1 novembre 2007

L’Armenia nel grande gioco del Caucaso

Carlo Alberto Tabacchi
Analista Politica Estera, Indipendente

Nello Scacchiere internazionale, il Caucaso è destinato a crescere di importanza come passaggio di fonti energetiche tra Asia ed Europa e come possibile confronto geo-strategico tra Mosca e Washington

Stretta tra Giorgia, Turchia, Iran ed Azerbaijan, l’Armenia vanta un passato tra i più antichi del mondo. Gli armeni emersero come popolo nel VI secolo a.C. quando le tribù hayk si fusero in una nazione guidata da un re e si insediarono sulle sponde del fiume Van e nelle pianure ai piedi del monte Ararat. I primi re combatterono contro la Persia e i paesi del Mediterraneo nel tentativo di espandersi o respingere gli invasori. Divisa in seguito tra Persia zoroastrana e Roma pagana, il piccolo paese caucasico (la cui estensione è pari attualmente a quella della Lombardia) fu il primo a proclamarsi cristiano: da allora, la chiesa resta un pilastro dell’identità del paese.
Nel secolo scorso, l’Armenia è venuta alla ribalta per il noto genocidio: nel 1915-1916 oltre un milione di armeni, a quell’epoca cittadini dell’impero ottomano, venne annientato dal governo nazionalista dei Giovani Turchi. Il pretesto fu quello di isolate ribellioni: l’accusa di tramare con la Russia – piuttosto interessata ai domini del sultano – contro il potere centrale, giustificò gli assassinii di massa di intellettuali, soldati, gente comune e la vasta deportazione di donne, vecchi e bambini. Quindi, un vero e proprio massacro, il “primo genocidio del Novecento”: in Armenia è chiamato Metz Yeghérn, - il grande male – è ricordato solennemente il 24 Aprile di ogni anno nella collina di Tsitsernakaberd, vicino la capitale,nel Mausoleo del Genocidio.
Due considerevoli fattori hanno inciso nella storia recente dell’Armenia, che ancora la condizionano: il devastante terremoto del dicembre 1988 nella regione settentrionale di Lori (oltre 25.000 morti) e la sanguinosa guerra con il confinante Azerbaijan (1989-1994): l’aspro contenzioso riguardava l’enclave a maggioranza armena del Nagorno-Karabakh (in persiano nagorno vuol dire giardino, in turco Kara significa nero ed in russo bakh montagnoso) che fu liberata dalle truppe di Yerevan. Il nagorno (capitale Stepanakert) è una regione autonoma ed il suo riconoscimento ufficiale riguarda solamente l’Armenia.
Dopo la dissoluzione dell’URSS nel 1991, nel settembre di quell’anno gli armeni votarono a favore dell’indipendenza. Negli anni successivi una lenta ripresa economica ha risollevato gli animi ed il paese ha cominciato a sviluppare una politica estera più attiva basata su un bilanciamento di interessi con l’Unione Europea, Russia e Stati Uniti.
L’elemento dominante rimane la soluzione del suo isolamento, centrato sul blocco del commercio e dei trasporti nonché dell’embargo imposto dai confinanti Azerbaijan e Turchia. Le difficili relazioni di Yerevan con Ankara dipendono dall’appoggio turco a Baku per la regione del Nagorno e sono complicate dal desiderio della potente diaspora armena (oltre 4 milioni fuori del paese) di un riconoscimento internazionale del genocidio da parte turca: come è noto, il governo di Ankara si ostina a negarlo.
RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA
È avviata un’integrazione nei settori economici, politici e della sicurezza affinché l’Armenia diventi una nazione più democratica e più stabile.
RELAZIONI CON LA FEDERAZIONE RUSSA.
