19 agosto 2011

La decrescita per superare la crisi sistemica


Il concetto di crescita non è esattamente coincidente con il concetto di sviluppo economico


Di Federico Nizza

Con la nascita dell’Unione Europea e con la sottoscrizione del Trattato di Maastricht, le nazioni europee hanno stipulato tra loro un patto economico per una crescita costante annuale superiore al 3% calcolata sulla base del rapporto fra PIL e Debito Pubblico. La crisi sistemica che attraversiamo, oltre che della pirateria finanziaria, è anche conseguenza diretta di questo accordo per la continua crescita economica delle singole nazioni. Il concetto di crescita non è esattamente coincidente con il concetto di sviluppo economico. Infatti sta sempre più prendendo corpo l’idea che lo sviluppo economico potrebbe piuttosto essere antitetico al vivere bene. Alla fine il problema dell’uomo non è essere sempre più ricco, vivere bene al contrario coincide con il rispetto dell’ambiente in cui si vive e con l’idea di accettare tutti i propri simili indistintamente dal colore della loro pelle o provenienza, operando un’equa distribuzione di risorse alimentari, energetiche, culturali e con pace dello spirito. Essere ricchi solo economicamente ci allontana dal vivere bene e crea irrimediabilmente un mondo di poveri dall’altra parte della barricata.
Essere ricchi vuol dire rispettare i più deboli e allontanarsi dalla decadenza della società dello “sviluppo ad ogni costo”. Essere ricchi vuol dire recuperare la stima di se stessi in una società che non umilia i suoi membri ma che percorre una semplicità volontaria nel rispetto dell’etica e della sobrietà. Una società che produce rifiuti di tutti i tipi va fattivamente recuperata a un maggior rispetto per le cose e convertita alla rinuncia agli sprechi. Il cammino non sarà così scontato, tuttavia mai come oggi si riscontra l’obbligatorietà di percorrere questa via. Riappropriarsi del rapporto con la natura e guardarsi intorno per aiutare i bisognosi di aiuto. La dignità esiste soltanto se esiste l’altro, se ci si rapporta con l’altro, e se si rispetta l’altro.
Bisogna rifiutare l’economia della crescita a tutti i costi e accettare la decrescita con la gioia della tradizione caritatevole cristiana da cui ci siamo forse allontanati sposando un’ideologia troppo commerciale.
Lo sviluppo è purtroppo divenuto non il nuovo nome della pace bensì della guerra; in nome di questo si compiono violenze e depauperazioni.
Decrescere significa fermare la folle corsa ai consumi e trovare una alternativa alla degenerazione dell’economia mercantile. Ritrovare la gioia di vivere attraverso un’esistenza degna dell’uomo allontanandosi dalla banalità dell’egoismo.
La via della decrescita è un cambiamento pacifico, un allontanarsi dalla dittatura dei mercati finanziari che artificializzando il mondo compromette l’identità stessa dell’essere umano.
Per questa ragione il ritorno alle autonomie locali diventa una necessità con la naturalità e la storicità della società umana e senza lo sradicamento da queste.
Dobbiamo porci l’obiettivo di perseguire il bene comune e non una sfrenata avidità. “Agire in modo che le nostre azioni siano compatibili con una vita autenticamente umana sulla terra”.

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