5 luglio 2019

ARTICO SOTTO ATTACCO!

Oggi inseriamo i contenuti del nuovo numero di Voci di Pace sul Blog. Incominciamo con questo articolo che tratta il problema dell'ARTICO e lo sfruttamento delle sue risorse da parte delle superpotenze. Qui potete scaricare l'intero PDF della Rivista!

Dinamiche geopolitiche e gravi problemi ecologici
Rimasto isolato per millenni, il mondo ghiacciato dell’Artico, il cui ambiente è ora minacciato dal cambiamento climatico, custodisce enormi ricchezze naturali, il cui sfruttamento è conteso da vari paesi

di Emilio Asti
Avvolto nel mistero sin da tempi remoti, l’Artico aveva acceso la fantasia di molti. Già nel IV secolo a.C. il viaggiatore greco Pitea accennava alla mitica Thule, situata nelle estreme regioni del nord, dimora originaria di un popolo ritenuto depositario di una grande saggezza spirituale. Alla regione artica è sempre stata attribuita una peculiarità speciale che ne faceva un luogo leggendario. Robert Edwin Peary, uno dei maggiori esploratori polari, affermò: “Il Polo Nord è il centro dell’emisfero settentrionale, l’emisfero della terra, della popolazione, della civiltà. È il punto dove l’asse della terra ne taglia la superficie. È il posto dove non c’è longitudine, né est, né ovest, solo sud”.

Nel corso dei secoli l’Artico, detto anche Artide, che non ha confini geografici ben definiti - quelli segnati sulle carte sono solo indicativi - veniva considerato come un territorio di conquista su cui piantare la propria bandiera. A lungo ritenuto inaccessibile, il nome stesso suggeriva l’idea di gelo e solitudine estremi, l’Artico, una delle ultime regioni incontaminate della terra, divenuto oggetto di interessi economici e politici contrastanti, è ora afflitto da gravi problemi ambientali, le cui conseguenze rischiano di coinvolgere l’intero pianeta. Attualmente l’Artico viene visto come una sorta di nuova frontiera energetica, oltreché enorme riserva idrica, ambita da molti. Da più parti si afferma che proprio nell’Artico si deciderà il futuro del nostro pianeta.
Nell’attuale contesto internazionale la demarcazione degli spazi marittimi e dei confini nel territorio artico continua a dare adito a controversie, dal momento che al di là delle poche miglia di acque territoriali al largo delle nazioni che circondano il Mar Glaciale Artico, sul quale si affacciano la massa continentale euroasiatica e quella americana, non vi è alcuna giurisdizione. 

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso l’Artico, a cui viene attribuita un’importante priorità non solo per l’abbondanza di minerali pregiati e fonti energetiche, ma anche per il fatto che attraverso la rotta marittima polare il tempo di navigazione tra l’Europa e l’Estremo Oriente si riduce di molto. Già durante la II guerra mondiale l’Artico ebbe un ruolo strategico fondamentale e all’epoca della Guerra Fredda numerose stazioni di ricerca sono state utilizzate a scopi militari. Tuttora le acque artiche sono percorse da sottomarini nucleari. 
Le diverse rivendicazioni da parte dei vari Stati della regione potrebbero innescare gravi crisi, rischiando di alterare gli attuali equilibri, anche se un conflitto per le risorse naturali appare assai improbabile. La competizione in atto tra Russia, USA, Canada e Cina, senza contare altri Stati che vogliono ritagliarsi uno spazio in questa regione, investe tutto l’Artico. 

