Editoriale del numero di "Voci di Pace" del III quadrimestre 2015. Il PDF lo trovate qui.
di Giuseppe Calì
Non c'è dubbio che ci troviamo in un momento di grandi decisioni per le quali il futuro può prendere direzioni inaspettate. Ed è abbastanza chiaro che a tutti servano punti di riferimento comuni per orientarsi verso l'uscita da questa crisi a tutti i livelli. Le emergenze sono tante e le risposte adeguate poche. Vorrei riflettere su alcuni temi, per me cruciali, per cercare di capire insieme quale possa essere il ruolo di persone di buona volontà, quali penso siamo noi, testimoni di questo tempo ed Ambasciatori di Pace. Inizio con alcune domanda sul ruolo delle religioni.
Si può chiedere ad una Chiesa di essere moderna? La Bibbia ed i testi sacri sono ancora attuali? Le Chiese devono adeguarsi al mondo o i popoli ai principi delle proprie credenze? Possiamo biasimare la Chiesa Cattolica, per esempio, per il fatto che cerchi di rimanere fedele a se stessa? O il Papa perché riafferma i principi fondamentali della fede cattolica? È chiaro che una delle problematiche più complesse che da sempre ogni religione ha dovuto affrontare è quello della secolarizzazione, o l’adeguamento alle leggi degli uomini. Per definizione però, tutte le religioni sono nate da ispirazione divina e sono di origine trascendente. Si può essere d’accordo o no sulle interpretazioni della vita e della morte e per questo scegliere diversamente, formarsi anche una propria filosofia di vita, ma non si può pretendere di cambiare le rivelazioni, solo perché non riusciamo a capirle o ad accettarle.
Perché vi parlo di questo, mentre ci sono questioni apparentemente molto più gravi? Io credo che tutte le problematiche che oggi viviamo derivino da un progressivo distaccamento dell’uomo dalla propria natura originale. Le ragioni sono molteplici, ma la cosa grave è che, non solo non ci accorgiamo di questo, ma addirittura confondiamo tale fenomeno con il progresso. È per questo che abbiamo perso la capacità di essere felici. Stiamo cercando nella direzione sbagliata e quindi, ogni sforzo, ogni impegno che dedichiamo, ogni passo che facciamo ci porta più lontano da noi stessi, dalla nostra vera essenza. Io posso correre molto veloce e sbalordire il mondo con la mia velocità, ma se il traguardo è alle mie spalle, mi allontano sempre di più dallo scopo del correre e dal senso della mia stessa vita.
Quali sono le vere sfide di questo tempo? Ecologia, famiglia, immigrazione, terrorismo e dominio mondiale, povertà ancora troppo diffusa anche nelle nazioni avanzate, diseguaglianza a tutti i livelli e per contro appiattimento culturale generalizzato. L’unico ramo dove le cose sembrano andare bene è quello della scienza. La fisica fa passi da gigante e così la medicina. Gli orizzonti si ampliano e diventano possibili applicazioni tecnologiche fino a pochi anni fa impensabili. Nonostante ciò, siamo più felici? La felicità, la cui ricerca è un diritto fondamentale dell’uomo, è diventata piuttosto un’utopia.
Abbiamo incrementato l’aspettativa di vita, ma abbiamo perso la salute, abbiamo migliorato le tecnologie di comunicazione enormemente ma non comunichiamo più nel vero senso della parola, abbiamo costruito città organizzate e spazi di convivenza enormi, ma soffriamo di una solitudine estrema senza quasi soluzione. Persino le nostre famiglie che dovrebbero essere luoghi di condivisione, di sostegno reciproco e trampolino di lancio per una vita costruttiva, sono diventate spesso campi di battaglia senza quartiere. Dove stiamo andando veramente? Dove ci siamo persi?
Vorrei cercare insieme a voi di riflettere sul fenomeno simbolo di questa epoca: la migrazione di massa di intere popolazioni. Le grandi ondate migratorie, al di là della necessità che siano organizzate in modo completamente diverso, sono una sfida assolutamente necessaria. Se ne parla come di una “crisi mondiale”, ma crisi vuol dire anche scelta, opportunità. Abbiamo smesso di pensare alle fondamenta della nostra civiltà, ovvero come costruire la nostra stessa felicità, o al significato ultimo della convivenza umana. Questa massa di poveri, rifugiati, senza più nulla se non la speranza, con in braccio i loro bambini ai quali vorrebbero dare un futuro diverso, ci costringono a riflettere, a recuperare valori fondamentali come la compassione, a violentare le nostre supposte sicurezze, ad aprire spazi nuovi nel nostro cuore e nella nostra mente. Non dovremmo ignorarli o respingerli e direi che non possiamo proprio permettercelo. Dio vuole che l’umanità si riscatti una volta per tutte in un abbraccio collettivo. Solo così una nuova umanità potrà nascere e le generazioni future potranno evitare di soffrire i traumi e le sofferenze che hanno patito quelle precedenti.
Abbiamo esempi di questa nuova umanità, compassionevole, relazionale, responsabile? A fine agosto sono stati consegnati due premi per la Pace, i "Sunhak Peace Award", veramente notevoli, sotto la sponsorship dell'UPF. Vi invito a leggere l'articolo su questa stessa rivista che spiega le ragioni di questa nuovo iniziativa. Due uomini che hanno dedicato la loro vita a salvare intere popolazioni. Due persone di grande modernità, di vero progresso, che non mettono in conflitto scienza e tecnologia con valori fondamentali, ma anzi proprio da questo connubio traggono incredibile forza ed ispirazione. Il presidente Tong che cerca di garantire un futuro al proprio popolo, specialmente ai giovani, ed il Dr. Gupta che sfama intere popolazioni in Asia ed Africa usando nuove tecnologie per allevamenti ittici. Io li vedo come esempi dell’uomo nuovo che dovrà nascere da questo periodo di crisi molteplici, quel tipo di persona che il Rev. Moon indica come "colui che vive per il bene altrui ed è capace di mobilitare le forze del Cielo e della Terra per convogliare benedizioni al proprio prossimo”. Il nuovo mondo, ne sono certo, nascerà da tutti coloro che sapranno essere come loro, ognuno nel proprio ambito e secondo le proprie capacità.
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