Segnato da forti tensioni e profonde divisioni, che pongono parecchi interrogativi, lo spazio mediterraneo è teatro di complessi cambiamenti, il cui esito appare tuttora incerto
di Emilio Asti
Oggetto di parecchie analisi e riflessioni, spesso però condotte senza tener conto di importanti fattori, il Mediterraneo, sul cui futuro pesano diversi interrogativi, si presenta come uno scenario complesso, caratterizzato da una grande varietà di forme politiche e sociali ed attraversato da spinte contrastanti.
Europa, Africa ed Asia Minore si affacciano su questo mare, che riveste un'importanza di gran lunga maggiore rispetto alla sua superficie, e nel quale sono state scritte pagine di storia molto importanti.
Parlando del Mediterraneo occorre anzitutto ricordare che in uno spazio ristretto, nel quale convivono fedi e culture diverse, benessere e povertà si fronteggiano a breve distanza. Al di là della semplice realtà geografica, il Mediterraneo non potrebbe essere definito una regione nel senso proprio del termine, in quanto tra le sue sponde persiste una profonda frattura in termini economici e sociali, con modelli di sviluppo molto diversi tra loro. Nel nuovo contesto venutosi a creare in seguito al crollo del sistema bipolare, la contrapposizione economica e politica tra Nord e Sud, che viene spesso fatta coincidere con quella tra Occidente ed Islam, assume una dimensione drammatica. Sarebbe complesso esaminare tale questione nei suoi diversi aspetti, basta solo ricordare che proprio nel bacino mediterraneo, nel quale si intrecciano antichi odi e ricordi di aspirazioni soffocate, tale divisione si evidenzia in tutta la sua drammaticità.
Mai come oggi lo spazio mediterraneo, esposto a tutti i mutamenti sopravvenuti dopo la fine della guerra fredda, appare spazzato da un'ondata di rivendicazioni e nazionalismi, spesso mal compresi in Occidente, oltre a rivendicazioni che continuano ad alimentare forti tensioni.
In questo panorama complesso, nuove tensioni e focolai di violenza, alimentati anche da problemi economici, minacciano di estendersi e rischiano di compromettere la pace. La sponda meridionale è stata testimone di rapidi e violenti cambiamenti, che hanno aperto nuove prospettive, sebbene molteplici interessi scatenino gli appetiti di organizzazioni pronte ad approfittare della situazione di grave incertezza venutasi a creare. Si sono ora affacciate sulla scena nuove forze a cui occorre, al di là di giudizi affrettati, prestare attenzione; qui in Europa molte considerazioni a riguardo poggiano su premesse erronee e i media non esitano a diffondere messaggi allarmanti, ignorando, il più delle volte, fattori ugualmente importanti. Dopo anni di oppressione da parte di governi corrotti ed inefficienti, i paesi della riva meridionale, i cui problemi sociali non possono lasciare l'Europa indifferente, vogliono costruirsi un nuovo futuro ed aspirano ardentemente ad uscire dall'arretratezza. Dopo l'entusiasmo della prima ora si affacciano difficoltà e problemi che espongono questi paesi, la cui stabilità non pare ancora essersi consolidata, a situazioni rischiose e piene di incognite, anche se si intravedono alcuni segnali incoraggianti. Va tenuto presente che, nonostante la riduzione della mortalità infantile e l'incremento del tasso di alfabetizzazione, il divario socioeconomico tra le classi dirigenti e le masse rimane enorme, senza dimenticare che queste nazioni continuano a dipendere da fonti esterne di finanziamenti e di assistenza tecnica, ma non vogliono però farsi imporre dall'Occidente i suoi stili di vita, considerati dannosi.
Ancor oggi questioni che non possono più venire ignorate o sottovalutate, non trovano risposte adeguate
Tra i gravi conflitti ancora in corso, quello israelo-palestinese, uno dei più lunghi della nostra epoca, rimane il nodo della crisi mediorientale, che, come una ferita aperta, rappresenta una minaccia alla pace mondiale. Situazioni, come quella della Siria, di cui appare difficile prevedere l'evoluzione, alimentano tensioni e violenze e mettono a rischio la sicurezza dei paesi vicini.
