Intervento di Antonio Stango
Grazie Presidente per l’onore di avermi chiamato ad essere qui, e grazie anche agli altri rappresentanti della Universal Peace Federation.
Io ho avuto il piacere di fare parte di numerosi eventi organizzati anche da altre organizzazioni che sono nello stesso solco ideale della UPF: fin dal 1998 a Washington. Era allora una conferenza sulla libertà di religione.
L’amico Giuseppe ha detto che da molti anni mi sono dedicato ai Diritti Umani.
I Diritti Umani intanto sono universali, così come è universale la Federazione per la Pace che voi avete fondato e della quale alcuni di noi hanno avuto l’onore di essere chiamati Ambasciatori.
Ma i Diritti Umani sono e devono essere universali, così come sono e devono essere assolutamente indivisibili.
Uno dei temi del nostro tempo e con drammatica evidenza negli ultimi anni è quello che, in alcune parti del mondo, soprattutto ad opera di regimi totalitari, dittatoriali, spesso crudeli, si tende a dire che esistono delle visioni regionali dei Diritti Umani che portano ad assumere comportamenti diversi, ovvero a violare le libertà fondamentali, i diritti dell’individuo.
Io credo invece che questo non debba essere accettato innanzitutto dalla nostra coscienza, prima ancora che dagli Stati e dalle organizzazioni internazionali.
Ovunque nel mondo i diritti fondamentali devono essere rispettati senza alcun pretesto di regionalizzazione, a mio parere, così come è scritto nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.
In questo ambito, fra i tanti diritti, il diritto alla libertà di coscienza, alla libertà di espressione, alla libertà piena di religione è quello a cui molti fra i presenti hanno dedicato tanta parte della loro vita.
Libertà di religione va intesa nel modo più pieno, nel senso di professare qualsiasi religione, di cambiare la propria religione, quello che alcuni regimi non consentono, di non professare alcuna religione, nel pieno rispetto ciascuno per le idee degli altri.
Questo rispetto deve essere garantito a tutti i livelli.
Ed è soltanto su questa base, su questo rispetto che il dialogo è possibile, che è possibile quella costruzione della pace alla quale la Universal Peace Federation dedica tante delle sue energie.
E’ per questo che vi ringrazio ancora una volta, e sono certo che da questo momento, forse il primo di così grande rilevanza che si tiene in Italia per la UPF, possono nascere ancora molti importanti passi in avanti. Grazie.
On. Lucio Marengo
Io vi devo ringraziare, e devo ringraziare Giuseppe Calì per questo invito a partecipare a questo incontro romano.
Ho sentito i messaggi della politica. Permettetemi, non voglio iniziare una polemica o una critica, ma qualche volta l’indifferenza della politica ci lascia perplessi. La Federazione Universale della Pace mi ha avvicinato da circa un anno.
Credetemi, quando si parla di pace significa parlare di solidarietà, significa parlare di giustizia, significa parlare di libertà, di prosperità per tutti, in un mondo dove questi sentimenti sono ritenuti di poco conto rispetto a chi invece impiega la vita per gli altri.
Visitare un ospedale, per esempio, può sembrare una sciocchezza; toccare con mano la sofferenza della gente, vedere nel nostro paese, e parlo di un paese civile, una sanità derelitta in molte regioni d’Italia, vedere la gente che non riesce a curarsi, questa è anche lotta per la pace. Perché come si fa a conseguire la pace se non c’è la serenità?
Quindi l’UPF qualcosa deve e può fare per il futuro, per un prossimo futuro, cominciando ad entrare nelle scuole, a spiegare alle giovani generazioni cosa è la pace perché qui tutti la pronunciano, ma pochi sanno o vogliono sapere quale significato abbia.
La pace è un fatto nobile, è un sentimento nobile, ma quanti la praticano?
Prima è venuto il Senatore Amoruso che questa mattina ha presentato una interrogazione al Senato per l’abolizione della pena di morte in quei paesi dove la pena di morte viene ancora praticata.
Il Senatore Amoruso ha partecipato ad una commissione interparlamentare “l’Assemblea del Mediterraneo”, costituita da tutti i paesi che si affacciano nel Mediterraneo, dove si parla di pace.
