di Giuseppe Rossi
Il ritmo degli eventi accelera. La facilità e la velocità degli scambi premono sull’acceleratore della storia e
fanno affiorare nodi nuovi e antichi. Le crescenti tensioni tra le
diverse aree culturali esploderanno in un nuovo conflitto mondiale? La storia
umana è condannata in eterno a “corsi e ricorsi” fallimentari? C’è la
possibilità di capire ed evitare questa coazione a ripetere i fallimenti e i crolli di questa
tragica ruota? Stiamo forse recitando confusamente un vecchio spartito? C’è
una regia occulta?
Storici e
scienziati non possono aiutarci, possono certo capire alcune regolarità che
siamo in grado di riscontrare negli eventi, possono provare a sistematizzarle
tirando fuori leggi, costanti, deduzioni
variamente comprovabili o falsificabili, ma la maggior parte di loro
sono oggi ormai d’accordo nel pensare che i loro studi non hanno a che fare con
quei “fatti” o quelle “prove” di cui è stata tanto fiera la scienza Baconiana.
L’approccio scientifico maneggia informazioni o ipotesi, più o meno
rilevanti a seconda delle metodologie, della ripetibilità e di quelle altre
variabili che rendono la scienza stessa non qualcosa di obiettivo ma uno
strumento soggettivo, variamente definibile a seconda delle metodiche usate. La stessa moderna teologia, schiacciata e quasi messa in
angolo dal culto della dea Minerva, ha dovuto affiancarsi e riconoscere
i limiti del suo approccio.
Le ricerche (più o meno) umili, dettagliate e copiose
degli ultimi decenni ci hanno però condotto paradossalmente alla
soglia di nuove possibili certezze. La fase analitica, specialistica della
cultura scientifica, ha affinato di molto le sue armi, ma questo enorme
dilatarsi dei suoi dati, delle sue capacità di calcolo, e la portata stessa dei
suoi strumenti tecnologici sembrano in grado adesso di traghettarci
dialetticamente verso nuove sintesi, verso nuovi approcci metodici. Si fa
il punto, ad esempio, delle tante analogie e somiglianze che accomunano
i diversi sistemi operanti in natura; grazie alla potenza di calcolo dei
nuovi computer si decriptano ad esempio algoritmi comuni perfino in
seno a sistemi caotici, o presunti tali. L’attenzione agli intrecci e alle
variabili del contesto si fa più acuta, l’approccio ecologista, ad esempio, non è più un settore riservato a pochi
scienziati “rompiscatole”, e così pure la
medicina affina le sue conoscenze sull’importanza delle interazioni tra
i vari sottosistemi biologici e ridimensiona il sogno di onnipotenza della
chimica. La genetica scopre invece la musica e ascolta, grazie a
raffinate tecnologie, il DNA mentre
suona i motivetti del suo genoma. Ingegneri elettronici e neurobiologi d’avanguardia,
fondono i loro saperi e parlano
insieme di codici binari e di trasformate di Fourier. La fisica,
“scienza dura” per eccellenza, prova addirittura a fondere fisico e metafisico
e parla di progettualità, di ordine intriso nella materia, postulando nuove
necessarie dimensioni aggiuntive. Alle tre che conosciamo, e alla quarta,
la dimensione temporale che Einstein aveva già fuso con lo spazio
tridimensionale, Burkhard Heim in
tempi più recenti ne aggiunge addirittura altre otto, e disposte in
quella necessaria simmetria che ancora manca nelle equazioni della fisica
ufficiale: sei dimensioni nello spazio-tempo, ed altre sei fuori del nostro mondo fenomenico. La sua
matematica trova sorprendenti conferme al calcolatore elettronico in
tutti i valori decimali delle costanti previste dalla sua teoria. E se un altro
Nobel per la fisica, D. Bohm, aveva cominciato a parlare di un
necessario “ordine implicato”, cioè di un’ intelligenza cosmica, di un
progetto che impregnava l’energia dell’universo manifestandosi nell’”ordine
esplicato”, cioè visibile ai nostri sensi o detettabile strumentalmente,
Heim ipotizza esplicitamente uno spazio della mente di Dio (G4) che simmetrizza
ed interagisce con le quattro dimensioni spazio-temporali (R4)
riproponendo quell’unità e
quell’omogeneità che era stata contemplata e descritta tante volte in passato.
