25 febbraio 2012

2012. I nodi vengono al pettine

di Giuseppe Rossi

Il ritmo degli eventi accelera. La facilità e la velocità degli scambi premono sull’acceleratore della storia e fanno affiorare nodi nuovi e antichi. Le crescenti tensioni tra le diverse aree culturali esploderanno in un nuovo conflitto mondiale? La storia umana è condannata in eterno a “corsi e ricorsi” fallimentari? C’è la possibilità di capire ed evitare questa coazione  a ripetere i fallimenti e i crolli di questa tragica ruota? Stiamo forse recitando confusamente un vecchio spartito? C’è una regia occulta?
 Storici e scienziati non possono aiutarci, possono certo capire alcune regolarità che siamo in grado di riscontrare negli eventi, possono provare a sistematizzarle tirando fuori leggi, costanti, deduzioni  variamente comprovabili o falsificabili, ma la maggior parte di loro sono oggi ormai d’accordo nel pensare che i loro studi non hanno a che fare con quei “fatti” o quelle “prove” di cui è stata tanto fiera la scienza Baconiana. L’approccio scientifico maneggia informazioni o ipotesi, più o meno rilevanti a seconda delle metodologie, della ripetibilità e di quelle altre variabili che rendono la scienza stessa non qualcosa di obiettivo ma uno strumento soggettivo, variamente definibile a seconda  delle metodiche usate. La stessa moderna  teologia, schiacciata e quasi messa in angolo dal culto della dea Minerva, ha dovuto affiancarsi e riconoscere i limiti del suo approccio.
Le ricerche (più o meno) umili, dettagliate e copiose degli ultimi decenni ci hanno però condotto paradossalmente alla soglia di nuove possibili certezze. La fase analitica, specialistica della cultura scientifica, ha affinato di molto le sue armi, ma questo enorme dilatarsi dei suoi dati, delle sue capacità di calcolo, e la portata stessa dei suoi strumenti tecnologici sembrano in grado adesso di traghettarci dialetticamente verso nuove sintesi, verso nuovi approcci metodici. Si fa il punto, ad esempio, delle tante analogie e somiglianze che accomunano i diversi sistemi operanti in natura; grazie alla potenza di calcolo dei nuovi computer  si decriptano  ad esempio algoritmi comuni perfino in seno a sistemi caotici, o presunti tali. L’attenzione agli intrecci e alle variabili del contesto si fa più acuta, l’approccio ecologista, ad esempio,  non è più un settore riservato a pochi scienziati “rompiscatole”,  e così pure la medicina affina le sue conoscenze sull’importanza delle interazioni tra i vari sottosistemi biologici e ridimensiona il sogno di onnipotenza della chimica. La genetica scopre invece la musica e ascolta, grazie a raffinate tecnologie, il DNA mentre suona i motivetti del suo genoma. Ingegneri elettronici e neurobiologi d’avanguardia, fondono i  loro saperi e parlano insieme di codici binari e di trasformate di Fourier. La fisica, “scienza dura” per eccellenza, prova addirittura a fondere fisico e metafisico e parla di progettualità, di ordine intriso nella materia, postulando nuove necessarie dimensioni aggiuntive. Alle tre che conosciamo, e alla quarta, la dimensione temporale che Einstein aveva già fuso con lo spazio tridimensionale,  Burkhard Heim in tempi più recenti ne aggiunge addirittura altre otto, e disposte in quella necessaria simmetria che ancora manca nelle equazioni della fisica ufficiale: sei dimensioni nello spazio-tempo, ed altre sei  fuori del nostro mondo fenomenico. La sua matematica trova sorprendenti conferme al calcolatore elettronico in tutti i valori decimali delle costanti previste dalla sua teoria. E se un altro Nobel per la fisica, D. Bohm, aveva cominciato a parlare di un necessario “ordine implicato”, cioè di un’ intelligenza cosmica, di un progetto che impregnava l’energia dell’universo manifestandosi nell’”ordine esplicato”, cioè visibile ai nostri sensi o detettabile strumentalmente, Heim ipotizza esplicitamente uno spazio della mente di Dio (G4) che simmetrizza ed interagisce con le quattro dimensioni spazio-temporali (R4) riproponendo  quell’unità e quell’omogeneità che era stata contemplata e descritta tante volte in passato.
