Le radici degli
odierni conflitti non sono particolarmente remote sebbene tale regione sia
stata tradizionalmente segnata da un livello di bellicosità elevata.
di Carlo Alberto Tabacchi
Il più antico
conflitto, quello tra armeni ed azeri, risale in effetti all'insorgere di forti
contrasti etno-sociali nei primi del Novecento, che esplosero già nella guerra
armeno-tatara del 1905 e nuovamente negli anni successivi alla prima guerra
mondiale con violenti scontri tra le due popolazioni, interrotti
dall'occupazione sovietica. I conflitti abkhazo-georgiano e quello
osseto-georgiano si manifestarono per la prima volta tra il 1918 e il 1921 e
riesplosero nel 1991.
Nella loro
dimensione locale, cioè prescindendo dal coinvolgimento nella politica
internazionale, i conflitti del Caucaso meridionale derivano soprattutto
dall'esito delle politiche nazionali dell'epoca sovietica: politiche che
puntavano ad un ampio riconoscimento territoriale delle numerose e varie etnie
presenti nell'Unione e ad una loro relativa autonomia amministrativa e
culturale. La creazione di entità territoriali autonome su base etnica è stata
condotta in modo quanto mai discutibile, spesso dando vita a contrasti quando
non esistevano in passato (per esempio tra abkhazi e georgiani o tra osseti e
georgiani) oppure rinfocolandoli come nell'Alto Karabagh, il cui inserimento
nell'Azerbaijan andava non solo contro la realtà demografica della regione ma
anche contro le dinamiche storiche più consistenti.
II ruolo
dell'Italia
L'Unione Europea
dovrebbe dedicare maggiore e più continua attenzione a questa tormentata ma strategica
regione: come è ben noto, l’importanza del transito di petrolio e gas assumerà
nel futuro immediato grande rilevanza come alternativa all’asse
russo-bielorusso-polacco.
Negli ultimi
anni, si e verificato in Italia un notevole aumento dell'interesse per tali
paesi. Ad esempio, l'università Ca Foscari di Venezia - dove si insegnano
lingue e letterature armena e georgiana, nonché storia del Caucaso - si sta
proponendo come il principale centro propulsore degli studi caucasici in
Italia. Tale interesse è speculare a quello che si manifesta nei confronti del
nostro paese nelle repubbliche del Caucaso meridionale. Ciò vale soprattutto
per Erevan e Tblisi, capitali di antiche civiltà e di forte vocazione culturale
europea che nei secoli hanno avuto con Roma rapporti significativi. Diverso è
il caso dell'Azerbaijan, nazione musulmana le cui proiezioni verso l'Europa
sono state limitate principalmente attraverso la mediazione russa.
Comune a tutti e
tre i popoli del Caucaso resta il grande prestigio culturale dell'Italia,
specialmente nella sfera artistica, musicale, letteraria ed ovviamente anche
per quel che riguarda i prodotti della creatività italiana nel suo complesso.
Esiste nell'intera regione una notevole simpatia nei confronti dell'Italia,
anche sulla base di una forte somiglianza culturale, caratteriale e sociale tra
il nostro paese e i vicini caucasici. In Georgia ed Armenia lo studio della
lingua italiana si diffonde sempre più e le manifestazioni culturali congiunte
hanno un notevole successo. Occorre anche considerare che la presenza di
turisti italiani nella regione, particolarmente in Armenia, è in costante
aumento, un dato che contribuisce non poco a migliorare la conoscenza
reciproca. Infine, la popolarità italiana è accresciuta dal fatto che la sua
posizione internazionale appare esente da tendenze egemoniche e contrassegnata
invece da un costante orientamento umanitario e di cooperazione allo sviluppo.
Nessun commento:
Posta un commento