1 marzo 2020

RELIGIONE E DIMENSIONE POLITICA IN IRAN

Da un antico passato sino ad oggi l’Iran, nonostante le molte dolorose vicissitudini, ha mantenuto un ricco retaggio spirituale che tuttora influenza non solo la sfera politica, ma ogni aspetto della vita.

di Emilio Asti
Anticamente noto come Persia, terra natale di importanti personaggi quali Zoroastro e Ciro il Grande, questo Paese, che ha visto lo sviluppo di fiorenti civiltà, sin dall’antichità ha conosciuto diverse correnti spirituali.
Lo Zoroastrismo, l’antica religione autoctona che insegnava la fede in un unico Dio, divenuta religione di Stato durante la dinastia dei Sassanidi, ha continuato a sopravvivere anche dopo l’invasione araba e l’adozione dell’Islam, influenzando diverse letterature apocalittiche.
Nominato anche nella Bibbia, che lo definisce “strumento nelle mani di Dio”, Ciro il Grande nel VI secolo a.C. aveva fondato un impero molto vasto, in cui erano presenti diverse tradizioni spirituali, garantendo a tutti i sudditi la possibilità di mantenere le proprie credenze.
L’Iran fu anche un centro irradiatore di correnti spirituali diffusesi presso altri popoli, un esempio è il culto di Mitra, che ebbe molti adepti anche nell’Impero Romano. Al di là delle varie interpretazioni, i Re Magi, dei quali sappiamo ben poco, molto probabilmente erano i rappresentanti di un ordine sacerdotale dell’antica Persia, con funzioni politiche e religiose. Alcune religioni di origine persiana come il Manicheismo e poi il Mazdakismo, movimento politico-religioso per molti aspetti derivato dal Manicheismo, si diffusero anche fuori dall’Iran. Vari elementi di queste tradizioni religiose riaffiorano in diversi movimenti religiosi e politici sviluppatisi in seguito, portatori di un forte appello alla giustizia sociale, già presente nel messaggio di Zoroastro ed espresso pure nei racconti popolari. 
Nel corso della sua storia l’Iran ha conosciuto svariati profeti e guide politiche motivati dal desiderio di combattere le ingiustizie e dalla fervente aspirazione al bene dell’umanità. Un’ulteriore espressione di questo spirito è la religione Bahai, nata nel XIX secolo dalla predicazione di un profeta iraniano che ambiva ad unificare tutte le religioni, sulla base di un messaggio sincretista. Anche parecchie formazioni politiche, che si definiscono laiche e si fanno interpreti dei poveri e degli oppressi, appaiono pervase da un impulso religioso.
Tuttora molte tradizioni e ricorrenze civili affondano le radici nell’antico patrimonio spirituale. Il capodanno persiano, chiamato “Nowroz”, ossia nuovo giorno, festeggiato il 21 Marzo ed accompagnato da riti per la liberazione dalle influenze spirituali negative, assume il significato di un nuovo inizio per tutta la società. 
Portato dagli Arabi nel VII secolo e poi adottato quale religione ufficiale nella forma sciita, l’Islam ha sempre rappresentato un punto di riferimento che ha contribuito a far sì che l’Iran, nonostante la pluralità etnica e le varie occupazioni straniere, conservasse un forte senso identitario. A differenza dell’Islam sunnita, gli Sciiti credono che Alí, marito di Fatima, la figlia prediletta del Profeta Muhammad, fosse il primo erede legittimo di Muhammad e, come tale, spettasse a lui e ai suoi successori la guida della comunità islamica.
Suddivisi in vari gruppi gli Sciiti rappresentano la seconda corrente dell’Islam in ordine d’importanza. Diversamente dalla tradizione sunnita lo Sciismo privilegia l’aspetto esoterico, ponendo particolare enfasi sulla dimensione escatologica. In ambito sciita gli Ayatollah hanno sempre avuto un importante peso politico e l’’attesa del Mahdi, il messia promesso, il quale verrà per fondare un regno di giustizia, acquista particolare rilievo. Nel 1910 il Parlamento iraniano iniziò i suoi lavori con un posto vuoto, riservato al Mahdi. Nell’Islam sciita il martirio assume un rilievo particolare; la ricorrenza dell’’Ashura, che commemora il martirio dell’Imam Husseyn, riveste particolare importanza. 
