ci vengono dalle madri che hanno un figlio disabile o che lo avranno e non rinunciano al loro dovere materno!
Perché il “diversamente abile” ha diritto alla vita, ad essere riconosciuto come “persona” e trattato tale, come individuo e come cittadino, diritto ad avere una famiglia, diritto alla migliore assistenza possibile (medica, riabilitativa, alla scuola, al lavoro ecc.).
Se non vogliamo che siano solo “enunciazioni retoriche” le Istituzioni devono osservare i doveri!
Forse il nostro pensiero non è proprio pertinente, ma non possiamo totalmente dissociarlo da molteplici e quotidiani fatti che succedono nelle famiglie e nella società a causa di menti psicologicamente dissociate o più precisamente malate.
Mi voglio ricollegare alla “Giornata per la salute mentale” del 5 dicembre 2005, “celebrata” in ogni maniera con spot televisivi od altro in genere su quasi tutti i mass media, la quale poteva essere un segno d’inizio di valutazione di questa malattia, invece si è ridotta ad una “celebrazione di parole”, un ricordo irricordabile!
Perché, non vi è stata:
nessuna possibile futura intenzione o programmazione o intendimenti per la realizzazione di strutture volte alla prevenzione, cura e riabilitazione sociale di questi “dissociati”;
nessuna difesa economica, (sopravvivono mediamente con euro 260,27 (anno 2011) al mese, quale prestazione di natura assistenziale ;
nessun accenno per una lacunosa rete assistenziale sul territorio;
nessuno fattiva solidarietà equa e fraterna alla possibile costituzione di un Fondo (DOPODINOI) a garanzia dell’avvenire quando questi “malati” resteranno soli;
nessuna richiesta di tutela per quelle famiglie “colpite” nei propri componenti da tale malattia;
nessuna considerazione sulla situazione dei quasi 10 milioni di sofferenti o per la di ricerca scientifico-farmacologica sulla malattia mentale;
nessuna richiesta di sollecito esame dei progetti di legge “fermi” da anni nella 12° Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati;
nessun “segnale” per la sollecita risoluzione di questa autentica “peste sociale”!
Ci ha sorpreso le proposizioni di argomentazioni molto povere d’intento ed in contrasto con la formazione medica, sociale ed umanistica quella “Giornata”.
La ricordano quei proponenti?
La realtà necessita non di parole, discorsi, manifestazioni esteriori, ma soluzioni concrete e solide attese da ben 33 anni e per le quali solo il Parlamento può decidere!
In parole povere: servizi specifici, cure e strutture adeguate!
Gli uomini di buona volontà, soprattutto se cattolici, sono e siamo interpellati dai Messaggi Evangelici a tenere alta la coscienza della grandezza del carattere sacro e del valore della vita: di ogni vita.
In ogni momento siamo chiamati a difenderla, come “buoni cavalieri del tempo”, creando le condizioni e “suggerendo” a quelli che sono nei “Palazzi del Potere”, affinché sviluppino la giustizia, la solidarietà non esteriore, ma concreta, affinché sia vera l’accoglienza dei figli e con essi, ai genitori, la possibilità di sostenerli.
Se si riconosce il valore della vita, oggi ritenuta “precaria”, se si ricompatta la famiglia, la società è salva e con essa la Nazione
Da qui la necessità e l’urgenza di rimuovere e risolvere i vari problemi che attanagliano tante famiglie nelle diverse cause, perché la famiglia resti sempre, come avverte spesso il S. Padre, “il motore universale della società civile”.
”La vita vincerà ancora una volta? “Osiamo sperarlo e per questo chiediamo a tutti una preghiera unita ad un atto di amore accogliente e solidale” così conclude il Messaggio in quella che è stata la “27 Giornata per la vita.”
Si, necessita “fidarsi della vita” malgrado tutto!
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