10 luglio 2023

AFGHANISTAN - Il luogo peggiore dove nascere donna

di Maria Clara Mussa 

Nel corso di una manifestazione in piazza SS Apostoli a Roma, organizzata tempo fa dalla comunità afghana, contro le pesanti restrizioni del governo talebano che impedisce alla donne di vivere una propria vita, di lavorare, studiare, viaggiare come fa la maggior parte delle donne su questa Terra, abbiamo potuto interloquire con numerose ragazze e anche con donne anziane che, grazie all’operazione di soccorso da parte delle nostre Forze Armate a Kabul nell’Agosto 2021, sono riuscite a trovare rifugio in Italia. 

Nella piazza, abbiamo incontrato Afghani facenti parte della diaspora, che insieme a cittadini e a rappresentanti dell’ambasciata della Repubblica Islamica di Afghanistan in Italia hanno coinvolto i passanti nell’illustrare la grave situazione in cui si trova tutto il Paese, vittima della più grave crisi umanitaria nel mondo; hanno illustrato la situazione in cui si trovano le ragazze e le donne afghane e, di conseguenza, i loro figli, a causa delle violenti restrizioni da parte del governo talebano, instauratosi nell’agosto del 2021, allorché la coalizione internazionale, sotto l’egida della NATO, ha abbandonato il Paese dopo venti anni di “missione di pace”. 

Il governo talebano domina la popolazione: oltre alla carestia e alle malattie, la popolazione subisce controlli e punizioni, imperante il Ministero per la ‘’promozione della virtù e la prevenzione del vizio”. 

Alle donne il governo talebano ha imposto restrizioni inimmaginabili: proibito uscire da sole, proibito andare a scuola, proibito frequentare l’Università, proibito ridere, proibito cantare... Abbiamo ascoltato racconti sconvolgenti, ma anche espressioni di voglia di reagire...

Hanno parlato in modo chiaro alcune ragazze afghane, ma anche uomini afghani, rifugiati ora in Italia, insieme ad amici italiani ed amiche che hanno apertamente dichiarato il proprio appoggio a far sì che l’opinione pubblica si renda conto che in questo momento non solo la guerra in Ucraina dovrebbe tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica. 

Siamo stati avvolti da canti e preghiere, immersi nell’emozionante inno nazionale afghano, dopo la cui esecuzione si sono alternati a parlare ragazze e responsabili della Comunità afghana, il rappresentante dell’ambasciata afghana a Roma e anche chi scrive, che conosce l’Afghanistan per averne riportato gli accadimenti di questi ultimi decenni, frequentando sia i con- tingenti militari della coalizione internazionale impegnati nella NATO sino al giorno dell’abbandono nell’agosto 2021; sia per avere conosciuto e frequentato la popolazione, ricca di cultura e tradizioni, che ha conquistato il nostro cuore. 

“In nome di Dio che ha creato tutti liberi”, ha iniziato così il proprio intervento Rabia Alizada, giovane con il sogno di diventare medico: “Innanzitutto, vorrei ringraziare tutti voi per essere in sincronia con noi ad alzare la voce della richiesta di giustizia delle ragazze afghane al mondo. Come tutti sappiamo le ragazze e le donne compongono la società, sono la metà della società; purtroppo, in Afghanistan i diritti non vengono considerati e le donne stanno svanendo dalle pagine del tempo. 


Chi sono le ragazze e le donne? Le ragazze e le donne sono i futuri dottori, insegnanti, leader, dirigenti politici, ministri e capi di domani. In Afghanistan, con i suoi 5000 anni di storia, le ragazze non hanno il diritto di frequentare scuole e università. 

Nel Corano islamico e giuridico, non c’è alcuna indicazione di bandire le ragazze dalle scuole e dalle università. L’Afghanistan è un paese incomparabile con gli altri Paesi. Mentre in altri Paesi, le ragazze godono del diritto di andare a scuola, all’università, di viaggiare da sole e persino di viaggiare verso altri pianeti, purtroppo in Afghanistan le ragazze non possono lasciare le proprie case. 

Spero che un giorno l’Afghanistan possa essere libero e che tutte le ragazze possano studiare, lavorare e realizzare tutti i propri desideri. E vorrei ringraziare la mia famiglia che mi ha sempre sostenuto e aiutato ad arrivare qui oggi”. 

