19 agosto 2011

LE RADICI DELL’ETICA E DELLA POLITICA

Potremmo fare l’analogia con una banda che suona felicemente un pezzo jazz: ciascun musicista fa la sua musica, ma sono tutti in qualche modo in sintonia

Di Giuseppe Rossi

Proviamo anzitutto a dare una definizione di questi due “oggetti misteriosi”. Diciamo che l’etica è la scienza che dovrebbe elaborare teorie in grado di formulare giudizi di valore su ciò che è bene e ciò che è male. La politica sarebbe invece l’arte o la scienza, e la tecnica, che ha come oggetto l’organizzazione, l’amministrazione, la direzione della “polis”, della vita pubblica, dello Stato.
E’ chiaro che queste due scienze, se possiamo chiamarle scienze, sono inevitabilmente intrecciate. Il politico, ad esempio, dovrebbe essere in grado di comprendere il valore e le finalità del singolo cittadino per stabilire in qualche modo i limiti e le finalità in base alle quali strutturare l’insieme sociale con cui i singoli interagiscono.
Purtroppo nel disgraziato cammino della nostra storia i valori che sono alla base della vita sociale sono stati spesso soffocati, addirittura rimossi, quale conseguenza di conflittualità, inganni, violenze. La capacità di discernimento, la sensibilità ideativa, non possono essere state immuni dai disordini ancestrali e culturali che ci portiamo dietro.
Come l’unità della Natura si è smarrita nella solitudine di un laboratorio (C. Bernard), così pure il cammino delle scienze umanistiche e sociali si è frammentato fino a perdersi in dedali sofisticati ma senza via d’uscita. Probabilmente il modo migliore per uscire dal dedalo è riuscire a guardare le sue vie dall’alto. E’ possibile? Certamente lo è se conosciamo il progetto di chi lo ha costruito. Il progetto esisteva prima ancora del labirinto. L’analisi lineare della situazione, l’approccio razionale cioè, potrebbe essere troppo lento, potremmo morire di fame o di freddo nel labirinto, prima di trovare la soluzione e venirne fuori. Forse la civiltà occidentale sta già morendo nel dedalo, con tutta la sua intelligente e sofisticata razionalità.
E’ possibile attingere al progetto? E’ chiaro che il progetto è un’elaborazione invisibile che ha dovuto precedere il suo manifestarsi nella dimensione fenomenica. Il progetto è la matrice mentale, un tipo di energia che deve quindi trascendere lo strutturarsi della manifestazione. Allo stesso tempo il progetto deve essere in qualche modo omogeneo alla dimensione che andrà a modulare, in altre parole l’energia della matrice mentale deve avere dei punti di contatto col piano che la realizza concretamente. Se così non fosse finiremmo col teorizzare, per dirla in termini filosofici, un improponibile dualismo. Nella storia del nostro Occidente il dualismo cartesiano, e prima ancora, quello aristotelico-tomistico, hanno dato il via ad una cultura che si è andata smembrando sempre più nel corso dei secoli.
La mente ed il corpo, l’invisibile ed il visibile, l’invisibile progetto e l’energia corrispondente manifestata, ci sono apparsi come mondi separati ed irriducibili. Per certi versi questo processo non è stato arido di risultati, ma oggi possiamo, grazie soprattutto a quella scienza trainante che è la fisica, riproporre un modello unitario che ha elementi sufficienti, a mio giudizio, per riagganciare insieme pezzi di sapere, scienze e discipline che hanno viaggiato distanti per secoli.
Tornando al tema, cosa può suggerirci nello specifico la nuova fisica? Agli occhi smaliziati di un fisico cioè, quali differenze ci sono, che nessi esistono tra il singolo corpo materiale di un cittadino ed il corpo sociale di cui fa parte? Cos’è oggi la materia per un fisico?
