8 dicembre 2016

Sport e Diritti


di Luca Giovannone
Promuovere lo sport come valore aggiunto, per l’integrazione e per la creazione di una società in cui convivere pacificamente. È questo l’obiettivo dichiarato del convegno “Sport e Diritti Umani”, organizzato dalla UPF di Monza e tenuto all’Urban Center nella mattinata di sabato 26 novembre. Un momento di riflessione sul valore dell’attività fisica, intesa come incontro con gli altri e con sé stessi. In compagnia della senatrice Josefa Idem - plurimedagliata alle Olimpiadi e famosa nel mondo per esser la donna con più partecipazioni nella storia dei giochi - e di molti altri ospiti, tra cui la squadra campione d'Italia di Baseball per non vedenti, I Patrini di Malnate, è stata questa l’occasione per toccare con mano la centralità della pratica sportiva nell’ottica dell’integrazione sociale, valorizzando le iniziative promosse dalla Universal Peace Federation insieme al Comitato Brianzolo UISP e sostenute dal Comune di Monza.
Oltre al Consigliere Delegato allo sport Silvano Appiani, ha voluto partecipare all’incontro anche il Sindaco Roberto Scanagatti, che ha sottolineato come il carattere solidale dello sport rappresenti un linguaggio universale, in grado di abbattere qualsiasi barriera di nazionalità, etnia o religione.  “A Monza siamo molto attenti a queste tematiche - ha dichiarato il primo cittadino - e sono molto contento di questo convegno, che testimonia l’impegno della città in questo campo”. Appiani invece ha parlato di attività sportiva nell’ottica del dialogo tra individui e popoli. “Lo sport è un linguaggio universale - ha ribadito - ed è in grado di rappresentare una possibile soluzione per la cooperazione al fine di garantire pace e sicurezza internazionale”
Oltre alle parole dei portavoce delle istituzioni, le esperienze raccolte nel corso del convegno sono state davvero tantissime. A partire da Josefa Idem, che ha raccontato alcuni episodi di vita personale capaci di spiegare cosa voglia dire risolvere dei conflitti attraverso la disciplina sportiva. “La soluzione è solo l’incontro, la comprensione vicendevole, la reciproca convivenza - ha spiegato la senatrice- in questa ottica lo sport è un’ottima piattaforma di azione, in quanto esperienza positiva capace di cambiare le persone.” L’ormai ex atleta olimpica, non ha voluto fare della falsa retorica, ma anzi ha cercato di restare sulla dimensione reale della questione “Sport e Diritti Umani”, spiegando che anche a livello politico il mondo sportivo deve saper esser valorizzato e soprattutto deve saper trasformarsi restando al passo coi tempi.  
Ha preso parte al dibattito anche Dino Dolci, già VicePresidente dell'Ass. Nazionale Allenatori ed ex Assessore allo Sport del Comune di Monza, che ha stuzzicato la discussione lanciando una provocazione e invitando le istituzioni a non far cadere nel nulla le parole ascoltare nel corso della giornata, traducendo i pensieri in azione concreta. Enrico Radaelli ha invece portato il saluto del Coni, mentre Carlo Zonato, presidente UPF Italia, ha posto la lente d’ingrandimento – attraverso la proiezione di un video - su tutte le attività promosse dall’associazione a livello internazionale. 
Prima di passare alle testimonianze degli atleti partecipanti, è stata la volta di Carlo Chierico, che ha presentato l'undicesima edizione del Trofeo della Pace, il torneo interetnico di calcio a 7 e pallavolo femminile, che si è tenuto a Monza tra maggio e settembre al fine di promuovere il dialogo tra i popoli, favorendo l'amicizia e l'integrazione attraverso la pratica dello sport. Quest'anno il Trofeo della Pace ha visto la partecipazione di circa 150 giocatori tra calcio e pallavolo, di molte nazionalità diverse, tra cui molti giovani profughi e richiedenti asilo. L'idea fondante di questi tornei interetnici deriva direttamente dall'ispirazione dei fondatori della UPF, il leader religioso Rev. Sun Myung Moon e sua moglie, la dott.ssa Hak Ja Han, che moltissimi anni fa diedero vita alla Peace Cup.