La più vasta porzione dell’Artico è occupata dalla Russia, che intende sfruttare a proprio vantaggio tale posizione. La sua lunga costa settentrionale, con importanti porti marittimi e fluviali, dai confini con la Norvegia e la Finlandia arriva quasi a toccare l’Alaska. In questa zona erano state fondate alcune città come Norilsk, il più grande centro urbano oltre il circolo polare, e Dudinka, unite da una ferrovia, la linea ferroviaria più settentrionale del mondo. Considerato dalla Russia “estensione della nostra massa continentale”, l’Artico viene visto come il prolungamento vitale della Siberia, dalla quale non può essere dissociato. Nel timore che venga a formarsi uno schieramento in funzione antirussa Mosca appare decisa a proteggere il proprio spazio artico dalle mire di altre nazioni. Durante l’epoca sovietica le isole al largo della costa settentrionale ospitavano importanti basi militari, in cui erano stati effettuati vari esperimenti nucleari, che hanno gravemente contaminato il territorio. Recentemente la Russia, da tempo dotata della più potente flotta di navi rompighiaccio al mondo, ha aumentato la propria presenza nell’Artico, costruendo molte infrastrutture militari in cui sono state sperimentate nuove armi strategiche. Ciò ha destato le preoccupazioni della NATO e anche la Svezia e la Finlandia, paesi tradizionalmente neutrali, stanno attuando un’intensa cooperazione con la NATO, partecipando ad esercitazioni militari congiunte. La tensione tra Russia e Occidente, a motivo dell’annessione della Crimea da parte di Mosca e del conflitto nell’Ucraina orientale, ha avuto ripercussioni anche nell’area artica. Le sanzioni occidentali contro la Russia hanno spinto quest’ultima ad intensificare la cooperazione con la Cina in funzione antioccidentale. L’attuale situazione vede l’allineamento Russia-Cina in chiave antiamericana, ma appare probabile che nel prossimo futuro la Russia cercherà di contrastare la penetrazione cinese nell’Artico, considerando anche i contenziosi di frontiera tuttora non risolti tra i due paesi. Occorre ricordare che, a motivo dell’impoverimento delle risorse di idrocarburi sulla terraferma, l’estremo nord è di vitale importanza per la Russia, in quanto contiene risorse indispensabili al suo sviluppo. La penisola di Yamal, la principale fornitrice di idrocarburi, possiede un quinto delle risorse mondiali di gas. Attraverso l’avvio di diversi progetti di sviluppo con la costruzione di porti, centri di ricerca ed infrastrutture, che attraggono diversi investitori internazionali, la Russia ambisce ad estendere la propria influenza sull’intera area artica. Una particolare valenza simbolica ha assunto il gesto, che ha avuto risonanza internazionale, di piantare una bandiera russa sul fondale marino del Polo Nord, compiuto nel 2007 da Artur Cilingarov, scienziato e parlamentare russo.

