1 giugno 2008

Il trauma dello Zimbabwe

di Giorgio Gasperoni

Nonostante una crescente pressione da parte delle potenze occidentali di intervenire nella crisi elettorale dello Zimbabwe, il loro coinvolgimento rimane una remota possibilità.
Al Summit dell’Unione Africana tenutasi presso le Nazioni Unite lo scorso 16 Aprile sia l’Inghilterra che gli Stati Uniti avevano fatto presente la necessità della presenza delle N.U. in Zimbabwe per superare lo stallo della situazione ma la loro azione si era venuta a scontrare con la reazione negativa della maggioranza dei membri dell’Unione Africana.
“La questione deve essere presa in considerazione dal governo dello Zimbabwe” affermava il Presidente del Sud Africa, Thabo Mbeki. Il governo del Presidente Robert Mugabe sosteneva che il ritardo nel rendere pubblici i risultati delle elezioni del 29 Marzo era causato da anomalie avvenute durante la conta delle schede. La commissione elettorale nazionale sosteneva che non poteva rendere pubblici i risultati fino a che un riconteggio parziale delle schede non sarà ultimato.
Ma il movimento di opposizione per un cambiamento democratico(MDC) aveva rifiutato la spiegazione del governo e sosteneva che il riconteggio era una strategia per coprire la sconfitta del partito di governo.
In una dichiarazione, il leader del MDC, Morgan Tsvangirai affermava che Mbeki non è qualificato a tenere una posizione di mediatore. Tsvangirai ha pure accusato il governo Mugabe di commettere grosse violazioni dei diritti umani e ha chiesto alle N.U. di sottoporre il caso alla Corte Internazionale sui Crimini (ICC).
Mbeki e Mugabe sono vecchi compagni rivoluzionari nella loro lotta contro le regole dell’Apartheid in Sud Africa e Zimbabwe, conosciuto come Rhodesia, prima della sua indipendenza. Mbeki, che con la sua nazione, presiede al momento il Consiglio di Sicurezza dei 15 Stati Membri, affermava che il SADC (Sviluppo delle Comunità dell’Africa del Sud) è in grado di far fronte alla situazione di crisi in Zimbabwe. Il SADC era in attesa che venissero resi pubblici i risultati delle elezioni.
“Se la situazione si deteriorasse e la pace e la sicurezza fossero in pericolo, allora la questione dovrebbe essere esaminata dal Consiglio di Sicurezza” aveva detto Mbeki ai giornalisti. Ma aveva anche aggiunto che “la soluzione è nelle mani del popolo dello Zimbabwe”.
La proposta di rifare le elezioni, veniva respinta dall’opposizione in quanto essi affermano che, loro, le elezioni le hanno vinte, come affermava Morgan Tsvangirai, che subito dopo le elezioni si era portato in Botswana.
In risposta, il governo Mugabe lo aveva accusato di fare il gioco delle nazioni occidentali. Sia gli USA che l’Inghilterra come la Commissione Europea volevano l’immediata pubblicazione dei risultati elettorali del 29 Marzo. Il Segretario di Stato americano, Condoleezza Rice aveva descritto la situazione deprecabile ed aveva criticato aspramente la posizione dell’UA: “E’ ora che l’Africa reagisca”, affermava la Rice, “dov’è la preoccupazione dell’UA e delle nazioni limitrofe allo Zimbabwe di ciò che sta realmente accadendo in quel paese?”
Il primo ministro britannico, Gordon Brown aveva anch’egli rilasciato una dichiarazione nella quale affermava che il mondo deve fermare Mugabe dal rubare le elezioni ed aveva aggiunto che è necessario un monitoraggio delle N.U. sulla situazione. “Nessuno crede”, affermava al Summit N.U.-UA, “che fra coloro che erano presenti ai seggi elettorali, il presidente Mugabe avesse vinto le elezioni. Una elezione rubata non è assolutamente una elezione democratica”.
In disaccordo con gli USA e la GB al Summit, due altre nazioni con diritto di veto, sono la Russia e la Cina. Si sono astenute dal fare dichiarazioni pubbliche al Summit. Comunque, diplomatici di entrambe le nazioni affermavano però che le organizzazioni regionali come l’UA mostrano più determinazione a risolvere i problemi africani.
Il leader dell’opposizione in Zimbabwe chiede che la comunità internazionale blocchi l’invio di armi alla sua nazione, anche se, al riguardo, non c’è alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza riguardo l’embargo di armi allo Zimbabwe.
Il Segretario Generale delle N.U., Ban Ki-Moon si era tenuto in gran parte neutrale: dichiarava però che “le autorità dello Zimbabwe e le nazioni della regione avevano insistito che queste problematiche venissero risolte dalla regione. Ma la Comunità Internazionale continua ad aspettare azioni concrete”.
“La credibilità del processo democratico in Africa potrebbe essere messo in discussione in questa situazione”, affermava al Summit Ban Ki-moon, “se ci fosse un secondo turno elettorale, deve essere condotto in modo trasparente e corretto, con osservatori internazionali”.
Ora la data per un secondo turno elettorale è stata fissata per il 27 Giugno. Speriamo che quanto si auspica il Segretario Generale dell’ONU, Ban ki Moon, avvenga davvero anche se le minacce e gli arresti verso gli esponenti dell’opposizione continuano ad avvenire nell’avvicinarsi della data delle elezioni.

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