Cipro, ancora divisa tra la maggioranza greca e la minoranza turca, rappresenta un altro problema di difficile soluzione. Già teatro di una cruenta guerra civile, che ha lasciato sul campo molte vittime e le cui conseguenze si fanno ancor oggi sentire, l'Algeria e il Libano rimangono zone dagli equilibri molto precari.
Nella sua parte meridionale lo scenario mediterraneo si configura come un'ampia fascia che si estende dal Marocco al Medio Oriente, segnata da forte instabilità e da diffusa conflittualità sociale, esposta alle suggestioni del radicalismo islamico, in un contesto di forti disparità economiche, che affondano le loro radici in epoca coloniale. La situazione è complicata dal fatto che i legami tribali, profondamente radicati, rivestono ancora molta importanza. Gli indicatori sociali rivelano una situazione drammatica, con città cresciute in modo disordinato, che sfidano ogni piano di sviluppo e zone rurali totalmente prive di infrastrutture. In alcune zone la scarsità d'acqua rischia di aggravarsi e divenire un potenziale fattore di conflitto.
La popolazione è costituita da un'alta percentuale di giovani, per la maggior parte dei quali risulta impossibile accedere al mercato del lavoro. Gli sbarchi massicci a Lampedusa e sulle coste spagnole ci ricordano che tanti giovani rischiano la vita nel tentativo di entrare in Europa. I paesi della costa settentrionale, che si trovano in una fase di recessione e mostrano segni di crescente instabilità, paiono più preoccupati di controllare l'ondata migratoria proveniente da Sud, che di considerare la questione sotto altri aspetti.
Rivendicazioni nazionali e contrasti di vario genere hanno impedito le aspirazioni unitarie del Magreb, i cui paesi, in nome di nazionalismi di vecchia data e di tradizioni autoritarie, rimangono divisi da forti contrasti ed antagonismi politici, senza dimenticare situazioni come quella dei Berberi. Diffusi in tutti i paesi del Nord Africa e frazionati in vari gruppi, i Berberi lottano per il pieno riconoscimento dei propri diritti linguistici e culturali e spesso non riescono ad avere adeguata voce in capitolo.
Non va inoltre dimenticato che nelle società islamiche, all'interno delle quali sussistono notevoli frizioni ed antagonismi, Sunniti e Sciti hanno alle spalle una lunga storia di contrasti.
Un altro fattore di divisione è rappresentato dalla frattura fra Cristianesimo occidentale e chiese ortodosse, le quali sono spesso state un forte veicolo di nazionalismi con punte di forte ostilità verso Roma e l'Islam.
In questi anni di drammatici e profondi cambiamenti che vedono una progressiva eliminazione delle barriere ed una sempre maggiore integrazione tra le nazioni, appare necessario costruire nuove relazioni basate sulla reciproca fiducia e mettere in atto nuove forme di cooperazione economica in modo da colmare il divario economico tra le due rive e superare antiche contrapposizioni. Ciò comporta responsabilità nuove per i paesi europei, i quali attualmente appaiono più preoccupati per i propri problemi interni piuttosto che propensi a definire nuove strategie finalizzate a forgiare una migliore relazione con i paesi islamici del Mediterraneo
Nonostante i numerosi vertici e i programmi di cooperazione avviati tra le due sponde, i cui popoli, al di là di facili giudizi ed impressioni superficiali, non si conoscono a sufficienza, ben poco in realtà è stato fatto. Diversi tentativi di creare un'integrazione più stretta tra le nazioni mediterranee sono falliti. Il processo politico, avviato dalla Conferenza euro-mediterranea a Barcellona nel Novembre 1995, con l'obiettivo di realizzare la cooperazione su vasta scala tra i paesi mediterranei, la distanza tra i quali, in termini economici e sociali, rimane enorme.