”Ogni ordine
comincia con una Monade dalla quale emanano esseri sussidiari i quali restano
legati gli uni agli altri, e alla Monade,dal desiderio o dalla tensione a
tornare all’unità primaria…Tutte le cose sono in tutte le cose, nella loro
propria maniera.” Il filosofo Plotino enunciava così le
caratteristiche di quello che oggi noi definiamo come paradigma olografico: l’universo
è un ologramma, il cervello opera olograficamente, la singola monade
particellare è un ologramma. “Ogni parte definibile del nostro universo è
considerata emanare una radiazione di tipo ondulatorio che è infinitamente
interconnessa con le radiazioni di tutte le altre parti, ciascuna parte
contiene l’immagine dell’intero universo.”
Non sono parole di un astruso filosofo, sto invece citando uno dei
fisici-matematici più illustri del secolo scorso, il premio Nobel Eugene Wigner.
Il Dio delle religioni, l’”Essere” dei
filosofi, la forza vitale studiata dagli scienziati sembrano sinonimi
di una stessa realtà, di una stessa forza armoniosa, onnipresente, anche se
con diverse gradualità. L’uni-verso è uno, dovendo il trascendente possedere
certo qualità supernaturali ma in
qualche modo anche necessariamente omogenee alle energie
dell’immanente, se deve poter interagire
e funzionare, mi si perdoni il termine riduttivo, come “sistema di
controllo” in grado cioè di nutrire, guidare e plasmare le
innumerevoli monadi create a “sua immagine e somiglianza” nell’organismo
cosmico. Quello che abbiamo scoperto e verificato, anche, ripeto, grazie alla
potenza di calcolo dei moderni computer, è anche una fondamentale omogeneità
strutturale ed operativa presente tra tutti i diversi sistemi operanti in
natura, dove viene cioè decriptata un’incredibile omogenea ridondanza di
eventi: i fenomeni spaziali, ed i
tempi stessi del loro plasmarsi, seguono algoritmi comuni . Le frequenze
dei “campi morfogenetici”, gli accordi dei “campi strutturatori di
forma” tendono ad essere divisi
(“fracti”) in forme e cicli autosimili (frattali), ottave superiori ed inferiori,
fluide o congelate, di uno stesso accordo. Tra l’altro è proprio lì, in
quel limbo che divide un relativo disordine vibrazionale (caos) da un
flusso cosciente e coerente, che la vita appare, che il “progetto” evolve e
dispiega gli eventi. Se il mondo invisibile della progettualità opera ed interagisce
attraverso risonanze, assonanze, analogie di senso e di forma, il mondo
visibile invece, cioè l”ordine esplicato” dell’invisibile “ordine
implicato”, per usare le parole di David Bohm, non può non adattarsi al suo
burattinaio, naturalmente alla sua maniera. Lo fa disponendosi nel modo
più economo possibile (principio del
minimo mezzo) attraverso transiti più o meno maldestri, cosiddetti caotici,
congiunti a transiti ordinati. Qui gli attriti delle masse inerziali dei suoi
atomi si muovono manifestando eventi in successione lineare secondo
causalità lineari, relativamente quindi prevedibili, riproducibili. Il
mondo della libertà, della progettualità consapevole ed intelligente, sposa
il mondo della necessità, ed i suoi spazi relativamente inerti e docili in
cui poter cimentare sé stesso. Ne ha bisogno.
LE ASTUZIE DEL LOGOS
A questo punto, se l’ipotesi è vera, l’energia sceglierà
tre strategie fondamentali per esprimersi. La prima è la risonanza, meccanismo preferenziale a causa di quegli
accordi e di quelle somiglianze occulte con il burattinaio creatore cui si
accennava. Risonanza, carburante ottimale per eccitare i vortici del
macchinario fenomenico.
Seconda tecnica strategica: l’uso della sezione aurea,
della “sectio divina”, prodiga di armonici e di econome ridondanze
frattaliche. Le pulsazioni di un campo energetico, se in rapporto aureo,
sono le uniche in grado di sommarsi e di moltiplicarsi senza interferenze
distruttive. Infine enumeriamo una terza modalità espressiva, universale.
E’ necessaria però una breve premessa. La fisica moderna non parla delle
particelle elementari come di unità discrete, parla piuttosto di interconnessioni,
a loro volta collegate ad altre interconnessioni in un complesso tessuto di
eventi espressi, nel formalismo
matematico, in termini di probabilità: “… e le probabilità sono determinate
dalla dinamica dell’intero sistema. Mentre nella meccanica classica le
proprietà ed il comportamento delle parti determinano quelle del tutto. Nella
meccanica quantistica la situazione si rovescia: è il tutto che determina il
comportamento delle parti.” (“La rete della vita” F. Capra, pag. 42,
Rizzoli, 2000). Ora questo Tutto sembra essere “implicato”, sostanzialmente
simile alle parti, intelligente.