 ”Ogni ordine comincia con una Monade dalla quale emanano esseri sussidiari i quali restano legati gli uni agli altri, e alla Monade,dal desiderio o dalla tensione a tornare all’unità primaria…Tutte le cose sono in tutte le cose, nella loro propria maniera.”  Il filosofo  Plotino enunciava così le caratteristiche di quello che oggi noi definiamo  come paradigma olografico: l’universo è un ologramma, il cervello opera olograficamente, la singola monade particellare è un ologramma. “Ogni parte definibile del nostro universo è considerata emanare una radiazione di tipo ondulatorio che è infinitamente interconnessa con le radiazioni di tutte le altre parti, ciascuna parte contiene l’immagine dell’intero universo.”  Non sono parole di un astruso filosofo, sto invece citando uno dei fisici-matematici più illustri del secolo scorso, il premio Nobel Eugene Wigner.
Il Dio delle religioni, l’”Essere” dei filosofi, la forza vitale studiata dagli scienziati sembrano sinonimi di una stessa realtà, di una stessa forza armoniosa, onnipresente, anche se con diverse gradualità. L’uni-verso è uno, dovendo il trascendente possedere certo qualità supernaturali ma in qualche modo anche necessariamente omogenee alle energie dell’immanente,  se deve poter interagire e funzionare, mi si perdoni il termine riduttivo, come “sistema di controllo” in grado cioè di nutrire, guidare e plasmare le innumerevoli monadi create a “sua immagine e somiglianza” nell’organismo cosmico. Quello che abbiamo scoperto e verificato, anche, ripeto, grazie alla potenza di calcolo dei moderni computer, è anche una fondamentale omogeneità strutturale ed operativa presente tra tutti i diversi sistemi operanti in natura, dove viene cioè decriptata un’incredibile omogenea ridondanza di eventi: i fenomeni  spaziali, ed i tempi stessi del loro plasmarsi, seguono algoritmi comuni . Le frequenze dei “campi morfogenetici”, gli accordi dei “campi strutturatori di forma”  tendono ad essere divisi (“fracti”) in forme e cicli autosimili (frattali), ottave superiori ed inferiori, fluide o congelate, di uno stesso accordo. Tra l’altro è proprio lì, in quel limbo che divide un relativo disordine vibrazionale (caos) da un flusso cosciente e coerente, che la vita appare, che il “progetto” evolve e dispiega gli eventi. Se il mondo invisibile della progettualità opera ed interagisce attraverso risonanze, assonanze, analogie di senso e di forma, il mondo visibile invece, cioè l”ordine esplicato” dell’invisibile “ordine implicato”, per usare le parole di David Bohm, non può non adattarsi al suo burattinaio, naturalmente alla sua maniera. Lo fa disponendosi nel modo più economo possibile  (principio del minimo mezzo) attraverso transiti più o meno maldestri, cosiddetti caotici, congiunti a transiti ordinati. Qui gli attriti delle masse inerziali dei suoi atomi si muovono manifestando eventi in successione lineare secondo causalità lineari, relativamente quindi prevedibili, riproducibili. Il mondo della libertà, della progettualità consapevole ed intelligente, sposa il mondo della necessità, ed i suoi spazi relativamente inerti e docili in cui poter cimentare sé stesso. Ne ha bisogno.
LE ASTUZIE DEL LOGOS                                                                   
A questo punto, se l’ipotesi è vera, l’energia sceglierà tre strategie fondamentali per esprimersi. La prima è la risonanza,  meccanismo preferenziale a causa di quegli accordi e di quelle somiglianze occulte con il burattinaio creatore cui si accennava. Risonanza, carburante ottimale per eccitare i vortici del macchinario fenomenico. 
