7 novembre 2019

SALARIO SENZA LAVORO, AMBIENTE SENZA FABBRICHE

La questione può, deve ricondursi a questo interrogativo: è capace la scienza del XXI secolo ad impedire che una industria inquini l'ambiente ed ammali gli uomini? 


di Antonio Saccà
E più circostanziatamente  è capace il nostro Paese direttamente o indirettamente di ottenere lo scopo di produrre senza danni ambientali ed umani? Ed ancora più stringatamente: accertato che la fabbrica Ilva, come la si chiami adesso, cagionava danni ambientali ed umani i nuovi acquirenti stavano o no cercando di risolvere la situazione e produrre eliminando nei tempi necessari l'inquinamento? Ed in ogni caso vi è una alternativa, e quale? Una colossale impresa dell'acciaio, la Mittal, indiana, acquista l'Ilva, con obblighi netti: risanarla dalla degradazione inquinatrice, salvare l'occupazione, mantenere in vita la massima acciaieria del continente europeo, di sceltissima qualità nel suo prodotto, indispensabile per l'intera metallurgia nazionale, e più che nazionale. La Mittal accetta il contratto.
Nel contratto vi è una clausola: di non rendere responsabile la Mittal dell'inquinamento passato durante il periodo del risanamento. È la norma indispensabile, se durante il risanamento l'Ilva dovesse restare chiusa credo che solo un imprenditore destinato al fallimento potrebbe acquistarla. D'altro canto, però, attivare contemporaneamente produzione e risanamento non esclude danni ambientali ed umani. In un primo momento si concede alla Mittal la contemporaneità del risanamento e della produzione, e sembra che si stessero coprendo le polveri responsabili fondamentali dell'inquinamento, che si coprissero e riparassero dal vento, causa prima della diffusione delle polveri dannose. Ma in questi frangenti accadevano talune situazioni incresciose, un operaio moriva cadendo da una gru, credo, o qualcosa del genere, da cui il sequestro della banchina e l'impossibilità dell'attracco delle navi a Taranto ma a Brindisi con accresciuti costi; un forno veniva chiuso con diminuzione della produzione; ne veniva una perdita mensile della Mittal di sessanta milioni al mese. Il vertice negativo lo otteneva il ritiro della garanzia che non vi sarebbero state accuse giuridiche nel periodo della sanatoria ambientale in ripresa della produzione. In sostanza, la Mittal si trova al presente con un forno non usabile, la banchina di attracco delle navi non operativa, la possibilità di essere processata, una perdita di sessanta milioni mensili. Posso aggiungere la crisi dell'acciaio per la crisi economica e la concorrenza. Qualche particolare non sarà esatto ma non altera l'insieme. Se qualcuno può concepire che un'impresa riesca a proseguire in tali condizioni o è pazzo, o è un mascalzone. E comincia la processualizzazione dell'evento, siamo diventati altamente specializzati nella ricerca del colpevole. Si dice, non possiamo fare una norma buona soltanto per la Mittal, di sanarla da processi durante la salvezza dell'inquinamento; si risponde, dallo stesso governo(!), allora estendiamo la norma a tutte le imprese risananti; si dice: la Mittal non ha risanato, il che sembra falso, anzi pare che si stava procedendo alla copertura delle polveri, il che non è la scalata al cielo; si dice, la Mittal cerca pretesti per licenziare migliaia di operai, si replica: ma se impedita ad un forno di funzionare e l'uso delle banchine di attracco a Taranto come può mantenere gli operai la Mittal... Ma l'incredibile è che proprio il governo da qualche mese ha tolto la garanzia di non essere messa sotto accusa, la Mittal, nel periodo di risanamento! Ed ora vuole ridare questa garanzia addirittura estendendola a tutte le imprese in pari condizioni! Ma non basta: il governo italiano non ha la minima soluzione che possa giovare a costituire una alternativa positiva e migliore della Mittal. Si rischia una doppia catastrofe, ambientale e dell'occupazione. Giacché non si dice quel che va detto, chiudere l'Ilva non significa risanare l'Ilva, il risanamento va fatto comunque e però, se chiude l'Ilva, con migliaia e migliaia di disoccupati. Ma insomma, possibile che non si sappia coniugare risanamento e produzione! Ho il sospetto che qualcuno voglia rovinarci, deindustrializzarci, chi sa, qualche potenza straniera collegata a qualcuno da noi che crede di piantare gelsomini ed erba cipollina dove ci sono fabbriche. Considerato che pure la brexit avrà effetti perniciosi, siamo alla soglia non so che... Se non si hanno alternative occorre accettare le regole dell’investimento con i vantaggi dell'investitore e l'obbligo di sanare l'ambiente. Non è concesso impedire senza costruire, questo è concesso ad un individuo, per sé, non quando si governano migliaia di persone che necessitano del lavoro e dell'ambiente, non dell'ambiente senza lavoro, come pare nella modernissima filosofia, salario senza lavoro, ambiente puro senza fabbriche, tanti morti di fame e tantissimi pecoroni, pecore, pecorelle... A mio giudizio gli operai dovrebbero gestire loro le fabbriche che chiudono, ma pare che gli operai ancora sono nell'Era dell'essere operai non dell'Era prossima dei lavoratori imprenditori...

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