Gentili leader, cari colleghi, è per me un privilegio prendere parte al "Summit on Peace on the Korean Peninsula" in una sede così significativa.
La delicata questione della riunificazione coreana è da sempre l'esempio perfetto della difficile convivenza, dal punto di vista politico, di due concezioni antitetiche. Da una parte chi prende in considerazione la realtà effettuale, i rapporti di forza realmente esistenti, la concretezza delle situazioni di fatto; dall'altra chi volge lo sguardo oltre lo status quo e, lasciandosi guidare da aspirazioni ideali, immagina con ottimismo la possibilità di cambiamento.
La dichiarazione alla fine dello storico vertice intercoreano tenutosi il 27 aprile 2018 da entrambi i leader, Kim Jong-un e Moon Jae-in, nella simbolica città di Panmunjom ha impegnato entrambe le parti a lavorare con forza per migliorare le relazioni nord-sud e stabilire una cooperazione più profonda attraverso il dialogo e i negoziati ad alto livello. Si è trattato indubbiamente di un grosso passo in avanti nella direzione della pace, della prosperità e della riunificazione della penisola.
Quell'incontro - ricordo bene - aveva generato grandi speranze nella comunità internazionale e, lasciatemi dire, anche all'interno dell'Unione Interparlamentare che aveva invitato entrambe le parti a proseguire il dialogo ad alto livello.
Il fatto che le due Coree, nonostante alti e bassi nelle loro relazioni, non siano in pace, ma nemmeno in guerra continua a lasciare aperta la strada per la trasformazione dell'armistizio in un vero e proprio trattato di pace.
Sappiamo bene che non è un percorso semplice, che sul tavolo restano importanti nodi da sciogliere e che, a livello strategico, questa è una questione che interessa da vicino anche tutte le potenze regionali dell'area. Corea del Nord e Corea del Sud hanno rappresentato infatti per decenni una frontiera fisica fra due mondi e due sistemi di alleanze, avendo avuto sistemi economici, culturali, politici e militari molto diversi e generazioni cresciute con l’idea che dall’altra parte del 38° parallelo vi fosse un nemico da temere.
Tuttavia, la pandemia da Covid 19 ci ha insegnato ancora una volta quanto inevitabile sia l'interdipendenza tra gli Stati, quanto necessario sia mettere in campo il concetto di solidarietà e quanto la cooperazione con la comunità internazionale sia decisiva ai fini della prosperità dei popoli e della pace.
Così come l'impegno costante di UPF - che non ha mai rinunciato all'idea di una penisola coreana senza frontiere interne - ci ha mostrato quanto il processo di rafforzamento dello spirito di collaborazione sia il miglior investimento politico per un proficuo dialogo nell'immediato e per una concreta soluzione nel prossimo futuro.
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