3 giugno 2016

Dialogo con l’iraniano italiano

Ovvero il guadagno della bontà

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di Antonio Saccà
Tra i più avveduti stranieri di mia conoscenza, gli iraniani.
Una millenaria civiltà, sedimenta. Uomini e donne, queste ultime appassionate alla cultura. Mi vede nella mia panchina prediletta, dove vivo ore, indifferente al rumore, talvolta incuriosito dell'andare di questo e quella, leggo, scrivo, non leggo né scrivo, penso, non penso... Molti mi salutano; mi vede e si affretta verso di me. Come sta, e via continuando, lo conosco senza riconoscerlo, avvento una domanda esplorativa: non è venuto alla presentazione del mio libro. Stupisce: è venuto. E precisa quando e dove. Mi basta, per riconoscerlo. Un iraniano animatissimo. 

Attacchiamo una conversazione che riferirò, i gesti di quest'uomo calvo, gli occhi grossi,  vigoroso, tozzo non posso trascriverli, ne accrescevano la animazione. Odia le immigrazioni attuali. Lui immigrato? Lui immigrato! Perché? Vogliono rovinare l'Europa. Chi? La criminalità mondiale e gli Stati Uniti. Lo guardo. Mi vuole rifare i miei libri, le mie conferenze? No. È tutto in se stesso. Ci rovineranno,  afferma. “Ci” rovineranno? Sì, considera se stesso un iraniano italiano. Dico: stravagante questa sua difesa del nostro Paese. Conferma: è pronto a difendere l'Italia dagli stranieri, no, assolutamente, non possiamo accoglierli alla rinfusa, addirittura mantenere persone che potrebbero essere fior di mascalzoni, lui ha faticato, lottato, non è stato aiutato, invece questi nuovi appena arrivano sono mantenuti, c'è un circuito di denaro a tal fine, e si spiega l'esaltazione della “salvezza”, i salvati sono mantenuti e chi opera nel mantenimento guadagna. A tal punto grida, proprio, avverso le chiese. Perché? gli chiedo. Perché fanno il bene a spese nostre. Non impiegano un soldo proprio, anzi sono pagati per fare il bene. Pagati per fare il bene! Guadagnano a fare il bene! E sborsiamo “noi”! Gesticola  quasi fosse il più tartassato degli italiani. È certo, il conoscente iraniano, che moltissimi stranieri, senza lavoro, finiranno criminali, e moltissimi avranno lavoro: fuorilegge. Mi fa il sociologo: una massa del genere sconquasserà il “nostro” Paese. Scherzo e gli dico: ho scritto che un giorno saremo campo di battaglia di stranieri contro stranieri e gli stranieri ci salveranno dagli stranieri, se ci salveranno! Non sorride, né ride. Purtroppo gli italiani non sanno reagire, mi conferma. Dunque crede veramente che l'argine agli stranieri verrà dagli stranieri!
Divaghiamo, sugli Stati Uniti che temono l'accordo tra Europa e Russia, sul Ttip che ci sommergerà di cibi agli ormoni e agli antibiotici e di falsificazioni alimentari; che gli Stati Uniti fanno guerre per vendere armi e che scardinano ogni paese che cerca di alzare il capo; che, dice, non hanno finito l'embargo all'Iran mentre l'Iran ha chiuso le attività nucleari... Io resto fermo al suo orrore dell'invasione “straniera”, e il suo non è il timore di chi ormai ha conquistato la sicurezza e teme di perderla. No. Teme la catastrofe generale. E che gli italiani  siano incapaci di comprendere la situazione intossicati dalla bontà, a pagamento, contro il bene, una “bontà” che con il pretesto di salvare può rovinarci.

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