Mosca (fino al 1991 l’Armenia apparteneva all’URSS) la considera da tempo come alleato strategico nel Caucaso. Alternativamente, molti armeni sviluppano rapporti con la Russia: più una necessità che un lusso. Da ricordare inoltre che Yerevan ha appoggiato le operazioni russe sia in Daghestan che in Cecenia.
Il collegamento strategico si è trasformato da un’associazione su convenienze bilaterali ad una piattaforma che serve gli interessi moscoviti fondati sulla sicurezza armena. Essendo note le frizioni Gorgia-Russia, la base militare russa in Armenia di Choban Kara (con personale russo di 5.000 elementi) assume importanza in vista della crescente corsa al riarmo della regione.
RELAZIONI CON GLI STATI UNITI.
Per ragioni storiche e politiche l’attiva diaspora armena-americana esercita una sostanziosa influenza.
Washington, oltre a ciò, vede, nella lotta al terrorismo, Armenia, Azerbaijan e Georgia come elementi rilevanti nelle relazioni strategiche con Mosca.
RELAZIONI CON L’AZERBAIJAN.
Restano il più significativo impedimento allo sviluppo economico e alla integrazione regionale. Il non ufficiale “stato di guerra” tra i due paesi elude l’Armenia da fondamentali progetti di energia, come l’oleodotto Baku-Tblisi-Ceyan ed il gasdotto Baku-Tblisi-Erzurum nonché la rete ferroviaria Kars-Akhalkalaki-Tblisi-Baku.
Come già detto, l’enclave del Nagorno condiziona pesantemente i rapporti bilaterali. L’Azerbaijan ha proposto uno status di autonomia per il Nagorno dentro il proprio territorio, chiedendo il ritiro incondizionato armeno che occupa il territorio; Yeravan da parte sua blocca ogni ulteriore sviluppo.
RELAZIONI CON LA GEORGIA.
Il governo di Tblisi tende a relegare Yerevan in una posizione subordinata, più debole. Un fattore di tensione proviene dal distretto di Javakheti nel sud delle regioni separatiste più conosciute, tipo l’Abkhazia e la Ossezia del Sud.
Inoltre, l’Armenia soffre economicamente dei contrasti periodici con chiusura delle frontiere tra Georgia e Russia meridionale.
RELAZIONI CON L’IRAN.
Incoraggianti se non buoni gli affari tra Iran, vasto paese teocratico sciita, ed Armenia,piccolo paese cristiano secolare: restano vincoli basati su vantaggi reciprochi più che su affinità naturali.
Occorre ricordare la nutrita minoranza etnica azera (e quindi anti-armena) nel nord dell’Iran che inquieta non poco la stessa Teheran: il confine con l’Iran riveste notevole importanza proprio per il blocco di confine con Turchia e Azerbaijan.
Ecco che il quadro del Caucaso resta complesso ed instabile: babele di lingue, mosaico etnico, differenze religiose, accesi nazionalismi, rivendicazioni territoriali.
In conclusione questa area diventerà una regione sempre più rilevante per la presenza di medie potenze (Turchia ed Iran), risorse energetiche e passaggio di strategiche pipe-lines (oleodotti e gasdotti) tra Asia ed Europa ed il conseguente forte interesse di USA e Russia.


MAPPA DEGLI ARMENI IN ITALIA.
In Italia gli armeni si sono perfettamente integrati; si presume che il numero non superi le 2000 unità. L’istituzione più rappresentativa della comunità, riconosciuta anche dal Presidente della Repubblica Italiana, è l’Unione degli armeni d’Italia, nata nel primo dopoguerra.
A Milano i centri di ritrovo sono la chiesa di Via Jommelli e la Casa Armena (Piazza Velasca), dove vengono organizzati incontri ed eventi culturali aperti a tutta la cittadinanza.
Venezia rappresenta storicamente la città che ha la più lunga consuetudine: in laguna l’isola di San Lazzaro, aperta ai visitatori, ospita ancora oggi la comunità religiosa dei padri mechitaristi. Piccoli nuclei armeni si trovano anche a Udine, Trieste, Genova, Parma e Bari.

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