Da questo punto di vista il dialogo interreligioso assume un ruolo primario. Non si può infatti dimenticare che il Mediterraneo è stato punto d'incontro tra le tre grandi religioni monoteiste, dalle quali nel corso dei secoli i popoli hanno tratto ispirazione culturale ed artistica, anche se purtroppo nel passato la religione ha giocato spesso un ruolo di contrasto tra i popoli.
La forte immigrazione islamica nei paesi europei impone un'attenzione più profonda nei confronti dell'Islam, che svolge un ruolo d'identità per i paesi della riva meridionale, ed occupa la quasi totalità dell'area geografica meridionale ed orientale del Mediterraneo e pare destinato a ricoprire un ruolo sempre maggiore nelle vicende internazionali, anche per la continua crescita demografica delle società islamiche a fronte di quelle occidentali. Alcune regioni balcaniche contano una consistente componente islamica, senza considerare la presenza di vaste comunità di immigrati islamici in Europa.
Oggetto di parecchie analisi e riflessioni, spesso però condotte senza tener conto di importanti fattori, il Mediterraneo, sul cui futuro pesano diversi interrogativi, si presenta come uno scenario complesso, caratterizzato da una grande varietà di forme politiche e sociali ed attraversato da spinte contrastanti.
Europa, Africa ed Asia Minore si affacciano su questo mare, che riveste un'importanza di gran lunga maggiore rispetto alla sua superficie, e nel quale sono state scritte pagine di storia molto importanti.
Parlando del Mediterraneo occorre anzitutto ricordare che in uno spazio ristretto, nel quale convivono fedi e culture diverse, benessere e povertà si fronteggiano a breve distanza. Al di là della semplice realtà geografica, il Mediterraneo non potrebbe essere definito una regione nel senso proprio del termine, in quanto tra le sue sponde persiste una profonda frattura in termini economici e sociali, con modelli di sviluppo molto diversi tra loro. Nel nuovo contesto venutosi a creare in seguito al crollo del sistema bipolare, la contrapposizione economica e politica tra Nord e Sud, che viene spesso fatta coincidere con quella tra Occidente ed Islam, assume una dimensione drammatica. Sarebbe complesso esaminare tale questione nei suoi diversi aspetti, basta solo ricordare che proprio nel bacino mediterraneo, nel quale si intrecciano antichi odi e ricordi di aspirazioni soffocate, tale divisione si evidenzia in tutta la sua drammaticità.
Mai come oggi lo spazio mediterraneo, esposto a tutti i mutamenti sopravvenuti dopo la fine della guerra fredda, appare spazzato da un'ondata di rivendicazioni e nazionalismi, spesso mal compresi in Occidente, oltre a rivendicazioni che continuano ad alimentare forti tensioni.
In questo panorama complesso, nuove tensioni e focolai di violenza, alimentati anche da problemi economici, minacciano di estendersi e rischiano di compromettere la pace. La sponda meridionale è stata testimone di rapidi e violenti cambiamenti, che hanno aperto nuove prospettive, sebbene molteplici interessi scatenino gli appetiti di organizzazioni pronte ad approfittare della situazione di grave incertezza venutasi a creare. Si sono ora affacciate sulla scena nuove forze a cui occorre, al di là di giudizi affrettati, prestare attenzione; qui in Europa molte considerazioni a riguardo poggiano su premesse erronee e i media non esitano a diffondere messaggi allarmanti, ignorando, il più delle volte, fattori ugualmente importanti. Dopo anni di oppressione da parte di governi corrotti ed inefficienti, i paesi della riva meridionale, i cui problemi sociali non possono lasciare l'Europa indifferente, vogliono costruirsi un nuovo futuro ed aspirano ardentemente ad uscire dall'arretratezza. Dopo l'entusiasmo della prima ora si affacciano difficoltà e problemi che espongono questi paesi, la cui stabilità non pare ancora essersi consolidata, a situazioni rischiose e piene di incognite, anche se si intravedono alcuni segnali incoraggianti. Va tenuto presente che, nonostante la riduzione della mortalità infantile e l'incremento del tasso di alfabetizzazione, il divario socioeconomico tra le classi dirigenti e le masse rimane enorme, senza dimenticare che queste nazioni continuano a dipendere da fonti esterne di finanziamenti e di assistenza tecnica, ma non vogliono però farsi imporre dall'Occidente i suoi stili di vita, considerati dannosi.
