Ovvero non è giusto ciò che è giusto ma è giusto ciò che è utile. Oggi. Domani si vedrà. E del perché leggi e telecamere non bastano a frenare il crimine.
di Antonio Ciacciarelli
A fine luglio 2015 la giunta di centrosinistra del Comune di Bergamo, a seguito dell’aumento degli episodi di criminalità in città, ha annunciato l’installazione di 21 nuove telecamere da aggiungere alle 86 già in funzione. L’assessore alla sicurezza, Gandi, ha dichiarato: «Funzionano da deterrente e, a posteriori, aiutano a identificare i responsabili degli episodi criminosi». Naturalmente il centrodestra si è opposto, accusando la giunta di voler installare le telecamere solo per far cassa con le multe. Bene, direte voi, e allora? I soliti litigi politici. Sì, ma la situazione è più complessa: l’installazione delle 21 telecamere supplementari verrà attuata dal centrosinistra, ma era stata decisa nel 2002 dal centrodestra, allora al potere. E chi si era opposto alla loro installazione? Naturalmente il centrosinistra, e in particolare il suo rappresentante Gandi.
Legge, ragione, emotività Ora, ai fini di quest’articolo, non ci interessano le diatribe politiche; ho riportato questo episodio come prova del fatto che in politica spesso i principi variano con il mutare degli interessi del momento, ma soprattutto del fatto che per il politico l’approvazione di un provvedimento mirato ad un certo problema equivale a risolvere il problema stesso. Quindi, se i giornali riportano un aumento dei casi di uccisioni di donne, si fa una legge contro il «femminicidio»; se parlano più frequentemente di episodi di violenza contro degli omosessuali, si fa una legge contro l’«omofobia»; se vengono scoperti altri casi di corruzione, si aumentano le pene per i corrotti. Il politico, insomma, usa l’arma che ha a disposizione, quella della dichiarazione di repressione, ma evidentemente quest’arma non è sufficiente, visto l’aumento del numero dei reati . Ma perché non bastano le leggi (o un sistema) a rendere migliore la società? Perché la legge fa appello alla parte razionale dell’uomo, mentre il delitto tutto è tranne che razionale. La mente del criminale, nella maggior parte dei reati, è sottoposta all’impulso istantaneo, a ciò che sente come giusto o utile in quel momento. Pensiamo all’(ormai ex) assistente di Obama: ha minacciato con la pistola, per gelosia, il proprio (ormai ex) fidanzato, sparando anche un colpo a terra. Eppure non possiamo dubitare che fosse ben informata sulle leggi in vigore; da nera inoltre, visti i delitti a sfondo razziale in aumento negli USA, sapeva senz’altro che l’ultima cosa da fare in un litigio è tirare fuori una pistola e sparare. Eppure l’ha fatto, nonostante la ben nota avversione per le armi da fuoco del suo (ormai ex) capo. Le leggi servono, è evidente, ma è assurda la convinzione che siano sufficienti, o che sia sufficiente una «informazione», ovviamente a carico della scuola, per superare le problematiche di cui soffre la società. Il punto che sfugge ai politici è che l’uomo vive in due dimensioni: quella fisica e quella spirituale, e che ha un aspetto razionale ma anche un aspetto emotivo; se si negano, o si trascurano, la dimensione spirituale e la sfera emotiva, e si cerca di risolvere i problemi basando tutto su provvedimenti razionali e fisici (multe, detenzione…), il risultato non può che essere disastroso. Perché, se non è adeguatamente formato, l’aspetto emotivo avrà sempre il sopravvento sull’aspetto razionale. Per inciso, se i politici osservassero con un po’ di attenzione la pubblicità, capirebbero questo meccanismo: avete mai visto una pubblicità che faccia appello alla parte razionale dell’essere umano? Personalmente non ne ricordo nemmeno una. Tutti gli spot si rivolgono a dimensioni che coinvolgono aspetti irrazionali dell’animo, evidentemente perché sono quelli che rendono meglio, ai fini dell’efficacia.