Quindi parliamo di pace, parliamo di sentimenti, parliamo di amicizia, parliamo di solidarietà, ma mettiamo in pratica le cose che pensiamo che debbano fare gli altri, facciamole noi. Cominciamo a fare noi quello che possiamo fare e allora, caro Presidente, quando riterrai opportuno dovremo incontrarci in maniera pragmatica, mettere a punto piccole semplici iniziative per portare il nostro messaggio di pace, di serenità, soprattutto laddove è necessario; perché i valori che noi abbiamo ricevuto come insegnamento dai nostri genitori, forse non siamo stati capaci di trasmetterli ai nostri figli, e allora siamo ancora in tempo per correre ai ripari, per fare in modo che le nuove generazioni comprendano cosa significa fratellanza, cosa significa la solidarietà, aiutarsi, aiutare chi soffre, ma aiutare veramente anche con piccoli gesti, con piccole attenzioni, con piccola disponibilità. Però è opportuno che qualcosa si faccia, altrimenti rimane un incontro, bello, piacevole, ma poi, dopo l’incontro non resterà niente. E noi non vogliamo che questo accada! Grazie.
Dott. Antonio Imeneo
Grazie a tutti voi, grazie al dott. Calì per le belle parole, grazie alla dirigenza e ai presidenti internazionali della UPF.
Come diceva l’onorevole, non bastano le parole: passiamo ai fatti. Con vivo piacere oggi presentiamo la nascita del primo UPF Medical Center Italia oggi, qui, realizzato nel Lazio vicino ad Aprilia.
L’UPF Medical Centre Italia è una realtà. Debbo dire con molto rammarico, con molto dispiacere, abbiamo trovato molti ostacoli e molta indifferenza da parte delle istituzioni locali: ci hanno osteggiato, non hanno compreso il messaggio di pace che noi volevamo portare e diffondere. Non c’entra nulla la UPF: la solidarietà, la pace, la famiglia sotto un unico Dio è universale! Ed io mi rivolgo quindi oggi a voi, ringraziando il dott. Calì, la dott.ssa Gabriella Mieli, la UPF Italia perché ha creduto in me, nelle nostre iniziative: Ma mi rivolgo alle Ambasciate, alle comunità religiose, alle associazioni tutte, affinché le comunità rappresentate dagli Ambasciatori, i membri, gli associati, i presidenti delle associazioni e delle comunità presenti qui, possano in qualche modo trovare un punto di riferimento in ambito sanitario, non solo per loro, in quanto la UPF non si rivolge solo a loro, ma a tutti i cittadini, in questo caso del Lazio, e d’Italia. Vorrei quindi manifestare il piacere e la gioia di avere aperto oggi e presentato l’UPF Medical Center: abbiamo accettato questa scommessa e la rigiriamo a voi affinché l’UPF Medical Center Italia possa essere sempre più grande. Trovate nelle cartelline il coupon da compilare per poter essere contattati e inseriti nel programma sanitario della UPF Medical Center. Grazie.
Prof. Franco Bucarelli
Grazie Presidente per avermi concesso questo onore che paradossalmente anche per chi è abituato a parlare in pubblico non mi giustifica una nota di piccola commozione. Perché? Intanto buonasera a tutti.
Io desidero portare, riassumendo per essere brevi, la mia esperienza di giornalista, anzi se volete di inviato speciale.
Sono stato per molti anni una delle voci del Giornale Radio Rai. Alla mia veneranda età di 77 anni ancora giro i 4 angoli del mondo raccogliendo testimonianze.
Ho cominciato con la tragedia del Vietnam, e l’ho conclusa e spero di continuare questa mia opera di ricognizione, ma anche di sensibilizzazione di certi problemi, del dramma ultimo della striscia di Gaza.
Allora attraversando questi cinque continenti, guardando le sofferenze, le miserie, il dolore, le angosce, le aspettative di tante popolazioni, io potrei dire che c’è un riassunto corale, in una sola parola, un’invocazione che sale, a volte violenta, a volte sopita, ma la parola è unica: pace, pace, pace!