L’Artico è una componente importante anche dell’identità del Canada e della sua strategia di sicurezza, in quanto più di un terzo del territorio del Canada è situato oltre il circolo polare. Il famoso passaggio a nord-ovest rimane il punto di maggior divergenza tra Canada e USA, considerato dal primo parte delle proprie acque territoriali, mentre invece per gli USA si tratterebbe di uno spazio marittimo internazionale, tuttavia i rapporti tra i due Stati, che condividono una lunga frontiera, rimangono basati sulla reciproca fiducia. Pur non attribuendo eccessiva importanza all’Artico, dato che solo una parte di territorio dell’Alaska si estende oltre il 66° parallelo, gli USA hanno conservato un controllo strategico sulla Groenlandia, la quale, grazie alla sua posizione di ponte tra America ed Europa, può svolgere un ruolo importante. Numerose sono le basi americane, sparse sul suo territorio, una di queste, la base di Thule, la più settentrionale dell’aviazione americana, rimane la più importante struttura militare della regione artica. La Groenlandia, la più grande isola del mondo, che costituisce la maggior estensione di terra ghiacciata dopo l’Antartide, con una popolazione a maggioranza indigena di circa 60 mila persone, dispone di molte risorse naturali, con notevoli giacimenti di gas e petrolio, oltre a uranio, oro e diamanti, ma soffre di una cronica mancanza d’infrastrutture. Formalmente ancora sotto il controllo del governo danese, in seguito al referendum del 2007 la Groenlandia ha ottenuto l’autogoverno, ma la gestione della politica estera e della sicurezza rimane di competenza della Danimarca. Il cammino della Groenlandia verso la piena indipendenza pare un processo inarrestabile, anche se parecchi dubitano che essa possa sopravvivere contando solo sulle proprie forze.
Pur situata a sud del circolo polare l’Islanda viene compresa nella regione artica e insieme alla Groenlandia e alle isole Faer Oer, territorio autonomo della Danimarca, gioca un ruolo fondamentale per il controllo dell’Atlantico settentrionale, traendo notevoli benefici dall’appartenenza alla NATO, al cui interno pare destinata ad assumere maggiore importanza. Significativo è quanto affermato dall’ex presidente Olafur Ragnar Grisson, ora alla guida di Arctic Circle, organizzazione internazionale impegnata a promuovere convegni e riunioni sul futuro dell’Artico: “Divido l’Artico in tre parti. La prima è quella occidentale, composta da Alaska e Canada. La seconda è quella orientale, con la Russia e le parti settentrionali di Norvegia, Svezia e Finlandia. La terza è l’Artico centrale, in cui il Nord Atlantico si immette nell’Oceano Artico e in cui sorgono tre piccole nazioni: Islanda, Groenlandia e isole Faer Oer. A ovest e a est ci sono attori potenti, al centro solo queste tre comunità. Se si disegna un triangolo dalla Groenlandia alla Norvegia fin giù alla Scozia, si noterà come attraverso di esso passino tutte le nuove linee di comunicazione marittime fra Asia, America ed Europa. È questo il cuore di una grande area del pianeta che oggi assume nuova rilevanza geopolitica. L’Islanda è l’unica delle tre nazioni a essere pienamente indipendente e ciò ha conferito al mio paese un nuovo ruolo strategico, nuove responsabilità e opportunità che hanno rafforzato la nostra rilevanza non solo nei confronti di Stati Uniti e Russia, ma pure verso l’Asia e l’Unione Europea. Il fatto che – almeno finora – la cooperazione nell’Artico sia stata costruttiva e priva di conflitti ha permesso al mio piccolo paese di aumentare la propria importanza”.
Un ulteriore fattore d’incertezza che si aggiunge al complesso scacchiere geopolitico della regione artica è il coinvolgimento della Cina. Sebbene vi siano 5 mila km di distanza da Pechino al Polo Nord la Cina si è definita “Stato vicino all’Artico” ed ha lo status di osservatore permanente nel Consiglio Artico, il principale forum diplomatico dell’area. Per la Cina l’Artico rappresenta una pedina importante e a tal fine ha intensificato le spedizioni al Polo Nord, installando anche stazioni di ricerca scientifica. Diverse compagnie cinesi vi hanno investito miliardi di dollari in quanto la Cina, che ambisce a svolgere un ruolo di protagonista, intende sviluppare una “via della seta polare”.
Anche la Gran Bretagna, che guarda con preoccupazione alle manovre russe nell’Artico e nell’Atlantico settentrionale, vuol mantenere una presenza militare nella regione, cercando di guadagnare maggior voce in capitolo attraverso una politica volta a recuperare una posizione preminente. 
Qualsiasi discorso sull’Artico non può prescindere dai popoli autoctoni che con scarse fonti di sussistenza e in continua lotta contro gli elementi naturali, vi abitano da millenni, tuttora legati a modelli culturali arcaici, ancora poco conosciuti. Anche se divisi da frontiere politiche i popoli artici rivelano molti aspetti comuni; si potrebbe infatti parlare di un’unica cultura artica che nelle vare zone assume sfumature diverse. Le famiglie e le comunità, già sottoposte ad una forma di colonialismo culturale, hanno subito un processo di perdita dei valori ancestrali e ora diversi progetti rischiano di sconvolgere la loro esistenza. I vari governi hanno fatto ben poco per migliorare la loro condizione, solo in Canada gli Inuit del Nunavut, zona in cui rappresentano quasi l’assoluta maggioranza, godono di un’ampia autonomia amministrativa.
Nel Consiglio Artico le organizzazioni dei popoli indigeni che ne fanno parte cercano di riaffermare i propri diritti e far sentir la loro voce in difesa dell’ambiente, essendo i primi a pagare le conseguenze delle alterazioni ambientali. A causa del riscaldamento globale, che appare ormai un fenomeno irreversibile, la superficie della calotta artica, oltre a perdere spessore, continua a ridursi. Il progressivo scioglimento della calotta schiude nuove rotte marittime e si ipotizza che nel giro di pochi decenni il Mar Glaciale Artico potrà essere libero dai ghiacci durante l’estate. Un altro problema è costituito dall’assottigliamento dello strato di ozono sopra le zone artiche, che contribuisce ad aumentare il riscaldamento globale. Il graduale scioglimento dei ghiacci, aprendo le porte allo sfruttamento incontrollato delle risorse, comporta conseguenze per l’intero pianeta, di cui minaccia di alterarne irreversibilmente l’equilibrio ambientale. Secondo alcuni studiosi entro poco tempo potrebbero verificarsi fenomeni metereologici imprevedibili. 
A causa della riduzione della calotta diverse specie animali, come l’orso bianco, sono a rischio di estinzione. La caccia indiscriminata alle balene, accompagnata dal deterioramento del loro habitat naturale, ha poi ridotto drasticamente il numero di questi mammiferi. Inoltre le trivellazioni delle compagnie petrolifere continuano a produrre notevoli danni ad un ecosistema già fragile. Sono molte le organizzazioni che, a tutti i livelli, intraprendono diverse iniziative a tutela della fauna artica, impegnandosi anche a far pressione sui governi per spingerli a contrastare la distruzione dell’ecosistema, evitando ogni forma di inquinamento. 
Di fronte alla minaccia di una catastrofe ecologica di portata planetaria il problema ambientale è divenuto prioritario e non più eludibile. Tutti affermano l’impegno di preservare l’ecosistema, ma in realtà nessuno compie passi concreti in questa direzione. Per affrontare con successo questa emergenza è necessaria una strategia comune che si ponga come obiettivo primario il rispetto per l’ambiente naturale, superando una concezione che privilegia lo sviluppo materiale a scapito dell’equilibrio ecologico, ma le opinioni dei vari governi a riguardo sono contrastanti. Durante un convegno internazionale è stata lanciata l’interessante proposta di istituire sul 10% della superficie del Mar Glaciale Artico uno spazio al cui interno sia vietata qualsiasi attività umana tranne la ricerca scientifica.

