30 giugno 2016

«La Brexit è stata uno choc, ma non la fine del mondo. Usiamola per ricostruire una nuova Europa»

Ripreso dal New York Times e Corriere della Sera

C’è una superpotenza europea — che difende da sempre democrazia liberale, pluralismo e mercato libero - caduta in mano a un paio di politici cinici, che hanno visto nelle paure della gente una straordinaria opportunità per fare carriera. C'è una questione complessa come la Brexit ridotta da questi politici a una scelta tra un sì e un no. C'è una campagna elettorale fatta a suon di bugie che in pochi — tra i sostenitori dell'uscita della Gran Bretagna dall'Ue — si immaginavano di potere vincere. E ora ci sono questi improbabili trionfatori che si ritrovano senza un piano preciso per andare avanti. È il quadro dipinto da Thomas L. Friedman in un commento sul New York Times Un quadro poco roseo, certo ma niente paura: «Non è la fine del mondo», dice l'editorialista del Nyt. I guai seri inizieranno se altri Paesi europei (ma anche gli Stati Uniti, se dovesse vincere Trump) seguiranno le orme del Regno Unito. «Questo è quello che succede a un Paese che cede alle lusinghe di venditori di fumo che pensano che la vita possa imitare Twitter — risposte facili a domande difficili — e che uomini non all'altezza possano riorganizzare sistemi complessi semplicemente tirando su un muro». Il problema non è l'immigrazione, ma l'integrazione. Il futuro insomma «è di chi sa costruire reti, non muri, di chi riesce a integrare, non a separare. Con la Brexit invece ci perdono tutti, Ue e Gran Bretagna. Per questo l'auspicio, per l'editorialista del Nyt, è che la campagna per la Regrexit abbia successo e che gli americani abbandonino Trump». Come dice Eric Beinhocker direttore esecutivo dell'Istituto per il Nuovo pensiero economico di Londra, dobbiamo usare lo choc che ci ha provocato la Brexit per «re immaginare, riformare e ricostruire una nuova Europa».
E noi, citando sempre qualcun altro, stiamo attenti perché il popolo inconsapevolmente ha liberato Barabba.

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