Seconda tecnica strategica: l’uso della sezione aurea, della “sectio divina”, prodiga di armonici e di econome ridondanze frattaliche. Le pulsazioni di un campo energetico, se in rapporto aureo, sono le uniche in grado di sommarsi e di moltiplicarsi senza interferenze distruttive. Infine enumeriamo una terza modalità espressiva, universale. E’ necessaria però una breve premessa. La fisica moderna non parla delle particelle elementari come di unità discrete, parla piuttosto di interconnessioni, a loro volta collegate ad altre interconnessioni in un complesso tessuto di eventi  espressi, nel formalismo matematico, in termini di probabilità: “… e le probabilità sono determinate dalla dinamica dell’intero sistema. Mentre nella meccanica classica le proprietà ed il comportamento delle parti determinano quelle del tutto. Nella meccanica quantistica la situazione si rovescia: è il tutto che determina il comportamento delle parti. (“La rete della vita” F. Capra, pag. 42, Rizzoli, 2000). Ora questo Tutto sembra essere “implicato”, sostanzialmente simile alle parti, intelligente.  Dovrebbe dunque avere un  “progetto”  finalizzato ad uno scopo. La fisica è o dovrebbe essere una scienza trainante, ma fino ad oggi la rivoluzione concettuale portata dalla fisica quantistica non ha scalfito se non in maniera molto superficiale, il vecchio mondo accademico: meccanicismo, riduzionismo, specialismo, per non parlare del pragmatismo, sono ancora sulla breccia e continuano imperterriti a cercare il pelo nell’uovo, ma balbettano quando chiediamo loro cos’è un uovo, cos’è la vita, come giustificare la differenziazione embriogenetica, ad esempio, o come sistematizzare la ricerca in termini più globali.
Dal momento che l’Origine sembra rifrangersi generosamente nel creato e alimentarlo di continuo, e incondizionatamente, proviamo allora a chiederci il motivo per cui lo fa. E da parte nostra,  è giusto allora fare qualcosa per sintonizzarci con la nostra Origine, capire e cavalcarne le leggi, condividerne gli scopi? Certo la nostra sopravvivenza dipende in ogni istante da generosi  e mirati apporti esterni, la vita fluisce dentro di noi grazie all’apporto fondamentale delle radiazioni cosmo-telluriche. Pensiamo ad un esempio per tutti: la continua fotosintesi clorofilliana messa in atto da “fratello Sole”.  Il Tutto, e questa potrebbe essere la terza delle “strategie” di cui parlavamo, deve poter essere in qualche modo in connessione con le Sue monadi: l’universo è la Sua stessa proiezione olografica, un Suo parto. Possiamo perciò ipotizzare un altro principio assoluto nella strategia del Tutto: il principio di scambio, la capacità di interagire energeticamente nel piano fenomenico (inerziale). Quest’ultimo si adatterà in modo da attivare armoniosi ed economi vortici circolari, espressione a loro volta di equilibrio tra forze polari in grado di vorticare, appunto, minimizzando gli attriti. Di cerchi, ellissi e spirali, e di loro modifiche e addensamenti, è pieno il mondo.
Se l’universo è interconnesso e similare, e se esiste un ordine implicato nel retroscena, resterebbe allora da chiedersi  cosa si nasconde  dietro le sue manifestazioni parziali. Se il mondo di retroscena con le sue vibrazioni senza massa (bosoni) è gerarchicamente preposto al controllo dei campi di materia (C. Rubia), allora gli aggregati atomici e molecolari, gli aspetti concreti del mondo fisico non rappresenterebbero altro che segni e simboli del mondo di retroscena. Bisognerebbe allora chiedersi qual è il senso di queste aggregazioni, quali sono i significati, gli intenti  del mondo di retroscena. Cosa vogliono dirci I burattinai dell’ordine implicato?  Riusciamo a sentirli? Ma soprattutto, la Monade Originale si aspetta qualcosa dalle monadi figlie?
La risposta potrebbe anche essere semplice, come lo sono tutte le realtà importanti.  L’Energia Prima Universale è l’energia fondamentale (pre-energia) della Monade Originale. Dovrebbe essere perciò energia infinita, eterna, assoluta . E anche se non volessimo considerarla come causa prima, dovremmo postulare una diversa causa originaria attribuendole comunque queste stesse qualità. Il Principio di Unificazione parla di un movimento fondamentale grazie al quale ogni cosa può esistere, agire e moltiplicarsi. Quando cioè dal Tao, dal “vuoto quantistico”, dal “campo di punto zero”, dal pozzo infinito e senza tempo dell’Energia Prima Universale iniziano a manifestarsi, polarizzandosi, le forze duali che fanno ruotare i vortici del micro e del macrocosmo, quella stessa  Energia diventa nel piano fenomenico, cioè in spazi lineari ed in tempi lineari, la forza attrattiva e riequilibrante che attiva e nutre il fenomeno esprimendosi come perno che unifica e dà stabilità alle forze centrifughe e centripete dell’entità polare. La pre-energia diventa così forza manifesta, sostegno energetico, inesauribile, che guida e alimenta i vortici delle masse (più o meno) inerziali che ha partorito. L’effetto di questa Energia Prima Universale diventa cioè, secondo il Pensiero di Unificazione,  “forza dell’azione di dare-ricevere”. Energia Prima Universale e forza dell’azione di dare-avere sono pertanto in relazione di causa ed effetto, soggetto-oggetto, interiore-esteriore.  L’immanente può così considerarsi specchio, immagine o simbolo del trascendente. Il mondo fenomenico si configura in tal modo come espressione parziale, secondaria ma interattiva, di un insieme gerarchizzato ma unitario. Al di fuori di questo schema  credo che non possiamo non ricadere in tutti quei diaframmi dualisti, con le loro problematiche insolubili, che hanno funestato la storia della teologia e della filosofia.
