di Gianfranco Fabi*
Non c’è una sola Africa. Sono 54, quanti sono i paesi che compongono un continente fortemente frammentato, con altissime differenze di reddito e di qualità di vita tra uno Stato e l’altro. Un continente, tuttavia, che negli ultimi anni ha vissuto e sta vivendo alcune grandi trasformazioni a livello politico ed economico. E in cui iniziano ad esserci segni concreti delle potenzialità delle nuove tecnologie di affiancare una crescita che resta difficile soprattutto dove vincono l’arroganza e la corruzione delle élite al potere.
Dal Kenya al Sud Africa, dalla Nigeria al Marocco si stanno moltiplicando gli esempi di una transizione digitale che può avvalersi di alcuni fattori importanti. L’Africa è il continente che ha la popolazione più giovane del mondo con il 41% della popolazione sotto i 15 anni e un tasso di crescita demografica che continua ad essere di gran lunga più alto dei paesi occidentali. E questo significa che vi sono grandi possibilità di sviluppo di una classe imprenditoriale che si indirizzerà quasi naturalmente verso le soluzioni hi-tech. I giovani sono infatti quei “nativi digitali” che rispondono con passione alle novità della tecnologia. Dato che partono da livelli particolarmente bassi i paesi africani, soprattutto quelli dove le istituzioni possono garantire una relativa stabilità, hanno una capacità di crescita particolarmente significativa: i cinque paesi che negli ultimi anni hanno dimostrato la maggiore velocità di sviluppo dell’economia, certo, partendo da livello molto bassi, sono tutti africani: Ghana, Sud Sudan, Ruanda, Etiopia e Costa d’Avorio.
Ma è sul fronte dello sviluppo digitale che si possono riscontrare le maggiori sorprese. Il Kenya, con il 41,5% degli utenti di internet, è al primo posto nella classifica mondiale dell’uso dei social network per le attività lavorative, seguito da Filippine, Sud Africa, Colombia e Nigeria. Gli Stati Uniti sono a quota 14,5%, l’Italia poco sotto il 10%. Lo stesso Kenya è ai primi posti al mondo per la diffusione della moneta elettronica. Si chiama M-Pesa, con la emme che sta per mobile e “pesa” per denaro in lingua swahili ed è un sistema di transazioni bancarie tramite sms sviluppato inizialmente per ridurre i costi delle mediazioni bancarie per il microcredito e che poi è diventato il mezzo più diffuso per i normali pagamenti quotidiani. E nella capitale Nairobi sono nati nuovi quartieri (come l’hub di Konza Technopolis, chiamato non a caso la Silicon Savannah) che ospitano startup, servizi digitali per la gestione della connessione a banda larga e nuovi modelli per un approccio più ampio e diffuso delle fonti rinnovabili. Il Kenya è quindi in qualche modo una punta di eccellenza nello sviluppo delle nuove tecnologie.
Ma non mancano altri esempi. In Ciad solo il 4% della popolazione ha accesso all'elettricità, ma 52 su 100 abitanti hanno abbonamenti di telefonia mobile. E la quota della telefonia mobile nel Pil dell'Africa sub-sahariana (7,7%) è già ora superiore alla media mondiale del 4,6%.
La strada da fare è ancora molto lunga, ma questo vuol anche dire che le potenzialità di crescita sono particolarmente ampie. E in fondo la carenza delle infrastrutture fisiche, come le strade o le reti di telecomunicazione via cavo, spingono allo sviluppo delle reti virtuali anche attraverso le connessioni via satellite.
Attualmente solo un quarto del miliardo e trecento milioni di persone che vivono in Africa, ha accesso a Internet e gli africani rappresentavano l’11.5% degli utenti mondiali del web.
