21 aprile 2020

“Nuovo Mondo”

26.3.2020 - Giornale del Covid 19

di Pasqua Teora*
Oggi il mio nipotino Samuele compie otto anni e stamattina gli ho fatto la prima telefonata di auguri, rimandando all'incontro in video i nostri abbracci e promesse per il futuro. Gli ho ricordato che quel giorno a quest'ora otto anni fa non era ancora nato, piuttosto si stava preparando al viaggio più straordinario che è per ogni nascente, passare attraverso il corpo della madre per entrare nel mondo. Anche lui, pur non essendo ancora nato, già si era fatta qualche idea del mondo fuori. I sogni dei neonati nessuno li conosce, ma ce li possiamo immaginare come in una storia che potrebbe essere utile a tutti, ripescando nel più nascosto di ciascuno, il nucleo di luce e di forza che permette al nascituro il nuovo grande inizio.
Si, ma cosa c'entra questa storia con il momento che stiamo vivendo? Sto pensando, sull'onda delle emozioni che in questi giorni mi attraversano, che le case in cui siamo ora costretti, potremmo farle diventare simbolicamente uteri in cui ciascuno da solo o in compagnia possa ripensarsi in preparazione ad attraversare un altro canale. È che, prima o poi, usciremo anche da questa costrizione civilmente accettata e non ci vorranno mesi, ma solo ancora qualche settimana. OK e allora? Allora, nel tempo che ci rimane, potremmo riflettere sui comportamenti che avevamo fuori nel mondo aperto; coazioni a ripetere, che però non ci lasciavano soddisfatte/i e tuttavia, come in una coercizione invisibile, mettevamo in atto, impedendoci di sperimentare altro. Come un virus? Accidenti, ecco la connessione che salta fuori! Si, come un virus che invisibilmente ci attacca da fuori. Sono i modelli parentali desueti eppure introiettati. Come il Corona... ma chi dobbiamo più incoronare? Un'eredità che non serve più, anzi ci limita nel potenziale inesplorato e mantiene strutture relazionali estremamente limitanti. Se non riusciamo a battere questi virus che dentro le nostre esistenze infettano i territori delle relazioni familiari, dei collettivi e del sociale, impediremo a noi stessi, l'esperienza di un’esistenza più ricca, costruttiva e cooperante. Possiamo attrezzarci? Certo, qui non servono mascherine, guanti, disinfettanti vari, piuttosto una lente speciale che tutti possiamo tirar fuori dal nascondiglio, perché tutti abbiamo la capacità di vedere i nostri limiti, le nostre stereotipie e metterne piccoli scampoli su un vetrino da posizionare sotto una lente di quelle da ricercatore esperto e smaliziato. Ci conosciamo, no? Ma forse siamo diventati troppo indulgenti con noi stessi o inutilmente accomodanti verso i già detti modelli desueti.
È un'opportunità da non perdere questo stare chiusi dentro, rinunciando per un po' al fuori: l'occasione è poterci osservare, poterci conoscere più da vicino e accompagnarci al passaggio. Un po' stretto, eppure, come per il feto che siamo stati, sappiamo che non ci mancherà nulla per uscire dall'altra parte, il mondo che ci sarà e che non potrà più essere come quello che c'era prima. Intanto nella casa utero, ancora per un po' indispensabile c'è, per nutrirmi, l'essenziale.
In questa riflessione voglio mettere a fuoco due aspetti tra loro speculari: la codardia da un lato e l'arroganza dall'altra. Intendo dire che i due aspetti potrebbero anche essere vicini, uno magari a nascondere l'altro. Dunque, prezioso per tutti noi vederci quando siamo inutilmente inclini alla rinuncia, alla sottomissione, al sacrificio, neppure richiesto, la postura psicologica senza scelta possibile, invece di sperimentare altro, lasciandoci essere più coraggiosi e diretti, più determinati, liberando energie vitali per esprimere chiaramente le nostre posizioni; oppure sincero appoggio o dissenso, rispetto a ciò che il mondo circostante sembra chiederci. Al contrario, sull'altra sponda ci siamo quando ci si atteggia a comportamenti arroganti, troppo altezzosi, convinti di essere tanto più in alto degli altri, perdendoci di sperimentare gentilezza, rispetto reciproco, lasciando respiro alle opinioni degli altri, contattando dentro noi stessi il bisogno di vicinanza e reciproco ascolto. Evolvere in resilienza! Così che dalla fatica, dalla costrizione, della ristrettezza, ne possiamo strizzare fuori apprendimenti preziosi per il rinascente in noi, dopo la costrizione obbligata.
Allora, prepariamoci a ringraziare! Ei... non il virus, per piacere, non fraintendetemi, noi stessi intendevo! Come il nascente in noi, sempre rinascente nei continui apprendimenti della vita.

*  Centro Psicologia e Cambiamento
     Dott.ssa Pasqua Teora

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