“Nella fisica classica la materia è rappresentata da particelle, mentre le forze vengono descritte con campi. La teoria dei quanti invece non vede nel reale altro che interazioni che avvengono tramite [impulsi ondulatori senza massa inerziale definiti come]…bosoni…questi…sono i veicoli delle forze e assicurano le relazioni all’interno di quelle particelle di materia che la fisica designa con il nome di fermioni, dove questi ultimi formano i “campi di materia”.” (“Dio e la scienza” Guitton, Bogdanov, Bompiani 1992, pag.73)
“ Il fondo della materia è introvabile, almeno sotto forma di una cosa, di frammento ultimo della realtà. Possiamo tutt’al più percepire gli effetti creati dall’incontro di queste entità fondamentali, per il tramite di quegli eventi sfuggenti… che noi diciamo essere delle “interazioni”. (“Dio e la scienza” Guitton, Bogdanov, Bompiani 1992, pag.77). “Al massimo si può dire che si può pensare alle particelle come entità più o meno temporanee all’interno del campo ondulatorio…La conservazione della massa e della carica a livello macroscopico, va considerata un effetto statistico legato alla legge dei grandi numeri.” ( E. Schrodinger “Che cos’è la materia” Sc. Am., settembre/53)
In questa realtà che sembra essere dunque intreccio continuo e denso di connessioni e, come vedremo, di significati, è però impresa praticamente impossibile la comprensione e la gestione dei dati, cioè del numero astronomico di segnali che acquisiamo, e che sentiamo, con i soli strumenti dell’attività sensoriale, conscia e raziocinante. La realtà, o almeno ciò che ci appare in Natura, è un fluire continuo di combinazioni, una musica che non è mai la stessa. E questo in barba a tutte le costanti (che poi tanto costanti non sono), e a tutti i simpatici protocolli di ricerca escogitati sinora, strumenti fondamentali per la nostra ricerca ma che rischiano di generare un grande sonno, in particolare poi nel mondo medico, dove le variabili sono molto più numerose e imprevedibili.
Il microcosmo umano è però un osservatorio privilegiato: se la realtà è una rete indefinibile e dinamica, l’ indefinibile dinamica della nostra mente sarebbe comunque parte di questo gioco, omogenea perciò al divenire che ci circonda, e perciò potenzialmente in grado di risuonare con esso, di conoscerlo, di sentirlo, di “agganciarlo in fase”, come direbbe un ingegnere, almeno nelle sue componenti fondamentali. Questo accostamento che avverrebbe dunque tra vibrazioni similari, questo approccio di campi simili, che potremmo perciò definire analogico (e sintetico) complementerebbe la processazione analitica dei dati, la comparazione, la ratio.
Ora, quali ragionamenti analogici ci possono aiutare a capire il progetto comune alla base di questo universo? Esiste un progetto cosmico?
La fisica di Bohm in effetti teorizza la presenza di un invisibile “ordine implicito” (o implicato) accanto a quell’ “ordine esplicito” (o esplicato) che osserviamo sul piano fenomenico. E cosa ci darebbe a intendere la dimensione fenomenica, l’”ordine esplicito”? Un primo dato costante che ritroviamo universalmente, ci dice che tutte le cose sono state create per esistere attraverso relazioni reciproche tra le loro essenze duali, positive e negative. Un motivo fondamentale è che l’energia è capacità di compiere un lavoro, deve potersi muovere cioè, esprimersi, ed ha pertanto bisogno di un circuito (necessariamente polare) per poter fluire.
Dunque un primo principio assoluto, e non è un’asserzione paradossale, è quello della relatività.
Ma esiste una relazione ancora più fondamentale: ogni cosa possiede una forma esteriore e un carattere interiore. “Il carattere interiore assume una certa forma esteriore che lo rispecchia come sua espressione visibile…il carattere interiore è la causa, ed è in posizione soggettiva; mentre la forma esteriore è il risultato ed è in posizione oggettiva al primo. Quindi questa relazione si può definire di interiore ed esteriore, causa ed effetto, verticale e orizzontale”. (“Esposizione del Principio Divino”, H.S.A.U.W.C. Roma, pag.25 ) “Si sviluppa quindi un’azione di dare-avere, in cui il partner oggettivo si centra sul partner soggettivo, attraverso l’equilibrio tra forza centrifuga (dare) e forza centripeta (ricevere).” (op. cit. H.S.A.U.W.C. pag. 31).