C’è un piano dell’AfCFTA (African Continentale Free Trade Area) che prevede la creazione di un sistema unico di pagamento digitale, un piano che potrebbe avere rapidi sviluppi nel quadro di quell’Unione africana che negli ultimi due anni ha dimostrato di riuscire a tenere insieme tutti gli stati del Continente con l’obiettivo di sfruttare le ricadute positive di un mercato comune sul modello iniziale dell’Unione europea. Sul fronte dei pagamenti i problemi tecnici, anche grazie all’esperienza keniota, sono largamente superabili: esistono tuttavia ancora molte resistenze politiche nel rendere possibili le transazioni in moneta diverse da quelle locali o nell’aderire ai grandi circuiti internazionali, come Visa o Mastercard, delle carte di credito.
Un punto particolarmente importante nello sviluppo digitale dell’Africa è costituito dagli investimenti realizzati dalle grandi corporation che controllano motori di ricerca e social network.
Dal 2015, Facebook ha aperto la strada per una presenza diretta. Un quartier generale è stato avviato a Johannesburg, in Sud Africa, come testa di ponte da cui allargare la presenza nel continente puntando in particolare, oltre che allo stesso Sud Africa, anche ai due paesi con maggiori potenzialità di sviluppo: Nigeria e Kenya. Facebook, ora ribattezzata Meta, punta ad essere un vettore di sviluppo offrendo alle piccole e medie imprese la possibilità di veicolare la propria immagine e il proprio business nel web senza la necessità di investire risorse per proprie pagine o siti Internet.
Non poteva mancare il re dei motori di ricerca, Google, che ha creato un’unità di ricerca e sviluppo nel Ghana non solo e non tanto per finalità commerciali, quanto per avviare un’analisi operativa sul fronte dell’intelligenza artificiale di fronte alle particolarità economiche, politiche e ambientali dell’Africa. Un significativo e concreto successo è stato ottenuto con l’app TensorFlow per affiancare gli agricoltori nella lotta ai parassiti che minacciano i raccolti.
Le potenzialità di sviluppo dell’Africa non attirano solo investimenti americani. In prima fila c’è anche la Cina, presente anche in molti settori tradizionali. L’Amazon cinese, Alibaba, ha avviato una stretta collaborazione con il governo etiope per creare una piattaforma elettronica di vendita (eWTP), che possa facilitare lo sbocco delle produzioni locali, sia di prodotti artigianali, sia agricoli verso il mercato internazionale.
A guidare il boom dell’e-commerce in Africa sono quattro paesi: Nigeria, Egitto, Kenya e Sudafrica. L’e-commerce è peraltro strettamente collegato all’utilizzo degli smartphone: Significativo il caso di Jumia, (https://group.jumia.com/) marketplace company basata in Nigeria che è riuscita ad affiancare, proprio come Amazon, un servizio logistico affiancato da un sistema di pagamenti e di rapporti commerciali con le piccole e medie imprese. Jumia ha ora 7,3 milioni di clienti attivi in tutto il continente: il 75% dei clienti utilizza gli smartphone per fare acquisti sulla sua piattaforma.
Nel suo complesso in Africa vi sono quasi mezzo miliardo di account mobili (e quindi di abbonamenti smartphone). Sono più di 500 le aziende nate per sviluppare servizi fintech, collegati ai pagamenti bancari e agli investimenti finanziari.
Nel complesso quindi, pur con grandi differenze tra paese e paese, l’Africa offre grandi potenzialità per poter sviluppare le nuove tecnologie in modo da sostenere uno sviluppo che valorizzi le risorse locali senza creare nuove e pericolose forme di colonialismo.
* Gianfranco Fabi, 1948, giornalista, laureato in scienze politiche con una tesi sulla cooperazione nell'Est Africa. Già redattore e poi vicedirettore vicario del Sole 24 Ore e direttore di Radio 24. Ora collabora a quotidiani e siti web ed è docente di Tecniche e scenari della comunicazione economica all'Università Carlo Cattaneo di Castellanza
Nessun commento:
Posta un commento