Dovrebbe dunque avere un
“progetto” finalizzato ad
uno scopo. La fisica è o dovrebbe essere una scienza trainante, ma fino ad
oggi la rivoluzione concettuale portata dalla fisica quantistica non ha
scalfito se non in maniera molto superficiale, il vecchio mondo accademico: meccanicismo,
riduzionismo, specialismo, per non parlare del pragmatismo, sono ancora sulla
breccia e continuano imperterriti a cercare il pelo nell’uovo, ma balbettano
quando chiediamo loro cos’è un uovo, cos’è la vita, come giustificare la
differenziazione embriogenetica, ad esempio, o come sistematizzare la
ricerca in termini più globali.
Dal
momento che l’Origine sembra rifrangersi generosamente nel creato e
alimentarlo di continuo, e incondizionatamente, proviamo allora a chiederci
il motivo per cui lo fa. E da parte nostra,
è giusto allora fare qualcosa per sintonizzarci con la nostra
Origine, capire e cavalcarne le leggi, condividerne gli scopi? Certo la
nostra sopravvivenza dipende in ogni istante da generosi e mirati apporti esterni, la vita fluisce dentro
di noi grazie all’apporto fondamentale delle radiazioni cosmo-telluriche.
Pensiamo ad un esempio per tutti: la continua fotosintesi clorofilliana messa
in atto da “fratello Sole”. Il Tutto, e
questa potrebbe essere la terza delle “strategie” di cui parlavamo, deve
poter essere in qualche modo in connessione con le Sue monadi: l’universo è la
Sua stessa proiezione olografica, un Suo parto. Possiamo perciò ipotizzare un altro
principio assoluto nella strategia del Tutto: il principio di scambio, la capacità
di interagire energeticamente nel piano fenomenico (inerziale). Quest’ultimo
si adatterà in modo da attivare armoniosi ed economi vortici circolari,
espressione a loro volta di equilibrio tra forze polari in grado di
vorticare, appunto, minimizzando gli attriti. Di cerchi, ellissi e spirali, e
di loro modifiche e addensamenti, è pieno il mondo.
Se l’universo è interconnesso e similare, e se esiste un
ordine implicato nel retroscena, resterebbe allora da chiedersi cosa si nasconde dietro le sue manifestazioni parziali. Se
il mondo di retroscena con le sue vibrazioni senza massa (bosoni) è
gerarchicamente preposto al controllo dei campi di materia (C. Rubia), allora
gli aggregati atomici e molecolari, gli aspetti concreti del mondo fisico non rappresenterebbero
altro che segni e simboli del mondo di retroscena. Bisognerebbe allora
chiedersi qual è il senso di queste aggregazioni, quali sono i significati, gli
intenti del mondo di retroscena. Cosa
vogliono dirci I burattinai dell’ordine implicato? Riusciamo a sentirli? Ma soprattutto, la
Monade Originale si aspetta qualcosa dalle monadi figlie?
La risposta potrebbe anche essere semplice, come lo sono
tutte le realtà importanti. L’Energia
Prima Universale è l’energia fondamentale (pre-energia) della Monade
Originale. Dovrebbe essere perciò energia infinita, eterna, assoluta . E anche
se non volessimo considerarla come causa prima, dovremmo postulare una diversa
causa originaria attribuendole comunque queste stesse qualità. Il Principio di
Unificazione parla di un movimento fondamentale grazie al quale ogni cosa
può esistere, agire e moltiplicarsi. Quando cioè dal Tao, dal “vuoto
quantistico”, dal “campo di punto zero”, dal pozzo infinito e senza tempo
dell’Energia Prima Universale iniziano a manifestarsi, polarizzandosi, le forze
duali che fanno ruotare i vortici del micro e del macrocosmo, quella stessa Energia diventa nel piano fenomenico,
cioè in spazi lineari ed in tempi lineari, la forza attrattiva e
riequilibrante che attiva e nutre il fenomeno esprimendosi come perno
che unifica e dà stabilità alle forze centrifughe e centripete dell’entità
polare. La pre-energia diventa così forza manifesta, sostegno energetico,
inesauribile, che guida e alimenta i vortici delle masse (più o meno)
inerziali che ha partorito. L’effetto di questa Energia Prima Universale
diventa cioè, secondo il Pensiero di Unificazione, “forza dell’azione di dare-ricevere”.
