1 marzo 2020

COOPERAZIONE TRA LE FEDI AL SERVIZIO DELLA PACE NEL BACINO DEL MEDITERRANEO

Relazione presentata al Convegno: 
“Mediterraneo Ponte di Pace. Cooperazione e Sviluppo Sostenibile nell’area del Mare Nostrum” 

di Raffaella Di Marzio*
Conoscenza, contrasto al pregiudizio e difesa delle libertà
Il Centro Studi sulla Libertà di Religione Credo e Coscienza (LIREC) è stato fondato sulla base di alcune idee fondanti, una delle quali è che la religione continua a svolgere un ruolo molto importante nel promuovere lo sviluppo sia degli individui che della società, in tutto il mondo.
Le nostre attività seguono due binari: innanzitutto quello della conoscenza e della corretta informazione. Per questo motivo, abbiamo creato il “Progetto Conoscenza”: attraverso conferenze, dibattiti, pubblicazioni, interviste e documentazione di vario tipo vogliamo favorire, presso il vasto pubblico, i media e il mondo accademico, la conoscenza di associazioni e gruppi, religiosi e non religiosi, il cui studio riveste particolare interesse per le nostre finalità. Il Centro Studi, nell’organizzare queste attività, è responsabile dell’impostazione scientifica e garantisce: un approccio indipendente allo studio dei gruppi, la presenza di studiosi competenti e il rispetto delle associazioni di volta in volta coinvolte, con le quali è impegnato a portare avanti un dialogo finalizzato al conseguimento dei fini associativi. Il nostro approccio è laico, scevro da pregiudizi e finalizzato a combattere il pregiudizio e le paure verso il “diverso” attraverso lo studio accademico e scientifico dei fenomeni.
Il secondo binario delle nostre attività è quello dell’attivismo: il Centro Studi si impegna ad agire attivamente presso le Istituzioni, i media e qualsiasi ente o organizzazione responsabile, a difendere, con tutti i mezzi che la società democratica mette a disposizione dei cittadini, i diritti delle minoranze sanciti dalla Costituzione. Siamo convinti, come confermato anche da autorevoli istituzioni accademiche, che la presenza di molteplici religioni può certamente avere un effetto di pacificazione, se le loro attività non vengono sottoposte a restrizioni arbitrarie e immotivate dalle autorità statali. In un contesto dialogico e rispettoso di tutte le credenze, è possibile realizzare una concreta cooperazione tra le fedi solo se un gruppo religioso maggioritario non domina sugli altri, grazie a privilegi concessi unilateralmente dallo Stato, acquisendo una sorta di “monopolio religioso”. 