Ancor oggi questioni che non possono più venire ignorate o sottovalutate, non trovano risposte adeguate
Tra i gravi conflitti ancora in corso, quello israelo-palestinese, uno dei più lunghi della nostra epoca, rimane il nodo della crisi mediorientale, che, come una ferita aperta, rappresenta una minaccia alla pace mondiale. Situazioni, come quella della Siria, di cui appare difficile prevedere l'evoluzione, alimentano tensioni e violenze e mettono a rischio la sicurezza dei paesi vicini.
Cipro, ancora divisa tra la maggioranza greca e la minoranza turca, rappresenta un altro problema di difficile soluzione. Già teatro di una cruenta guerra civile, che ha lasciato sul campo molte vittime e le cui conseguenze si fanno ancor oggi sentire, l'Algeria e il Libano rimangono zone dagli equilibri molto precari.
Nella sua parte meridionale lo scenario mediterraneo si configura come un'ampia fascia che si estende dal Marocco al Medio Oriente, segnata da forte instabilità e da diffusa conflittualità sociale, esposta alle suggestioni del radicalismo islamico, in un contesto di forti disparità economiche, che affondano le loro radici in epoca coloniale. La situazione è complicata dal fatto che i legami tribali, profondamente radicati, rivestono ancora molta importanza. Gli indicatori sociali rivelano una situazione drammatica, con città cresciute in modo disordinato, che sfidano ogni piano di sviluppo e zone rurali totalmente prive di infrastrutture. In alcune zone la scarsità d'acqua rischia di aggravarsi e divenire un potenziale fattore di conflitto.
La popolazione è costituita da un'alta percentuale di giovani, per la maggior parte dei quali risulta impossibile accedere al mercato del lavoro. Gli sbarchi massicci a Lampedusa e sulle coste spagnole ci ricordano che tanti giovani rischiano la vita nel tentativo di entrare in Europa. I paesi della costa settentrionale, che si trovano in una fase di recessione e mostrano segni di crescente instabilità, paiono più preoccupati di controllare l'ondata migratoria proveniente da Sud, che di considerare la questione sotto altri aspetti.
Rivendicazioni nazionali e contrasti di vario genere hanno impedito le aspirazioni unitarie del Magreb, i cui paesi, in nome di nazionalismi di vecchia data e di tradizioni autoritarie, rimangono divisi da forti contrasti ed antagonismi politici, senza dimenticare situazioni come quella dei Berberi. Diffusi in tutti i paesi del Nord Africa e frazionati in vari gruppi, i Berberi lottano per il pieno riconoscimento dei propri diritti linguistici e culturali e spesso non riescono ad avere adeguata voce in capitolo.
Non va inoltre dimenticato che nelle società islamiche, all'interno delle quali sussistono notevoli frizioni ed antagonismi, Sunniti e Sciti hanno alle spalle una lunga storia di contrasti.
Un altro fattore di divisione è rappresentato dalla frattura fra Cristianesimo occidentale e chiese ortodosse, le quali sono spesso state un forte veicolo di nazionalismi con punte di forte ostilità verso Roma e l'Islam.
