Senza il rispetto della Natura e delle sue chiare leggi (fisiche e non) non avremo modo di regalare ad altri l’opportunità alla Vita e alla Bellezza.
di Martina Ambrosioni
Cambiamento climatico. Due parole già intuite dallo scienziato svedese Arrhenius che, a fine ‘800, ipotizzò l’influenza dell’anidride carbonica sul clima. Chi di noi non ha mai pronunciato questo termine? Dagli anni ‘80 del secolo scorso ogni individuo si trova ad affrontare il problema del cambiamento climatico, con nuove sfaccettature ed implicazioni. Se, per decenni, queste due parole sono parse più una speculazione o uno strano modo per essere pessimisti, ora vediamo i primi effetti delle previsioni formulate. In più, scopriamo che si sono persino rivelate ottimistiche, in quanto la realtà spesso è più nera rispetto a tutti i dati previsti. Certo, Arrhenius non avrebbe mai immaginato che l’uomo, con le sue quotidiane ed apparentemente innocue azioni, potesse avere un impatto talmente vasto a livello globale. Ma non ci sono riusciti nemmeno molti esperti che vivono ai giorni nostri. Quindi ora il “cambiamento climatico” assume ancora una volta nuovi significati e soprattutto suscita nuove preoccupazioni.
Ma una domanda si ripresenta sempre: siamo in grado di parlare realmente di cambiamento climatico ai giorni nostri? Si corre sempre il rischio di entrare in discorsi molto eterei, costellati dai “se”, “forse” e “magari”. Un parlare che troppo spesso è fine a se stesso e a cui non fanno seguito azioni reali. Nell’ipotesi peggiore, le discussioni diventano sterili, caratterizzate da limiti di visione e di disinteresse da una parte e da foga e pseudo-disperazione dall’altra. Se da una parte abbiamo tante generazioni che continuano a vivere al meglio senza tener conto del rapporto di causa-effetto, dall’altra abbiamo tante vite che agiscono al meglio delle loro capacità pur di salvaguardare la Terra. E così non ci domandiamo davvero se siamo in grado di vedere le cose nell’ottica giusta. Ciò nonostante, bisogna soffermarsi a riflettere, da individui, sul peso del nostro agire verso le altre specie e verso la nostra casa Terra.
Terra. Usiamo così spesso la parola Terra, senza realmente capire che cosa sia. L’abbiamo sotto ai nostri piedi, la utilizziamo come fondamento di ogni nostra azione: dal primo passo, alle fondamenta delle nostre abitazioni, alla sepoltura nostra e dei nostri cari. Molte religioni accostano la creazione della nostra specie proprio alla terra; fino a un paio di millenni fa veneravamo la Terra, nostra Madre. La storia dell’uomo non può prescindere dalla Terra, e nessuna fuga verso nuovi pianeti cambierà tale realtà. Ciò nonostante, continuiamo a scavare sempre più a fondo per beni a cui abbiamo attribuito un valore, ci accatastiamo i nostri rifiuti, ci costruiamo sopra case, strade, asfalti, sfruttiamo la sua fertilità senza rispetto o riserbo.
Guardiamo questa nostra Madre Terra: è una piccola sfera blu immersa nel buio. Ruota e gira intorno alla sua stella, ma la vita che riserva su di sé è unica, per milioni o miliardi di anni luce. Guardandola da questa prospettiva possiamo capire che tutto ciò che abbiamo è il nostro magnifico e complesso pianeta ed è l’unica cosa di valore che possiamo offrire ai nostri eredi, a chi ci sta a cuore. La fortuna e il caso di essere nati come specie Homo sapiens sapiens, dovrebbe spronarci a curare ancor di più quella che è la nostra casa.
Invece su questa nostra Terra, ovunque si guardi, esiste una sola impronta, quella di devastazione causata da noi. Non esiste un angolo che sia rimasto incontaminato dall’uomo, un aspetto della Natura che si sia preservato. Le temperature si alzano; i ghiacci si sciolgono; i vulcani lasciati esposti dal ghiaccio aumentano la loro attività in quanto sono più leggeri; le acque si acidificano e vengono inquinate quotidianamente; le specie di fauna e flora si estinguono a vista d’occhio; il silenzio è quasi scomparso a causa dell’intensa attività antropica; le correnti oceaniche cambiano il proprio corso; imprevedibili tempeste si abbattono sugli stati; si assiste ad una devastante perdita di biodiversità con un aumento di allevamenti mono-colturali; il rilascio di metano da parte del permafrost è diventato realtà; la desertificazione dei suoli avanza spedita a causa di una gestione errata dei terreni coltivati; la salubrità dell’aria e dell’acqua non sono più garantite. E purtroppo la lista è ancora molto lunga.