Caratterizzato da una forma di sincretismo l’Islam iraniano tuttora presenta aspetti peculiari. All’interno del mondo islamico l’Iran ha rappresentato un importante polo artistico e culturale, culla di illustri maestri sufi e di poeti, che hanno prodotto opere di alto contenuto spirituale, alla ricerca di una verità più alta attraverso un’interpretazione mistica del Corano. I valori religiosi islamici hanno sfidato i secoli e le splendide opere d’arte, ancor oggi ammirate, ne sono una testimonianza eloquente. Diversi luoghi, come Mashad e Qom, sono ancor oggi meta di pellegrinaggi ed alcune città, nelle intenzioni di architetti ed artisti, che le abbellirono di insigni monumenti, volevano incarnare un ideale di perfezione spirituale. 
Nonostante le invasioni, grazie alla fede religiosa, il senso di identità nazionale ha potuto resistere, anche se, come qualsiasi altra religione l’Islam, spesso usato per imporre obbedienza e legittimare soprusi, ha subíto diverse distorsioni, mantenendo però una funzione sociale molto significativa.
Durante il regime della dinastia imperiale Pahlavi, che si reggeva sull’appoggio dei ceti economici più abbienti, caratterizzato da una forte repressione, la religione rappresentava l’unica istituzione in grado di fornire protezione dalla violenta repressione attuata dalle Forze dell’Ordine.
Negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso l’Iran subiva un processo di secolarizzazione, ma l’adozione di modelli culturali estranei alla tradizione si scontrava con il sentimento popolare. Diversi movimenti di opposizione, pur con ideologie diverse, si ritrovarono uniti nella volontà di abbattere il regime dello scià Reza Pahlavi.
L’ayatollah Ruhollah Khomeini, sebbene arrestato ed espulso dal Paese, si fece catalizzatore dello scontento popolare e la sua figura andava acquistando sempre più autorevolezza. In lui, proclamatosi difensore dei popoli islamici in lotta contro gli USA, definiti “il grande Satana, ed Israele, erano riposte tutte le speranze di un cambiamento. Il suo carisma, capace di mobilitare grandi folle, riuscì a provocare una sollevazione popolare, culminata poi con la cacciata dello scià. Il suo obiettivo era quello di dar vita ad una società rigorosamente islamica, decisa a conservare la purezza spirituale senza imitare modelli stranieri. Khomeini ha poi reinterpretato la religione in termini di ideologia politica e di organizzazione statale, opponendosi sia al liberalismo che al marxismo, da lui considerate ideologie sataniche. Un tipico slogan era: “Nasharki, Nagarbi, Jamhurriya Islami!” che significa “né destra né sinistra, solo la repubblica islamica!” Sebbene la rivoluzione iraniana si definisse la rivoluzione dei diseredati, Khomeini deluse le aspettative di quanti pensavano che la sua politica potesse assumere una posizione favorevole al mondo comunista.
In un discorso tenuto nel Marzo del 1979 Khomeini enunciò “la dottrina della lotta ai tre imperialismi, degli USA, dell’Unione Sovietica e della Gran Bretagna”, lanciando anche accuse contro i regimi arabi corrotti e asserviti all’Occidente, i quali, secondo la sua opinione, danno della dottrina islamica un’interpretazione non conforme al vero spirito del Corano. 
Dopo la proclamazione della Repubblica Islamica sancita in un referendum alla fine del 1979, il potere venne assunto dal clero sciita, che, con l’intento di costruire una nuova società islamica, mise in atto una massiccia epurazione dei cosidetti “nemici di Dio”. Purtroppo si venne a creare un clima di fanatismo e violenza, culminato nel Novembre del 1980 nell’occupazione dell’ambasciata americana, protrattasi per oltre un anno, con la presa in ostaggio di oltre 50 funzionari statunitensi. 