Pur essendo invisibile, il carattere interiore ha una certa struttura che appare poi riprodotta visibilmente nella forma esteriore. Nel 1985 il nostro Carlo Rubbia viene insignito del Nobel per aver scoperto qualcosa di equivalente: sono gli invisibili, impalpabili bosoni quelli che controllano i campi di materia, i fermioni.
In questo universo composto essenzialmente da campi pulsanti intrecciati, la Natura segue il principio del minimo mezzo, altrimenti espresso come legge dell’economia delle energie. Riscontriamo infatti, ad esempio, che i processi energetici che portano vita o aumento della complessità, aumento dell’informazione , detti perciò negentropici, sono processi che avvengono in Natura in termini di risonanza armonica. Possiamo oggi ipotizzare che in generale la Natura è strutturata armonicamente, e diversificata in termini di tonalità armoniche. Per inciso, accanto ai processi negentropici esistono quelli entropici (relativamente entropici), con dinamiche diverse, oltre che transitorie. Ad esempio, portando la materia (solidi, liquidi, gas) in uno stato di risonanza armonica è possibile far sì che si determini una concentrazione di energia e che si possa produrre effettivamente un output di energia maggiore dell’input energetico. (Macchina del moto perpetuo di 2° grado). Portando le molecole in uno stato di risonanza armonica è possibile effettuare la biosintesi di composti a temperatura ambiente, con una pressione normale ed un minimo di energia iniziale. Portando gli atomi in risonanza armonica è possibile, nelle stesse condizioni, effettuare fusione o trasmutazione degli elementi. (BCI e Gruppo svedese di studi bionici, dossier del luglio 1978).
Non possiamo non notare che la risonanza, quale dinamica fondamentale degli eventi cosmici, è possibile solo in un universo omogeneo ed organico, “esplicato” cioè attraverso somiglianze e corrispondenze. Lo stesso organismo vivente è assimilabile ad un insieme composto da sottoinsiemi meccanicamente risonanti, da campi pulsanti cioè che dialogano incessantemente “agganciati in fase” mediante stimoli di opportuna ampiezza, frequenza e sequenza.
Il principio del minimo mezzo, grazie alle ottave e alle tonalità armoniche dispiega l’antica “musica delle sfere”, “in alto come in basso”. Spiega poi la diffusa strutturazione frattalica che siamo oggi in grado di decriptare in Natura. Analogamente a quanto avviene nel fenomeno musicale i frattali non rappresenterebbero altro che l’economo frazionarsi di forme auto-simili dispiegate tridimensionalmente da ottave, da armoniche e sub-armoniche di campi vibranti, in scale dai limiti indefinibili.
Cosa ci potrebbe suggerire allora questo universo musicale? Che relazione potrebbe avere con i problemi di etica e di politica di uno sperduto pianetino del sistema solare?
C. Rubbia ci ricorda ancora una volta (più o meno consapevolmente) che è necessario andare oltre le apparenze: “Tutti conosciamo la materia perché la vediamo e la tocchiamo. Molto più importanti, perché necessari alla formazione stessa della materia, sono invece i fenomeni d’interazione e di organizzazione.” A cosa mira l’interazione e l’organizzazione? C’è qualcuno a capo della gerarchia dei comandi?
In questo universo di monadi dove tutto sembra in qualche modo somigliarsi e corrispondersi, possiamo, ripeto, comprenderne le finalità per via analogica. Se noi osserviamo, ad esempio, quel piccolo universo che è l’uomo, sintesi e superamento di tutto il lungo lavorio filogenetico, la sua pulsione fondamentale ed insopprimibile è diretta verso la vita e la gioia. Il nostro corpo è programmato per la sopravvivenza, noi cerchiamo di essere felici, o quanto meno sereni.