Ma è possibile dare la pace oggi? E’ possibile rispondere a questa ansia e a questo dolore dei cinque continenti? Perché forse vi sfugge, ma se guardate la carta geografica, in questo momento ci sono decine e decine di conflitti. Noi seguiamo quello dell’Afghanistan, quello dell’Iraq, ma ci sono tante piccole guerre, rivoluzioni, lotte tribali: l’umanità è sofferente, è un corpo vivente che vive lo strazio, il dolore della mancanza di pace!
E allora è possibile dare la pace? Sì, sì! Ma bisogna cominciare dalle fondamenta. L’umanità è malata, è un corpo ammalato. Ma qual è il fondamento di un corpo? La cellula.
Immaginiamo l’umanità come soltanto un singolo corpo umano composto di cellule. Le cellule sono vitali, essenziali, e quando sono malate portano il tumore dell’insoddisfazione, della malattia, dell’infelicità, del dolore, della non pace. E allora cominciamo da questa piccola cellula Presidente: una cellula che si chiama Famiglia. La pace è possibile se cominciamo a lavorare in questa piccola cellula del corpo umano che si chiama famiglia, laddove in un secolo di violenza ogni giorno i telegiornali ci bombardano di violenze giovanili, senili: l’umanità è impazzita e allora bisogna piano piano aggiustare la cellula. Una piccola operazione genetica di buona volontà che possa consentirci di arrivare a costruire la pace: perché si può costruire la pace! E come? Cominciando dalla famiglia. Con la comprensione, con il rispetto, con l’educazione, con la tolleranza anche verso le idee dei giovani che possono sembrare originali, anormali, rivoluzionarie; ma i giovani hanno questo fermento prezioso, questo lievito che noi magari nella senescenza abbiamo un po’ perduto, smarrito per strada, oppure diluito con l’acqua della convenienza. E allora cominciamo da questa piccola cellula, la famiglia. La famiglia, primo mattone per costruire l’edificio della pace. Che cosa significa? Che una volta costruita questa nuova cellula, questa operazione genetica di comportamento nella famiglia, piano piano questa cellula si moltiplica. E’ una cellula benigna, non è maligna, ma è una cellula benigna che si trasforma piano piano in un flusso di umanità: diventano famiglie più famiglie, poi popoli, poi interi continenti e allora si arriva piano piano a costituire un fiume umano. Un fiume umano che deve e legittimamente e quasi spontaneamente superare le differenze ideologiche: anche le religioni. Scusatemi, io ho un concetto particolare. Le religioni sono un fondamento di pace, ma molto spesso si contrappongono tra loro perché hanno la sciocca vanità di presumere che loro hanno la verità assoluta. Quindi questa presunzione di avere la verità assoluta pone termini di comparazione con altre religioni e ad un certo momento si crea una specie di squilibrio o perlomeno di atteggiamento guardingo prudente verso l’altro, laddove invece le barriere dovrebbero essere aperte.
E questa cellula nasce, cresce. E chi la coltiva, quale laboratorio? La scuola. Presidente, ogni giorno si sentono omicidi nelle scuole in America, in Europa. Nei posti più impensati dove le popolazioni apparivano pacifiche, improvvisamente la gioventù impazzisce. E perché? Perché manca la cellula della famiglia: La cellula della famiglia è una cellula tumorale, infetta, che porta automaticamente a una società corrotta e violenta. E la violenza è la nemica numero uno della pace.
Allora è possibile fare questo fondamento. E’ possibile edificare cominciando dalla famiglia, cominciando dalla scuola, con grande buona volontà.
Io devo ringraziare il presidente Calì e anche i membri del board internazionale della Federazione per la Pace, perché la mia esperienza a Londra con loro è stata molto interessante. E certo è possibile, è possibile fare la pace, se questa umanità piano piano dalla famiglia, dalla scuola comincia, passo dopo passo, step by step, questa espressione inglese bellissima che quasi non si può tradurre, verso la pace.
E quale pace? Una pace per chi? Per una sola famiglia! Una sola famiglia che al di là delle religioni, al di là delle filosofie, delle ideologie riconosca una sola verità assoluta: Dio. Una grande famiglia sotto un solo Dio. Grazie.
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