L’espulsione di Dio dal mondo In Ventimila leghe sotto i mari, il sogno del Capitano Nemo è far sì che tutti gli uomini abbiano da mangiare a sufficienza, perché solo così – afferma – avranno fine le guerre. Che egli evidentemente riduce a una questione di dieta scadente. Purtroppo l’avidità umana non si soddisfa con la bistecca quotidiana. L’uomo vuole sempre più cose materiali, e questa è la risposta sbagliata a un’esigenza reale: trovare la pienezza della vita, vivere una vita soddisfacente. La risposta al problema della criminalità va perciò ricercata a livello spirituale e non materiale, o almeno non solo materiale. Questa società però è ormai, ai fini pratici, una società edonista e atea: edonista perché valorizza solo ciò che si ha o di cui si può godere; atea perché, con l’accento che pone in modo sempre più pressante sulla separazione tra stato e chiesa, in sostanza ha espulso Dio dal mondo. Purtroppo l’edonismo, promosso tra l’altro proprio dalla forza emotiva della pubblicità, soddisfa in modo immediato ma non permanente i bisogni. E l’ateismo pratico, derivante almeno in parte da questa concezione di soddisfacimento immediato di ogni pseudo-bisogno, aggiunge un senso di vuoto alla vita di molti. Fornendo così un’ulteriore spinta all’abbandono delle leggi morali più elementari, come quella che proibisce, moralmente prima che giuridicamente, il furto, o di danneggiare in qualsiasi modo altri esseri umani. Ho accennato alla separazione tra stato e chiesa, separazione che è buona e giusta. Ma qui non si tratta di chiesa o religione, si tratta di spiritualità, che è una cosa diversa. È evidente che nessun governo deve dipendere dal parere di un Papa o di un imam o altro, ma una cosa sono le religioni, un’altra cosa è la spiritualità. Della spiritualità fa parte la consapevolezza di essere parte di un tutto, e la consapevolezza che le cose (e gli esseri umani, e la società) possono funzionare solo in conformità a certe regole, indipendenti dal volere dei legislatori, ma assolute e imprescindibili, perché volute da una dimensione superiore a quella terrena; e della spiritualità fa parte l’amore per il prossimo, che non s’identifica necessariamente con l’appartenenza ad una religione.
La famiglia è il vero trasmettitore di valori Qual è la differenza tra spiritualità e chiesa / religione? Secondo una famosa definizione della cultura, la cultura è ciò che rimane quando si è dimenticato tutto ciò che si è imparato. Penso che potremmo applicare la stessa definizione alla spiritualità: la spiritualità è ciò che rimane quando si è dimenticato tutto ciò che si è imparato dalla propria religione. Ciò vuol dire che non è possibile un dialogo vero tra – per esempio – ebrei, cristiani e islamici, se non si «supera» la propria religione: come si può iniziare a dialogare se si è convinti che coloro che non vanno a messa la domenica, o alla sinagoga il sabato, o alla moschea il venerdì, fanno… peccato mortale? Il dialogo vero è possibile solo se si supera le specificità della propria religione, senza abbandonarla, ma accettando quella dell’altro con profondo rispetto, con la consapevolezza che il senso profondo, ad esempio, di quei tre diversi giorni della settimana consiste, in essenza, nel dedicare una parte del nostro tempo a Dio. Il problema vero che stiamo vivendo oggi non è quello della mancanza d’informazione, da cui invece siamo sommersi, ma quello della mancanza di formazione. Soprattutto nel campo dei valori umani e divini fondamentali. Purtroppo il trasmettitore naturale dei valori, la famiglia, è sovraccarico di problemi e non riesce più a svolgere bene il proprio ruolo. Di conseguenza molti ignorano i più elementari valori: onestà, ricerca di uno scopo nella vita che non leda gli altri, aiuto del prossimo, ricerca del miglioramento interiore, moralità sessuale… e resta loro solo il desiderio di soddisfare i propri impulsi; o meglio quelli che credono siano i propri impulsi, che sono invece coltivati e orientati da chi ne ha i mezzi e l’interesse. È davvero ironico che la prima vera società massificata stia per essere realizzata non dall’ideologia materialista marxista ma dall’interpretazione sbagliata del concetto di libertà!
La grande illusione Ritorniamo allora alle telecamere: davvero qualche telecamera in più basterà a fermare la criminalità? Figuriamoci! E non perché non siano utili, ma perché la repressione non basta. Anche mettendo una telecamera ogni dieci metri, la criminalità non diminuirà. Assumerà nuove forme, troverà nuovi modi d’azione, ma sicuramente non calerà. Nasceranno in compenso nuovi problemi da risolvere. Come dimostra il caso di Bergamo: in pochi anni si è passati da zero a 107 telecamere, e la situazione dell’ordine pubblico è in continuo peggioramento. La grande illusione dell’uomo è quella di poter rinunciare a Dio, di poter dichiarare che Dio non esiste, di poter risolvere i propri problemi solo con mezzi fisici come telecamere e prigioni. Ma chi ha una ricerca spirituale sa che tutto ciò non basta. Le telecamere di Bergamo dimostrano che la libertà com’è intesa oggi è illusoria e ingannatrice: per liberarci dell’Occhio di Dio che tutto vede, siamo costretti a ricorrere a degli Occhi Elettronici. Ma visto che il numero dei reati aumenta con l’aumentare delle telecamere, di quante telecamere avremo bisogno per invertire la tendenza? Una volta non si doveva rubare perché, ci insegnavano, Dio vede tutto. Oggi non si dovrebbe rubare perché il Vigile Scelto della Municipale potrebbe filmarci. Che triste paradosso: l’uomo di oggi, pur di liberarsi dell’Occhio di Dio, è disposto a diventare schiavo dell’Occhio della Polizia Municipale!
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