A seguire ha parlato Alexandre Djomo Wafo, ex calciatore della nazionale del Camerun, trasferitosi in Italia dopo i Mondiali del 1990, che ha affrontato la questione Sport e Diritti umani in maniera scientifica, pur rendendola comprensibile a tutti. In seguito il microfono è passato nelle mani di diversi altri ospiti: da Tommaso Castoldi del Consorzio Comunità Brianza fino ad arrivare alla signora di origini egiziane Tahany Shahin, conosciuta più semplicemente come Titti, rappresentante del centro Islamico di Monza, che ha testimoniato dell'esperienza vissuta dalle ragazze di fede musulmana che hanno giocato nel torneo di pallavolo.
Interessanti anche gli interventi del consigliere comunale Paolo Piffer, della giornalista del Cittadino Arianna Monticelli e di Antonio Lisca, coordinatore dirigenti Progetto Yaka Volley, mentre Alessandra Borgonovo,  presidente della Fondazione dedicata a suo papà, il noto campione di calcio Stefano Borgonovo, vittima della SLA, e la campionessa italiana di Triathlon Anna Maria Mazzetti hanno voluto testimoniare la loro vicinanza tramite una lettera e un video messaggio, dove hanno ribadito l’importanza dei temi affrontati nel corso della mattinata. Molto applauditi, come peraltro tutti gli intervenuti, i giovani delle squadre UPF Sport for Peace, Martina Valgoi per la pallavolo e Cristofer Monne Soto per il calcio, che con simpatia, toccando anche il cuore dei presenti, hanno testimoniato il valore, ai fini della conoscenza reciproca e dell'amicizia, del Trofeo della Pace.
Numerosi sono stati anche gli interventi degli sportivi che negli anni hanno avuto modo di partecipare al torneo di calcio e di pallavolo femminile.  Le loro parole ci aiutano a comprendere perché lo Sport può essere di fondamentale importanza per chi è costretto a vivere un’esistenza complicata, in cui tutto, o quasi, sembra andare nel verso sbagliato.  “Lo sport ci aiuta a lasciare per un attimo da parte le difficoltà e a farci tornare il sorriso” racconta Ibrahim, un ragazzo africano da poco arrivato in Italia che ha fatto parte della nuova associazione del Black United, rappresentata per l’occasione da Valeria Corbetta.
“Giocare a pallavolo mi ha aiutato a capire che non c’è alcuna differenza tra le persone. Sul campo siamo tutte uguali, nonostante tradizioni, culture e Paesi diversi da cui veniamo” queste sono invece le parole di Dalia Saad una ragazza musulmana che gioca indossando il tradizionale velo senza sentire il peso della diversità, perché in campo si è tutti uguali. Ma non è finita qui, Antonio D’Ovidio, coordinatore sportivo del Centro Mamma Rita, ci ricorda che fare attività sportiva e fare sport per stimolare l’integrazione, non è edificante solo per chi lo pratica, ma anche per chi come lui si spende perché questi ragazzi riescano a giocare e dimenticare almeno per un momento le difficoltà del presente.  “Io pensavo di fare l’allenatore e invece sono stato allenato- racconta Antonio - Ho imparato a sostenere, aiutare, a guardare oltre le apparenze”. 
Da ultimo, ma non certo in ordine di importanza, è giusto dare spazio alla testimonianza della squadra di Baseball per non vedenti, I Patrini di Malnate, che ci insegna come lo sport, oltre a incrementare la convivenza pacifica tra popoli di culture differenti, è in grado anche di assumere l’effetto di un medicinale che aiuta a superare momenti terribili, come quelli che si trova ad affrontare la cecità in età già avanzata. “Lo sport è una medicina naturale -  spiega Antonio, il capitano della squadra- aiuta a risolvere tanti problemi legati sia alla salute fisica che a quella mentale”. 
Il convegno si è chiuso infine con le nomine di cinque nuovi Ambasciatori di Pace da parte di UPF. Gli attestati sono stati consegnati da Carlo Chierico e Carlo Zonato a: Francesca Radaelli (giornalista), Antonio D’Ovidio (coordinatore sportivo del Mamma Rita) Antonio Lisca (coordinatore dirigenti Progetto Yaka Volley), Dalia Saad e all’intera squadra de I Patrini.
Al termine era palpabile l'emozione vissuta dal numerosissimo pubblico presente, che ha contribuito a rendere positivo e proficuo il convegno. Lo Sport è di tutti e tutti devono avere il diritto di fare sport. Per dare a tutti questa opportunità è necessario lavorare insieme, mettendosi in gioco per un obiettivo comune.

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