Tutta la popolazione si vide costretta ad obbedire alle norme della legge coranica, sul rispetto della quale vigilavano i cosiddetti “Pasdaran”, i guardiani della Rivoluzione, organizzazione di tipo militare istituita appositamente con il compito di occuparsi della sicurezza nazionale. Attraverso la repressione di ogni forma di dissenso il nuovo governo voleva realizzare una società fondata sul primato dei valori islamici.
Un articolo della Costituzione iraniana infatti recita: “La Repubblica Islamica è un sistema basato sulla fede in un Dio unico, a cui competono la sovranità e l’attività normativa e di fronte alla cui legge è necessario adeguarsi in maniera totale”. 
Khomeini, secondo il quale la Rivoluzione Islamica fu anche un ripristino della legalità, infranta dal regime dello scià, pareva incarnare il ritorno a una condizione di religiosità autentica, fedele agli insegnamenti del Corano. Secondo le sue intenzioni ciò significava anche riportare l’Islam ad una ipotetica purezza originaria, libera da contaminazioni.
Uno sguardo retrospettivo rivela che da parte di molti è mancata un’analisi corretta della Rivoluzione Islamica nei suoi diversi aspetti. 
La rivoluzione iraniana, che all’inizio albergava tendenze diverse, rappresentò qualcosa di peculiare, difficilmente comprensibile agli occhi occidentali. Per comprenderne le radici occorre considerare anche le antiche concezioni spirituali basate sulle aspettative messianiche tipiche dello Zoroastrismo, spesso trascurate dalle analisi politiche. Parecchi infatti giunsero ad identificare nell’ayatollah Khomeini, tornato in patria dopo parecchi anni d’esilio ed accolto trionfalmente, il Mahdi lungamente atteso e in diverse nazioni islamiche svariati credenti islamici vedevano nella rivoluzione da lui guidata un possibile modello da seguire. La verità è che lui stesso si considerava un profeta, con la missione di condurre l’Islam alla vittoria mondiale, sotto la guida dell’Iran. Khomeini, che già all’inizio degli anni ’60 lanciò i primi appelli alla rivolta contro lo scià, divenne il simbolo vivente dell’inizio di una nuova epoca. L’11 Febbraio, data del suo ritorno dall’esilio, è stato proclamato giorno festivo.
Dai tempi di Khomeini le cose sono parecchio cambiate, ma il sistema giudiziario è tuttora basato sulla Sharia, che regola la vita individuale e collettiva. Per certi reati sono ancora in vigore pene corporali e sono previste punizioni molto severe, inclusa la pena di morte per reati contro la morale islamica. Sono in vigore prescrizioni sull’abbigliamento femminile e anche le donne straniere in visita in Iran devono adottare un abbigliamento conforme agli usi locali. L’opposizione è mantenuta sotto controllo e svariati tentativi di introdurre alcune riforme, ispirate ai principi della secolarizzazione, incontrano la resistenza dell’ala più conservatrice del clero. Tutte le decisioni del governo sono subordinate all’approvazione della Guida Suprema, massima autorità del Paese e garante della fedeltà ai princípi dell’Islam, a cui compete delineare la politica generale dello Stato, controllandone poi l’attuazione.
Col passare degli anni il fervore spirituale si è attenuato ed oggi pare predominare una visione più pragmatica. Sono ormai un ricordo lontano i giorni in cui masse di giovani si dichiaravano disposti ad offrire la propria vita per la causa dell’ayatollah Khomeini, il quale pareva rappresentare la certezza del trionfo dell’Islam a livello mondiale. Molte speranze sono ormai tramontate e in parecchi è subentrata una certa disillusione, in quanto la Rivoluzione non ha assicurato la realizzazione delle aspirazioni in nome della quale era stata condotta. Oltre alla forte ostilità da parte occidentale l’Iran si è trovato a fronteggiare l’inimicizia dei Paesi islamici a maggioranza sunnita, Arabia Saudita in testa, i quali consideravano la rivoluzione iraniana come una minaccia pericolosa. 
Un capitolo doloroso, che reca ferite ancora aperte e ha lasciato un segno profondo sulla popolazione, è la lunga guerra con l’Irak, a quell’epoca appoggiato dall’Occidente e da vari Stati comunisti, che causò circa un milione di vittime oltre ad enormi danni.
