1 giugno 2008

I Cinquanta anni del Tibet sotto la Cina

1959 – 2008

di Geshe Gedun Tharchin

I tibetani, per antica tradizione, non penserebbero mai di essere cinesi, né potrebbero mai immaginare che il Tibet sia parte della Cina

Nell’anno 2008 la Cina ospita i giochi olimpici, con la promessa di una maggior tutela dei diritti umani all’interno del paese. Il Tibet è divenuto il problema principale a livello internazionale, in quanto tale nazione è stata occupata integralmente dalla Cina dal 1959. A causa del massiccio e rapido flusso di immigrazione cinese nell’area tibetana, i tibetani stessi sono divenuti una minoranza etnica nello stesso Tibet e si prospetta ora il rischio della perdita della loro cultura e della loro identità nazionale. L’unica possibilità di salvezza per il Tibet è che le olimpiadi del 2008 possano condizionare il governo cinese, spingendolo a garantire maggiore rispetto per la cultura e il popolo tibetani.
Quindi, l’intero mondo sta osservando le autorità cinesi riguardo alla promessa fatta dal governo cinese in cambio della possibilità di ospitare a Pechino i giochi olimpici del 2008. Ma mentre il momento in cui questi si svolgeranno si avvicina, la repressione in Tibet si sta ancora inasprendo, e pertanto molte persone in tutto il mondo hanno cercato di intervenire nella situazione ancora irrisolta tra il Tibet e la Cina. In fine, i tibetani sia all’interno che all’esterno del patria hanno perso la pazienza, manifestando la loro esasperazione il 14 marzo 2008.
La verità è che il Tibet e la Cina sono stati paesi confinanti per secoli. Durante il VII e l’VIII secolo le dinastie tibetane inflissero alla Cina una dura sconfitta. La principessa Wen Chen sposò il sovrano tibetano Song Tsen Gam Po e per sua volontà venne realizzato a Lhasa il tempio Ra Mo Che. Vi è a Lhasa un altro tempio edificato per volontà di una principessa nepalese che sposò anch’ella il medesimo re. In quel periodo sia il dinasta della Cina che quello del Nepal erano orgogliosi che le loro principesse avessero sposato il re del Tibet, anche perché ciò assicurava sicurezza per i loro stati.
Successivamente un’altra principessa cinese sposò un re del Tibet. In queste epoche le relazioni fra i due paesi si basavano sul reciproco rispetto e sulla valutazione delle rispettive potenze militari. Come testimonianza del loro comune accordo, vennero eretti tre pilastri lapidei in tre luoghi differenti: presso la capitale del Tibet, presso la capitale della Cina e lungo il confine tra i due stati. Essi recavano iscritti epigrafi concernenti i sentimenti di reciproca solidarietà tra i due paesi. Un verso molto famoso dei pilastri recita: “rGYA rGYA YUL NA sKYID, BOD BOD YUL NA sKYID”, che significa “I Cinesi sono felici in Cina e i Tibetani sono felici in Tibet”. Sulla base di questo evento storico i tibetani hanno sempre sostenuto di non essere cinesi e possedere la propria identità nazionale, differente da quella cinese.
La prima invasione del Tibet fu compiuta da Genghis Khan nel 1209 e in un secondo momento il Khan mongolo assunse il comando dell’Impero Cinese e i mongoli ereditarono il lignaggio della dinastia cinese. Più tardi, quando i cinesi liberarono dai mongoli il loro impero, riacquisendone il controllo, la Cina iniziò a rivendicare tutti i territori che erano stati sotto il dominio mongolo, affermando che fossero suoi! Questa è l’unica ragione per cui la Cina sostiene tuttora che il Tibet le appartenga.
I tibetani, per antica tradizione, non penserebbero mai di essere cinesi, né potrebbero mai immaginare che il Tibet sia parte della Cina: questo è ciò che prova istintivamente il popolo tibetano. Quindi penso che la lotta per la liberazione del Tibet sia una tendenza naturale della gente tibetana.
La storia ha provato che i tibetani non possono essere felici sotto le autorità cinesi, né i cinesi possono essere felici sotto un governo tibetano. Il conflitto si è protratto nei secoli ed è parte della vicenda storica di entrambe le nazioni. Questa battaglia deve andare fino in fondo, portando ad una vittoria assoluta o ad una sconfitta assoluta: in altre parole, questa battaglia durerà finché vi saranno tibetani. È una questione che sarà portata avanti di generazione in generazione, in quanto parte della storia umana.
Il dialogo può essere la soluzione? Esiste un grande ostacolo tradizionale perché la Cina e il Tibet abbiano un dialogo costruttivo. C’è un detto tibetano che afferma: “la Cina fallisce nei suoi intenti per eccesso di sospetto e il Tibet a causa della troppa aspettativa”. L’attuale dialogo sino-tibetano è iniziato con l’incontro tra Mao Zedong e il Dalai Lama a Pechino nel 1954 ed è proseguito fino al 2007 senza raggiungere gli obiettivi di nessuna delle due parti. Quindi è evidente che il detto era vero. Sembra quindi inutile cercare di risolvere il conflitto sino-tibetano attraverso il dialogo.
Forse una possibilità potrebbe essere che lo sviluppo economico-politico possa provocare un cambiamento radicale nello status sociale delle persone tibetane nel futuro, tuttavia non può modificare la storia passata del Tibet.
Resta un’altra questione importante, concernente le famiglie di rifugiati tibetani che hanno vissuto in India o in Nepal negli ultimi 50 anni sotto l’Amministrazione Centrale Tibetana di Dharamsala: quale sarà il loro futuro? Devono continuare ad aspettare che il Tibet divenga libero rinunciando ai diritti derivanti dal possesso della cittadinanza locale o dovrebbero integrarsi con i cittadini locali?

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