La vita, l’esistenza è co-esistenza, scambio, equilibrio dinamico di interconnessioni. Le energie, di qualsiasi entità e qualità, possono esistere, possono esprimersi solo grazie ad un qualche tipo di movimento. E possono perpetuare la loro natura duale solo grazie ad un terzo fattore,  grazie cioè a quel punto di equilibrio che deve in qualche modo trascenderle. Nel campo di punto zero potremmo individuare il punto di riferimento matematico, elettromagnetico, e logico, della infinita simmetria dei più e dei meno. Nel punto zero potremmo realizzare il continuo bilanciamento delle necessarie componenti duali di ogni singola carica e infine, ripeto, avere un perno che in qualche modo riesca a tenere unite queste cariche e a plasmarne il destino integrandole con l’insieme.
Ora in pratica, come può funzionare armoniosamente e felicemente un sistema che richiede una sintonia assolutamente delicata? Perché, ad esempio, non stanno funzionando gli anelli umani di questo sistema integrato?  Probabilmente l’antico auspicio che leggiamo per l’uomo in quella speciale raccolta di tradizioni orali che furono i “Biblia”, i libri per eccellenza, la Bibbia, non si è avverato. Il “Crescete, moltiplicatevi e abbiate dominio sul creato” non si è certo realizzato nel migliore dei modi.  Eppure la Monade creatrice aveva espresso generosamente le Sue potenzialità nel programma di questo Suo universo diffondendo le Sue impronte in un immenso ologramma, creando addirittura l’uomo, sintesi finale di tutta la filogenesi,  “a Sua immagine e somiglianza”.  Verrebbe allora da pensare a due ipotesi: o il Creatore è una specie di schizofrenico con inarrestabili coazioni a perpetuare le Sue contraddizioni, per cui gli uomini e la tragica storia delle loro civiltà fallimentari non sarebbero che un’eco fatale di questa connaturata dinamica, oppure quella scintilla divina, cosciente e responsabile, di cui siamo proiezione, aspetta rispettosamente una risposta, altrettanto cosciente e responsabile, dai nostri ego, per poter vivere pienamente in quei templi corporei in cui aveva desiderato abitare, in quell’armonia e in quella gioia che gli sono consone.
La dinamica dell’universo sembrerebbe manifestare invece, alla faccia di tutti i “pessimismi cosmici”, un progetto che è progetto di vita, di continua espansione, di intime risonanze, e la sua dinamica è musicale, e noi che siamo le sue eco ci nutriamo ed amiamo questa musica, ne siamo attratti perché è bella, buona e vera, risuona cioè dentro di noi perché c’è almeno una parte di noi che è bella, buona e vera, e dunque viene “agganciata in fase” da questo incanto e cerca di viverlo, o di soffocarlo, purtroppo.
Ma cosa accade in un sistema  che viola gli intendimenti del Tutto, dove cioè non esiste una finalità comune?  Prendiamo la situazione sul nostro pianeta. Se è vero che il Tutto è il “sistema di controllo” che modifica le parti, è anche vero però che l’ecosistema terrestre è in grado di manifestare una certa autonomia reattiva, inviando i suoi feed-back  al  sistema di controllo. Purtroppo, per quanto tenti di adattarsi, non sembra comunque immune dallo stridore causato dai disordini della civiltà. La creazione “geme in travaglio”, adattandosi in tal modo a livelli più bassi di riequilibrio. Pensiamo ad esempio agli odierni bassi livelli qualitativi di tanta frutta e verdura.