E non solo Rabia ha elencato i soprusi a cui devono sottostare le ragazze in Afghanistan. Anche il presidente dell’Associazione UNIRE, ha espresso il proprio dolore per la situazione che incombe nel Paese, sottolineando come i giornalisti, assorbiti da quanto accade in Ucraina, non pongono attenzione verso i gravi problemi che sovrastano l’Afghanistan sotto il governo attuale dei Talebani. 

Noi vogliamo richiamare l’attenzione 

La popolazione dell’Afghanistan, dopo l’abbandono frettoloso da parte della comunità internazionale nel 2021 e la presa di potere nell’agosto dello stesso anno, da parte dei talebani, sta subendo una tragica devastazione ad ogni livello sociale. 

Il Paese non ha ancora vissuto un momento di equilibrio politico e di pace, se non in rare frazioni di tempo, che possono essere rappresentate, ad esempio, dal periodo in cui regnò Amānullāh Khān, illuminato re che il popolo ancora ricorda e venera come riformatore e modernizzatore delle istituzioni, insieme alla sua consorte, la regina Sorahya Tarzi, amata dal popolo afghano, instancabile sostenitrice dell’emancipazione della donna. 

Ma, come racconta Stefania Macioce nella bellissima intervista con la principessa India, figlia della regina Sorahya: “Il radicalismo riformatore di Amānullāh Khān, le modifiche all’apparato legislativo e amministrativo, i costumi liberali avrebbero determinato l’opposizione dei conservatori, critici nei confronti delle sue aperture verso la Russia, particolarmente malviste dall’India britannica, tanto che il celebre Lawrence d’Arabia collaborò con la RAF (Royal Air Force) dal 1928 al 1929, fomentando gli oppositori in occasione della sua sosta nella cittadina di Miran Shah, l’attuale Waziristan del nord, in Pakistan, proprio a ridosso della frontiera afghana. 

Troppe mani straniere, per troppo tempo, hanno sconvolto l’equilibrio già precario del Paese. Le donne afghane, nel corso dei venti anni della missione NATO, trovavano conforto, aiuto, sostegno, indirizzo formativo dalle attività delle associazioni umanitarie che dell’Afghanistan avevano fatto il proprio obiettivo di lavoro. Ma da quando i taliban hanno occupato il governo, auto dichiarandosi padroni assoluti del Paese, riproponendo l’Emirato islamico, quasi tutte hanno dovuto abbandonare qualsiasi attività stessero compiendo per vivere. 

L’emirato talebano dell’Afghanistan ha progressivamente negato alle donne libertà e diritti fondamentali, come quello di frequentare università e scuole superiori. Altre drastiche restrizioni fanno sì che molte attività di sostegno alle donne afghane possano essere svolte solo da personale femminile; ma il divieto alle Ong (Organizzazioni non Governative) di impiegare donne, emesso dal ministero afghano dell’Economia, impedisce di fatto lo svolgimento di tali attività. 

Vorremmo riportare le parole di Susanna Fioretti, presidente di NOVE Onlus, Associazione che opera a Kabul a sostegno delle donne: “Anche i bambini sono in gravi difficoltà. I diritti dell’infanzia e dell’adolescenza vanno sostenuti; abbiamo un progetto per aiutare alcuni minori con disagio economico e con disabilità fisiche; pensiamo al supporto scolastico, al contrasto alla povertà educativa; in particolare ci occupiamo dell’assistenza psicologica e dei laboratori di educazione digitale e contrasto al cyberbullismo, per i ragazzi e per i loro genitori. Ci adoperiamo per contrastare la povertà educativa e nel contempo offriamo sostegno ai genitori. Dobbiamo tenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica sulla situazione dell’Afghanistan, non dobbiamo abbandonarlo”. 

Ha espresso un particolare augurio nei confronti dell’Afghanistan anche monsignor Giuseppe Moretti, per venti anni “padre Moretti” a Kabul, cappellano all’ambasciata italiana e responsabile della missio sui iuris dell’Afghanistan fino al 2015, a supporto della popolazione afghana bisognosa, insieme alle “piccole sorelle di Gesù”: “Il Paese ha bisogno di pace; occorrerebbe un esercito di pace piuttosto che tanti eserciti in guerra”. 

Crediamo possa esistere un mondo pacifico e giusto, nel rispetto della dignità e dei diritti di ogni essere umano.

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