Ancor oggi i problemi sociali rimangono gravi ed impellenti. L’embargo decretato dagli USA ha danneggiato notevolmente l’economia iraniana, determinando la caduta del potere d’acquisto ed un altissimo tasso d’inflazione. Nonostante la ricchezza rappresentata dal petrolio e da altre risorse naturali diversi settori accusano un pesante ritardo. A parere di diversi analisti politici finora il governo è apparso più preoccupato di salvaguardare le istituzioni, che di attuare misure a beneficio dei diseredati. Di fronte a tale situazione la cooperazione con i Paesi occidentali, anche se avversata da diversi esponenti religiosi, appare indispensabile
 Ad oltre 40 anni dal trionfo della Rivoluzione Islamica l’Iran si trova a dover gestire una complessa situazione, aggravata dalle tensioni tra coloro che si oppongono ad una maggior apertura e quelli che invece vorrebbero operare cambiamenti sostanziali, mettendo in discussione il ruolo dirigente del clero sciita. La società civile manifesta una crescente insofferenza nei confronti dei dirigenti religiosi, che controllano anche le leve del potere economico. Varie organizzazioni religiose godono di speciali privilegi, al riparo da qualsiasi intervento del governo volto a controllarne i bilanci. 
In più occasioni i giovani hanno espresso il loro malcontento ed appaiono decisi a sfidare le autorità religiose, denunciando il carattere repressivo del sistema caratterizzato da un puritanesimo di facciata volto a coprire la diffusa corruzione. 
All’interno dell’Islam iraniano in questi ultimi anni vi sono segni di un travaglio profondo, che pare investire la struttura di potere. 
Si sta affacciando una nuova generazione di politici ed esponenti religiosi che, pur non rinnegando gli ideali della Rivoluzione, appaiono più aperti al confronto con altre opinioni. Le donne rivendicano il diritto di entrare da protagoniste nella vita politica e sociale e alcune hanno già raggiunto una buona posizione in vari settori, un tempo riservati esclusivamente agli uomini.
L’immagine di un Iran teocratico cede il posto a quella di un Paese in cui il settore turistico svolge un ruolo sempre più rilevante nell’economia nazionale, che recentemente ha conosciuto una certa liberalizzazione. Si sono aperti alcuni spazi di libertà e l’Iran pare avviarsi verso una maggior tolleranza nei confronti delle minoranze religiose, anche se l’ala più conservatrice cerca di contrastare questa tendenza. Comunque l’aspirazione verso una società ideale è viva oggi come lo era all’inizio della Rivoluzione Islamica, considerata, nonostante i molteplici e gravi errori commessi, come l’inizio di un cammino verso un mondo più giusto. Molte manifestazioni di protesta, a volte anche violente, non mettevano in discussione i valori della Rivoluzione, ma anzi ne denunciavano il tradimento da parte di vari esponenti politici e religiosi.
Occorre anche considerare che la rivalutazione di alcuni valori preislamici, attuata in diverse occasioni, mira ad un recupero dell’identità nazionale persiana, per sua natura composita e tollerante. Tale tendenza ha iniziato ad evidenziarsi già durante la presidenza di Mahmud Ahmadinejad, il quale, pur additato come conservatore, per risvegliare l’orgoglio nazionale poneva spesso l’accento sulle tradizioni autoctone 
Lo spirito del popolo iraniano, complesso e vivace nei suoi molteplici aspetti, forgiati da una lunga storia, non può certamente essere rinchiuso in un sistema dogmatico ancorato al passato. 
Sicuramente l’Iran, che appare destinato a svolgere un ruolo di crescente importanza, rinnegando il fanatismo ed aprendosi ad una visione più ampia, riuscirà a perseguire i suoi obiettivi in modo pacifico. Un fatto è certo: in Iran, come altrove, la religione, intesa nel suo significato più autentico, ossia come ricerca sincera e continuo sforzo per migliorare sé stessi ed aiutare il prossimo, continuerà ad avere un ruolo rilevante nella costruzione di una società migliore.

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