Bisogna che iniziamo a pensare globalmente per potere agire localmente in modo più efficace e negli ambiti giusti e l’ONU dovrebbe essere la sede eletta della giustizia e del bene comune.
di Giuseppe Calì
Stiamo vivendo un tempo sicuramente drammatico, cruciale e nello stesso tempo pieno di prospettive nuove. Non è facile raccapezzarsi ed avere un visione chiara su quale futuro ci aspetti. Le previsioni tendono al brutto tempo, alle catastrofi economiche, sociali, politiche, militari ed ecologiche assolute e si assiste al ritorno delle ideologie del passato o perlomeno di un atteggiamento demagogico dei politici nei confronti dei propri cittadini. Non c’è molto da stare allegri. Pur quando non si accetta il pessimismo corrente con il quale veniamo bombardati, spesso ad arte, bisogna riconoscere che una certa preoccupazione sia legittima. Si sente il bisogno di nuovi o rinnovati punti di riferimento e di un nuovo sistema. La democrazia deve essere rinnovata, non tanto forse nei suoi principi di base, quanto nei suoi metodi. E da questo rinnovamento deve nascere un nuovo ordine delle cose.
L’ordine mondiale ha attraversato tante ere storiche di grande impatto globale: l’era degli imperi, l’era dei colonialismi, l’era delle rivoluzioni americana, francese, russa e vissuto conflitti di proporzioni epiche. Ognuno di questi periodi infatti è iniziato è continuato e si è concluso nel sangue. Ogni volta che l’uomo costruisce una egemonia, un predominio, questo sfocia nel bagno di sangue innocente,
Qual è il tempo che stiamo vivendo adesso? Gli Stati Uniti sono rimasti l’unica vera superpotenza e grazie a Dio è una nazione democratica, nata forse dall’unica vera rivoluzione popolare autentica. Nel corso della sua breve storia non ha però sempre rispettato la propria costituzione e lo spirito che ha animato la propria fondazione. Il grande storico De Toqueville disse: “L’america è grande perché è buona. Il momento in cui smetterà di essere buona finirà la sua grandezza.” . Fino a quando allora l’America rimarrà in cima al mondo?
Africa, Cina, India, Tigri asiatiche, mondo islamico, in modi diversi pongono una sfida difficile non solo all’America ma a tutto il cosiddetto primo mondo di cui anche noi facciamo parte.
Il mondo come noi lo abbiamo conosciuto in questi ultimi 50 anni di dopo-guerra, sta per essere stravolto, anzi ha già cominciato ad essere stravolto.
Siamo ad un bivio: se vogliamo evitare scontri drammatici ed un ulteriore bagno di sangue dobbiamo riuscire a stabilire equilibri nuovi senza poli egemonici, in una sorta di fratellanza mondiale. Tradotto in termini politici ciò implica un ruolo nuovo e più pregnante dell’ONU che in questo nuovo ordine dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale.
Scambi commerciali, culturali, dialoghi politici, devono essere animati da un serio e sincero desiderio di armonia e collaborazione e l’ONU deve diventare l’organo di mediazione sovrano.
La UPF vuole costruire questo modello per offrirlo all’ONU ed al mondo intero. È un progetto ambizioso ma qualcuno ha detto che “niente può fermare un’idea il cui tempo sia arrivato”.
IN questo suo impegno la UPF attinge comunque a valori senza tempo e formula una serie di principi chiave indispensabili alla costruzione della Pace:
1. Noi siamo un’unica famiglia mondiale creata da Dio, la realtà ultima.
2. Le qualità spirituali e morali dell’essere umano sono la sua vera essenza
3. La famiglia è la prima scuola di pace e d’amore e l’asse portante della società
4. Vivere per il prossimo è la strada maestra per la riconciliazione e l’armonia
5. La Pace avviene attraverso il superamento delle barriere sociali, etniche, religiose, nazionali.
Certo sono principi espressi in maniera molto semplice e le soluzioni richiedono
sicuramente un’analisi ed un impegno più complessi, ma aderire ad essi è il presupposto affinché soluzioni vere e durature possano poi essere attuate.
D’altra parte la semplificazione, il ritorno alle regole essenziali, è sempre necessaria in momenti di grande caos e stordimento come questi. Trovare almeno una base comune che possa riaprire il dialogo in modo veramente costruttivo e non di forma e ponga le basi per uno sviluppo culturale globale, penso proprio che sia addirittura indispensabile.
Ecco perché credo che l’UPF possa dare un grande contributo in questa fase della storia, proprio perché parte da un ripensamento ed una riproposta delle cose che di più contano nella nostra vita, per poi arrivare a formulare proposte che possano raggiungere le sofferenze, i disagi, i conflitti e le speranze dell’uomo del terzo millennio.
Il nuovo ordine quindi non dovrebbe nascere soltanto da nuovi equilibri geopolitici o sociali. Deve nascere anche da un nuovo ordine “spirituale”. Dopo la fine della divisione del mondo in due blocchi e della guerra fredda, non si può più pensare che possano esistere nel mondo poli egemonici così forti da controllare ed influenzare ogni cosa, apertamente o subdolamente.
Inoltre, non ci può più essere soluzione parziale ai problemi della nostra società. La reazione a catena è già partita e non la si può fermare nemmeno chiudendosi in casa. Le frontiere non bastano più. Bisogna che iniziamo a pensare globalmente per potere agire localmente in modo più efficace e negli ambiti giusti e l’ONU dovrebbe essere la sede eletta della giustizia e del bene comune. Sono gli organismi sopranazionali, specie quelli che si occupano di pace, di problemi umanitari, di formazione e cultura, di risoluzione dei conflitti e così via, che devono giocare un ruolo fondamentale nella formazione del nuovo ordine.
In realtà esiste un solo ostacolo a tutto questo, che si manifesta in molte forme diverse: l’egoismo che oggi si chiama fondamentalismo. La teoria dell’assolutizzazione dell’IO.
Esistono diversi fondamentalismi, che hanno la stessa natura ma agiscono in ambiti diversi. Alcuni li conosciamo più o meno bene, altri spesso non li consideriamo tali: Il fondamentalismo religioso, oggi il più evidente. Quello culturale di cui noi nazioni avanzate ci siamo macchiate in passato e spesso continuiamo a farlo, anche all’interno delle nostre società e che oggi rischia di ritorcersi contro di noi. Prima di quanto possiamo immaginare, per esempio, rischiamo di essere ripagati con la stessa moneta da altre culture al momento emergenti sulla scena internazionale. Quello razziale di triste memoria e non ancora completamente estinto in molte parti del mondo. Quello capitalistico. Tante grandi multinazionali si sono macchiate di questo peccato. Gli interessi del capitale sono importanti tanto quanto quelli della gente. “Tanto quanto” questa è la chiave. La situazione in Nigeria nel delta del Nilo, per esempio, è uno dei casi dove ad enormi ricchezze del territorio non corrisponde un benessere diffuso tra la popolazione. È uno dei tanti casi. Anche questa è una forma di fondamentalismo cioè l’idea che non esista altra via che quella dell’interesse di parte. È il contrario dell’evoluzione, del progresso civile, dell’armonia che muove l’universo intero che ci insegna che non può esistere benessere globale senza benessere individuale e viceversa.
Anche la nostra democrazia ed il nostro capitalismo “moderato” corrono questo rischio quando non cercano nuove strade e invece si arroccano in convinzioni inadeguate e ristrette, che non considerano il bene comune di tutti e a disposizione di tutti. Ma questo è un altro argomento, che tratteremo prossimamente.
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