Religioni maggioritarie e potere statale
Grazie alle richieste che giungono al nostro Centro Studi abbiamo la possibilità di ascoltare le vittime di discriminazioni e persecuzioni a causa della religione o del credo che professano, e abbiamo constatato il modo in cui i gruppi religiosi maggioritari, in diversi contesti, si attivano per mantenere la loro posizione dominante e rendere difficile la sopravvivenza delle minoranze religiose che considerano “rivali”. A questo proposito è utile fare solo alcuni esempi tratti dalla nostra esperienza diretta. 
Il primo è quello della Comunità Ahmadiyya, di cui ci siamo occupati, nell’ambito del nostro “Progetto Conoscenza”, al Congresso dell’European Academy of Religion del 2018. Questo è un caso interessante perché aiuta a comprendere come che si discuta molto di discriminazione e persecuzione inflitta alle minoranze dalle autorità civili, ma si sottovaluta il ruolo di quelle religioni maggioritarie che si alleano con le autorità civili, supportando, più o meno apertamente, le azioni, la propaganda e le leggi indirizzate alla discriminazione e alla persecuzione di minoranze religiose. La discriminazione e la persecuzione interreligiosa è un problema largamente diffuso e sottovalutato. A tale proposito, il caso della Comunità Ahmadiyya, oppressa e perseguitata nel mondo islamico, è emblematico, poiché questi fedeli in Pakistan non sono considerati musulmani e non possono nemmeno essere chiamati con questo nome. Grazie al progetto che abbiamo realizzato su questa comunità abbiamo diffuso uno studio condotto alcuni anni fa dall’On. Emanuela Del Re sul ruolo degli Ahmadiyya nella risoluzione dei conflitti in Israele. La comunità Ahmadiyya esisteva ancora prima della creazione dello Stato di Israele e ha svolto da allora un ruolo positivo e pacificatore affrontando ogni situazione sulla base di valori condivisi da tutti i gruppi etnici, religiosi e politici. La comunità di Kababir, (vicino Haifa) è ancora attiva nei vari progetti per la pace, in Israele, e altrove. In effetti, la comunità Ahmadiyya, dovunque sia, cerca di contribuire alla pace nella società, evidenziando che oltre all’etnia, alla religione e alla nazionalità c'è qualcos’altro che ci unisce, ed è il fatto di essere tutti esseri umani. 
Il secondo esempio è la situazione delle minoranze in Russia. In un seminario internazionale, organizzato dal Centro Studi alla Camera dei Deputati, abbiamo ascoltato alcune voci coraggiose all’interno del Parlamento italiano, e di altri Stati membri dell’UE, che denunciano ciò che sta accadendo in Russia. In quel paese, un membro della Chiesa Ortodossa russa ha perfino elogiato la messa al bando dei Testimoni di Geova, mentre vengono sostenute e finanziate istituzioni che stanno attivamente promuovendo la soppressione di altre minoranze religiose, grazie a una legge che considera “estremismo” il fatto che una persona dichiari che la propria religione è quella vera e svolga un’opera di diffusione pubblica del suo credo. Questa situazione è strettamente legata a una sorta di alleanza tra la chiesa maggioritaria in quel paese e il potere statale.
Il terzo esempio riguarda alcuni Stati, dentro e fuori l’Unione Europea, che, come la Francia, promuovono e finanziano organizzazioni “anti-sette”, che supportano la persecuzione di minoranze religiose in Russia, e altrove, sulla base di una distinzione del tutto arbitraria e infondata tra “religioni” e “sette”, che genera solo conflitti e stigmatizzazioni illegali di ogni esperienza comunitaria che risulti sgradita a qualcuno. La connotazione negativa del termine “setta” ha spinto autorevoli istituzioni internazionali e importanti leader religiosi a condannarne l’uso. Per esempio, nella Raccomandazione 1412 del 1999 il Consiglio d’Europa aveva chiesto agli Stati membri di non usare la parola “setta”, perché discriminatoria, e di affrontare i problemi e i conflitti collegati alle attività di qualche gruppo religioso o spirituale attingendo informazioni da varie fonti, compresi i rappresentanti dei gruppi coinvolti ed esperti accademici del settore. 
A questo proposito, molto importante è la posizione pubblica assunta da Papa Francesco, il quale, il 28 Luglio 2014, mentre era in visita ad una comunità pentecostale di Caserta, ha chiesto scusa per quanto alcuni cattolici, tra i quali anche esponenti della gerarchia, hanno fatto contro i pentecostali durante il regime fascista. Le scuse di Papa Bergoglio alla comunità pentecostale riguardano in particolare quanto accaduto durante il fascismo, quando alcuni pastori vennero deportati, le chiese distrutte e questi sparute associazioni evangeliche dichiarate “nocive all'identità fisica e psichica della razza italiana”. Tutto ciò è avvenuto nel silenzio di molti ecclesiastici di allora e persino grazie alle denunce di qualche parroco all'Ovra, la polizia segreta del regime. Nel corso di quell’incontro Papa Francesco ha affermato di voler stigmatizzare l'uso esagerato che da parte cattolica si è fatto della parola “setta”, per indicare alcune di queste nuove realtà: “Non è il Signore Gesù che fa la divisione! Chi fa la divisione è proprio l’Invidioso, il re dell’invidia, il padre dell’invidia: quel seminatore di zizzania, Satana. Costui si immischia nelle comunità e fa le divisioni, sempre! Dal primo momento, dal primo momento del cristianesimo, nella comunità cristiana c’è stata questa tentazione. ‘Io sono di questo’; ‘Io sono di quello’; ‘No! Io sono la chiesa, tu sei la setta’… E così quello che ci guadagna è lui, il padre della divisione. Non il Signore Gesù, che ha pregato per l’unità (Giovanni 17), ha pregato!”.

