ETICA E SOCIETA’
Un popolo dimenticato ed in fuga
di Carlo Alberto Tabacchi
Nell'impenetrabile Birmania (o Myanmar) la minoranza etnica Karen è dal lontano 1948 in lotta contro il governo militare. Un lento e silenzioso genocidio sta decimando questo popolo.
Provenienti dal deserto del Gobi, i Karen arrivano nello Yunnam (sud della Cia) insediandosi intorno al 740 a.C. Nell'attuale Birmania, lungo la frontiera occidentale thailandese. A partire dal1826 si convertono al cristianesimo, predicato dai missionari battisti britannici.
Nel gennaio 1948, conquistata l'indipendenza dagli inglesi, ai Karen viene promesso il diritto all'autodeterminazione da parte del padre della patria, il generale Aung San, nonché genitore della celebre Aung San Suu Kyi: ma in seguito alla morte del militare dopo un attentato politico, i nuovi leaders birmani si rimangiano la parola.
Dapprima è costituito un movimento politico, la Karen National Union ( KNU) che fonda dopo alcuni anni un'ala militare, conosciuta come Karen National Liberation Army (KNLA), che da allora tiene testa all'agguerrito esercito birmano, armato ed addestrato dai cinesi.
La popolazione dell'intera Birmania si aggira sui 50 milioni (oltre 2 volte l'Italia l'estensione territoriale) ed è formata da ben 136 diverse etnie (Mon, Shan, Chi, Rohyngia, Naga ....), ognuna con la propria lingua e cultura, ricca di storia e di tradizioni.
I Karen abitano nello stato Kayin ( a est di Yangoon) e la loro “capitale” è il villaggio di Hpa-an, a 130 Km dal confine con la Thailandia. La religione è animista, buddista e cristiana. Stime precise non circolano sul numero della minoranza: si aggirerebbero tra i 6 e gli 8 milioni.
Il duro regime asiatico reputa i Karen tutti terroristi e sovversivi e non fa differenze tra civili e guerriglieri. Molti civili vengono ridotti in schiavitù dall'esercito e costretti a lavorare per i soldati, scavando trincee, costruendo ponti, disboscando tratti di giungla; chi si rifiuta di lavorare viene ucciso a bastonate, chi tenta la fuga viene ucciso senza pietà. La grande maggioranza vive in enormi campi profughi, vicino al confine thailandese e dentro il territorio occidentale thailandese, mentre i guerriglieri si nascondono nella inospitale ed impervia giungla, infestata di mine antiuomo. Attualmente il KNLA, il braccio armato della minoranza, conta 5-6000 uomini e all'interno del partito esistono divisioni che favoriscono la nascita di piccoli gruppi estremisti, indebolendo di fatto il gruppo.
Più in generale, l'inflessibile regime militare si accanisce, dalle poche notizie trapelate, anche contro gli studenti, monaci buddisti, partiti politici democratici; come si sa, il premio Nobel per la pace Suu Kyi è agli arresti domiciliari da quasi 2 decenni. Ultimamente si sono aggiunte le persecuzioni contro le chiese cristiane e la comunità mussulmana. Fiorente, anzi fiorentissimo il traffico di droga e di Pietre preziose gestito dai generali.
Purtroppo l'ONU ed i paesi occidentali assistono agli efferati e silenziosi crimini senza far nulla: ogni tanto per togliersi un peso dalla coscienza viene stilato un generico documento o scritta una protesta ufficiale, poi tutto torna nell'oblio. Se proprio va male, i militari sono costretti a ricevere ed ascoltare le lamentele di qualche funzionario ONU e di qualche politico occidentale in disarmo. Troppi gli interessi economici, politici, strategici su tale meraviglioso ed infelice paese, stretto come un sandwich tra 2 potenze nucleari, India e Cina, che proteggono la casta militare e bocciano ogni tentativo di riforme e di aperture nel paese.
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