14 novembre 2022

I SOCIAL

Segue intervista a Shinhai, venticinquenne, ballerina professionista e una content creator.

di Andrea Valgoi

I social media hanno cambiato radicalmente il modo in cui viviamo. Usiamo i social per qualunque cosa, dal tenerci aggiornati su quello che succede nel mondo, al tenerci in contatto con i nostri amici e familiari. Sono ovunque, inevitabili, e sono uno strumento estremamente potente che è qui per restare. 

Quante persone usano i social? Questa è senza dubbio una delle statistiche social media più importanti. L’utilizzo dei social cresce in maniera esponenziale in tutto il mondo. È una delle attività online più popolari tra gli utenti, e le statistiche sull’utilizzo dei social network nel 2021 mostrano che in tutto il mondo ci sono 4,6 miliardi di utenti, e il numero è in continua crescita. La cifra corrisponde circa al 58,4% di tutta la popolazione (Kepios, 2022).

Al giorno d’oggi, stiamo tutti lentamente diventando dipendenti dai social. Che si tratti di scorrere il feed di Facebook in metro, o di pubblicare la perfetta foto dell’aperitivo su Instagram, i social sono diventati inevitabili. Questa statistica sui social rivela che in media ogni persona passa 147 minuti (2 ore e mezza circa) al giorno sui social network e sulle app di messaggistica (Statista, 2022).

Per descrivere il mondo dei social in passato, quando ancora erano qualcosa di nicchia, si usava la “metafora del bar”: “Il bar è un locale aperto al pubblico, in cui c’è gente che passa una volta soltanto per un caffè o per fare una telefonata urgente; ma ci sono anche frequentatori abituali, gente del quartiere, compagnie fisse, e qualcuno che addirittura vive quasi lì, seduto al suo tavolino di sempre davanti a una birra piccola. La gente nuova è guardata con interesse e curiosità, gli abitueè commentano e pettegolano, qualcuno appena entrato si mette a sbraitare perchè nessuno lo serve all’istante, e magari fa una scenata. C’è poi qualche testa calda, che con tre grappe di troppo dice cose senza senso magari alterandosi anche un po’. Ma c’è anche tanta gente che entra, si siede tranquillamente, si guarda attorno, ascolta le chiacchiere o abbozza un commentino sorridente, offre un giro di bianchi ai presenti”.

Oggi i social non sono percepiti così, e anzi, molti faticano a vederli con quella idea di “spazio” che invece hanno coloro che si sono trovati a vivere la fase pionieristica della rete, quando si “entrava nel cyberspazio” tramite ingombranti computer fissi. E uno degli evidenti effetti collaterali del passaggio a una rete “tutta intorno a te” e disponibile per chiunque è stato l’aumento dei problemi di “ordine pubblico”, se così vogliamo chiamarli, dato che spesso i frequentatori di un social non sentono alcuna responsabilità comunitaria nei confronti dell’ambiente online in cui agiscono.

Ed è proprio in questo momento che i social si trasformano, da strumenti o luoghi di vicinanza (pensiamo all’opportunità apertaci di riprendere contatti con amici e parenti in altre nazioni o persino continenti con i quali si erano quasi persi tutti i rapporti) diventano amplificatori. Da quel “bar”, dal quale si poteva uscire e non rientrare più – vuoi per una cattiva esperienza, per una litigata con un ubriaco o per semplice presa di distanza - oggi quello che mettiamo in rete rimane lì per sempre, ci ruota sempre intorno, a volte rischiando di macchiare irrimediabilmente la nostra immagine. Diventa impossibile uscirne perché il bar è diventato un luogo che ingloba tutto ciò che ci sta intorno.

Per logiche puramente pubblicitarie legate al “business” i social sono riusciti a creare un cortocircuito per il quale chi urla di più è più popolare. I toni si esasperano, gli algoritmi propongono contenuti sempre più accesi che ci trasformano spesso in leoni da tastiera.

In un mondo iperconnesso l’hating online sta diventando un fenomeno dilagante.

Se è pur vero che dà sollievo pensare agli hater come “gli altri”, occorre invece, a questo punto, tentare di “normalizzare l’odio”: non nel senso di accettarlo come inevitabile, ma di prendersene cura come qualcosa che fa parte di tutti noi. In altre parole, i “malvagi assoluti” sono una rarità, come penso che siano pochi gli hater di professione, gli agit-prop che lavorano appositamente per creare delle ondate di opinioni pubbliche polarizzate ostili verso questo o quello; mentre molto più alto è il numero di coloro che in circostanze normali sono persone tranquille e socialmente ineccepibili che, per una serie di motivi, occasionalmente perdono la testa e danno in escandescenze, soprattutto online.

In questo ultimo caso, le esplosioni sono favorite dal fatto che la comunicazione mediata ci permette di non vedere in faccia coloro verso i quali esprimiamo odio e ci fa avere meno remore a esprimerlo. 

Fa riflettere l’uso dei social di alcuni Content Creator che getta uno spiraglio di luce in questo mondo che sembra andare in una direzione pericolosa.