Esempi virtuosi di cooperazione
Insieme a situazioni critiche e conflittuali come quelle di cui si è parlato in precedenza, esistono anche esempi virtuosi di cooperazione tra le religioni e tra religioni e istituzioni laiche. 
Un primo esempio è quello dell’impegno delle chiese cristiane europee in occasione della preparazione delle Linee Guida Freedom of Religion or Belief (FoRB), approvate dal Consiglio dell’Unione Europea il 24 giugno 2013. Le Linee Guida sono il risultato di lungo processo, nel quale le chiese europee sono state attivamente coinvolte. Il primo articolo delle Linee Guida dichiara che il diritto alla libertà di religione o di credo (FoRB) è un diritto fondamentale di ogni essere umano, e l’articolo n. 3 aggiunge che le violazioni o gli abusi perpetrati a danno della libertà di religione o credo si verificano in tutto il mondo, inclusa l’Europa. Secondo l’articolo n. 5, l’UE e i suoi stati membri si impegnano nel rispetto, nella protezione e nella promozione della libertà di religione o di credo, come un diritto [articolo n. 6] che deve essere esercitato da tutti e ovunque, basandosi sui principi di uguaglianza, di non-discriminazione e universalità. Sempre nell’articolo n. 6, l’UE proclama il suo impegno nella prevenzione e nella reazione alle violazioni di questo diritto, in maniera tempestiva, consistente e coerente. 
Questo impegno non è limitato ai casi che si verificano all’interno dei confini dell’Unione Europea: le Linee Guida forniscono delle linee politiche chiare ai funzionari delle istituzioni e agli stati membri dell’UE, in modo tale che vengano utilizzate nelle relazioni con Stati terzi (articolo n. 8): l’UE e i suoi Stati Membri, inclusa l’Italia, hanno promesso di reagire efficacemente alle violazioni, dovunque esse si verifichino nel mondo. L’approvazione delle Linee Guida è stata accolta positivamente dalla Commissione per la Società del Consiglio delle Chiese Europee (CEC), che rappresenta le chiese ortodosse, protestanti, anglicane e la Chiesa Vetero-cattolica e dalla Commissione della Chiesa Cattolica delle Conferenze dei Vescovi dell’Unione Europea (COMECE), con l’impegno delle chiese a monitorarne l’attuazione. 
A proposito della situazione dell’Italia, in relazione alle Linee Guida, il nostro Centro Studi ha elaborato una Strategia di Implementazione delle Linee Guida sul territorio nazionale identificando punti di forza e criticità della situazione. Il documento è stato presentato alla Camera dei Deputati dopo essere stato consegnato al Presidente del CIDU (Comitato Interministeriale per i Diritti Umani) e alla Presidenza del Consiglio.
Un secondo esempio virtuoso di cooperazione tra le fedi nell’ambito, questa volta, del Mediterraneo, è la Dichiarazione di Marrakesh del gennaio 2016. Il 2016 era l'anno in cui si celebravano i 1400 anni della Carta (o Costituzione) di Medina, un contratto di natura costituzionale fra il Profeta Mohammad e la popolazione di Medina, inclusi i musulmani, gli ebrei e i pagani, che garantiva libertà religiosa per tutti, a dispetto della fede professata.
La nuova dichiarazione congiunta, redatta e approvata nel 2016, contribuiva a sviluppare e diffondere il concetto, già ripreso a fondamento nella Costituzione marocchina del 2011, di “Islam moderato”, come unica soluzione alle devianze dei vari estremismi e fondamentalismi. Nel testo si invitano i rappresentanti delle varie religioni e denominazioni a contrastare tutte le forme di fanatismo religioso, diffamazione e denigrazione di ciò che le persone ritengono sacro, così come tutti i discorsi che promuovono odio e fanatismo. E, infine, si afferma che è inconcepibile usare la religione allo scopo di “aggredire i diritti delle minoranze religiose nelle nazioni musulmane”. Lo scopo è quello di “... sviluppare una giurisprudenza fondata sul concetto di ‘cittadinanza’, che sia inclusivo dei diversi gruppi [... che sia] radicata nella tradizione islamica e nei principi e negli elementi frutto dei cambiamenti globali”. Questo è quanto affermavano un gruppo di leader religiosi, intellettuali ed esperti di fede islamica nella Dichiarazione di Marrakesh, volta a rilanciare il dialogo e la pari dignità fra tutte le fedi. 
Un terzo esempio, più recente, è il documento sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune del febbraio 2019, firmato da Sua Santità Papa Francesco e il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyeb. Nel corso del suo viaggio apostolico negli Emirati Arabi Uniti, nel suo discorso Papa Francesco ha affermato: “È con questo spirito che, non solo qui, ma in tutta l’amata e nevralgica regione mediorientale, auspico opportunità concrete di incontro: società dove persone di diverse religioni abbiano il medesimo diritto di cittadinanza e dove alla sola violenza, in ogni sua forma, sia tolto tale diritto”. 
Nella Dichiarazione congiunta i due importanti leader religiosi affermano: “In nome di Dio e di tutto questo, Al-Azhar al-Sharif – con i musulmani d’Oriente e d’Occidente –, insieme alla Chiesa Cattolica – con i cattolici d’Oriente e d’Occidente –, dichiarano di adottare la cultura del dialogo come via; la collaborazione comune come condotta; la conoscenza reciproca come metodo e criterio” e ribadiscono il senso e il valore della cittadinanza che “si basa sull’eguaglianza dei diritti e dei doveri sotto la cui ombra tutti godono della giustizia. Per questo è necessario impegnarsi per stabilire nelle nostre società il concetto della piena cittadinanza e rinunciare all’uso discriminatorio del termine minoranze, che porta con sé i semi del sentirsi isolati e dell’inferiorità; esso prepara il terreno alle ostilità e alla discordia e sottrae le conquiste e i diritti religiosi e civili di alcuni cittadini discriminandoli”. Essi chiedono inoltre a tutti di “cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione. Lo chiediamo per la nostra fede comune in Dio, che non ha creato gli uomini per essere uccisi o per scontrarsi tra di loro e neppure per essere torturati o umiliati nella loro vita e nella loro esistenza. Infatti Dio, l’Onnipotente, non ha bisogno di essere difeso da nessuno e non vuole che il Suo nome venga usato per terrorizzare la gente”. Al termine della dichiarazione la Chiesa Cattolica e al-Azhar, annunciano e promettono di portare il Documento alle Autorità, ai Leader influenti, agli uomini di religione di tutto il mondo, alle organizzazioni regionali e internazionali competenti, alle organizzazioni della società civile, alle istituzioni religiose.

* Raffaella Di Marzio - Direttrice del Centro Studi sulla Libertà di Religione Credo e Coscienza (LIREC)

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