Analizziamo alcune sfide della globalizzazione
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di Giorgio Gasperoni
Nel 2000 la IIFWP poi divenuta UPF organizzò presso le Nazioni Unite un convegno. Quest'istituzione venerabile ha sempre avuto al centro della sua missione l'espansione della pace e la cooperazione in tutto il mondo. Ma sia nel 2000 sia oggi potremmo chiederci la stessa domanda: cosa sta facendo l’ONU sul problema della pace e una migliore organizzazione del mondo?
In quell’occasione l’Ex presidente del Costa Rica e Premio Nobel, Oscar Arias1 sottolineò temi talmente cruciali che sono così attuali e perfino profetici per ciò che viviamo oggi giorno. Egli sosteneva che il mondo non aveva prestato attenzione alle vere sfide con cui le nazioni povere si devono confrontare. E se quel modo di vedere non cambiava, il mondo non avrebbe realizzato la pace, la sicurezza o la solidarietà. Arias faceva notare che le democrazie ricche e potenti d’oggi, sono troppo spesso impegnate solo a pensare in termini della propria sicurezza nazionale, piuttosto che della sicurezza umana.
La pace non è un premio o un trofeo. Non deriva da una vittoria né da un assetto politico. Non è un traguardo o un punto d'arrivo, né un esito definito per sempre. È un processo infinito, il frutto di più decisioni prese da più persone in più paesi. È un atteggiamento, uno stile di vita, un modo per risolvere i conflitti. Oscar Arias Sanchez
I paesi industrializzati spendono tanti miliardi di dollari l'anno in sussidi ai propri coltivatori togliendo così, di fatto, ai coltivatori dei paesi poveri qualsiasi possibilità di riuscire ad inserirsi nel mercato mondiale.
Il presidente Arias faceva notare che non solo i paesi industrializzati hanno bisogno di aprire i loro mercati al Mondo in via di Sviluppo, ma il commercio totale deve prendere in considerazione il fattore umano. Ciò di cui il mondo in via di sviluppo ha bisogno dalle nazioni industrializzate, è un commercio che sia libero e responsabile. Non chiedono la solidarietà. È per un miglior interesse del Nord America e dell'Europa incentivare la crescita economica nei paesi poveri dell'America Latina, dell'Asia e dell'Africa, se vogliono arginare la marea dell'immigrazione illegale e reprimere la violenza in quelle aree che minacciano la sicurezza globale. Fino a che i paesi poveri non potranno esportare i loro prodotti, continueranno ad esportare la loro gente.
Nel rapporto dell’Ex Segretario Generale dell'ONU, Kofi Annan, "We, the people" egli affermava: "I conflitti sono molto frequenti nei paesi poveri, specialmente quelli che sono mal governati e dove ci sono ineguaglianze acute tra gruppi etnici o religiosi. Il modo migliore d’impedire questi conflitti è promuovere lo sviluppo economico, sano ed equilibrato, combinato con i Diritti Umani, i diritti delle minoranze e accordi politici nei quali sono rappresentati equamente tutti i gruppi. Inoltre, i trasferimenti illeciti d'armi, soldi o le risorse naturali devono essere fatti alla luce del sole".
La sicurezza umana è la sicurezza nazionale. Perché, quando le persone hanno fame e vedono solo l'ingiustizia e la corruzione, il risultato è la violenza. J.F. Kennedy affermò: "Coloro che ritengono la rivoluzione pacifica impossibile, renderanno la rivoluzione violenta inevitabile".
L'aspetto triste di tutto ciò, sempre secondo Arias, non è solo il fatto che molte nazioni industrializzate rifiutano di aiutare la realizzazione di una rivoluzione pacifica con un commercio più libero e con l'obiettivo di dare aiuti per l'istruzione, la salute e lo sviluppo; purtroppo, stanno davvero contribuendo alla violenza, vendendo armi a governi che perpetuano la pulizia etnica e che reprimono la loro gente e fanno sparire i dissidenti interni. Egli sosteneva che il mondo si potrà avviare sul sentiero della pace solo quando le nazioni che esportano armi accettino un codice di condotta. Devono rifiutarsi di vendere armi a governi che non rispettano la democrazia, che perpetrano vistose violazioni dei Diritti Umani, e quando prendono parte in aggressioni armate in violazione della legge internazionale.
Il Premio Nobel Arias ci ricorda che il mondo, oggi, ha bisogno di molte cose. Una rinnovata corsa agli armamenti non è ciò di cui il mondo ha bisogno. Di cosa il mondo ha bisogno, è un cambiamento nelle priorità. Il mondo deve rendersi conto che i mercati e le comunicazioni globali significano anche responsabilità globali. Politiche e strategie miopi non sono più possibili in quest'era dell'informazione. Dobbiamo fare in modo che quest'era possa essere sia di conoscenza sia d'informazione. Le informazioni devono essere tali che le soluzioni politiche siano ben analizzate, considerando le implicazioni a lungo termine, e non solo gli interessi strategici a breve termine.
I temi che il presidente emerito Arias ha affrontato nel 2000 sono, forse, ancora più attuali oggi. Abbiamo bisogno, di un mondo con più solidarietà e meno individualismo; più onestà e trasparenza e meno corruzione e ipocrisia; più fiducia fra tutti e meno cinismo; più compassione e meno egoismo. In breve abbiamo bisogno di più amore. Elie Wiesel, ha detto: "L'opposto dell'amore non è l'odio ma è l'indifferenza"; l'indifferenza è un gran pericolo del nostro tempo, quando abbiamo così tante informazioni e così poca energia per prenderci cura della situazione! Il servizio pubblico, se sostenuto da una giusta etica, potrebbe sembrare irrealistico e non reale, ma è l'unica risposta alle sfide della globalizzazione. Se il mondo è disposto ad abbracciare un’etica rivolta al bene dell’insieme, senza escludere nessuno, il mondo avrà pace. Altrimenti, saremo condannati a ripetere i cicli di povertà, disperazione, guerra e conflitti del passato. La scelta è nostra.
1 Óscar Rafael de Jesús Arias Sánchez è un politico costaricano, ex Presidente della Repubblica di Costa Rica, che ottenne il Premio Nobel per la pace nel 1987. Ha ricoperto il ruolo di Presidente della Repubblica dal 1986 al 1990, ed è stato rieletto per la seconda volta nelle elezioni del 2006. Il suo secondo mandato è terminato nel 2010.
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