Certo, il linguaggio scientifico e i dati che ci vengono proposti ci mandano in confusione e ci allontanano dai problemi. Non siamo in grado di comprendere tali dati né riusciamo ad immaginare il loro risvolto sulla nostra pelle, non ne capiamo il linguaggio. Tra le caratteristiche della nostra specie si può annoverare il linguaggio: un metodo di comunicazione relativamente nuovo. Grazie ad un abbassamento della laringe siamo stati in grado di articolare suoni e di strutturarli in versi aventi significato preciso. L’Homo sapiens così ha creato fra le 6 e le 12 mila lingue differenti, utilizzando una combinazione quasi infinita di suoni articolati usati per formulare parole. Ma il linguaggio del cambiamento climatico non lo capiamo. Siamo mancanti di parole che possano spiegarci cosa stia succedendo. Parole precise, esatte e soprattutto chiare a tutti. La prova di ciò si può anche ritrovare in questa semplice frase: “ho la febbre a 39°C”. La frase è chiara, ognuno di noi sa bene cosa significhi e cosa bisogna fare; sappiamo cercare aiuto in chi sa risolvere il problema e sappiamo dargli ascolto. Eppure, la frase “nel 2030 le temperature saranno più alte di oltre i 1,5°C” non assume alcun significato per noi. Non riusciamo a capire che questo significa arrecare alla Terra una febbre di oltre 1,5°C per tempi prolungati e, peggio ancora, non siamo minimamente interessati a cercare una soluzione. Ma se non siamo in grado di prevedere e di capire le conseguenze a cui stiamo correndo incontro, riusciremo a sopportarle lo stesso? Riusciremo a cambiare la visione che abbiamo della Terra e delle altre specie viventi?
Sicuramente due frasi che mi colpiscono molto e che colpiscono la mia visione della Terra sono:
• “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma” – ovvero la legge di conservazione della massa di Lavoisier. Ogni mia azione, quindi, ha un impatto.
• “Sono io la persona che sta mettendo in pericolo i miei figli” – tratto dal libro “Possiamo salvare il mondo prima di cena” di J.S. Foer.
Mi sembra doveroso ricordarle costantemente.
E mi sembra doveroso porre un appello: facciamo emergere le nostre capacità, se non come specie, allora come individui senzienti. Facciamo emergere la nostra empatia verso gli altri, indipendentemente dalla specie. Facciamo emergere la nostra voglia di amare senza profitto. Apportiamo cambiamenti partendo dal più piccolo, dalle cose che diamo per scontate, dalle scelte nei nostri carrelli fino a come lavare i piatti. Prendiamo consapevolezza di ogni azione che compiamo con lo scopo di costruire qualcosa di migliore giorno dopo giorno.
Appelliamoci all’urgenza e all’impellenza. Appelliamoci all’urgenza di sapere. Il sapere quello che succede intorno a noi è diventato assolutamente imprescindibile: dobbiamo conoscere ogni conseguenza che causiamo. Pesiamo i nostri consumi di materie prime: dobbiamo sapere quale impatto ha ogni oggetto e cibo al fine di poter scegliere con coscienza, con l’obbiettivo di non negare l’accesso alla vita alle generazioni piccole e future. Ogni piccolo individuo con le sue scelte di consumo può cambiare il sistema gigantesco delle produzioni.
Il Sapere ora è l’unica risorsa che abbiamo in un mondo con sempre meno risorse. Avere fame di Sapere per poter agire. Cerchiamo in ogni dove il sapere, nonostante il dolore che comporta il diventare coscienti. Costruiamo una nuova morale e da questa diamo vita ad un’etica di specie tra le specie, un’etica di esseri che vivono e passano su questa Terra insieme ad altri. L’avere coscienza delle materie prime e della loro limitatezza ci deve far cambiare ottica sul mondo e sulla nostra vita. Il concetto di sostenibilità, ormai obsoleto, non ci deve più bastare, ma dobbiamo anelare ai concetti di ciclicità della Natura e a nuovi modi di vedere la vita. Dobbiamo guarire dalla nostra sete di oggetti inutili, dal consumo spietato ed insensato. Prendiamo coscienza che il nostro passaggio su questa Terra in questo tempo è un’incredibile combinazione di fattori, una felice ruota della fortuna; ma senza il rispetto della Natura e delle sue chiare leggi (fisiche e non) non avremo modo di regalare ad altri l’opportunità alla Vita e alla Bellezza.
Infine, ricordiamoci sempre che se falliamo, se la corda si spezzerà, non sarà né la Terra né la sua Vita a precipitare nel baratro, ma sarà solo la nostra specie, il cui nome sapiens suonerà per un’ultima volta improvvisamente inappropriato.
Dammi l'acqua
dammi la mano
dammi la tua parola
che siamo,
nello stesso mondo.
Chandra Livia Candiani
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