di Simone Piscopello
Impossibile dimenticare l’esperienza di un viaggio che, anche se è durato pochi giorni, mi ha aperto non solo gli occhi ma anche prospettive nei pensieri e nel mio modo di vedere tanti aspetti della mia vita. Erano già tanti anni che mi incuriosiva l’idea di mettermi in cammino, e di raggiungere un luogo a molti sconosciuto, lontano dal classico turismo di massa, da quella calca che ti soffoca e che spesso ti impedisce di vedere anche l’essenziale: sì perché l’essenziale come avrebbe detto il Piccolo Principe “è invisibile agli occhi”, “non si vede bene che con il cuore”. Ed è stato così che l’estate scorsa, approfittando delle vacanze estive, ho deciso di
prendere un treno, dirigermi verso Trieste e di lì poi prendere un autobus: direzione Belgrado, capitale della Repubblica Serba. A dire il vero ne avevo già sentito parlare, con un nonno di origini montenegrine, e molto legato ai luoghi dove era cresciuto, alle storie di cui aveva sentito parlare, trasmesse a me e spesso legate a una città che nella mia immaginazione appariva come una sorta di contrasto: da una parte la città aurea descritta da lui (il nonno) con molte opportunità, grandi monumenti, bellezza a perdifiato, mentre dall’altra, la classica idea che l’italiano medio e mediocre si è fatto grazie al regalo dei soliti media di disinformazione, dove il popolo serbo viene dipinto come brutto e cattivo. È chiaro che se scrivo questa testimonianza, così non è stato: aveva ragione il nonno.
Cosa ho visto Belgrado? Ho visto davvero una città luminosa, sicura al punto che si può passeggiare in piena notte senza preoccuparsi in nessun modo per la propria incolumità. Ho visto una città internazionale, aperta, moderna, accogliente, buona da gustare e dall'inebriante profumo. E non mi interessa nemmeno scostarmi dalla realtà perché so benissimo che anche in Serbia ci sono tanti problemi così come ce ne sono in Italia e in tutto il resto del mondo. Sono consapevole che non tutto è oro quello che luccica. Mi è chiaro che è una vacanza una vacanza, che il divertimento finisce prima o poi, e che dopo domenica è lunedì. Ma certe immagini dalla mente non si possono cancellare: a Belgrado tutti ti sorridono. A Belgrado nessuno ti chiede nulla in cambio, e quando si tratta di darti aiuto diventa tutto spontaneo e naturale. A Belgrado tutti cercano di parlare la tua lingua anche se non la conoscono, perché vogliono capirti e farsi capire da te. A Belgrado le persone che ho incontrato hanno fatto di tutto per far si che io mi sentissi felice e a mio agio. E non credo che si tratti solamente di una grande tradizione di ospitalità. Penso che ci sia qualcosa in quelle persone, profondamente permeato nel loro animo e nella loro cultura al punto di essere diventato un modo di essere: semplicemente di essere Serbi. E così giorni sono trascorsi che non me ne sono nemmeno accorto, ma sono tornato a casa con una grande nostalgia e il desiderio di ritornare prima o poi, forse presto, e comunque quando sarà passata questa burrasca che sconvolge il mondo intero.
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