Con la liberazione di Shin Gambira, il giovane
monaco considerato l’organizzatore delle manifestazioni che nel 2007 avevano
infiammato le città birmane, continuano le riforme del nuovo governo di Thein Sein.
Oramai sono in pochi a considerare solo “di facciata” le aperture avviate alla
fine del 2010, quando Aung San Suu Kyi venne liberata sette giorni dopo le
elezioni generali. Nel giro di pochissimi mesi la situazione sociale e politica
del Myanmar è stata stravolta: da una dittatura militare governata da una
triade di vecchi militari rintanati nel proprio guscio ed incuranti delle
condizioni in cui viveva la popolazione, ad una proto democrazia che sta
seguendo, finora senza troppi intoppi, una via verso il pluralismo e verso lo
sviluppo economico. Than Shwe, il generale a capo del paese e del Tatmadaw
dall’inizio del 2000, sembra si sia definitivamente ritirato a vita privata,
lasciando (non troppo inaspettatamente) ogni forma di potere all’ex primo ministro
Thein Sein, nuovo uomo forte del paese asiatico. La visita di Hillary Clinton,
avvenuta nel dicembre 2011, e il recente riconoscimento del governo birmano da
parte degli Stati Uniti, hanno aperto nuove prospettive diplomatiche per Nay Pyi Daw. Gli stessi birmani, dapprima scettici sulle reali
intenzioni di apertura indicate da Thein Sein, oggi si sono convinti che la
“road to democracy” è stata intrapresa e non hanno più timore nell’appoggiare
pubblicamente Aung San Suu Kyi e il suo partito, la Lega Nazionale per la
Democrazia. Il premio Nobel per la pace scenderà nell’arena elettorale il
prossimo aprile, quando si dovranno scegliere i 34 seggi parlamentari lasciati
vacanti dai ministri del nuovo governo. La sua elezione sembra scontata, resta
da vedere in che modo lei, figlia dell’eroe nazionale Aung San e spina nel
fianco dei regimi militari sin dal 1988, riuscirà a mantenere le numerose e
impegnative promesse fatte ai suoi fans negli anni passati.
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