Un gruppo di Premi Nobel per la pace ha creato il MANIFESTO 2000, in occasione della celebrazione del 50° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani.
di Giorgio Gasperoni
Gli anni conclusivi del secondo millennio hanno testimoniato un fiorire di speranze per un futuro caratterizzato dalla cooperazione anziché dal confronto. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato l’anno 2000 come Anno Internazionale della Cultura della Pace e ha redatto un documento intitolato “Impegno del Manifesto 2000” che evidenziava sei aree di interesse:
- Rispettare la vita e la dignità di ogni essere umano senza discriminazioni e pregiudizi.
- Praticare attivamente la non-violenza, rifiutando la violenza in tutte le sue forme: fisica, sessuale, psicologica, economica e sociale, in particolare verso i più indifesi e i più deboli come i bambini e gli adolescenti.
- Condividere le risorse di tempo e materiale con spirito di generosità per mettere fine all’esclusione, all’ingiustizia e alle oppressioni politiche ed economiche.
- Difendere la libertà di espressione e la diversità culturale dando sempre preferenza al dialogo e all’ascolto senza cadere nel fanatismo, nella diffamazione e nel rifiuto degli altri.
- Promuovere un comportamento del consumatore che sia responsabile e pratiche di sviluppo che rispettino tutte le forme di vita e preservino l’equilibrio della natura sul pianeta.
- Contribuire allo sviluppo della comunità con la piena partecipazione delle donne e il rispetto per i principi democratici, al fine di creare insieme nuove forme di solidarietà.
Queste iniziative delle Nazioni Unite riflettono il desiderio di pace e di armonia tra i popoli del mondo. Tuttavia, nonostante la proclamazione dell’impegno del Manifesto 2000, 68 nazioni del mondo sono rimaste coinvolte in conflitti armati. L’anno dopo è iniziata una nuova guerra in Afghanistan dopo gli attacchi terroristici dell’undici settembre 2001 negli Stati Uniti. La proliferazione di conflitti locali, regionali, etnici e religiosi in tutto il mondo dimostra l’urgente bisogno di una transizione globale da una cultura del conflitto ad una cultura della pace.
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