Energia Prima Universale e forza dell’azione di dare-avere sono pertanto in
relazione di causa ed effetto, soggetto-oggetto, interiore-esteriore. L’immanente può così considerarsi specchio,
immagine o simbolo del trascendente. Il mondo fenomenico si configura
in tal modo come espressione parziale, secondaria ma interattiva, di
un insieme gerarchizzato ma unitario. Al di fuori di questo schema credo che non possiamo non ricadere in
tutti quei diaframmi dualisti, con le loro problematiche insolubili, che
hanno funestato la storia della teologia e della filosofia.
La vita, l’esistenza è co-esistenza, scambio, equilibrio
dinamico di interconnessioni. Le energie, di qualsiasi entità e qualità,
possono esistere, possono esprimersi solo grazie ad un qualche tipo
di movimento. E possono perpetuare la loro natura duale solo grazie ad
un terzo fattore, grazie cioè a quel
punto di equilibrio che deve in qualche modo trascenderle. Nel campo di punto
zero potremmo individuare il punto di riferimento matematico,
elettromagnetico, e logico, della infinita simmetria dei più e dei meno.
Nel punto zero potremmo realizzare il continuo bilanciamento delle necessarie
componenti duali di ogni singola carica e infine, ripeto, avere un perno che in
qualche modo riesca a tenere unite queste cariche e a plasmarne il
destino integrandole con l’insieme.
Ora in pratica, come può funzionare armoniosamente e
felicemente un sistema che richiede una sintonia assolutamente delicata? Perché,
ad esempio, non stanno funzionando gli anelli umani di questo sistema integrato? Probabilmente l’antico auspicio che leggiamo
per l’uomo in quella speciale raccolta di tradizioni orali che furono i
“Biblia”, i libri per eccellenza, la Bibbia, non si è avverato. Il “Crescete,
moltiplicatevi e abbiate dominio sul creato” non si è certo realizzato nel
migliore dei modi. Eppure la Monade
creatrice aveva espresso generosamente le Sue potenzialità nel programma di
questo Suo universo diffondendo le Sue impronte in un immenso ologramma,
creando addirittura l’uomo, sintesi finale di tutta la filogenesi, “a Sua immagine e somiglianza”. Verrebbe allora da pensare a due ipotesi:
o il Creatore è una specie di schizofrenico con inarrestabili
coazioni a perpetuare le Sue contraddizioni, per cui gli uomini e la
tragica storia delle loro civiltà fallimentari non sarebbero che
un’eco fatale di questa connaturata dinamica, oppure quella
scintilla divina, cosciente e responsabile, di cui siamo proiezione, aspetta
rispettosamente una risposta, altrettanto cosciente e responsabile, dai
nostri ego, per poter vivere pienamente in quei templi corporei
in cui aveva desiderato abitare, in quell’armonia e in quella gioia che gli
sono consone.
La dinamica dell’universo sembrerebbe manifestare invece,
alla faccia di tutti i “pessimismi cosmici”, un progetto che è progetto di
vita, di continua espansione, di intime risonanze, e la sua dinamica è
musicale, e noi che siamo le sue eco ci nutriamo ed amiamo questa
musica, ne siamo attratti perché è bella, buona e vera, risuona cioè
dentro di noi perché c’è almeno una parte di noi che è bella, buona e vera, e
dunque viene “agganciata in fase” da questo incanto e cerca di viverlo, o di
soffocarlo, purtroppo.
Ma cosa accade in un sistema
che viola gli intendimenti del Tutto, dove cioè non esiste una
finalità comune? Prendiamo la
situazione sul nostro pianeta. Se è vero che il Tutto è il “sistema di
controllo” che modifica le parti, è anche vero però che l’ecosistema terrestre
è in grado di manifestare una certa autonomia reattiva, inviando i suoi feed-back al
sistema di controllo. Purtroppo, per quanto tenti di adattarsi, non
sembra comunque immune dallo stridore causato dai disordini della civiltà. La
creazione “geme in travaglio”, adattandosi in tal modo a livelli più bassi
di riequilibrio. Pensiamo ad esempio agli odierni bassi livelli qualitativi
di tanta frutta e verdura.
