L’UPF, in cooperazione con l’Alleanza delle civiltà delle Nazioni Unite, l’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, la Missione di Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, e UNITAR (Istituto delle Nazioni Unite per la Formazione e la Ricerca) ha convocato una conferenza sulla rilevanza del dialogo interreligioso e tra civiltà per il raggiungimento degli SDGs (Obiettivi dello Sviluppo Sostenibile). Questa conferenza si è tenuta presso la sede delle Nazioni Unite a New York il 27 Marzo 2015.
“Sia la UPF che l’Alleanza delle civiltà hanno la stessa convinzione: che la promozione del dialogo interculturale e interreligioso sia un ottimo percorso, per le persone e le nazioni, per arrivare a vivere in pace e sicurezza”, ha affermato S.E. Mr. Nassir Al-Nasser, l’Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per l’Alleanza delle civiltà, in apertura della conferenza. Egli ha sostenuto che “Tutti i 17 obiettivi si possono raggiungere solo scavalcando le cose che ci dividono e abbracciando il nostro patrimonio culturale comune e condiviso”.
Riportiamo qui di seguito la relazione del presidente della UPF, Thomas Walsh*.
Vorrei ringraziare l’Alto rappresentante dell’AOC (Alleanza delle Civiltà) delle Nazioni Unite, Nassir Al-Nasser Abdulaziz, S.E. Arcivescovo Bernardito Auza, Osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, S.E. Ufukk Gokeen, Osservatore permanente dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica, e la signora Yvonne Lokiko, capo dell’Ufficio UNITAR di New York.
Mi unisco alla riflessione che S.E. Al Nasser ha svolto nel suo discorso di apertura. Questo è davvero un tema importante e attuale.
Quest’affermazione si basa sulle seguenti premesse:
1. La religione rimane una forza vitale nella vita della maggioranza della popolazione mondiale.
2. Nonostante il processo di modernizzazione e secolarizzazione si sia ampiamente diffuso per diversi secoli, esso non è stato assorbito tanto quanto ci si sarebbe aspettati. In realtà, per molti versi, la religione ha vissuto una marcata e robusta rinascita in molte parti del mondo.
3. Le idee religiose e di fede non hanno semplicemente a che fare con questioni ultraterrene, ma sono direttamente collegate alla società e alla vita di questo mondo. Come ogni sociologo o antropologo ci confermerebbe, idee e credenze religiose hanno un ruolo determinante nella vita di persone, famiglie, società e nazioni.
4. La religione svolge molte funzioni mondane positive, alcune delle quali sono: a) fornire un quadro di significato; b) fornire una base per l’etica e le pratiche come pazienza, moderazione, servizio agli altri, e non violenza; e c) promuovere la donazione attiva e il servizio ai bisognosi, attraverso la filantropia, l’istruzione, l’assistenza sanitaria, ecc.
5. Religioni socialmente impegnate, è ormai un dato di fatto, sono ampiamente praticate da credenti di tutte le tradizioni.
6. La religione ha anche il suo lato oscuro, e in questo senso è simile ai governi, agli Stati nazionali, e alle corporazioni del settore privato. La religione è troppo spesso complice di forme di nazionalismo, etnocentrismo, estremismo, divisioni e lotte settarie, e violenza, contribuendo così all’instabilità delle società e delle nazioni. Tuttavia, piuttosto che evitare, ignorare, o semplicemente “giudicare” la religione, si dovrebbe:
a. Offrire sbocchi costruttivi per la religione;
b. Portare la religione nella sfera pubblica affinché assuma le proprie responsabilità.
Il dialogo interreligioso aiuta a raggiungere questi obiettivi.
Per ognuna di queste ragioni, il dialogo interreligioso è importante, anche se non come fine in se stesso. Il dialogo interreligioso ha i suoi scopi e conseguenze, sia intenzionali che involontari.
Prima di tutto, il dialogo si occupa dello scambio tra almeno due interlocutori: come Martin Buber li chiama, “io” e “tu”. Noi non dialoghiamo da soli.
Ancora più importante, il dialogo autentico comporta non solo parlare, ma ascoltare. Un atteggiamento di ascolto sincero tende a dare origine alla comprensione dell’altro, e poi alla fine all’apprezzamento e al rispetto, e, infine, alla cooperazione. L’obiettivo del dialogo non è il sincretismo o la conversione.
Per questo motivo il dialogo interreligioso, in linea generale, promuove e porta a certi risultati, come maggiore fiducia, superamento delle barriere, aumento della familiarità, un maggiore apprezzamento per l’altro, a volte l’amicizia, a volte un risveglio a nuove intuizioni.
Tali risultati sono utili per l’umanità, e contribuiscono alla pace e allo sviluppo umano.
Mi permetto di suggerire due modi attraverso cui la religione e il dialogo interreligioso possono contribuire al perseguimento degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile) dopo il 2015:
In primo luogo molte religioni già sostengono e promuovono una buona parte degli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile). Non voglio entrare nei dettagli.
In secondo luogo, nella misura in cui il dialogo interreligioso aiuta a prevenire o risolvere alcuni dei fattori che contribuiscono ai conflitti e all’instabilità all’interno e tra le società, ha un impatto positivo sull’ambiente sociale, culturale, spirituale ed etico dell’insieme o delle infrastrutture.
In terzo luogo, le religioni sono tra i più potenti fattori in gioco nelle forze sociali e storiche delle vicende umane, ed hanno accesso diretto alla stragrande maggioranza della popolazione umana a livello individuale e a livello di comunità.
In quarto luogo, le religioni possono essere partner dell’ONU nel contribuire a raggiungere gli SDGs (Obiettivi dello sviluppo sostenibile).
In conclusione, le religioni e il dialogo interreligioso dovrebbero essere inclusi e integrati come partner a pieno titolo, insieme con i governi, la società civile e il settore privato, in partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.
* Thomas Walsh è il presidente della Universal Peace Federation, una ONG con un stato consultivo speciale con il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite, e con sedi e programmi in oltre 100 nazioni.
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