Esaminiamo allora la stanza dei bottoni. Qual è il campo EM più potente, il sistema cioè che modula gli altri sottosistemi biologici. Fino a non molti anni fa si pensava fosse quello cerebrale, ora si comprende invece che è quello del cuore, un campo toroidale fino a 60-70 volte più potente di quello cerebrale. Di recente si è scoperto infatti che è la sede, inconscia, dove vengono prese le decisioni, le scelte. Solo dopo il cervello ne modulerà i dettagli operativi, a livello conscio.
Qual è la dinamica fondamentale di questo cuore? E’ quella di un sistema coerente, cioè fasico, senza attriti. Questo, tra l’altro, potrebbe spiegare l’incredibile resistenza del suo muscolo.
Quali sono i tratti fondamentali di un sistema coerente. Mae Wan Ho ne identifica almeno cinque. La prima caratteristica è il suo ordine strutturale diffuso. Il secondo tratto è la rapidità e l’efficienza nella trasduzione e nel trasferimento dei triliardi di informazioni che attraversano e plasmano l’interno del vivente. C’è poi un terzo fattore: l’estrema sensibilità del sistema a stimoli esterni. E poi ancora la sua capacità di accoppiamento, di risuonare alle adatte frequenze. Infine la sua capacità di far funzionare, senza fluttuazioni, intere popolazioni molecolari, in aree, dunque, relativamente vastissime.
Senza entrare in ulteriori dettagli tecnici possiamo dire che, in generale, l’uomo integro è un uomo sano, vitale, una “quasi macchina” coerente.
Coerenza non significa uniformità, esistono infatti tanti tipi di insiemi coerenti. Vengono definiti “domini” di coerenza. Nel corpo vivente questi vari domini, con le loro frequenze specifiche, si aggregano alla perfezione nello spazio biologico, e riescono, in un uomo sano, a far quadrare il difficile bilancio dei suoi scambi vorticosi, senza cioè depauperare il sistema delle sue energie, senza violarne l’unità, e tantomeno le armonie, gli accordi peculiari che caratterizzano i diversi sotto-sistemi. Le conflittualità invece diventano incompatibilità biologiche e psichiche, diventano pericolose dissonanze che potrebbero far saltare le comunicazioni, e poi le connessioni strutturali.
Per tentare di capire ancor meglio questa unità nella diversità, potremmo fare l’analogia con una banda che suona felicemente un pezzo jazz: ciascun musicista fa la sua musica, ma sono tutti in qualche modo in sintonia, e creano note ordinate, armonia.
La sinfonia della vita è possente e delicata al tempo stesso: senza gli “spartiti” coerenti e stabili delle diverse funzioni vitali, senza l’armonia interattiva dei vari “domini di coerenza”, senza quello stampo magnetico fatto di campi di luce che aggrega le unità fermioniche prefigurando e rimodulando di continuo il progetto, la forma futura che andrà a manifestarsi, il miracolo della vita, non potrebbe avvenire in alcun modo, per quanti fulmini possiamo provare a sparare all’impazzata in miriadi di laghetti ripieni di ipotetiche primordiali brodaglie. Nel caso specifico di un forte vissuto traumatico, o di una forte situazione conflittuale, e qui ci riagganciamo direttamente al problema dell’etica e della politica, tale sequenza di eventi può risultare così dissonante da non essere più fisiologicamente recepibile, divenendo così avulsa dall’insieme coerente dei normali flussi psichici ed organici. Questo genere di eventi produrrà dolore, confusione, rimozioni, distonie, somatizzazioni, flogosi ecc.). E’ perciò ipotizzabile che possa verificarsi una breccia nel fluire delle informazioni, degli intrecci pensanti, una breccia di ricordi anomali impressi in qualche modo nell’ologramma cerebrale (quindi in uno spazio e in un tempo definibili) ma vibranti al tempo stesso in una zona senza spazio e senza tempo (quella dei bosoni), una zona dolorosa e anomala che conserva comunque dei legami con la struttura cerebrale e che è in grado, tramite questa, di attivarsi e diventare ipertrofica agganciando informazioni analoghe grazie ad una parziale o totale risonanza. Ricordiamo infatti che il cervello funziona soprattutto per associazione di idee, cioè per accostamenti analogici.