In questi anni di drammatici e profondi cambiamenti che vedono una progressiva eliminazione delle barriere ed una sempre maggiore integrazione tra le nazioni, appare necessario costruire nuove relazioni basate sulla reciproca fiducia e mettere in atto nuove forme di cooperazione economica in modo da colmare il divario economico tra le due rive e superare antiche contrapposizioni. Ciò comporta responsabilità nuove per i paesi europei, i quali attualmente appaiono più preoccupati per i propri problemi interni piuttosto che propensi a definire nuove strategie finalizzate a forgiare una migliore relazione con i paesi islamici del Mediterraneo
Nonostante i numerosi vertici e i programmi di cooperazione avviati tra le due sponde, i cui popoli, al di là di facili giudizi ed impressioni superficiali, non si conoscono a sufficienza, ben poco in realtà è stato fatto. Diversi tentativi di creare un'integrazione più stretta tra le nazioni mediterranee sono falliti. Il processo politico, avviato dalla Conferenza euro-mediterranea a Barcellona nel Novembre 1995, con l'obiettivo di realizzare la cooperazione su vasta scala tra i paesi mediterranei, la distanza tra i quali, in termini economici e sociali, rimane enorme.
Da questo punto di vista il dialogo interreligioso assume un ruolo primario. Non si può infatti dimenticare che il Mediterraneo è stato punto d'incontro tra le tre grandi religioni monoteiste, dalle quali nel corso dei secoli i popoli hanno tratto ispirazione culturale ed artistica, anche se purtroppo nel passato la religione ha giocato spesso un ruolo di contrasto tra i popoli.
La forte immigrazione islamica nei paesi europei impone un'attenzione più profonda nei confronti dell'Islam, che svolge un ruolo d'identità per i paesi della riva meridionale, ed occupa la quasi totalità dell'area geografica meridionale ed orientale del Mediterraneo e pare destinato a ricoprire un ruolo sempre maggiore nelle vicende internazionali, anche per la continua crescita demografica delle società islamiche a fronte di quelle occidentali. Alcune regioni balcaniche contano una consistente componente islamica, senza considerare la presenza di vaste comunità di immigrati islamici in Europa.
Pare forse giunto il momento di rimettere in discussione il ruolo e la struttura della stessa Unione Europea che, pur affacciandosi su questo mare, non pare averne compreso appieno l'importanza geopolitica.
Sarebbe il caso di considerare la creazione di una sorta di area di libero scambio tra le nazioni mediterranee che, a dispetto delle attuali differenze, condividono una comune eredità culturale, che potrà essere realizzato solo in un quadro generale di pluralismo e di rispetto dei diritti umani.
A questo riguardo l'Italia, a motivo della sua posizione centrale nel bacino mediterraneo, può svolgere un ruolo di mediazione tra le due sponde.
La pace e con essa la sicurezza in Europa e in tutto il bacino mediterraneo non possono realizzarsi in un clima di contrapposizione di forze, ma richiedono un mutamento delle vecchie politiche, che appaiono incompatibili con le nuove esigenze e rischiano di approfondire la distanza tra le due sponde. Occorre quindi affermare il primato delle relazioni umane e culturali su quello politiche, avendo come obbiettivo il bene comune. E' tempo ormai che tutti coloro che abitano lo spazio mediterraneo prendano coscienza che solo attraverso una ritrovata armonia, che faccia appello alle radici profonde delle tradizioni spirituali che proprio in questo bacino si svilupparono, potrà permettere la promozione di politiche volte al miglioramento delle condizioni di vita delle persone e ad una corretta gestione delle risorse ambientali e del patrimonio artistico, ai quali finora è stata prestata scarsa attenzione. Si tratta infatti di sfide per il superamento delle quali è necessaria la cooperazione di tutti, uniti dalla sincera volontà di difendere interessi comuni. Serviranno a ben poco i trattati firmati dai dirigenti politici, se poi non saranno accompagnati da gesti concreti.
Nonostante i grossi problemi e le numerose questioni ancora aperte il Mediterraneo, potrà rappresentare un ponte tra Nord e Sud, Africa ed Europa, oltreché tra Islam ed Occidente e divenire così luogo privilegiato d'incontro tra popoli e culture diverse quale zona libera da armi nucleari ed aperta ad orizzonti più vasti.
Questo mare, la cui straordinaria ricchezza culturale può divenire una fonte di opportunità per tutti, potrà ancora esprimere valori importanti a vantaggio proprio e dell'intera umanità.
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