1 giugno 2008

Era Post-ideologica della Globalizzazione

Esperti a confronto

Prof. Antonio Saccà

Si è tenuto a Roma presso la sede della “Interreligious and International Federation for World Peace”, un convegno sulle prospettive dell’era post-ideologica della globalizzazione. Che vi sia bisogno di fermarci a considerare l’andamento del mondo, per così dire, appare ormai indispensabile, giacché spesso sentiamo di correre all’impazzata, perfino, di precipitare. Una prima riflessione, a riguardo, nel convegno, l’ha svolta Antonio Stango, Segretario Generale dell’Italian Helsinki Commette, impegnato nella difesa dei diritti umani. Per Stango oggi l’uomo tende a uno sviluppo aberrante, intacca anche i fattori primari della vita, l’aria, l’acqua, perfino. C’è un uso aberrante, si diceva, di automobili, di traffico incontrollato, non c’è un’economia abbinata all’ecologia. In quanto alla “risorsa” uomo, ormai vi è il riconoscimento della difesa dei diritti umani. Vi sono degli organismi sovrannazionali che hanno competenze superiori agli stati stessi. Fino a pochi decenni fa c’erano solo i tribunali dei vincitori che giudicavano i vinti. Spesso, tuttavia, i criminali furono risparmiati. Il Segretario Generale dell’Italian Helsinki Commette fa l’esempio dello stalinismo che non fu giudicato solo perché si riteneva che la Russia avesse vinto la Seconda Guerra Mondiale. Il 17 luglio 1998 fu approvato lo Statuto della Corte Penale Internazionale. Crimini contro l’umanità, genocidio e crimini di guerra sono l’oggetto di tale struttura. Stango evidenzia che può raggiungersi la potenza economica senza rispetto dei diritti umani: è il caso della Cina, alla quale non si riesce di contrapporsi per le sue dimensioni economiche, militari. Lo stesso per l’Iran, che Stango giudica il peggiore regime del mondo odierno. Per quel che riguarda l’Italia, considerava problematiche, difettose le condizioni della Giustizia penale e civile, drammatico il sovraffollamento delle carceri e la mancanza di operatori nazionali per la reintegrazione del carcerato, dispendiosa l’ospedalizzazione.
L’intervento del Professor Giovanni Palmerio, docente di economia alla LUMSA(Libera Università Maria Ss. Assunta di Roma), era specificamente rivolto al campo economico. Palmerio iniziava con lo smentire alcuni dati ritenuti scontati, certi. Comunemente si dice che Cina e India tra dieci anni saranno grandi potenze mondiali. I mass media lo sottolineano, indicando che il basso costo del lavoro permette loro di esportare tanto. Ma, proseguiva Palmerio, il Paese che occupa il primo posto al mondo per esportazione è la Germania, prodotti a tecnologia avanzata, dopo viene l’Italia mentre gli USA esportano armi e finanza. Dal 1972 fino ad oggi importano più di quanto esportano. Gli USA non hanno problemi di pagare in quanto stampano e creano i dollari. Ma il debito pubblico americano è enorme. La metà è posseduto da residenti e l’altra, in una larga quota, è posseduta da banche centrali straniere. Il Giappone, che ne detiene maggiormente, compra dollari per evitare la svalutazione, inoltre aiuta i paesi del sud est asiatico (Vietnam, Cambogia…). Molte imprese costruttrici sono giapponesi. Le opere riguardano infrastrutture, ad esempio reti fognarie, in questo campo sono attive ditte tedesche ed italiane. I giapponesi non vogliono ammettere il male fatto a tali paesi, ma li aiutano molto. Il Giappone e la Germania hanno un tenore di vita elevato e Welfare efficiente. Non hanno ambizione geopolitica e militare. Permangono, però, nell’insieme planetario squilibri gravi, aggiungeva Palmerio. Alcune aree restano in grande depressione. In specie, l’Africa. La depressione dipende dal livello culturale e dal bisogno di investimenti pesanti (fogne, reti idriche, reti elettriche…), altri paesi necessitano solo di investimenti leggeri. Ai paesi sviluppati occorrono cereali e petrolio. Quest’ultimo aumenta di costo anche perché cresce l’uso. Detto tutto questo, per superare gli squilibri occorre che i paesi sviluppati investano più risorse per aiutare quelli non sviluppati.
Il Prof. Antonio Saccà nel suo intervento, ha espresso una sua analisi sulla situazione complicata in cui siamo pervenuti e l’inadeguatezza dei rimedi suggeriti per risolvere l’eccesso di importazioni dai paesi che le producono a basso costo, pericolo reale, quand’anche qualche paese sviluppato è capace di esportare. Si è parlato ad esempio alla tassazione dei prodotti cinesi. Ma i cinesi resterebbero a guardare? Non aumenteremo il mercato nero? Non bloccheremmo merci cinesi prodotte con capitali occidentali? Il Prof. Saccà, diceva, che siamo in presenza della contro-globalizzazione. Pensavamo di impossessarci della Cina e della Russia, immettendo i capitali e usando la loro forza lavoro per avere materie prime e forza lavoro a basso costo. La globalizzazione sembrava l’Eldorado, produrre a bassissimi costi in Cina ed esportare in America per avere profitti immensi; ottenere petrolio o gas a poco prezzo in Russia…
Ma è avvenuto l’imprevisto, i paesi che ricevevano capitali, come la Cina, iniziarono a produrre per i “propri” interessi, la Russia impedì ai capitali esteri di neocolonizzarla. E’ questa la contro-
globalizzazione. Delocalizziamo imprese e capitali ma non necessariamente a nostro vantaggio.
Le nostre economie cominciano a diventare irregolari, tentano la via delle attività speculative, con gravi rischi per gli investitori, forzano i consumi e l’indebitamento dei consumatori, precarizzano il lavoro per non pagare ferie, assistenze, licenziamenti, in paesi come gli Stati Uniti si giunge a una politica che sbocca nella guerra, del resto certi armamenti, tipo lo “scudo spaziale” non vengono concepite e realizzate per venderle. A tal punto, se vogliamo evitare la guerra e la lotta sociale, Saccà ritiene indispensabile: la ricerca di energie alternative per ovviare all’accanimento del possesso del petrolio che finisce con il pervenire al conflitto militare; ed è necessario che i lavoratori non continuino a chiedere miglioramenti al capitalista, il quale, con una immane disponibilità di mano d’opera, nazionale e straniera, legale e illegale, e in una situazione di competitività strenua, nulla vuole e, in parte, nulla può concedere. L’estremo pericolo per le nostre economie, concludeva, è la criminalizzazione del profitto, il profitto criminale.
L’intervento conclusivo di Giuseppe Calì, presidente dell’Interreligious and International Federation for World Peace-italia, riportava la problematica economica a quella etica sul fondamento dei principi della Federazione. Calì evidenziava che senza un indirizzo etico l’economia precipita nell’individualismo edonistico. Al dunque, se vogliamo seguire il modello familiare, solidale avremo un certo modello economico, se ci volgiamo all’egoismo avremo un’altra specie di economia. E’ la scelta morale che precede i modelli operativi. Calì considerava opportuno considerare modelli economici partecipativi e solidali. Senza la determinazione alla solidarietà mondiale difficile o impossibile risolvere le crisi. Ovviamente, in forme più riferibili all’UPF, sosteneva Calì, occorrerebbe un rinnovamento della spiritualità e del riconoscimento di costituire ”un’unica famiglia umana di Dio”.
E’ il caso di aggiungere che vi è stata una intensa discussione problematica.

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