15 marzo 2013

Le granate al fosforo in Birmania

Il Post | 13 marzo 2013

Le usò la polizia a novembre contro dei manifestanti, ha confermato una commissione guidata da Aung San Suu Kyi: le foto delle proteste di oggi
  
Dall’agosto del 2012 centinaia di abitanti dei villaggi attorno alla città birmana di Monywa, nella regione nord-occidentale del paese, stanno organizzando dei sit-in e delle proteste contro l’ampliamento della miniera di rame più grande del paese. La concessione per l’avvio dei lavori del progetto, che ha un valore di 997 milioni di dollari, era stata affidata nel maggio 2010 alla compagnia cinese Wan Bao e alla Myanmar Economic Holdings (di proprietà dei militari birmani). Le modalità della conclusione dell’accordo erano state molto contestate già all’epoca: il progetto non era infatti passato sotto la supervisione parlamentare, dato che aveva ricevuto il via libera dal precedente regime militare birmano. I lavori di costruzione della miniera avevano costretto il governo ad espropriare le terre di molti abitanti del luogo.
Durante le proteste che seguirono l’inizio dei lavori, diversi manifestanti, a cui si erano aggiunti molti monaci buddisti, vennero feriti negli scontri con la polizia birmana. In particolare il 29 novembre scorso ci furono gli scontri più violenti: diverse persone furono portate negli ospedali locali con bruciature piuttosto gravi su tutto il corpo. Secondo un rapporto indipendente del febbraio 2013, redatto dall’organizzazione internazionale per la difesa dei diritti umani Justice Trust e da alcuni avvocati locali difensori dei manifestanti, le ferite erano state causate dall’utilizzo da parte della polizia di granate al fosforo. La polizia aveva però ribattuto di avere usato solamente gas lacrimogeno e idranti. Ad ogni modo, gli scontri che seguirono le proteste di novembre furono i più violenti da quando il governo riformista di Thein Sein si insediò nel marzo 2011.

Un nuovo rapporto era stato poi ordinato dal presidente birmano Thein Sein e affidato a una commissione investigativa parlamentare guidata dalla leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi. Il nuovo rapporto, che è stato diffuso nella serata di lunedì 11 marzo, ha confermato l’uso delle granate al fosforo da parte della polizia e ha riconosciuto ai manifestanti il diritto di ottenere un risarcimento in denaro.

Le vittime degli scontri hanno però protestato contro alcune delle conclusioni a cui è giunta la commissione parlamentare. I punti più contestati sono stati la decisione di proseguire, nonostante tutto, i lavori dell’ampliamento della miniera, e di non prendere provvedimenti contro i poliziotti responsabili delle violenze. In particolare, i manifestanti credono che i lavori della commissione parlamentare siano stati in qualche modo condizionati dalla volontà del governo di mantenere dei buoni rapporti con la Cina.

Secondo Thwe Thwe Win, uno dei leader della protesta, «la commissione dovrebbe pensare al benessere della propria popolazione, degli abitanti dei villaggi vicino alla miniera, piuttosto che al mantenimento di buone relazioni con la Cina». Oggi, mercoledì 13 marzo, Aung San Suu Kyi ha incontrato gli abitanti dei villaggi attorno alla città birmana di Monywa, anche per smentire i sospetti avanzati da alcuni manifestanti su un presunto condizionamento dell’esito del lavoro della commissione parlamentare da parte di forze governative.

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