E che dire degli equilibri più sottili della sfera umana? Anche questo ecosistema è lacerato. E le ferite del nostro mondo psichico non vanno via, non guariscono con punti o cerotti. Senza la comprensione ed il pentimento dei colpevoli, e senza  l’eroismo o lo sguardo alto di coloro che perdonano, queste ferite restano e continuano a sanguinare e a gridare vendetta o giustizia. Quante violenze, quanti scheletri sono conservati negli armadi della storia. E sono tutti lì, in quella specie di grande videoregistratore  del retroscena, la dimensione akashica, immagini e fantasmi che vagano in un etere senza attrito e senza tempo. La pace arriverà prima o poi tra gli uomini, ma probabilmente solo quando queste ferite saranno riconosciute e curate. Se sono le forze di retroscena a guidare i rispettivi scenari queste forze continuano ad esistere anche al di fuori del nostro tempo siderale in una diversa dimensione, continueranno ad esserci anche quando lo scenario dei rispettivi campi di materia si disfa. Lo scenario, per certi aspetti secondario, per altri aspetti è invece indispensabile alla crescita e all’evoluzione delle forze di retroscena. Pensate sia facile che queste possano cambiare ed evolvere senza il necessario cimento, senza la sfida dello scenario fisico? “Tutto ciò che scioglierete sulla Terra sarà sciolto anche nei cieli, tutto ciò che legherete sulla Terra sarà legato nei cieli…”. Noi non siamo consapevoli dell’importanza tragica e bella del nostro breve viaggio nel mondo di scena.
A proposito di antiche ferite prendiamo ad esempio la cosiddetta “questione meridionale”. E’ una ferita che sanguina ancora da 150 anni. Pensate che il risentimento storico di quelli che furono i briganti ottocenteschi, oggi mafiosi, ndranghetisti e camorristi, possa essere edulcorato da un decreto legge o imbrigliato dalle forze di polizia? Pensate davvero che il sangue versato da centinaia di migliaia di meridionali, trucidati dai savoiardi, depredati, vessati e impoveriti per lunghi decenni, sia una cosetta da poter nascondere impunemente? Ma davvero politici e storici di mezza tacca  possono continuare a credere che la cultura antiautoritaria del meridionale, la gigantesca evasione fiscale, le spinte autonomiste che fatalmente spuntano dal pantano di un popolo accecato e pieno di compromessi , possano essere saltate fuori dal blu, quasi una mala pianta spuntata fuori chissà come nella nostra terra, e che sarà sufficiente recidere di tanto in tanto senza preoccuparsi delle sue profonde radici? Lo Stato deve fare ammenda, e tirar fuori anzitutto  gli scheletri dai suoi armadi. I Savoia dovrebbero chiedere perdono per le atrocità commesse dai loro antenati. I piccoli storici italiani dovrebbero chiedere scusa per la loro lunga assenza.
E purtroppo la storia del nostro meridione è anche un po’ la storia del sud del mondo, ma questo è un mondo che oggi accelera e informa sempre più persone con la sua tecnologia. Quale karma, quali venti di rabbia pensate dovranno ancora soffiare prima di placarsi? Quanto siamo lontani dalle dinamiche della Natura! Pensate ad esempio alle dinamiche del sistema economico, al grosso degli economisti e dei signori della finanza. Credete siano tanto più lucidi e puliti dei mercanti di droga? Pensate che la moltiplicazione e l’eccitazione anomala delle transazioni, o il gioco allucinato dei titoli abbiano fatto meno vittime e danni? Pensate che abbiano capito, e che siano finalmente venuti  fuori da questo viaggio psichedelico dove si scambiano merci ed abbagli? Giocare col danaro è molto pericoloso, quel pezzo di carta, come ogni oggetto materiale,  è solo un simbolo, la manifestazione parziale cioè, del sudore che è costato. Chi ruba denaro pubblico, ad esempio, sta succhiando sangue altrui, smuovendo forze che lui stesso non immagina neanche, e che gli ricadranno addosso in un modo o nell’altro nella ruota degli eventi. La storia dei potenti della Terra è piena di queste tragiche ruote.       