Anche i paesi geograficamente lontani non possono sentirsi estranei alle sorti dell’Artico. Pure l’Italia, il cui ruolo nell’Artico è marginale, è stata ammessa nel 2013 come osservatore nel Consiglio Artico, sulla base di una lunga storia di esplorazioni dell’Artico e di un notevole impegno scientifico portato avanti con passione.
Occorre valutare molto seriamente le conseguenze ecologiche e sociali che possano derivare dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse artiche. Ciò richiede la collaborazione di tutti i paesi che si affacciano sul Mar Glaciale Artico, ma qui, come del resto in altre zone, gli sforzi per proteggere l’ambiente si scontrano con diversi interessi economici statali e privati. In alcuni settori la cooperazione ha dato buoni risultati, un esempio sono gli accordi di esplorazione congiunta dei giacimenti di gas e petrolio da parte di Russia e Norvegia, che sfruttano le risorse minerarie dell’arcipelago delle Svalbard, appartenente alla Norvegia, situato a metà strada tra la Norvegia continentale e il Polo Nord, su una linea di confine tra USA e Russia. Purtroppo in questi ultimi anni si sono verificate tensioni tra Norvegia e Russia per questioni inerenti la pesca nelle acque limitrofe alle isole Svalbard.
La necessità di una stretta cooperazione regionale è stata discussa durante la prima Conferenza sull’Oceano Artico, tenutasi nel 2008 in Groenlandia. In quell’occasione gli Stati costieri hanno ribadito l’intenzione di rispettare gli accordi esistenti per avviare a soluzione le questioni ancora aperte e promuovere una più ampia intesa affinché l’Artico, scrigno di ricchezze naturali, ma parte molto vulnerabile dell’ecosistema planetario, possa divenire una zona libera da ogni tipo di conflitto e di contaminazione, da salvaguardare per il bene di tutti e delle generazioni future.

Nessun commento:

Posta un commento