Quest’area dissonante potrebbe dunque produrre anomalie comportamentali e somatizzazioni sempre più serie. L’equilibrio di sopravvivenza di cui ognuno è dotato, cercherà allora di arginare il danno oggettivandolo in simboli fobici, rituali, manie o altro, oppure potrà operare abbassando i livelli di flusso, fino a gelare in una depressione più o meno grave, fino alla catatonia.
Sappiamo oggi che i livelli decisionali sono, fondamentalmente inconsci, ed operano fisiologicamente nella coerenza, nell’onestà, nel mondo sereno e amorevole del cuore. Il cuore cerca infatti il suo appagamento e la sua ricarica attraverso lo scambio. Questo principio di reciprocità è vero in psicologia, come in fisiologia, come in fisica, come nel mondo dell’economia, dell’etica, della politica.
Se il vero, il buono ed il bello coincidono, la cosa difficile, per vivere bene, è lo stare attenti alla bacchetta del maestro d’orchestra, il cuore. Prendiamo ad esempio un politico, nevrotizzato da una vita di compromessi di vario genere, pensate sia in grado di salire sulla pedana del direttore d’orchestra e guidare i suoi musicisti ad interpretare lo spartito della vita della nazione con la sensibilità, con la profondità, con i tempi giusti per l’esecuzione?
Le poche vere costanti che troviamo nell’universo, sembrano manifestare una tensione fondamentale verso la vita, l’equilibrio, la simmetria, la bellezza. Nell’elettroencefalogramma di un uomo integro, nell’elettrocardiogramma di un cuore in estasi, nei rapporti anatomici di quel capolavoro che è un corpo bello, così come nelle più semplici righe di emissione dell’idrogeno, possiamo rinvenire le stimmate di un progetto cosmico stupefacente. Alcuni studiosi antichi e moderni, hanno scoperto in questo progetto rapporti incantevoli, oltre che funzionali, e li hanno definiti come frattali, o come “sectio divina”, “divina proporzione”. Nella nostra dimora cosmica c’è una splendida ridondanza di note, c’è un rapporto aureo che ci collega e quindi ci responsabilizza, e che dà un senso e un parametro al nostro mondo interiore, privato, e ai corrispondenti comportamenti “esplicati”, pubblici o privati che siano.
Lo spartito è uno , il compito del singolo sul piano etico dovrebbe “frattalicamente” espandersi nella sua condotta politica, un piano certamente più esteso e complesso ma sostanzialmente omogeneo al primo.
Il problema è che non si può agire con un corpo ammalato allo stesso modo con cui si agisce con una persona sana. Incontriamo anche nel corpo sociale ammalato della nostra storia dei blocchi, delle remore, dei debiti insoluti, delle ferite che non si rimarginano facilmente. Dobbiamo pagare i nostri debiti, forse tirar fuori gli scheletri dagli armadi. E dobbiamo anche capire come fare, e a quanto ammontano, e cos’è che ha creato il debito karmico. Pensate che un politico sia in grado di considerare questi fattori?
Il principio dell’equilibrio è troppo potente perché le storture possano durare. Speriamo che il giudizio della storia non sia troppo crudele. Di certo sarà che la realizzazione di una sintonia con la musica della Matrice non potrà che regalarci in futuro una vera pace, e un’energia forse incontenibile. Nel nostro grande e confuso “villaggio globale” molti nodi stanno oggi venendo al pettine e dunque la sfida diventa sempre più pressante. Occhio dunque al maestro!

Nessun commento:

Posta un commento