E che dire degli equilibri più sottili della sfera umana? Anche
questo ecosistema è lacerato. E le ferite del nostro mondo psichico non
vanno via, non guariscono con punti o cerotti. Senza la comprensione
ed il pentimento dei colpevoli, e senza
l’eroismo o lo sguardo alto di coloro che perdonano, queste ferite
restano e continuano a sanguinare e a gridare vendetta o giustizia. Quante violenze, quanti scheletri sono
conservati negli armadi della storia. E sono tutti lì, in quella
specie di grande videoregistratore del
retroscena, la dimensione akashica, immagini e fantasmi che vagano in un
etere senza attrito e senza tempo. La
pace arriverà prima o poi tra gli uomini, ma probabilmente solo quando
queste ferite saranno riconosciute e curate. Se sono le forze di retroscena
a guidare i rispettivi scenari queste forze continuano ad esistere anche
al di fuori del nostro tempo siderale in una diversa dimensione,
continueranno ad esserci anche quando lo scenario dei rispettivi campi di
materia si disfa. Lo scenario, per certi aspetti secondario, per altri
aspetti è invece indispensabile alla crescita e all’evoluzione delle forze
di retroscena. Pensate sia facile che queste possano cambiare ed evolvere
senza il necessario cimento, senza la sfida dello scenario fisico?
“Tutto ciò che scioglierete sulla Terra sarà sciolto anche nei cieli, tutto ciò
che legherete sulla Terra sarà legato nei cieli…”. Noi non siamo consapevoli
dell’importanza tragica e bella del nostro breve viaggio nel mondo di scena.
A proposito di antiche ferite prendiamo ad esempio la
cosiddetta “questione meridionale”. E’ una ferita che sanguina ancora
da 150 anni. Pensate che il risentimento storico di quelli che
furono i briganti ottocenteschi, oggi mafiosi, ndranghetisti e camorristi,
possa essere edulcorato da un decreto legge o imbrigliato dalle forze di
polizia? Pensate davvero che il sangue versato da centinaia di migliaia di
meridionali, trucidati dai savoiardi, depredati, vessati e impoveriti per
lunghi decenni, sia una cosetta da poter nascondere impunemente? Ma davvero
politici e storici di mezza tacca
possono continuare a credere che la cultura antiautoritaria del
meridionale, la gigantesca evasione fiscale, le spinte autonomiste che
fatalmente spuntano dal pantano di un popolo accecato e pieno di compromessi ,
possano essere saltate fuori dal blu, quasi una mala pianta spuntata fuori
chissà come nella nostra terra, e che sarà sufficiente recidere di tanto in
tanto senza preoccuparsi delle sue profonde radici? Lo Stato deve fare ammenda,
e tirar fuori anzitutto gli scheletri
dai suoi armadi. I Savoia dovrebbero chiedere perdono per le atrocità commesse
dai loro antenati. I piccoli storici italiani dovrebbero chiedere scusa per la
loro lunga assenza.
E purtroppo la storia del nostro meridione è anche un po’ la
storia del sud del mondo, ma questo è un mondo che oggi accelera e
informa sempre più persone con la sua tecnologia. Quale karma, quali
venti di rabbia pensate dovranno ancora soffiare prima di placarsi? Quanto
siamo lontani dalle dinamiche della Natura! Pensate ad esempio alle
dinamiche del sistema economico, al grosso degli economisti e dei signori
della finanza. Credete siano tanto più lucidi e puliti dei mercanti di
droga? Pensate che la moltiplicazione e l’eccitazione anomala delle
transazioni, o il gioco allucinato dei titoli abbiano fatto meno vittime e
danni? Pensate che abbiano capito, e che siano finalmente
venuti fuori da questo viaggio
psichedelico dove si scambiano merci ed abbagli? Giocare col danaro è molto
pericoloso, quel pezzo di carta, come ogni oggetto materiale, è solo un simbolo, la manifestazione parziale
cioè, del sudore che è costato. Chi ruba denaro pubblico, ad esempio, sta
succhiando sangue altrui, smuovendo forze che lui stesso non immagina neanche,
e che gli ricadranno addosso in un modo o nell’altro nella ruota degli eventi.
La storia dei potenti della Terra è piena di queste tragiche ruote.