A differenza dei cicli ripetitivi delle perfette società operaie delle api, ad esempio, o delle formiche, la storia umana ha saputo tracciare invece spirali sempre nuove ed ha certo raggiunto picchi di creatività geniale, ma nessuna delle 22 civiltà conosciute e studiate ha saputo resistere fino ad oggi alle sfide del tempo e del mutamento. Solitamente il picco di una civiltà ha prodotto nei suoi attori quello che Toynbee definì come “l’ubriacatura della vittoria”, comoda ma assolutamente fatale come modello di sopravvivenza. Quando gli uomini non sono in accordo con il “progetto”, il vento della storia li spazza via, spiritualmente e politicamente.
I sistemi sociali e politici falliscono, o mummificano, in archi di tempo più o meno brevi,  la Natura è invece un sistema che funziona stabilmente. Da milioni di anni la vita si fa largo di continuo e prevale sulle tendenze entropiche in cui appiattiscono le masse inerziali. La vita non muore perché è espressione del “progetto”, della Coscienza Cosmica. E “solo Dio può fare un albero”, perché la vita dell’albero è una summa, il risultato di un concerto globale di afferenze cosmiche e telluriche, con uno stampo preciso e coerente di ritmi e finalità. 
La vita umana è anch’essa un insieme coerente e gerarchizzato. Il nostro corpo è come un’azienda molto sofisticata fatta con quelle unità operative che sono le cellule, organizzate a loro volta in quelle società pulsanti e perfettamente fasate tra loro che oggi i biofisici descrivono come “domini di coerenza”. Il corpo umano è un piccolo universo che funziona alla grande. Ognuno di noi esprime come un accordo, una sua impronta originale e irripetibile che si rifrange frattalicamente in ogni suo settore: nella testa, nel torace, negli arti si specializzano le sue funzionalità pur conservando l’impronta unitaria nell’aggancio coerente degli insiemi vibranti. Le energie vitali andranno così a distribuirsi proporzionalmente, a seconda delle maggiori o minori responsabilità e dei dispendi energetici richiesti ai diversi distretti corporei.
Anche i rapporti economici dovrebbero manifestare in qualche modo una strutturazione di tipo frattale, come in Natura, come nel sistema uomo. Ogni campo operativo della società dovrebbe esprimere una sua armonia, con un direttore d’orchestra che dia il là e diriga. A questa ricca e operosa figura centrale accederanno tutti i suoni per essere vagliati e rimodulati, suoni che naturalmente saranno recepiti da tutti i suoi musicanti,  e con un’intensità ed un piacere proporzionali agli accordi risonanti che il maestro ed i professori stessi sono riusciti a produrre. Il maestro sul podio non sarà avido di questa ricca armonia ma vorrà condividerla con i suoi professori, e questo capitale di energie gioiose fluirà nella giusta proporzione, anche se i professori d’orchestra o gli spettatori non  potranno godere di quell’effetto pieno e avvolgente che si recepisce sul podio centrale. Concretizzare la metafora del concerto nei rapporti socio-economici è certo una gran bella sfida, e non esistono rigidi spartiti da suonare nei rapporti socio-economici, perché l’interpretazione può variare e qualcuno può andare sopra le righe e complicare gli accordi. Ma ciò che è importante è che lo spartito sia bello e che tutti vogliano davvero esprimere il sentimento dell’Autore. E’ importante che ci sia un senso ed un sentimento nell’armonia dello spartito e ci sia voglia di condivisione. Il resto verrà attivato dal meccanismo stesso di creazione e di moltiplicazione dell’energia che viene condivisa. E solitamente le ragioni del sentimento sono più vaste dei cavilli della ragione. Alla luce di una fisica e di una metafisica che così sconfinano reciprocamente dando un senso più chiaro alle cose, miti e orrori del passato cominciano a perdere il loro supporto. In un mondo di monadi similari ed intimamente connesse le une alle altre, addirittura sacralizzate dalla relazione, dalla proiezione del divino, parole come razzismo, guerra di religione, integralismi e separatismi di ogni sorta devono lasciare il campo. Hanno fatto già troppi danni, quello che serve adesso e con drammatica urgenza è capire quali sono le chiavi per aprire le porte che ci hanno tenuto lontani per troppo tempo, qual è lo spartito che ci possa far cantare insieme finalmente. Una volta in grado di sentirci “agganciati in fase” nel coro, l’energia che si sprigionerà sarà così bella e intensa che non avremo più il coraggio di lasciarci.

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