Ne parliamo con Shinhai Ventura, giovane torinese che su TikTok ha raccolto sino ad oggi più di 600 mila followers.

Ciao, chi sei? 

Ciao a tutti sono Shinhai, ho 25 anni e sono una ballerina professionista e una content creator. Sui miei canali social faccio video in cui ironizzo sulla mia cultura italo-giapponese. Mia madre, infatti, è giapponese e mio padre siciliano.

A che età hai iniziato ad utilizzare i social?

- A 15/16 anni

- Quale è la tua formazione artistica / scolastica?

Sono una ballerina diplomata all’accademia della Kirov Academy of Washington DC

- Come si diventa influencer? C’è davvero una formula? 

Non mi definisco influencer ma Content Creator :) in quanto creo esclusivamente dei contenuti video ironizzando un po’ sulle mie origini giapponesi e mostro i momenti più divertenti della mia famiglia. 

Non c’è un segreto per diventare content creator. Sembrerà banale, ma se vuoi avere successo nei social devi essere te stesso senza essere troppo impostato. È quello che cattura l’attenzione da parte degli utenti.

- Come si gestisce il successo social?

Non è semplice gestire il successo dei social. La gente vuole sempre più video, la creatività qualche volta svanisce ma devi essere sempre costante. Però poi è bello quando la gente ti riconosce in mezzo alla strada. Ti fa sentire appagata di tutto il lavoro che hai fatto

- Diversi studi correlano l’aumento della depressione giovanile con l’utilizzo dei social. Come reagisci a commenti negativi e/o offese?

Per fortuna ho ricevuto pochi commenti negativi! Certo all’inizio fa male ma capisci che dietro ad uno schermo sono tutti dei leoni da tastiera e che dal vivo non ti offenderebbero mai in quel modo. 

Per questo motivo lascio andare o rispondo ironicamente tramite dei video per riderci su. 

Bisogna comunque essere molto forti mentalmente da reggere questa “negatività” se vuoi fare questo lavoro.

- Come è cambiata la tua vita dopo che sei diventata una influencer?

Da quando ho iniziato a fare la Content creator sono cambiate tante cose! Ho avuto la possibilità di lavorare con altri creators in progetti grandi come Xfactor, Eurovision e Altri festival musicali, incontrando artisti molto importanti! 

Sono felice di tutto questo! sono grata del sostegno ricevuto dalla mia famiglia e dalla mia community che mi segue sui social!

Significativo un articolo su Shinhai uscito su Vanity Fair, dal titolo: Generazione Tik Tok: Shinhai Ventura combatte l'asian hate e i pregiudizi con l'umorismo.

La pandemia, infatti, in particolare nelle sue fasi iniziali, ha generato molta violenza e discriminazioni verso la comunità asiatica. Shinhai spiega che il vero motivo di questo odio è l'ignoranza. Per combatterla lei è riuscita con grande ironia e capacità a diffondere i valori delle altre culture usando i social. Shinhai Ventura, italiana di origini giapponesi, sul suo account Tik Tok ironizza sui pregiudizi e combatte l'odio con un sorriso.

- Sei italiana di origini miste, nel senso che tuo padre è italiano e tua madre è giapponese e tu hai tratti orientali. Come è stato crescere tra due culture? 

Se devo essere sincera la mia famiglia è davvero un casino perché io sono cresciuta a Torino ma mio padre è siciliano e quindi la sua cultura è diversa a sua volta anche rispetto a quella del Nord Italia! I mie genitori si sono conosciuti in Germania e per mia madre all'inizio vivere in Italia è stato uno shock perché la cultura italiana è molto diversa da quella giapponese: loro sono molto riservati e silenziosi invece noi italiani gesticoliamo molto e alziamo la voce e lei era sconcertata perché pensava sempre che tutti fossero arrabbiati con lei! Insomma loro due rappresentano davvero gli opposti e io quando ero piccola odiavo avere origini giapponesi, non capivo il valore della cultura di mia madre, odiavo i miei occhi a mandorla e mi facevo mille paranoie anche estetiche perché temevo di non piacere ai ragazzi, che spesso mi facevano battutine e mi prendevano in giro. Odiavo le mie origini e anche il mio nome, Shinhai, che invece adesso amo perché ha un significato bellissimo: significa Vero Amore.

Guardando i video di Shinhai (su TikTok @shinhaiventura) si percepisce una leggerezza sana, un’ironia e un’autoironia catartiche.

Forse è proprio questo che si è perso, il valore della leggerezza. Tutto diventa pesante sui social, tutto necessita una risposta piccata, di un giudizio secco, di un’offesa.

La leggerezza di Shinhai richiama un concetto poetico molto esplorato e un modo di portare il peso della vita con positività, per trarne il massimo del vantaggio e navigare con il favore del vento. È trovare la luce anche in momenti oscuri, vedere il mondo con uno sguardo luminoso e affrontare il cammino con buonumore e positività.

Calvino, nel suo libro Lezioni Americane, pubblicato nel 1988, così riassume l'essenza di questo valore e concetto: “Prendete la vita con leggerezza, che leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

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