11 luglio 2022

LA DIPLOMAZIA CIVILE: UNA VIA PER LA PACE

Albertina Soliani - Presidente Istituto Alcide Cervi

Dopo la catastrofe della Seconda guerra mondiale, il futuro dell'umanità si è organizzato intorno ai valori che erano sopravvissuti e che erano stati difesi a carissimo prezzo: la dignità degli esseri umani, i diritti umani universali. Questa scelta definì un contesto di organismi internazionali, a partire dalle Nazioni Unite, chiamati a costruire la convivenza pacifica del mondo nuovo.

Ormai a più settant'anni da quella stagione, è sotto i nostri occhi la crisi di quel contesto, mentre sembrano imporsi ed estendersi nel mondo gli interessi dei pochi con il potere delle armi e con la violenza. Manca oggi un motore, manca una strategia per l'orizzonte della pace come destino comune dell'intera umanità.

La diplomazia degli Stati e dei governi è sempre stata concepita, da secoli, come la via maestra per promuovere le relazioni internazionali, per evitare i conflitti, per presidiare la pace. Anche durante le guerre, come anche l'aggressione di oggi della Federazione Russa all'Ucraina sta a dimostrare, si invoca la diplomazia come strumento alternativo alla guerra, si chiede il cessate il fuoco e l'entrata in campo del negoziato internazionale, affidato appunto alla diplomazia. Affidato in realtà alla politica, come unica alternativa pacifica alla guerra. La politica, oggi quanto mai debole sull'orizzonte internazionale.

In questi anni io ho avuto esperienza di un nuovo possibile cammino nella costruzione della pace: la diplomazia civile. La chiamo così perché essa si realizza nel campo delle relazioni internazionali, ha la sua fonte nella società civile, privilegia i rapporti di amicizia tra i popoli e le organizzazioni della vita culturale, sociale, civile, costruisce reti e processi di pace con gli strumenti di cui la vita di comunità si è dotata, favorendo la solidarietà tra tutti i popoli. Dialoga con la politica. Collabora con la diplomazia degli Stati e con le istituzioni, ma con una propria autonomia e libertà, con tempi e modi che dipendono dalle persone, dalla coscienza democratica, dai valori condivisi. Essa è frutto e alimento della democrazia.

La diplomazia civile è qualcosa di più delle organizzazioni non governative, dedicate a progettualità di cooperazione internazionale che comprendono anche elementi di economia e di finanza e richiedono competenze nei vari campi. La diplomazia civile coinvolge e mette in rete persone, associazioni, istituzioni, università, teatri, musica, sport, l'intera società civile. Costruisce rapporti, dai quali ciascun soggetto trarrà elementi anche per svolgere meglio il proprio ruolo.

L'approccio che può realizzare queste esperienze ha la consapevolezza dell'interdipendenza, presuppone lo spirito di condivisione, sa di poter contare sulle energie umane, spesso non abbastanza utilizzate, ha in mente un orizzonte di prosperità giusta che combatte le ingiustizie e favorisce l'uguaglianza. Ha la visione globale di una fratellanza universale, che riconosce “fratelli tutti”. Riconosce “l'autorità di coloro che soffrono”, che giustifica ogni iniziativa volta ad aprire nuove prospettive di pace globale.

Ciò che non può, o non sa fare, la diplomazia degli Stati, può farlo la diplomazia dei cittadini, della società civile, delle associazioni. È la sovranità dei cittadini che si esprime anche, e soprattutto, sul piano internazionale, perché è importante che i popoli si parlino, specialmente quando non riescono più a farlo gli Stati. Questa è la via strategica della diplomazia civile, mossa dall'idea della cittadinanza globale. È un'espressione della democrazia nel XXI secolo.

È stata straordinaria per me l'esperienza con il Myanmar. Coinvolta per diversi anni nell'amicizia con il Myanmar nata nel Parlamento italiano, ho sperimentato la diplomazia parlamentare con l'Associazione Parlamentare Amici della Birmania fin dai primi anni 2000, culminata in una prima visita parlamentare italiana in Myanmar nel 2017. Ho potuto camminare con il popolo birmano e con Aung San Suu Kyi con relazioni di amicizia, politiche e di solidarietà per strade con loro condivise. È la condivisione di un destino, per la libertà e per la democrazia come beni comuni. È stata ed è tutt'ora la resistenza dell'umanità di fronte alla disumanità del potere che non di rado opprime la vita delle persone e dei popoli. Questa solidarietà oggi continua, dopo il golpe dei militari del primo febbraio 2021.

Vi è un campo molto fecondo per coltivare le relazioni internazionali a vantaggio della pace, fuori dall'ambito della politica degli Stati, oggi così incapaci di coltivarne il sogno. È il campo del dialogo tra le religioni, dell'incontro delle spiritualità. La diplomazia civile delle religioni, delle fondazioni che si dedicano alla pace e alla collaborazione tra i popoli, la fiducia nell'umanità e nel futuro che solo la spiritualità sa alimentare, sono patrimonio inestimabile della storia umana e del nostro tempo.

Se molto devono ancora fare la politica e la diplomazia degli Stati per dare un futuro di governo globale all'umanità, molto possono fare le persone, i cittadini, i popoli con la fantasia e la creatività dell'amore, con la sapienza, la cultura, l'umanità che secoli di storia ci hanno consegnato. Un simbolo su tutti: il coro “Va' pensiero”, cantato nella casa di Aung San Suu Kyi, con lei e i suoi amici più cari della rivoluzione democratica in Myanmar.

La diplomazia civile ci dice che ancora oggi è il tempo dell'impegno, a partire dai cittadini. La storia di oggi chiede una visione strategica matura. Una grande partecipazione popolare sui grandi temi della politica internazionale, sulle grandi crisi che attraversano oggi la storia umana: la crisi climatica, la crisi pandemica, la crisi economica, la crisi alimentare. E soprattutto l'estesa presenza di guerre e conflitti, l'assenza della pace.

Su questi temi si muovono i cittadini sul piano globale, e specialmente le nuove generazioni. Abbiamo bisogno di interventi strutturati, a partire dalle comunità locali, che coinvolgano l'opinione pubblica globale. Abbiamo bisogno di interlocuzioni robuste tra i cittadini organizzati e il mondo della politica e delle istituzioni. Abbiamo bisogno di una visione globale, di esperienze come quelle dell'UPF che coinvolgono intere aree del mondo, la società civile e la società politica e istituzionale.

La diplomazia civile sa che la non violenza è pensabile, praticabile, creativa. Abbiamo bisogno di molte esperienze in tutti i settori della vita pubblica, in ogni latitudine. La comunicazione digitale oggi è uno strumento fondamentale per il dialogo globale. È uno strumento assai utile alla diplomazia civile, a patto che esso si mantenga su un registro di assoluta serietà, coerenza, rispetto dei valori fondamentali. La parola, oggi così preziosa come ieri, non può essere dissipata nell'uso immediato, non controllato e inconsapevole che la comunicazione social può favorire.

In questo nostro tempo, mentre il confronto tra umanità e disumanità si è fatto così duro, la prima cosa da coltivare è la consapevolezza globale della dignità umana, in nome della quale si muove la diplomazia civile. È questa consapevolezza uno strumento potente per fermare le guerre, per imporre e costruire la pace.

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