A differenza dei cicli ripetitivi delle perfette società
operaie delle api, ad esempio, o delle formiche, la storia umana ha
saputo tracciare invece spirali sempre nuove ed ha certo raggiunto
picchi di creatività geniale, ma nessuna delle 22 civiltà conosciute e
studiate ha saputo resistere fino ad oggi alle sfide del tempo e del
mutamento. Solitamente il picco di una civiltà ha prodotto nei suoi attori
quello che Toynbee definì come “l’ubriacatura della vittoria”, comoda
ma assolutamente fatale come modello di sopravvivenza. Quando gli uomini
non sono in accordo con il “progetto”, il vento della storia li spazza via,
spiritualmente e politicamente.
I sistemi sociali e politici falliscono, o mummificano, in archi di tempo
più o meno brevi, la Natura è
invece un sistema che funziona stabilmente. Da milioni di anni la vita si
fa largo di continuo e prevale sulle tendenze entropiche in cui appiattiscono
le masse inerziali. La vita non muore perché è espressione del “progetto”,
della Coscienza Cosmica. E “solo Dio può fare un albero”, perché la vita
dell’albero è una summa, il risultato di un concerto globale di afferenze
cosmiche e telluriche, con uno stampo preciso e coerente di ritmi e finalità.
La vita umana è anch’essa un insieme
coerente e gerarchizzato. Il nostro corpo è come un’azienda molto sofisticata
fatta con quelle unità operative che sono le cellule, organizzate a loro
volta in quelle società pulsanti e perfettamente fasate tra loro che
oggi i biofisici descrivono come “domini di coerenza”. Il corpo umano è
un piccolo universo che funziona alla grande. Ognuno di noi esprime
come un accordo, una sua impronta originale e irripetibile che si
rifrange frattalicamente in ogni suo settore: nella testa, nel torace,
negli arti si specializzano le sue funzionalità pur conservando l’impronta
unitaria nell’aggancio coerente degli insiemi vibranti. Le energie
vitali andranno così a distribuirsi proporzionalmente, a seconda delle maggiori
o minori responsabilità e dei dispendi energetici richiesti ai diversi
distretti corporei.
Anche i rapporti economici dovrebbero manifestare in
qualche modo una strutturazione di tipo frattale, come in Natura, come nel
sistema uomo. Ogni campo operativo della società dovrebbe esprimere una sua
armonia, con un direttore d’orchestra che dia il là e diriga. A questa
ricca e operosa figura centrale accederanno tutti i suoni per essere vagliati e
rimodulati, suoni che naturalmente saranno recepiti da tutti i suoi
musicanti, e con un’intensità ed un
piacere proporzionali agli accordi risonanti che il maestro ed i professori
stessi sono riusciti a produrre. Il maestro sul podio non sarà avido di
questa ricca armonia ma vorrà condividerla con i suoi professori, e questo
capitale di energie gioiose fluirà nella giusta proporzione, anche se i
professori d’orchestra o gli spettatori non
potranno godere di quell’effetto pieno e avvolgente che si recepisce sul
podio centrale. Concretizzare
la metafora del concerto nei rapporti socio-economici è certo una gran bella
sfida, e non esistono rigidi spartiti da suonare nei rapporti
socio-economici, perché l’interpretazione può variare e qualcuno può andare
sopra le righe e complicare gli accordi. Ma ciò che è importante è che
lo spartito sia bello e che tutti vogliano davvero esprimere il sentimento
dell’Autore. E’ importante che ci sia un senso ed un sentimento nell’armonia
dello spartito e ci sia voglia di condivisione. Il resto verrà attivato dal
meccanismo stesso di creazione e di moltiplicazione dell’energia che viene
condivisa. E solitamente le ragioni del sentimento sono più vaste dei
cavilli della ragione. Alla luce di una fisica e di una metafisica che
così sconfinano reciprocamente dando un senso più chiaro alle cose, miti
e orrori del passato cominciano a perdere il loro supporto. In un mondo di monadi
similari ed intimamente connesse le une alle altre, addirittura sacralizzate
dalla relazione, dalla proiezione del divino, parole come razzismo, guerra di
religione, integralismi e separatismi di ogni sorta devono lasciare il campo.
Hanno fatto già troppi danni, quello che serve adesso e con drammatica urgenza
è capire quali sono le chiavi per aprire le porte che ci hanno tenuto lontani
per troppo tempo, qual è lo spartito che ci possa far cantare insieme
finalmente. Una volta in grado di sentirci “agganciati in fase” nel coro,
l’energia che si sprigionerà sarà così bella e intensa che non avremo più il
coraggio di lasciarci.
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